Secondo la rilevazione Istat sulle forze lavoro nei primi tre mesi del 2009 le vittime più numerose della crisi sono, come era prevedibile, i giovani.
La disoccupazione giovanile è aumentata dal 18 al 25 per cento e circa 400 mila precari, quasi tutti sotto i trent’anni, hanno perso un lavoro nel primo trimestre del 2009 rispetto al primo trimestre del 2008.
Di questi 400 mila lavoratori precari che hanno perso il lavoro, al massimo uno su tre ha accesso al sussidio di disoccupazione.
I giovani si ritrovano con un lavoro decisamente meno protetto di quello dei loro padri e vengono completamente abbandonati dallo Stato.
Sembrano essere il fianco debole e mal organizzato della società, su cui si scaricano gli effetti collaterali di un sistema politico-economico che non funziona: tagli alla formazione, lavoro precario e future pensioni da fame. Tutto a danno dei giovani, tutto sulle loro spalle.
Eppure la loro voce non si sente.
Nei partiti politici c’è poca traccia di istanze giovanili da difendere. I fatti parlano chiaro. Si parla con insistenza di rinnovamento, ma con un’accezione sbagliata. Prendendo il toro per la coda anziché per le corna si vagheggia intorno alla parola “rinnovamento” più per le delusioni che la politica ha riservato negli ultimi anni che con l’idea aprire gli occhi di fronte alle vere nuove sfide che la realtà ci imporrebbe di affrontare.
Si parla (e magari si lanciano) “giovani politici” ma non di una politica a sostegno di questa categoria non si vedono i frutti.
I sindacati per incapacità o per mancanza di interesse sembrano comunque avere più a cuore altre fasce di società. I suoi iscritti sono per tre quarti pensionati e per un quarto lavoratori subordinati tipici. In più, il rapido cambiamento del mondo del lavoro li ha colti forse alla sprovvista.
Esiste il grande mondo dell’associazionismo e del volontariato, dove i giovani sono spesso protagonisti, ma che fino ad oggi non ha avuto la forza per portare avanti le loro istanze e dare la spinta per dare una sterzata allo stato delle cose.
Quello che servirebbe è una grossa capacità di mobilitazione.
Molti pensano che Internet possa rappresentare il mezzo per riempire questo deficit di rappresentanza. La rete avrebbe tutte le caratteristiche per essere sfruttata come spazio di proposta e di organizzazione collettiva giovanile. Serve solo una scintilla perché il vaso è quasi colmo.
Francesco
La disoccupazione giovanile è aumentata dal 18 al 25 per cento e circa 400 mila precari, quasi tutti sotto i trent’anni, hanno perso un lavoro nel primo trimestre del 2009 rispetto al primo trimestre del 2008.
Di questi 400 mila lavoratori precari che hanno perso il lavoro, al massimo uno su tre ha accesso al sussidio di disoccupazione.
I giovani si ritrovano con un lavoro decisamente meno protetto di quello dei loro padri e vengono completamente abbandonati dallo Stato.
Sembrano essere il fianco debole e mal organizzato della società, su cui si scaricano gli effetti collaterali di un sistema politico-economico che non funziona: tagli alla formazione, lavoro precario e future pensioni da fame. Tutto a danno dei giovani, tutto sulle loro spalle.
Eppure la loro voce non si sente.
Nei partiti politici c’è poca traccia di istanze giovanili da difendere. I fatti parlano chiaro. Si parla con insistenza di rinnovamento, ma con un’accezione sbagliata. Prendendo il toro per la coda anziché per le corna si vagheggia intorno alla parola “rinnovamento” più per le delusioni che la politica ha riservato negli ultimi anni che con l’idea aprire gli occhi di fronte alle vere nuove sfide che la realtà ci imporrebbe di affrontare.
Si parla (e magari si lanciano) “giovani politici” ma non di una politica a sostegno di questa categoria non si vedono i frutti.
I sindacati per incapacità o per mancanza di interesse sembrano comunque avere più a cuore altre fasce di società. I suoi iscritti sono per tre quarti pensionati e per un quarto lavoratori subordinati tipici. In più, il rapido cambiamento del mondo del lavoro li ha colti forse alla sprovvista.
Esiste il grande mondo dell’associazionismo e del volontariato, dove i giovani sono spesso protagonisti, ma che fino ad oggi non ha avuto la forza per portare avanti le loro istanze e dare la spinta per dare una sterzata allo stato delle cose.
Quello che servirebbe è una grossa capacità di mobilitazione.
Molti pensano che Internet possa rappresentare il mezzo per riempire questo deficit di rappresentanza. La rete avrebbe tutte le caratteristiche per essere sfruttata come spazio di proposta e di organizzazione collettiva giovanile. Serve solo una scintilla perché il vaso è quasi colmo.
Francesco
Sembra che la Consulta stia per depositare un parere negativo sulla norma anti-precari http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/economia/conti-pubblici-84/consulta-precari/consulta-precari.html
RispondiEliminaPer maggiori info c'è anche questo gruppo su FB
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