mercoledì 26 marzo 2014

Tre questioni per la Lista civica Terranuova in Comune

La lista, con tanto di simbolo, era stata presentata a fine gennaio, proprio a ridosso delle primarie del Centro sinistra, ma sono stati necessari altri 30 giorni di riflessioni (o “trattative”) per individuare il nome del candidato Sindaco. La sintesi è stata trovata nella figura di Simone Nocentini, medico vicedirettore della centrale operativa del 118 all’ospedale del Valdarno che ha dato avvio alla campagna elettorale presentandosi come “il vero nuovo” (articolo su ValdarnoPost).
Il nome stesso della lista (che cambia di nuovo rispetto a tutte le altre “civiche” puntualmente nate e altrettanto puntualmente morte a cadenza quinquennale) la scelta del colore dominante nel simbolo (rosso acceso, come non era mai stato per nessun’altra lista civica) e quella del candidato, danno già un' idea di quanto Terranuova in Comune voglia provare a differenziarsi anche dalle pregresse esperienze. Non fosse altro per la speranza di sfatare un tabù: quello della vittoria elettorale.

Destra o Sinistra? La questione dell’area politica
Ma è un vantaggio o uno svantaggio essere una lista senza alcun richiamo evidente e diretto ad una forza politica di livello nazionale?
Ci sono diverse scuole di pensiero in merito: da chi pensa che una lista civica possa al massimo aspirare ad una “dignitosa sconfitta”, a chi ritiene che al giorno d’oggi più si prendono le distanze dai partiti e meglio è, fino a chi sostiene che le civiche abbiano enormi vantaggi solo in caso di eventuale ballottaggio, per la ragionevole supposizione di poter rappresentare con maggior probabilità “la meno peggio” tra i gusti degli elettori delle liste rimaste escluse al secondo turno (evento non verificabile a Terranuova in quanto paese con meno di 15.000 abitanti).
 In sintesi, non avere un’area definita di riferimento è un handicap perché disorienta l’elettore e non può beneficiare dei voti degli “aficionados a prescindere” (quelli che votano il proprio partito sempre e comunque)  ma può allo stesso tempo aspirare ad ottenere preferenze da tutti i delusi, da destra a sinistra (e questo può essere un bel jolly).
Tantissimo però dipende dal contesto in cui questa lista si presenta.
Nel caso terranuovese, non presentandosi ai nastri di partenza nessun partito di centro-destra, è ovvio che automaticamente la lista civica TERRANUOVA IN COMUNE diventa il riferimento naturale degli elettori di quell’area. Se poi aggiungiamo che alcuni esponenti di area di centro-destra sono comunque attivi e presenti all’interno della nuova compagine è del tutto evidente che la lista, seppur civica, un’area precisa da cui pescare i voti ce l’ha.
Con ogni probabilità gli elettori terranuovesi di centro destra guarderanno con interesse alla lista civica, anche se quel rosso acceso del simbolo li potrebbe spiazzare (ma allo stesso tempo incuriosire qualcuno dall’altra parte).
Ma la domanda rimane: sarà un vantaggio o uno svantaggio essere una lista senza alcun richiamo evidente e diretto ad una forza politica di livello nazionale?

La questione “tempo”
E’ un parere personale, ma temo che il tempo non giochi a favore della neonata TIC. Una lista che nasce a soli tre mesi dalle elezioni difficilmente può riuscire a far completa chiarezza sulla propria proposta politica.
Non basta avere al proprio interno figure che hanno fatto percorsi politici chiari e convergenti; Terranuova in Comune fino a due mesi fa non esisteva e non ha avuto modo di combattere alcuna battaglia politica come soggetto unitario. Bastano tre mesi di vita per candidarsi a vincere le elezioni?

La questione della “continuità”
Terranuova in Comune non è la prima lista Civica del nostro paese. Prima VIT, poi TerraNuova NuovaTerra, poi Lista Pasquini.
Liste molto diverse tra loro ma tutte accomunate dal fatto di non essere state in grado di dare continuità alla loro esperienza politica. Ogni volta si è disfatto tutto e ricominciato daccapo. In alcuni casi mollando anche un po’ la presa per quanto riguarda l’attività di opposizione in Consiglio comunale, specie nel finire delle legislature.
Insomma, le liste civiche fino ad oggi sembrano andare in difficoltà nel lungo periodo. Terranuova in Comune sarà in grado di durare nel tempo? 


Francesco N.

mercoledì 12 marzo 2014

Un lavapiatti e la nuova legge elettorale

La cronaca mi arriva per lo più attraverso Rainews24, che ascolto – anzi orecchio – mentre lavo le stoviglie (attività scelta, nella ripartizione delle  competenze domestiche, proprio per conservarmi momenti minimi di informazione). Chiedo perciò indulgenza se le domande che suscita in me il cosiddetto Italicum non volano alto ma rimangono al livello, appunto, di un lavapiatti. Un lavapiatti toscano, compagno ideale del bracciante lucano, del pastore abruzzese  e della casalinga di Treviso che già hanno popolato  i sogni di Nanni Moretti.
1) Perché non la chiamano ‘legge doppia truffa’? La sinistra non ha mai perso occasione per definire ‘legge truffa’ la legge elettorale del 1953, voluta da De Gasperi, che prevedeva l’ assegnazione del 65% dei seggi al partito o alla coalizione che avesse raggiunto il 50% più uno dei voti validi. Chi otteneva la maggioranza assoluta, cioè, veniva premiato con un bonus che al massimo poteva ammontare al 30% dei voti ricevuti (il 15% di 630 deputati equivale infatti al 30% di 315+1 deputati). Non era poco, ma in fin dei conti si trattava di un riconoscimento a chi aveva già raggiunto la maggioranza assoluta ed era comunque in condizioni di governare. Se oggi gli eredi di quella stessa sinistra scelgono un marchingegno con il quale basta arrivare una maggioranza relativa del 37% per venire catapultati a una maggioranza assoluta del 52%, coerenza vorrebbe che lo chiamassero ‘legge doppia truffa’: in primo luogo perché sarebbe assicurata la maggioranza assoluta a chi non l’ ha raggiunta; in secondo perché il premio cosiddetto di governabilità potrebbe arrivare al 40% dei voti ricevuti (percentuale corrispondente all’ incremento dal 37% al 52% dei seggi).
2) Perché il sistema dovrebbe essere bipolare? I corifei di Renzi e Berlusconi ci dicono che la società italiana si rispecchia in un sistema bipolare. Eppure i risultati delle ultime elezioni li smentiscono. Si sono formati infatti tre poli – centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 Stelle –, due dei quali hanno poi trovato un accordo e hanno cominciato a governare.
3) Ma lo sanno che non esiste il vincolo di mandato? Gli stessi corifei, consci di zoppicare sulla questione del bipolarismo, insistono e cavillano: al termine dello spoglio dei voti i cittadini hanno il diritto di sapere chi li governerà. Dimenticano però che deputati e senatori non sono soggetti a vincolo di mandato e possono in ogni momento ritirare o concedere la propria fiducia, prescindendo dai programmi cui hanno aderito. Come del resto negli ultimi anni abbiamo più volte constatato, vuoi al termine di travagliate riflessioni personali, vuoi a seguito di più spicce campagne acquisti.
4) Perché le liste bloccate? Nel referendum del 1991 gli italiani hanno votato per la preferenza unica. Perché allora non mantenerla? O, in seconda battuta: se proprio liste bloccate devono essere, perché non definirle attraverso le primarie, una volta dettate regole per la democrazia interna dei partiti?
5) Perché pensano solo a se stessi? È palese che Renzi, Berlusconi e i nanetti di complemento vogliono definire regole a misura di partiti. Come se questi fossero lo strumento esclusivo per dare rappresentanza ai cittadini in Parlamento. E come se non esistesse una società che sempre più chiede partecipazione, trasparenza, controllo, rendicontazione. Una società di persone divenute consapevoli che servire alla mensa della Caritas non basta, che occorre entrare nelle istituzioni perché l’ impegno per il bene comune possa moltiplicare l’ efficacia e generare processi di solidarietà collettiva. Nel modello di Renzi e Berlusconi queste persone dovrebbero bussare alle porte dei partiti, che le accoglierebbero con grandi lodi e dosi ancor più grandi di anestetico. Una politica vera invece le metterebbe in condizione di presentarsi agli elettori senza handicap di partenza. La domanda da porre, allora, è quale sia il sistema che meglio consenta a un candidato di cercare un rapporto diretto con i cittadini e a questi ultimi di controllare l’ operato degli eletti. Io direi, tutto sommato, il sistema maggioritario uninominale (senza entrare in ulteriori specifiche, che non muterebbero la sostanza del ragionamento). Immagino che renziani e berlusconiani non siano d’ accordo e preferiscano tenersi stretti proporzionale, liste bloccate e collegi plurinominali. Mai non fosse che venissero sfidati da un bracciante lucano, da un pastore abruzzese, da una casalinga di Treviso! Sto pensando male? Ne possiamo discutere, se vogliono. A condizione però che mi aiutino a lavare i piatti.

Silvio Cazzante

martedì 4 marzo 2014

Il digestore anaerobico di Podere Rota

Sono in molti a lamentare la mancata pubblicazione, da parte della Provincia di Arezzo, dei documenti della Valutazione di Impatto Ambientale, dopo 30 giorni dalla approvazione del progetto, già rubati ai 60 concessi per formulare commenti.
Anche io sono curioso di vedere come saranno realizzati i digestori, recipienti da 10.000 a 20.000 metri cubi di massa liquida (Vedi Nota) con i batteri che “mangiano” i rifiuti e producono metano (risparmio il termine scurrile che però renderebe meglio il concetto). Questa “broda” sarebbe a stento contenuta da 5 a 10 piscine olimpioniche.

In attesa dei documenti ufficiali le mie considerazioni sono basate sui soli due numeri certi, ricavati dal sito Internet della Soc. SEI e presentati nell'incontro con la popolazione del 5 febbraio:  l'impianto “digerirà” 30.000 tonnellate/anno di FORSU (Frazione Organica da Rifiuti Solidi Urbani) e produrrà 11.500.000 kWh tra energia elettrica e termica.
Basta fare una divisione per calcolare che da ogni kg di rifiuto si ricavano circa 300 kcal utili. Non conosco il potere calorifico medio del FORSU, sulla VAS (Valutazione Ambientale Strategica) si parla di 2.500 - 3.200 kcal/kg, ne deriva comunque un rendimento energetico complessivo assolutamente modesto.
Si spenderebbero 20 - 25 milioni per realizzare edifici e sebatoi alti 24 metri (come palazzi di 8 piani) sotto le balze di Leonardo, per ottenere risultati energetici di gran lunga peggiori di quelli di un qualunque termovalorizzatore!
La cosa più grave è che nella Valutazione Ambientale Strategica della ATO Toscana Sud il digestore di Terranuova è solo il primo, seguiranno Asciano (SI) e Strillaie(GR).
Con questi rendimenti energetici si tratta anche di un enorme spreco di denaro.

So bene che la soluzione che propongo è “politicamente scorretta”, anche se tecnicamente ed ecologicamente ottimale.
Dobbiamo prendere l'esempio dai paesi del nord-europa che realizzano termovalorizzatori addirittura in città.
Con i soldi previsti si può realizzare un moderno termovalorizzatore, anche con maggiore capacità di smaltimento, sicuro, dotato di efficaci sistemi di abbattimento inquinanti dai fumi, realizzato in zona dove si può riutilizzare anche il calore a bassa temperatura per il teleriscaldamento invernale e per il condizionamento estivo.
Il problema rimarrà nella correttezza di gestione e nella trasparenza. Ma anche in questo si può prendere esempi virtuosi: ricordo che il vecchio termovalorizzatore di Bolzano aveva un grande schermo, si vedeva anche dall'autostrada, con i valori delle emissioni in tempo reale. Glielo aveva imposto una ASL che ho conosciuto bene e che ascoltava le istanze della popolazione!

Paolo Dinelli


NOTA:

30.000 ton/anno di rifiuto sono quasi 100 al giorno; dovendo “digerire” poltiglia liquida (solidi minori del 20-25%) si aggiungerà acqua (per fortuna si ricircola sempre la stessa) raggiungendo circa 500 metri cubi al giorno. La digestione anaerobica dura da 15 a 60 giorni (variabili con la qualità del rifiuto, ed altri parametri).