martedì 14 luglio 2009

L'atmosfera industriale pratese


Dopo oltre 60 anni di amministrazioni di sinistra, Prato elegge come sindaco Roberto Cenni, noto imprenditore dell’abbigliamento, candidato del centrodestra. Quindi anche Prato, come molte altre realtà locali italiane, cambia colore, cambia schieramento politico, decide di cedere per cinque anni le chiavi della città al centrodestra. Ma in questo caso l’attenzione non può essere focalizzata solo sul fenomeno dell’ alternanza di governo. Sotto le lenti finisce l’intero distretto industriale e i fattori di forza che lo hanno reso competitivo sui mercati nazionali ed internazionali. Insomma si cercherà di capire se quegli “oltre 60 anni” di governo di sinistra capitolino sotto i propositi del nuovo sindaco o meno.
Per iniziare conviene descrivere la forma di produzione distrettuale che consiste in: a)un processo produttivo divisibile in fasi diverse, tecnicamente separabili, così da consentire la specializzazione delle piccole imprese per fasi o compendi, b)una organizzazione flessibile del lavoro e della produzione soggetta all’elevata variabilità quantitativa e qualitativa della domanda.
Entrambi i requisisti non sono creazione di un demiurgo, padre del distretto, di un’idea assoluta. Al contrario una serie di fattori materiali hanno contribuito sin dalla notte dei tempi a rendere il Giustificaterritorio pratese competitivo e pronto a cogliere le sfide dei mercati e dello sviluppo economico. Il distretto industriale trova terreno fertile in presenza di tre condizioni: 1)una rete di piccoli comuni che definisce il sistema locale nel quale l’economia diffusa può maturare, centri nei quali vi erano tradizioni artigianali e commerciali diffuse (a Prato rappresentate dall’arte della lana), non erose dalla prima industrializzazione, dall’urbanizzazione, dall’immigrazione, 2)specifici rapporti di produzione in agricoltura prima dell’industrializzazione (nel nostro caso la mezzadria) che hanno sostenuto la formazione di un’offerta di lavoro flessibile a costi ridotti con conoscenze e motivazioni che poi hanno permesso lo sviluppo della piccola impresa, 3)presenza di tradizioni e istituzioni politiche locali legate al movimento cattolico, socialista e comunista.
Eccoci tornati al punto di partenza, a quegli “oltre 60 anni” di governo di sinistra che hanno fatto la differenza nello sviluppo dell’economia diffusa a Prato, dietro i quali si cela gran parte del successo pratese, si collocano le fortune e le soluzioni agli ostacoli del distretto tessile e dell’intera città.
Fin dal secondo dopoguerra si rileva il fermento economico del distretto, lo spirito di imprenditorialità di molte figure professionali presenti sul territorio (impanna tori, contoterzisti ecc…), la dinamicità di tutto il territorio. In particolare si individua l’alta capacità di integrazione istituzionale, sia dei conflitti derivanti dai rapporti di produzione, sia delle risorse tecniche e culturali proprie del territorio. Benefici provenienti dal sottofondo di rapporti sociali delle subculture, in questo caso rosse, nella formazione del distretto. Nello specifico dal ruolo del movimento dei lavoratori importantissimo per la realizzazione del modello di società inclusiva, avvenuta non senza scontri e lotte dure. Emblema di ciò che sarà la cultura sindacale del territorio è la vertenza Balli del 1969. Punto di rottura, dopo un ventennio di lotte, e di riapertura. L’occupazione della ditta Balli, scoppiata contro le modalità di retribuzione del lavoro straordinario, si trasformò in un evento che coinvolse tutta la città, uno sciopero generale totale che costrinse i datori di lavoro a concedere nuovi diritti, ma soprattutto dette inizio alla proficua stagione della contrattazione collettiva territoriale degli anni Settanta.
Si dette avvio da quel momento ad uno spirito territoriale di collaborazione che se da un lato favorì il raggiungimento di obbiettivi di produzione, e l’efficienza produttiva, dall’altro ha garantito una serie di diritti sociali e sul luogo di lavoro che stabilizzavano il conflitto sociale. La contrattazione territoriale fu capace di colmare obbiettivi di categoria (salario, condizioni di lavoro) con obbiettivi del territorio (interventi sociali, mense, scuole per l’infanzia, salute). Si potrebbe dire che il territorio con le sue incertezze e flessibilità si contrappone alla disciplina di fabbrica tayloristica, reinventando una propria one best way dello sviluppo economico ed industriale.
Oltre alle parti sociali protagonista della cooperazione territoriale è stata l’amministrazione locale, nella quale ha prevalso il PCI, fin quando è esistito. Mediatrice dello sviluppo locale, ha predisposto risorse materiali e non che costituivano quell’insieme di beni collettivi di cui l’intera comunità produttiva ha potuto usufruire.
Questa breve panoramica ci suggerisce una domanda: saprà il nuovo sindaco di Prato Cenni integrarsi nell’atmosfera industriale pratese? e ancora, la società pratese ha reciso i suoi legami con la cultura cooperativa che ha garantito i successi del distretto industriale, assalita dalla paura e dall’individualismo proprietario (A. Bonomi) nuovo spettro del nostro tempo?
Per tentare di esaurire questi interrogativi avremo bisogno di più pagine e più inchiostro, tuttavia credo che dei segnali sia dalla campagna elettorale, sia dalle primissime proposte del nuovo sindaco, siano giunti e possano essere commentati.
Ha sicuramente poco a che fare con lo spirito imprenditoriale del distretto la creazione di cooperative per disoccupati fino a cassintegrati per lavorare i tanti terreni incolti del territorio, un presunto ritorno all’agricoltura che se nella seconda metà dell’800 ha permesso, proprio al territorio pratese, di capitalizzare ricchezza per lo sviluppo industriale, oggi mi pare una proposta a dir poco anacronistica.
Ha poco a che vedere con l’atmosfera industriale del distretto e con la peculiare cultura cooperativa anche la richiesta di militari a sorvegliare la città, in quanto si tratterebbe di politica di tipo esclusivo piuttosto che inclusivo.
Ma se le singole scelte politiche del centro destra possono rispecchiare gli umori sociali di medio periodo, a mettere a rischio la competitività e il modello inclusivo pratese potrebbe essere una cultura della comunità locale deviata verso valori e comportamenti poco collaborativi. Una cultura che si è riflessa nel voto a Cenni, che l’ha cavalcata dando un volto alle paure dei pratesi (il cinese), ma che tuttavia non ne rappresenta tutti i suoi contenuti e sfumature.
In definitiva con il cambio di guardia in Comune ad essere compromessa potrebbe essere la governance territoriale, quei rapporti di collaborazione tra parti sociali, tra aziende, tra istituzioni, che hanno prodotto inclusione sociale e veri e propri beni collettivi per la competitività, adesso a repentaglio dal nuovo indirizzo politico dell’amministrazione locale e dal tessuto sociale mutato culturalmente.
Giacomo

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