mercoledì 29 luglio 2009

Errata corrige - Ancora nessuna nomina per gli enti istituzioni ecc.


Ci scusiamo. Nel precedente articolo avevamo scritto che dal Consiglio Comunale di ieri (29 luglio) avremmo avuto novità riguardo alla Presidenza dell' IStituzione "Le Fornaci".
Errato!
Nell'ordine del giorno del Consiglio Comunale in realtà (seppur con un piccolo errore nel riferimento all'articolo del DLgs presente nel manifesto che ci ha tratto in inganno) appariva solo "la definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende, istituzioni, consorzi e società". E così, effettivamente, è stato.
La nomina, come prevede l'art.50 del D.Lgs 267/2000, spetta al Sindaco che dovrà attenersi ai criteri di scelta stabiliti ieri dal Consiglio.
La maggioranza ha stabilito che il Sindaco dovrà nominare i rappresentanti del Comune presso enti, aziende, istituzioni, consorsi e società seguendo essenzialmente criteri di competenza, rappresentatività.
Sebbene i consiglieri del Pdl avessero chiesto criteri più stringenti e quelli della Lista Pasquini ritenessero inutile inserire "ipocriti paletti" per una scelta che spetta e di cui ha piena responsabilità il Sindaco.
Un'altra clausola messa dalla maggioranza sarebbe quella dell'impossibilità di nominare un presidente per più di due mandati. Ma non avrebbe valore retroattivo e per questo rimane un dettaglio, al momento, poco rilevante.
Detto questo, il ragionamento iniziato ieri sulla trasformazione dell'Istituzione le Fornaci e sull'importanza del ruolo che assumerà il suo Presidente, per quanto ci riguarda, rimane valido.
A questo punto, stabiliti i criteri di scelta, aspettiamo la nomina da parte del Sindaco.

La redazione


martedì 28 luglio 2009

TERRANUOVA - ISTITUZIONE LE FORNACI: riorganizzazione in corso

All’ordine del giorno del Consiglio Comunale che si terrà questa sera alle ore 20.15 presso la Sala del Consiglio di Terranuova ci sarà, tra le altre cose, la definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende, istituzioni, consorzi e società.

Visto l’insolito orario, evidentemente, si prevede un acceso e lungo dibattito ed uno dei punti più discussi sarà probabilmente quello relativo all’Istituzione “Le Fornaci” e la nomina del suo Presidente.

Si vocifera infatti che questa Istituzione subirà delle profonde trasformazioni e i suoi vertici saranno sempre più coinvolti nella gestione della cosa pubblica terranuovese.

Sul sito del comune (link: http://www.comune.terranuova-bracciolini.ar.it/canali/index.asp?id_000=140) si legge che “L'Istituzione è uno strumento dell'Amministrazione comunale privo di personalità giuridica e dotato di sola autonomia gestionale; la scelta di questa modalità è finalizzata al raggiungimento di una maggiore efficienza dei servizi essendo uno strumento gestionale più agile nelle procedure burocratiche ed amministrative e dotato di quella flessibilità gestionale in grado di poter meglio rispondere alle necessità organizzative dei servizi e tradursi in una effettiva vicinanza ai soggetti sociali del territorio.”

Le strutture e i servizi gestiti dall’Istituzione sono:

- Il Centro Culturale Le Fornaci (Auditorium, teatro, biblioteca) con i vari servizi culturali collegati;

- gli spazi di Palazzo Concini (attività espositive, convegnistica, incontri);

- La Scuola comunale di Musica;

- Sistema bibliotecario e archivistico (Sede di Via Concini e presso il Centro culturale Le Fornaci);

- il centro CIAF "Terra dove Andare" , per la formazione e l'intercultura;

- l' Asilo Nido.

Ma nel suo bilancio del 2008 appaiono anche altre voci importanti come Trasporto scolastico, Sport, Servizi Sociali, Servizi Generali, RSA e Servizi Culturali.

Sempre dal sito del Comune si apprende che “L'Istituzione lavora in stretta sintonia con i programmi del Comune e su indirizzi precisi dati dalla Giunta comunale”.

Questi “indirizzi precisi” da parte della giunta comunale per i prossimi 5 anni non arriveranno però da specifici assessori perché a nessuno dei 7 componenti della giunta comunale sono state assegnate deleghe allo Sport, al Sociale, alla Cultura. Proprio per questo risulta facile immaginare l’importanza del futuro Presidente dell’Istituzione che dovrà coprire queste assenze e probabilmente avrà un ruolo di indirizzo politico paragonabile ad un assessore con delega allo Sport, al Sociale e alla Cultura. O addirittura qualcosa di più, visto che l’Istituzione gestirà una parte molto consistente (circa un terzo) del bilancio comunale.

Non è solo curiosità quindi, ma una vera e propria necessità quella di conoscere chi sarà il nuovo referente per aree importanti come Sport, Sociale e Cultura.

Le realtà scolastiche, sociali e sportive riprenderanno le loro attività a pieno ritmo tra poco più di un mese. Il tempo stringe ed a meno che non si torni indietro e le sopra citate deleghe non vengano ridistribuite tra gli assessori già presenti in giunta sarà necessario che la struttura di un’istituzione importante come quella delle Fornaci venga definita quanto prima.

Attendiamo fiduciosi il Consiglio Comunale di stasera.


Francesco


martedì 21 luglio 2009

L'Italia che non c'è


Mettiamo che il presidente del consiglio non abbia violato la verginità della neo-diciottenne più famosa d’Italia, dopo Fiammetta.
Mettiamo che sua moglie non fugga da lui perché è una persona che sta male e ha bisogno di cure.
Mettiamo che il testimone Mills sia stato pagato per non parlare, da un qualsiasi S. (andro) B. (ianchi) e non proprio dal padrone di Mediaset.
Mettiamo che quando la mafia ha spedito una lettera al cavaliere, chiedendogli in cambio una rete televisiva (altrimenti ti ammazziamo il figlio, ndr), si trattasse solo di uno scherzo di pessimo gusto.
Mettiamo che queste escort che entrano ed escono (a buon prezzo e senza fare fattura) da Palazzo Grazioli, Villa Certosa e da tutte le varie residenze ufficiali e non dell’uomo di Arcore, siano automobili e non prostitute.
Mettiamo che l’attività sessuale del leader del pdl sia in fase calante (vista l’età) e che lui queste ragazze non le abbia neanche toccate.
Mettiamo che la dignità umana e il rispetto della persona siano ancora valori imprescindibili.
Mettiamo che il g8 all’Aquila sia stata una cosa seria e non uno spot politico-elettorale.
Mettiamo che i telegiornali nazionali diano ancora le notizie e che i giornalisti italiani non siano al servizio dei potenti di turno.
Mettiamo che D’Alema e Fassino non abbiano perso praticamente tutte le elezioni alle quali hanno partecipato.
Mettiamo che il pd sia davvero un partito democratico capace di rispettare almeno il proprio statuto.
Mettiamo che Di Pietro sia così invidioso del grande statista da desiderare di essere al suo posto.
Mettiamo che Napolitano non abbia firmato il lodo Alfano e che tutti i cittadini siano ancora uguali di fronte alla legge.
Mettiamo che le ronde siano uno scherzo dei buontemponi della lega e che tutti gli uomini siano uguali, senza distinzioni di razza e provenienza.
Mettiamo che ogni nuovo governo non rivoluzioni il sistema scolastico piegandolo ai propri interessi di partito.
Mettiamo che la legge sulle intercettazioni interessi agli onesti cittadini, che hanno una paura matta di essere ascoltati mentre parlano con amanti e colf non assicurate, e non ai disonesti, quelli veri.
Mettiamo che rete4 abbia vinto regolarmente le concessioni per trasmettere su tutto il territorio nazionale e che non sia abusiva da anni.
Mettiamo che Enzo Biagi non sia stato licenziato dalla Rai.
Mettiamo che i politici non determino l’agenda setting delle reti televisive italiane.
Mettiamo che Craxi non sia fuggito a gambe levate dall’Italia, ma solo partito per una lunga vacanza ad Hammamet, senza ritorno.
Mettiamo che Andreotti non sia stato un personaggio quantomeno ambiguo nei suoi rapporti con certi mafiosi.
Mettiamo che non sia necessario essere processati e condannati per avere l'obbligo morale di rispondere delle proprie azioni ai cittadini che ti hanno eletto.
Mettiamo che sia ancora possibile dirsi orgogliosi di essere italiani.
Mettiamo che tutto questo sia vero.
Non sarebbe ugualmente il caso di chiedere scusa e togliere velocemente il disturbo?

E.B.

martedì 14 luglio 2009

ENERGIA NUCLEARE: futuro o follia?


Giovedì 9 luglio 2009, mentre l’attenzione dei media era rivolta tutta alla parata dei potenti a L’Aquila, il Senato ha approvato in via definitiva il ddl Sviluppo ufficializzando il ritorno dell’Italia al nucleare. In barba al referendum del 1987.
Se altri paesi, in primis gli Stati Uniti, stanno puntando forte sulle energie rinnovabili e dove il nucleare diventerà presto un retaggio del passato, in Italia si ritorna a parlare di centrali nucleari indicandole come il nostro futuro energetico.
Sia maggioranza che opposizione parlano di energia pulita, solare, eolico ma guardano con favore al ritorno al nucleare. Insomma, si parla delle rinnovabili (che è di moda!) ma zitti zitti si fanno accordi coi francesi e si passa al nucleare. La maggioranza lo vota, l’opposizione tace e acconsente. I giornali accennano appena la notizia (ma senza approfondire troppo). In tv, figuriamoci, si chiacchiera solo dei vestiti delle first ladies messi in mostra nei giorni del G8 abruzzese.
La politica (che, purtroppo, controlla praticamente tutta l’informazione) ha il brutto vizio di ottenere ciò che vuole abbassando la voce: lasciando disinformati i cittadini, che rischiano di subire passivamente scelte scellerate.
Ci sono domande alle quali molti vorrebbero avere risposte chiare. E scientificamente autorevoli. Visto che con il ddl sviluppo si va contro una chiara posizione della nazione espressa pochi anni fa sul nucleare dovrebbe essere un diritto. La maggioranza di governo avrebbe il dovere di giustificare una scelta che va nella direzione opposta rispetto al chiaro risultato di un referendum popolare.
1) L’energia nucleare rappresenta davvero il futuro in ambito energetico?
2) Quali giovamenti troveremmo da una costruzione di centrali nucleari in Italia?
3)
Quali sono i rischi legati alla radioattività, all’inquinamento, ai possibili incidenti e allo smaltimento delle scorie?
4) Esistono alternative per uno sviluppo energetico sostenibile e sicuro?

La trasmissione REPORT, in una puntata andata in onda due mesi fa, ha provato a rispondere a queste domande facendo informazione VERA (merce davvero rara!). La trasmissione della Gabbanelli ha mostrato quali sarebbero i pericoli per la salute, per l’ambiente e per il futuro che comportano le centrali nucleari negli altri paesi.
L’informazione è fondamentale. Non basta dire “dobbiamo ripensare le nostre scelte del passato, adesso il nucleare è sicuro ed è il futuro”.
Semplicemente perché non è vero.

Se non lo avete già visto sappiate che il filmato dura un’ora. Il consiglio è quello di guardarlo tutto molto attentamente.

Cliccate qui per vedere la puntata di REPORT

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-17f2ebfb-98a5-428f-8df2-d1634b60decc.html?p=0


Francesco

Il nuovo Consiglio Comunale di Terranuova: il futuro è oggi?


Le elezioni amministrative del 6 e 7 giugno 2009 hanno consegnato ai terranuovesi un nuovo Consiglio Comunale. Per il centrosinistra, vincitore riconfermato con il 39,8 % dei voti, oltre al candidato sindaco Mauro Amerighi sono eletti: Mauro Di Ponte (170 preferenze), Leonardo Migliorini (112 preferenze), Sergio Chienni (100 preferenze), Enrico Gori (99 preferenze), Francesca Mariani (94 preferenze), Sara Grifoni (69 preferenze), Giovanni Bonaccini (67 preferenze), Riccardo Vannelli (62 preferenze), Caterina Barbuti (44 preferenze), Manuela Corsi (43 preferenze), Deborah Romei (42 preferenze), Linda Neri (29 preferenze), Sirio Migliorucci (28 preferenze). Il Popolo delle Libertà fa sedere in Consiglio assieme al candidato sindaco Luca Trabucco i consiglieri Giacomo Picchi (159 preferenze), Lucia Francalanci (97 preferenze), Leonardo Lucacci ( 63 preferenze), Augusta Fuccini Albarosa (61 preferenze). Infine, la lista Pasquini per Terranuova, con il candidato Carlo Pasquini e Massimo Quaoschi (84 preferenze).

L’età media del Consiglio è piuttosto bassa, grazie alla nutrita presenza di giovani (Barbuti, Bonaccini, Grifoni, Migliorini) e giovanissimi (Gori, Neri, Picchi) da affiancare a personalità più esperte e navigate. Il dato è certamente confortante perché testimonia un positivo rinnovamento della classe politica, almeno nell’amministrazione locale.

Mauro Amerighi, come detto, è stato rieletto sindaco, Katia Faleppi (assessore nel precedente mandato) è il nuovo vicesindaco che succede a Poccetti, con deleghe ai lavori pubblici, politiche del lavoro, formazione e casa. Gli assessori sono: Sergio Chienni (promozione e sviluppo del territorio, urbanistica), Ettore Ciancico (ambiente, mobilità e viabilità urbana, caccia e pesca), Mauro Di Ponte (rapporti con le frazioni, qualità e manutenzione urbana), Elena Fratini (rapporti istituzionali, affari generali, comunicazione e informazione), Alessio Magini (bilancio, finanze, società partecipate).

Il Consiglio Comunale si è riunito in prima convocazione sabato 20 giugno e già in data 6 luglio ha iniziato a svolgere la sua regolare attività, prendendo le prime importanti decisioni su temi molto delicati (emergenza sociale causata dalla crisi economica, farmacia comunale in frazione Penna, variazione al bilancio di previsione 2009, variazione al piano degli investimenti).

E’ presto per dire se i marcati contrasti tra gli schieramenti emersi durante la velenosa campagna elettorale pregiudicheranno il corretto e funzionale svolgimento dei lavori all’interno dell’assemblea. Da parte nostra, non possiamo che augurarci un marcato senso di responsabilità da parte dei candidati che abbiamo chiamato a rappresentarci.

Le elezioni degli ultimi anni hanno manifestato, in un clima di incertezza generale, delle piccole grandi verità: l’elettorato è mutevole e con il suo voto giudica il modus operandi di chi lo governa. I cittadini hanno bisogno di credere nel futuro, di avere fiducia nella classe politica che li rappresenta. Il fatto che tanti giovani abbiano deciso di esporsi in prima persona, di camminare un passo avanti a tutti verso il domani, ci invita a essere ottimisti: questa convinta partecipazione alla cosa pubblica può essere la scintilla necessaria a innescare una fase di rinascita che non può prescindere dalla spinta forte e innovativa delle nuove generazioni.

E.B.

L'atmosfera industriale pratese


Dopo oltre 60 anni di amministrazioni di sinistra, Prato elegge come sindaco Roberto Cenni, noto imprenditore dell’abbigliamento, candidato del centrodestra. Quindi anche Prato, come molte altre realtà locali italiane, cambia colore, cambia schieramento politico, decide di cedere per cinque anni le chiavi della città al centrodestra. Ma in questo caso l’attenzione non può essere focalizzata solo sul fenomeno dell’ alternanza di governo. Sotto le lenti finisce l’intero distretto industriale e i fattori di forza che lo hanno reso competitivo sui mercati nazionali ed internazionali. Insomma si cercherà di capire se quegli “oltre 60 anni” di governo di sinistra capitolino sotto i propositi del nuovo sindaco o meno.
Per iniziare conviene descrivere la forma di produzione distrettuale che consiste in: a)un processo produttivo divisibile in fasi diverse, tecnicamente separabili, così da consentire la specializzazione delle piccole imprese per fasi o compendi, b)una organizzazione flessibile del lavoro e della produzione soggetta all’elevata variabilità quantitativa e qualitativa della domanda.
Entrambi i requisisti non sono creazione di un demiurgo, padre del distretto, di un’idea assoluta. Al contrario una serie di fattori materiali hanno contribuito sin dalla notte dei tempi a rendere il Giustificaterritorio pratese competitivo e pronto a cogliere le sfide dei mercati e dello sviluppo economico. Il distretto industriale trova terreno fertile in presenza di tre condizioni: 1)una rete di piccoli comuni che definisce il sistema locale nel quale l’economia diffusa può maturare, centri nei quali vi erano tradizioni artigianali e commerciali diffuse (a Prato rappresentate dall’arte della lana), non erose dalla prima industrializzazione, dall’urbanizzazione, dall’immigrazione, 2)specifici rapporti di produzione in agricoltura prima dell’industrializzazione (nel nostro caso la mezzadria) che hanno sostenuto la formazione di un’offerta di lavoro flessibile a costi ridotti con conoscenze e motivazioni che poi hanno permesso lo sviluppo della piccola impresa, 3)presenza di tradizioni e istituzioni politiche locali legate al movimento cattolico, socialista e comunista.
Eccoci tornati al punto di partenza, a quegli “oltre 60 anni” di governo di sinistra che hanno fatto la differenza nello sviluppo dell’economia diffusa a Prato, dietro i quali si cela gran parte del successo pratese, si collocano le fortune e le soluzioni agli ostacoli del distretto tessile e dell’intera città.
Fin dal secondo dopoguerra si rileva il fermento economico del distretto, lo spirito di imprenditorialità di molte figure professionali presenti sul territorio (impanna tori, contoterzisti ecc…), la dinamicità di tutto il territorio. In particolare si individua l’alta capacità di integrazione istituzionale, sia dei conflitti derivanti dai rapporti di produzione, sia delle risorse tecniche e culturali proprie del territorio. Benefici provenienti dal sottofondo di rapporti sociali delle subculture, in questo caso rosse, nella formazione del distretto. Nello specifico dal ruolo del movimento dei lavoratori importantissimo per la realizzazione del modello di società inclusiva, avvenuta non senza scontri e lotte dure. Emblema di ciò che sarà la cultura sindacale del territorio è la vertenza Balli del 1969. Punto di rottura, dopo un ventennio di lotte, e di riapertura. L’occupazione della ditta Balli, scoppiata contro le modalità di retribuzione del lavoro straordinario, si trasformò in un evento che coinvolse tutta la città, uno sciopero generale totale che costrinse i datori di lavoro a concedere nuovi diritti, ma soprattutto dette inizio alla proficua stagione della contrattazione collettiva territoriale degli anni Settanta.
Si dette avvio da quel momento ad uno spirito territoriale di collaborazione che se da un lato favorì il raggiungimento di obbiettivi di produzione, e l’efficienza produttiva, dall’altro ha garantito una serie di diritti sociali e sul luogo di lavoro che stabilizzavano il conflitto sociale. La contrattazione territoriale fu capace di colmare obbiettivi di categoria (salario, condizioni di lavoro) con obbiettivi del territorio (interventi sociali, mense, scuole per l’infanzia, salute). Si potrebbe dire che il territorio con le sue incertezze e flessibilità si contrappone alla disciplina di fabbrica tayloristica, reinventando una propria one best way dello sviluppo economico ed industriale.
Oltre alle parti sociali protagonista della cooperazione territoriale è stata l’amministrazione locale, nella quale ha prevalso il PCI, fin quando è esistito. Mediatrice dello sviluppo locale, ha predisposto risorse materiali e non che costituivano quell’insieme di beni collettivi di cui l’intera comunità produttiva ha potuto usufruire.
Questa breve panoramica ci suggerisce una domanda: saprà il nuovo sindaco di Prato Cenni integrarsi nell’atmosfera industriale pratese? e ancora, la società pratese ha reciso i suoi legami con la cultura cooperativa che ha garantito i successi del distretto industriale, assalita dalla paura e dall’individualismo proprietario (A. Bonomi) nuovo spettro del nostro tempo?
Per tentare di esaurire questi interrogativi avremo bisogno di più pagine e più inchiostro, tuttavia credo che dei segnali sia dalla campagna elettorale, sia dalle primissime proposte del nuovo sindaco, siano giunti e possano essere commentati.
Ha sicuramente poco a che fare con lo spirito imprenditoriale del distretto la creazione di cooperative per disoccupati fino a cassintegrati per lavorare i tanti terreni incolti del territorio, un presunto ritorno all’agricoltura che se nella seconda metà dell’800 ha permesso, proprio al territorio pratese, di capitalizzare ricchezza per lo sviluppo industriale, oggi mi pare una proposta a dir poco anacronistica.
Ha poco a che vedere con l’atmosfera industriale del distretto e con la peculiare cultura cooperativa anche la richiesta di militari a sorvegliare la città, in quanto si tratterebbe di politica di tipo esclusivo piuttosto che inclusivo.
Ma se le singole scelte politiche del centro destra possono rispecchiare gli umori sociali di medio periodo, a mettere a rischio la competitività e il modello inclusivo pratese potrebbe essere una cultura della comunità locale deviata verso valori e comportamenti poco collaborativi. Una cultura che si è riflessa nel voto a Cenni, che l’ha cavalcata dando un volto alle paure dei pratesi (il cinese), ma che tuttavia non ne rappresenta tutti i suoi contenuti e sfumature.
In definitiva con il cambio di guardia in Comune ad essere compromessa potrebbe essere la governance territoriale, quei rapporti di collaborazione tra parti sociali, tra aziende, tra istituzioni, che hanno prodotto inclusione sociale e veri e propri beni collettivi per la competitività, adesso a repentaglio dal nuovo indirizzo politico dell’amministrazione locale e dal tessuto sociale mutato culturalmente.
Giacomo

martedì 7 luglio 2009

Tra pubblico e privato: l'acqua in mezzo al guado


E' compito della politica aver cura del bene comune: l'acqua è un fattore essenziale in quanto diritto fondamentale. Su questo tema aleggia molta confusione e non con semplicità si riesce a definire se l'acqua sia pubblica o privata. I partiti e gli amministratori rispondono con orgoglio che questa sia pubblica perché gli acquedotti sono di proprietà dei comuni dal momento che le società che le gestiscono sono prevalentemente a capitale pubblico. Per esempio, Acqua Spa che gestisce l'acqua nel basso Valdarno è posseduta per il 55% dai Comuni del comprensorio e per il 45% da Abab, una società partecipata per il 30% da privati come Suez o Monte dei Paschi e per il 70% da Acea, società controllata dal Comune di Roma. A conti fatti l'80% di Acqua Spa è dei comuni, quindi pubblica. Allora possiamo dormire sonni tranquilli? Mica tanto. A ben vedere i comuni non gestiscono direttamente un bel niente se non tramite Spa. Sarebbe come se dei genitori, troppo impegnati in beghe private, si rifiutassero di custodire i loro figli e li affidassero a una baby sitter senza chiari intenti educativi. In quel caso, i figli non cambierebbero cognome, sarebbero sempre in famiglia ma non si potrebbe dire che questi sarebbero ben accuditi. Guardando lo stato delle cose con occhi ben aperti e schietti non si può non riconoscere che tra un Comune e una Spa passa la stessa differenza che c'è tra un frate francescano e un guerriero mercenario: il primo persegue fini di prossimità, di fratellanza e di pace, mentre il secondo è dedito al saccheggio, alla violenza e alla guerra. Se il povero frate affidasse la sua comunità al feroce soldato, non si potrebbe più dire che in quel monastero si respiri un'aria di pace, bensì diventerà un luogo di tortura. L'obiettivo di una Spa è quello di massimizzare il profitto espandendo i ricavi e comprimendo i costi, pertanto, sotto il governo delle Spa l'acqua smette di essere un diritto e si trasforma in una merce, i comuni cessano di essere i primi custodi del bene comune e si camuffano in padroni sanguisuga. Insomma, padrone pubblico e gestione privata. Questa è l'attuale contraddizione che grava su uno dei più importanti beni primari. Tuttavia questo paradosso è il frutto di una brillante elucubrazione: siccome il pubblico è pigro e inaffidabile, affidiamo tutto all'efficienza e alla professionalità del privato. Una sorta di Re Mida che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Ma per arricchire chi? Alcuni casi poco virtuosi:nel gennaio 2008 la dirigenza di Acqualatina è finita in manette per truffa aggravata e frode; nel gennaio 2009 il Comando della Guardia di Finanza della Provincia di Frosinone, ha denunciato Acea Ato 5 Spa per avere gonfiato illegalmente le bollette dell'acqua; nel novembre 2007 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha appurato l'esistenza di patti segreti fra Acea e Suez per penetrare nel mercato degli acquedotti toscani. La lista sarebbe ancor più lunga se non che per esigenze di brevità mi pare opportuno richiamare all'attenzione del lettore come si manifesta l'efficienza del privato: Fausto Valtriani, Presidente di Acque spa, ha diritto ad un compenso lordo di 44.400 euro l'anno e un gettone di presenza di 155 euro ogni volta che siede in riunione1. Eppure ricorrere al privato è necessario perché la rete idrica ha bisogno di investimenti e ad oggi l'unico che ha i soldi è il privato. Come cani da tartufi, privati come Suez, Caltagirone, Pesenti, Veolia e tanti altri si gettano subito nell'affare, entrando come soci nella società. Ma al loro ingresso non corrisponde alcun aumento di capitale e siccome non conviene fermare i soldi nelle casse delle aziende si vanno a cercare nelle banche, magari le stesse che siedono nei consigli d'amministrazione. Tutta l'operazione si chiude con il vizio che ben rileva l'assurdità di tale concezione: il sistema a tariffa. Nella logica d'impresa gli investimenti fatti a debito si recuperano attraverso le vendite e se non si riesce ad aumentare la linea di produzione non c'è altra strada che ricorrere all'innalzamento dei prezzi. Quello dell'acqua è un caso di scuola perchè tecnicamente la domanda di questo bene è rigida, ossia i consumi sono stabilizzati pertanto ogni investimento si conclude, inevitabilmente, con un processo inflazionistico. Dopotutto, i direttori sanno che più di tanto non si può tirare la corda pertanto gli investimenti sono limitati al minimo indispensabile, così ci troviamo ad avere una situazione infrastrutturale che è tutto eccetto il risultato di un processo efficiente. Legambiente Toscana ha stimato che la rete idrica pisana perde il 42% dell'acqua immessa nelle tubature. Difatti, il risultato è che mentre nel 1985 gli investimenti in questo settore ammontavano a 2,3 miliardi di euro, nel 2005 sono scesi a 700 milioni di euro. Che sia un paradosso lo dimostra il caso che si è venuto a creare a Firenze il 20 giugno 2008 quando Alfredo De Girolamo, presidente della Confservizi Toscana, ha messo in evidenza la necessità di avviare opere di ristrutturazione per 900 milioni di euro e poi ha chiesto i soldi alla Regione Toscana per evitare che i costi ricadessero in tariffa. Insomma, profitti privati e debiti pubblici: neppure Mussolini sarebbe stato capace di far meglio! Possibili vie d'uscita? Bisogna metterci in testa che dobbiamo avvicinarci all'acqua con un duplice atteggiamento: preservazione e diritto. Preservazione perché l'acqua è una risorsa sempre più scarsa e diritto perché essa assolve a funzioni vitali. Il primo proponimento si raggiunge risistemando la rete idrica ed educando la gente ad evitare inutili sprechi, mentre il secondo lo si agguanta garantendo a tutti il fabbisogno minimo di acqua. Indubbiamente nessuna di queste due proposte può stare in piedi con il sistema a tariffa. Una fiscalità progressiva che persegua fini di ridistribuzione ed equità è l'unica soluzione per un cammino virtuoso e lungimirante. Chi più ha, più paga: questo dovrebbe essere il principio. Ma la politica che fa? Il 6 agosto 2008 con la legge 133 il Parlamento, "al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni" ha definitivamente sancito la privatizzazione dell'acqua e nessuna forza politica ha manifestato valutazioni di contrarietà. Questo è quello che fa la politica.

Tommaso

Chi difende i giovani?


Secondo la rilevazione Istat sulle forze lavoro nei primi tre mesi del 2009 le vittime più numerose della crisi sono, come era prevedibile, i giovani.
La disoccupazione giovanile è aumentata dal 18 al 25 per cento e circa 400 mila precari, quasi tutti sotto i trent’anni, hanno perso un lavoro nel primo trimestre del 2009 rispetto al primo trimestre del 2008.
Di questi 400 mila lavoratori precari che hanno perso il lavoro, al massimo uno su tre ha accesso al sussidio di disoccupazione.
I giovani si ritrovano con un lavoro decisamente meno protetto di quello dei loro padri e vengono completamente abbandonati dallo Stato.
Sembrano essere il fianco debole e mal organizzato della società, su cui si scaricano gli effetti collaterali di un sistema politico-economico che non funziona: tagli alla formazione, lavoro precario e future pensioni da fame. Tutto a danno dei giovani, tutto sulle loro spalle.
Eppure la loro voce non si sente.
Nei partiti politici c’è poca traccia di istanze giovanili da difendere. I fatti parlano chiaro. Si parla con insistenza di rinnovamento, ma con un’accezione sbagliata. Prendendo il toro per la coda anziché per le corna si vagheggia intorno alla parola “rinnovamento” più per le delusioni che la politica ha riservato negli ultimi anni che con l’idea aprire gli occhi di fronte alle vere nuove sfide che la realtà ci imporrebbe di affrontare.
Si parla (e magari si lanciano) “giovani politici” ma non di una politica a sostegno di questa categoria non si vedono i frutti.
I sindacati per incapacità o per mancanza di interesse sembrano comunque avere più a cuore altre fasce di società. I suoi iscritti sono per tre quarti pensionati e per un quarto lavoratori subordinati tipici. In più, il rapido cambiamento del mondo del lavoro li ha colti forse alla sprovvista.
Esiste il grande mondo dell’associazionismo e del volontariato, dove i giovani sono spesso protagonisti, ma che fino ad oggi non ha avuto la forza per portare avanti le loro istanze e dare la spinta per dare una sterzata allo stato delle cose.
Quello che servirebbe è una grossa capacità di mobilitazione.
Molti pensano che Internet possa rappresentare il mezzo per riempire questo deficit di rappresentanza. La rete avrebbe tutte le caratteristiche per essere sfruttata come spazio di proposta e di organizzazione collettiva giovanile. Serve solo una scintilla perché il vaso è quasi colmo.

Francesco