martedì 1 giugno 2010

Nel paese delle auto blu



Mi sarebbe piaciuto proporre la discussione di oggi analizzando approfonditamente la manovra economica e finanziaria di cui tanto si parla in questi giorni. Ma non lo faccio. Vista la complessità della materia rischierei solo di scopiazzare quello che si legge su tutti i giornali imbattendomi nell’incapacità di saper leggere e prevedere gli effetti economico-finanziari di una normativa piuttosto corposa. Mi soffermo però su un ragionamento che scaturisce dalle tante informazioni che abbiamo ricevuto da una settimana a questa parte.

Tre dati mi hanno particolarmente impressionato e vorrei che la discussione di questa settimana partisse da qui:

1) L’Italia è in assoluto il paese che spende di più per le auto blu. Letto così, sganciato dai numeri e senza comparare il dato italiano a quello degli altri paesi non scaturisce l’indignazione dovuta. Provo a darvi i numeri: il primo è quello della manovra economica completa: 24 miliardi di euro.

Passiamo a quelli sulle auto blu (dati ripresi dall’Associazione contribuenti italiani): in Italia sono 629.620 (seicentoventinovemilaseicentoventi!) che costano annualmente (ogni anno!) 21 miliardi di euro (VENTUNOMILIARDI!). Come la manovra economica! Solo che la manovra recupererà i 24 miliardi in due anni. La spesa per i macchinoni blù si fa ogni 12 mesi. A prima vista non si crede a questo dato, anche perché non siamo abituati a ragionare sui grandi numeri come migliaia di auto e miliardi di euro. Mi sono detto che ci doveva essere qualche errore. Quindi ho fatto una semplice operazione matematica: 21miliardi diviso il numero delle auto blu. Se provate scoprirete che la quota annua pro-auto è una somma del tutto credibile. In Italia si spendono 21 miliardi di euro per il carburante, i pedaggi autostradali, i noleggi, le auto e gli autisti di Stato, Regioni, Province, Comuni, municipalità, Asl, comunità montane, enti pubblici, enti pubblici non economici, società misto pubblico-private e società per azioni a totale partecipazione pubblica.

Ma negli altri paesi quante sono queste auto blu? Pare che i dati siano questi: 73.000 negli Stati Uniti, 65.000 in Francia, 54.000 in Gran Bretagna (ma il governo ha previsto una riduzione causa crisi), 44.000 in Spagna, 35.000 in Giappone, 23.000 in Portogallo. E pensare che nel 2005 in Italia le auto blu erano 198.596. Sempre uno sproposito in confronto agli altri paesi… ma nonostante questo in quattro anni le abbiamo triplicate ed oggi abbiamo bisogno di una manovra economico-finanziaria per mantenerle. Alè

2) Anche il secondo dato è venuto allo scoperto in questi giorni: il 60% dei proprietari di imbarcazioni di lunghezza superiore ai 10 metri risulta nullatenente. Alé, Alé!

3) Terzo dato: in Italia esistono duemilioni di case sconosciute al fisco. Alé, Alé, Alé!

Ora, se il primo punto riguarda un malcostume direttamente riconducibile alla malapolitica con un abuso di potere sfacciato e schifoso il secondo e il terzo punto non riguarda i “cattivi politici italiani”, riguarda i “cattivi italiani”.

È vero, la politica dovrebbe attivare e incentivare controlli più stringenti affinché i furbi non la facciano franca. Ma i furbi (anzi, i delinquenti) siamo noi! Noi italiani. E nemmeno pochi, visto che il dato del terzo punto riguarda per forza di cose un numero vasto di persone proprietarie di case fantasma.

Ma noi ci passiamo sopra a queste cose…. Berlusconi stesso ha definito l’evasione fiscale un “malcostume italiano”. Più che malcostume credo sia una forma di delinquenza diffusa e in parte comunemente accettata. Il malcostume a cui si riferiva il buon Silvio forse era proprio il fatto che la si accetta? E sebbene dalle menti di alcuni illuminati politici di caratura nazionale sia nata l’idea dello “sciopero fiscale” il buonsenso italiano dovrebbe ritenere quantomeno vergognosa questa ipotesi.

Certamente, preferirei pagare le tasse per la ricerca, la scuola e la sanità piuttosto che per pagare gli autisti ai parenti dei politici ma se si considerare normale (e non delinquenza) chi non paga le tasse è un problema grosso almeno quanto una crisi internazionale.

Insomma, in un paese dove chi delinque è un furbetto di successo, quella politica che spende 21miliardi in autisti e macchinoni diventa una logica e triste conseguenza del nostro modus vivendi.

La domanda da ventiquattromiliardi di euro è: Come ne usciamo?

Francesco



Il Blog de LA VOCE DEL MARTEDI oggi compie un anno.

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LA REDAZIONE

3 commenti:

  1. La domanda è veramente da 24mld di euro!
    Io non sono un grande amante di queste cose, ma mi è sempre rimasto impresso quello che diceva sempre il mio buon professore di Filosofia e Storia al Liceo: in Italia è mancata una rivoluzione! Ed è verissimo! La Francia con la rivoluzione del 1789, Gli Stati Uniti con la Rivoluzione che ha portato all'indipendenza, la Gran Bretagna ne ha avute tantissime, ed è proprio grazie ai vari sollevamenti "nobil - popolari" che si è guadagnata la democrazia e il potere decisionale in capo al popolo. In Italia è mancata questa consapevolezza di popolo, questo rovesciamento delle carte in tavola. Come si può paragonare il Risorgimento alla Rivoluzione francese? Come paragonare la Resistenza alla Guerra civile inglese del 1688? Il tutto condito con un po' di Vaticano qua e là.
    Non che sia un anti clericale, ci mancherebbe, ma riconosco che avere avuto la Santa Sede "in house" ci ha portato non pochi problemi nell'ordine di uno sviluppo di mentalità popolare quantomeno autonomo!
    E queste mancanze ci riportano tutte a quel modo di vivere e di pensare, tutto italiano, parafrasato da Guicciardini con il particulare.
    Nella mentalità italiana c'è il "pensare per sè" ed è una mentalità che sfido io a cambiare, anche per 24mld di euro!

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  2. Nedo Bronzi ha detto…
    Giacomo delle volte mi sorprendi, o non capito bene o quello che vorresti dire è che in Italia sta prevalendo un sorta di egoismo sociale e che siamo stati, comunque, pesantemente influenzati dalla cultura (politica) clericale e più specificatamente Vaticana?
    Ehilà non starai mica aprendo la tu anima ad un inizio di sana formazione di sinistra?
    Io penso che in realtà i complessi avvenimenti che hanno portato alla composizione del nostro Stato hanno visto un quadro storico principalmente caratterizzato da aree profondamente divise. Se si pensa bene dopo la dominazione, onnipresente su tutto il nostro territorio, dell’impero Romano, l’Italia è stata soggetta a svariate dominazioni: Francese, Austriaca, Spagnola, Araba, Papalina che ne hanno anche determinato un vasto e variegato frazionamento. Tali posizionamenti hanno contribuito in maniera importante al ritardo nella formazione di una coscienza comune di territorio, di stato e di unità.
    Cosa invece che ritroviamo nei fattori scatenanti le grandi Rivoluzioni.
    In tutti e due gli straordinari sommovimenti sociali che hai menzionato, una delle cause principali, fu l’imposizioni di tasse che vessavano i cittadini; per il nuovo continente i coloni americani contro imposizioni ingiuste da parte della madrepatria Inglese, per la Francia il Terzo Stato (a cui Maria Antonietta voleva dare ”Brioches” in mancanza del pane) in contrapposizione dell’Ancien Régime.
    La Resistenza italiana fu invece un grandissimo ed eroico movimento popolare contro l’onta di un invasore crudele ed assassino coadiuvato da un governo interno dittatoriale, assolutista e privatore delle libertà.
    Sono quindi modalità storiche diverse che hanno visto quei sommovimenti agire su una coscienza ed unità già formate e spirito di appartenenza radicato al territorio. Condivido con te che in Italia l’arte di pensare prima per se stessi sia sempre stata in primo piano, il bene comune è spesso e volentieri in secondo e in terza linea.
    Mi sembra quindi, e correggimi se sbaglio, che anche tu confermi, che le decisioni e le normative che spesso vengono assunte riguardano egoisticamente il bene di pochi o, addirittura, di un “singolo”.
    Anche la sollecitazione di Francesco ci porta a confermare che gli italiani possono comprendere benissimo i sacrifici ed anche essere convinti a pagare per il bene di tutti, ma che almeno le cose siano eque. Mi sembra però che di tutto questo, chi deve prendere le decisioni, non se accorga e si ribatta sempre vessando il “Terzo Stato”.
    Non sarà mica l’anticamera di quella rivoluzione (pacifica e civile) che, come dicevi tu, Italia non è mai avvenuta?
    Un saluto
    Nedo

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  3. Caro Francesco, hai citato tre esempi, ma nel nostro bel paese ce ne potrebbero essere ben di più. Un ex ministro della Repubblica ebbe a dire che "pagare le tasse è bello". Nonostante che tutti gli si schierarono contro (forse le cose per cui schierarglisi contro erano ben altre e non queste), personalmente condivisi quell'affermazione, ma il Ministro avrebbe dovuto completare la frase aggiungendo "quando sono eque e quando chi amministra dimostra come spende i nostri soldi e dove li butta!". Purtroppo questo non fa parte della nostra cultura, abbiamo una classe dirigente che è troppo occupata a far della politica una professione, che ha paura di non essere rieletta e che si ricorda degli astenuti solamente nei salotti televisivi la domenica delle elezioni perchè non ci sono ancora i dati elettorali da commentare, già il lunedì sera l'astenuto vien bollato come il vagabondo che ha preferito andare al mare piuttosto che a votare. Sinceramente ritengo che la misura sia colma.

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