martedì 22 giugno 2010

Intervista: profit vs non profit, dal capitale finanziario al capitale umano


Il blog pubblica un'intervista a Gabriele Mecheri, attuale presidente (in scadenza di mandato) della cooperativa Beta, cooperativa sociale di tipo b, con sede a Arezzo, impegnata e attiva sul nostro territorio e nel nostro comune con molteplici attività. Buona lettura.

Ciao Gabriele, grazie per aver accettato di intervenire su La voce del martedì, sotto forma di intervista. Qualche settimana fa, ho scritto sul blog riguardo il BetaBar, l'argomento ha risvegliato un certo interesse tra i lettori e credo che il discorso sulla cooperazione, sulla Beta e sul suo impegno nel territorio meriti di essere approfondito. Quindi, veniamo subito al punto: che significa per te essere parte del progetto Beta?

Prima di tutto un saluto ai coordinatori e ai lettori del blog, grazie dell'opportunità. Quindi..

Beta è in qualche modo il proseguo di un percorso personale, cominciato anni fa, che ha visto alcune tappe fondamentali nella mia formazione culturale, sociale e politica. Il servizio civile in Caritas (quando ancora si parlava di obiezione di coscienza), la partecipazione ai progetti di empowerment comunitario (progetto KIM con l’Isola Del Tesoro, la fondazione dell’Associazione Culturale Arcipelago, il progetto Terra Dove Andare con Koinè ecc), il percorso universitario e poi, appunto, Beta. Una cooperativa sociale di integrazione che lavora per creare connessione tra le opportunità e i bisogni delle persone esposte a rischio di esclusione. Sono tra i soci fondatori di Beta, col tempo l’impegno è cresciuto fino a l'attuale carica di presidente (scade adesso il mio terzo mandato). Cosa farò nel futuro? È presto per dirlo, a breve partirà una discussione interna con tutti i soci e decideremo insieme, in maniera serena a responsabile come abbiamo sempre cercato di fare in questi anni; anche perché oggi Beta offre lavoro a circa cento persone e oltre quaranta sono esposte a rischio di esclusione. Il nostro interesse individuale (di ognuno e il mio per primo) viene certamente dopo l’interesse dell’organizzazione.

Il progetto Beta si manifesta nella realtà sociale e economica del nostro territorio in molteplici forme, si esprime in diverse dimensioni: spazi per ragazzi, possibilità per soggetti svantaggiati, occasioni per giovani e adulti che vogliono investire sul capitale umano piuttosto che su quello finanziario. Perché la (tua) scelta del non profit?

La mia scelta nel non profit è stata naturale, scontata e, per niente, eccezionale. C’è chi pensa di fare il medico, chi l’avvocato, chi il meccanico; per me ho sempre pensato a un impegno che potesse trovare applicazione in un’organizzazione come Beta, una “cooperativa vera”, fatta da persone che cercano di mettere al centro le “persone”, scommettendo su di esse, cercando di valorizzarne le abilità. Un’organizzazione, sia chiaro, che di certo non è perfetta, ma che tenta di tessere quotidianamente delle strategie per rispondere ai problemi complessi che si presentano.

Nel ’98 ho avuto la fortuna di conoscere Koinè, la “madre” di Beta, e di iniziare a lavorare all’interno di questa importante organizzazione. Ho trovato un ambiente vivace, fatto di uomini e donne capaci e intelligenti, con la voglia di costruire azioni collettive a servizio delle persone. Con Koinè ho partecipato a percorsi importanti che hanno portato alla nascita di servizi e azioni fondamentali per le comunità locali: il progetto “Isola che non c’è”, con il suo modello di nido flessibile che ha fatto da apripista in Toscana per la riforma dei servizi all’infanzia; “X-job” e “Tate Familiari”, sempre centrati sulle politiche per l’infanzia; “Oltre il giardino”, un progetto di formazione e avvio al lavoro per soggetti esposti al rischio di esclusione nel campo della cura e gestione del verde (il vero avvio della cooperativa sociale Beta). E poi, tanti altri che sarebbe lungo e noioso elencare, facili da trovare trovare sui nostri siti web di riferimento (www.koine.org e www.coopbeta.it).

A Terranuova, sopratutto per i cittadini, cooperativa Beta significa molto BetaBar. Dopo una partenza lenta, oggi l'ambiente e una realtà importante che offre una seconda casa a molti ragazzi. Da poco tempo è nata anche un'associazione. Come giudichi il cammino percorso fino a oggi? Quali sono le prospettive future del progetto BetaBar? E' possibile far comprendere a tutti l'importanza di centri di aggregazione sociale per i giovani?

Credo sia sbagliato, anche a Terranuova, guardare a Beta solo come BetaBar: questo è uno dei tanti impegni che abbiamo sul nostro territorio comunale. Beta offre occupazione a oltre 25 terranuovesi (di cui 12 a rischio di esclusione sociale e lavorativa). È su questa cifra che mi piacerebbe veder valutato il lavoro di Beta, nel tentativo di dare risposte lavorative a persone “deboli”.

Detto questo, il BetaBar è un progetto a cui teniamo molto, io in particolare. In questa fase storica emergono dati “catastrofici”. Da una parte ci concentriamo sui “bamboccioni” e dall’altra l’Istat ci dice che solo un giovane su tre ha un’opportunità di lavoro. Con tutti i difetti del BB, un pregio gli va sicuramente riconosciuto: dare fiducia ai ragazzi che ogni anno si succedono nella gestione non solo del bar, ma anche dei programmi di animazione comunitaria. Per il futuro auspico un impegno meno importante di Beta in questa attività: ciò significherebbe una totale comprensione del progetto da parte dei ragazzi, che diventerebbero i motori di un nuovo passo generazionale. Un passo fondamentale non solo in questa attività, ma nei numerosi e più importanti aspetti della nostra vita pubblica. Non credo che i cittadini non comprendano l’importanza di spazi di aggregazione, di cui il nostro territorio è fortunatamente ricco: penso all’Oratorio, alla Casa del Popolo, al lavoro incredibile che fanno le associazioni sportive del nostro territorio, o ai tanti circoli nelle frazioni del nostro comune che spesso rappresentano l'unico spazio d'incontro tra persone. Per quanto riguarda il BetaBar esistono, a mio avviso, tre problematiche fondamentali: una diffidenza generale per le attività nuove che nascono, l’idea sbagliata secondo la quale un’organizzazione come Beta sia centrata solo su un interesse commerciale e i problemi di disturbo per i cittadini che vivono nelle vicinanze del bar, questione da affrontare con intelligenza da parte di tutti i soggetti in campo.

Progetti futuri?

Progetti “a mollo” ne abbiamo tanti: la strutturazione di un marchio di comunicazione, la gestione dei servizi connessi agli eventi, la gestione di locali nel Pratomagno, la gestione del Parco di Cavriglia, in un tentativo, molto difficile, di riportare il Parco a essere punto di aggregazione per le famiglie del territorio con tutte le opportunità che questo luogo può offrire.

Mi piace guardare Beta nel suo insieme, vivo la cooperativa come un aggregato di persone, dove non esiste un “padrone” ma dove tutti, rischiando del proprio, cercano di muoversi come un soggetto collettivo che lavora sul doppio scambio mutualistico: interno tra i soci, esterno verso la comunità.

Si tende a legare indissolubilmente cooperative e associazioni agli ambienti di sinistra. A volte l'esperienza sembra raccontarci questo, ma siamo sicuri che esista solo l'associazionismo di sinistra? Io ad esempio sono presidente di un'associazione culturale totalmente a-partitica e a-politicizzata. Lottiamo quotidianamente con tutti le problematiche che si presentano sul nostro cammino, soprattutto ci scontriamo con la difficoltà di reperire risorse economiche per portare avanti le nostre attività. Chiedo: è possibile per le associazioni sopravvivere senza schierarsi, da una parte o dall'altra?

Il discorso è molto difficile e lungo da affrontare, mi limito quindi a poche considerazioni. Anni fa uscì un libretto che si chiamava “Critica della ragion Nonprofit. L'economia solidale è una truffa?” di Paola Tubaro, edito da DeriveApprodi, che tra gli altri argomenti si occupava proprio di questo tema. Le associazioni, le cooperative sociali e le altre organizzazioni del mondo non profit sono per definizione delle organizzazioni di “cittadinanza attiva”, tema che nel corso degli anni è un po’ scomparso dalle agende di lavoro di chi fa il nostro mestiere. Cittadini, quindi, che si mettono insieme per cercare di dare una risposta ad alcuni problemi: il bisogno di spazi di aggregazione, la promozione di un’idea di cultura, l’assicurazione di diritti per una categoria di cittadini, la promozione dell’agio per fasce di popolazione, la risposta al problema del lavoro ecc. Tutto questo ha inevitabilmente anche una prospettiva politica, che fa collocare le organizzazioni più o meno vicine a una parte o all'altra. Però non dobbiamo dimenticare che alcuni problemi hanno una valenza trasversale, riguardano l’intera comunità, sia essa di destra, centro o sinistra. Parlando del mondo che conosco meglio, ti rispondo con una domanda: il problema dell’occupazione dei disabili e di assicurare loro dei diritti nella città di Terranuova è un problema delle cooperative sociali di tipo b che hanno capitale sociale sul territorio oppure è una prospettiva che riguarda tutta la comunità? Siamo sicuri che il “puro mercato” sia l’unico e il miglior regolatore per attività ad alto contenuto relazionale? Non voglio spingermi in tecnicismi che ci porterebbero lontani, ma sia il legislatore nazionale che i legislatori regionali (in regioni anche di colori politici opposti) si sono dati risposte differenti, e credo che questo sia un tema degno di attenzione.

Non nego la mia appartenenza a una parte, non l’ho mai fatto. Ma ho sempre cercato di tenere ben distanti i due piani, altrimenti nel corso degli anni avrei fatto scelte personali differenti. Quindi, credo sia possibile sopravvivere sia schierandosi che non, l’importante è sempre che la scelta sia libera, che riguardi l’organizzazione nel suo profondo e non sia solo una scelta di comodo. Io preferisco sempre aver chiaro chi ho davanti, ma mai questo mi ha impedito di parlare, collaborare e lavorare insieme a organizzazioni e amministrazioni che partivano da prospettive differenti.

E.B.


6 commenti:

  1. Le cooperative SOCIALI sono realtà importanti, soprattutto in un momento di crisi come quella che stiamo vivendo. Danno lavoro ai più deboli e ai giovani, sicuramente i più colpiti dalla crisi.
    Vorrei però che Gabriele e Emmanuele ci aiutassero a capire invece come dobbiamo inquadrare altri tipi di COOPERATIVE, che sicuramente non c’entrano nulla con le cooperative sociali. Perlo delle cosiddette “cooperative rosse”: COOP, IPERCOOP, OBI che nascono come funghi sul territorio toscano.
    Globalizzano, massificano e tolgono aria alle botteghe (il lavoro ai bottegai) e ai prodotti del territorio. Costa meno un’ananas che viene con l’aereo dal Brasile che una mela che viene con l’ape dalla penna. Hanno leggi AD COOPERATIVAM… Ma non per l’aiuto di persone svantaggiate, per avere orari e giorni di apertura più vantaggiosi rispetto ai negozi, per non rispettare i diritti dei lavoratori precari che assumono e licenziano senza batter ciglio…
    Spiegateci chi sono e fate le dovute differenze…. Che a me i compagni dell’IPERCOOP non piacciono poi così tanto.

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  2. L'universo delle cooperative, che conosco poco per la verità, credo sia abbastanza ampio e variegato. Possiamo nelle prossime settimane, con il vostro aiuto e contributo, e magari con l'intervento di qualcuno "ferrato" in materia, proporre una riflessione sul fenomeno che Simone menziona nel suo intervento. Grazie. Certo che se non c'era l'ipercoop ci toccava comprare la frutta a 50 € al kilo e i quaderni per la scuola a 5 €uro a quadretto, ma questa è un'altra storia..

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  3. Il problema è che in Valdarno c'è solo l'Ipercoop e le Coop. Manca un concorrente analogo, tipo Esselunga, Carefur, etc.
    Stesso dicasi per le coop di tipo b. La normativa regionale ed il regolamento del comune permette che l'amministrazione gli possa affidare i lavori senza fare una gara... e probabilmente continuiamo a pagare la frutta 50€ al kg!
    Leonardo Lucacci

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  4. È bella ed efficace la dizione ‘leggi ad cooperativam’ proposta da Simone. I favori con cui le amministrazioni rosse hanno gratificato la Coop sono ben documentati nel libro ‘Falce e carrello’ di Bernardo Caprotti, fondatore e proprietario di Esselunga. Fra i tanti casi, particolarmente vergognoso è quello della ex area Superpila a Firenze, in piazza Pietro Leopoldo, dove si sarebbe dovuto trasferire l’ ormai inadeguato punto vendita Esselunga di via Milanesi e invece è sorta l’ ennesima cittadella Coop.
    Ciò detto, da consumatore trovo che la concorrenza fra marchi della grande distribuzione sia salutare: non a caso l’ area fiorentina, con la competizione fra Esselunga e Coop, ha i prezzi più bassi d’ Italia.
    A Gabriele faccio in primo luogo complimenti e auguri: con la cooperativa Beta ha individuato e riempito un vuoto tanto di solidarietà quanto di mercato. Se altri non lo sanno emulare, vuol dire che dietro a questa operazione ci sono dosi non comuni di fosforo, impegno e dedizione. Fosforo, impegno e dedizione che poi Gabriele corrobora da par suo con una smaliziata ars politica, di cui dà prova anche nell’ intervista, soprattutto quando ci dice che per una associazione è “possibile sopravvivere sia schierandosi che non”. Sarei curioso di sapere quanti lettori credono a una reale pari opportunità di finanziamenti fra chi si lega a un carro e chi, come Emmanuele, appartiene a una “associazione culturale totalmente a-partitica e a-politicizzata”. Questa amenità il Gabriele amico dei politici che contano, il Gabriele che non combatte battaglie ‘sbagliate’, il Gabriele kingmaker, il Gabriele ammaliato dai pifferai sessantottini, questa amenità il nostro caro Gabriele ce la poteva proprio risparmiare.
    Silvio Cazzante

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  5. Da dove cominciare.
    Caro Leo, l’art. 5 della legge 381/91 con cui si istituiscono le cooperative sociali dice che le “Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini”. Tra il vendere zucchine e cercare di ricomporre diritti attraverso “beni relazionali” credo ci sia un po’ di differenza. L’esempio l’abbiamo avuto con la gara delle pulizie degli ambienti comunali di Terranuova. Come fa un’azienda a fare il 40% di ribasso su attività labour intensive? Semplice, tagliando le ore di lavoro. Tutto questo cade addosso alle persone che da anni svolgevano quel lavoro. Ancora maggiori danni avvengono quando nei cantieri sono impegnate persone esposte a rischio di eslcusione. Il 163, normativa quadro sugli appalti, infatti norma diversi tipi di approccio, che non sempre vengono tenuti di conto.

    Silvio, sempre molto intelligente e “furbo”, sa bene che il nostro territorio è stato nel corso degli anni molto ricco di esperienze di integrazione sociale, ma mancavano del tutto esperienze di integrazione lavorativa, in questo Beta ha trovato terreno fertile (non “mercato”). Successivamente, si sono aggiunte altri tentativi, che stanno riscuotendo pari successo (ad esempio la cooperativa Elios di Montevarchi). Silvio, con cui è sempre anche divertente discutere, forse dimentica di riflettere su alcuni aspetti della ns esperienza, che non ci fa essere così organici come lui pensa. Su Gabriele kingmaker gli ricordo che negli anni ho fatto scelte non proprio fedeli alla linea, che mi hanno anche esposto a piccoli “processi” pubblici (passami il termine un po’ sopra le righe). Ammaliato, credo, mai.

    A Simone, che non ho il piacere di conoscere (credo), mi piace suggerire una frase che mi dice spesso il mio direttore: “critica il rabbino ma non mettere in dubbio la torah”. Nel senso che le cooperative di acquisto sono nate per permettere a gruppi sociali di poter acquistare al miglior prezzo possibile beni di prima necessità. Molto probabilmente adesso esse hanno smarrito in parte la loro missione, complici logiche di mercato esasperato che loro stesse hanno cavalcato. Ritrovo quello spirito originario nelle esperienze dei GAS, che trovano però difficoltà a trovare spazi.

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  6. Caro Gabriele, la gara a cui ti riferisci ha prodotto quel risultato perchè l'Amministrazione comunale, ha fatto un bando senza preoccuparsi di mantenere il lavoro a quelle persone che già ci lavoravano e ne avrebbero avuto bisogno.
    LL

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