
Il blog pubblica un'intervista a Gabriele Mecheri, attuale presidente (in scadenza di mandato) della cooperativa Beta, cooperativa sociale di tipo b, con sede a Arezzo, impegnata e attiva sul nostro territorio e nel nostro comune con molteplici attività. Buona lettura.
Ciao Gabriele, grazie per aver accettato di intervenire su La voce del martedì, sotto forma di intervista. Qualche settimana fa, ho scritto sul blog riguardo il BetaBar, l'argomento ha risvegliato un certo interesse tra i lettori e credo che il discorso sulla cooperazione, sulla Beta e sul suo impegno nel territorio meriti di essere approfondito. Quindi, veniamo subito al punto: che significa per te essere parte del progetto Beta?
Prima di tutto un saluto ai coordinatori e ai lettori del blog, grazie dell'opportunità. Quindi..
Beta è in qualche modo il proseguo di un percorso personale, cominciato anni fa, che ha visto alcune tappe fondamentali nella mia formazione culturale, sociale e politica. Il servizio civile in Caritas (quando ancora si parlava di obiezione di coscienza), la partecipazione ai progetti di empowerment comunitario (progetto KIM con l’Isola Del Tesoro, la fondazione dell’Associazione Culturale Arcipelago, il progetto Terra Dove Andare con Koinè ecc), il percorso universitario e poi, appunto, Beta. Una cooperativa sociale di integrazione che lavora per creare connessione tra le opportunità e i bisogni delle persone esposte a rischio di esclusione. Sono tra i soci fondatori di Beta, col tempo l’impegno è cresciuto fino a l'attuale carica di presidente (scade adesso il mio terzo mandato). Cosa farò nel futuro? È presto per dirlo, a breve partirà una discussione interna con tutti i soci e decideremo insieme, in maniera serena a responsabile come abbiamo sempre cercato di fare in questi anni; anche perché oggi Beta offre lavoro a circa cento persone e oltre quaranta sono esposte a rischio di esclusione. Il nostro interesse individuale (di ognuno e il mio per primo) viene certamente dopo l’interesse dell’organizzazione.
Il progetto Beta si manifesta nella realtà sociale e economica del nostro territorio in molteplici forme, si esprime in diverse dimensioni: spazi per ragazzi, possibilità per soggetti svantaggiati, occasioni per giovani e adulti che vogliono investire sul capitale umano piuttosto che su quello finanziario. Perché la (tua) scelta del non profit?
La mia scelta nel non profit è stata naturale, scontata e, per niente, eccezionale. C’è chi pensa di fare il medico, chi l’avvocato, chi il meccanico; per me ho sempre pensato a un impegno che potesse trovare applicazione in un’organizzazione come Beta, una “cooperativa vera”, fatta da persone che cercano di mettere al centro le “persone”, scommettendo su di esse, cercando di valorizzarne le abilità. Un’organizzazione, sia chiaro, che di certo non è perfetta, ma che tenta di tessere quotidianamente delle strategie per rispondere ai problemi complessi che si presentano.
Nel ’98 ho avuto la fortuna di conoscere Koinè, la “madre” di Beta, e di iniziare a lavorare all’interno di questa importante organizzazione. Ho trovato un ambiente vivace, fatto di uomini e donne capaci e intelligenti, con la voglia di costruire azioni collettive a servizio delle persone. Con Koinè ho partecipato a percorsi importanti che hanno portato alla nascita di servizi e azioni fondamentali per le comunità locali: il progetto “Isola che non c’è”, con il suo modello di nido flessibile che ha fatto da apripista in Toscana per la riforma dei servizi all’infanzia; “X-job” e “Tate Familiari”, sempre centrati sulle politiche per l’infanzia; “Oltre il giardino”, un progetto di formazione e avvio al lavoro per soggetti esposti al rischio di esclusione nel campo della cura e gestione del verde (il vero avvio della cooperativa sociale Beta). E poi, tanti altri che sarebbe lungo e noioso elencare, facili da trovare trovare sui nostri siti web di riferimento (www.koine.org e www.coopbeta.it).
A Terranuova, sopratutto per i cittadini, cooperativa Beta significa molto BetaBar. Dopo una partenza lenta, oggi l'ambiente e una realtà importante che offre una seconda casa a molti ragazzi. Da poco tempo è nata anche un'associazione. Come giudichi il cammino percorso fino a oggi? Quali sono le prospettive future del progetto BetaBar? E' possibile far comprendere a tutti l'importanza di centri di aggregazione sociale per i giovani?
Credo sia sbagliato, anche a Terranuova, guardare a Beta solo come BetaBar: questo è uno dei tanti impegni che abbiamo sul nostro territorio comunale. Beta offre occupazione a oltre 25 terranuovesi (di cui 12 a rischio di esclusione sociale e lavorativa). È su questa cifra che mi piacerebbe veder valutato il lavoro di Beta, nel tentativo di dare risposte lavorative a persone “deboli”.
Detto questo, il BetaBar è un progetto a cui teniamo molto, io in particolare. In questa fase storica emergono dati “catastrofici”. Da una parte ci concentriamo sui “bamboccioni” e dall’altra l’Istat ci dice che solo un giovane su tre ha un’opportunità di lavoro. Con tutti i difetti del BB, un pregio gli va sicuramente riconosciuto: dare fiducia ai ragazzi che ogni anno si succedono nella gestione non solo del bar, ma anche dei programmi di animazione comunitaria. Per il futuro auspico un impegno meno importante di Beta in questa attività: ciò significherebbe una totale comprensione del progetto da parte dei ragazzi, che diventerebbero i motori di un nuovo passo generazionale. Un passo fondamentale non solo in questa attività, ma nei numerosi e più importanti aspetti della nostra vita pubblica. Non credo che i cittadini non comprendano l’importanza di spazi di aggregazione, di cui il nostro territorio è fortunatamente ricco: penso all’Oratorio, alla Casa del Popolo, al lavoro incredibile che fanno le associazioni sportive del nostro territorio, o ai tanti circoli nelle frazioni del nostro comune che spesso rappresentano l'unico spazio d'incontro tra persone. Per quanto riguarda il BetaBar esistono, a mio avviso, tre problematiche fondamentali: una diffidenza generale per le attività nuove che nascono, l’idea sbagliata secondo la quale un’organizzazione come Beta sia centrata solo su un interesse commerciale e i problemi di disturbo per i cittadini che vivono nelle vicinanze del bar, questione da affrontare con intelligenza da parte di tutti i soggetti in campo.
Progetti futuri?
Progetti “a mollo” ne abbiamo tanti: la strutturazione di un marchio di comunicazione, la gestione dei servizi connessi agli eventi, la gestione di locali nel Pratomagno, la gestione del Parco di Cavriglia, in un tentativo, molto difficile, di riportare il Parco a essere punto di aggregazione per le famiglie del territorio con tutte le opportunità che questo luogo può offrire.
Mi piace guardare Beta nel suo insieme, vivo la cooperativa come un aggregato di persone, dove non esiste un “padrone” ma dove tutti, rischiando del proprio, cercano di muoversi come un soggetto collettivo che lavora sul doppio scambio mutualistico: interno tra i soci, esterno verso la comunità.
Si tende a legare indissolubilmente cooperative e associazioni agli ambienti di sinistra. A volte l'esperienza sembra raccontarci questo, ma siamo sicuri che esista solo l'associazionismo di sinistra? Io ad esempio sono presidente di un'associazione culturale totalmente a-partitica e a-politicizzata. Lottiamo quotidianamente con tutti le problematiche che si presentano sul nostro cammino, soprattutto ci scontriamo con la difficoltà di reperire risorse economiche per portare avanti le nostre attività. Chiedo: è possibile per le associazioni sopravvivere senza schierarsi, da una parte o dall'altra?
Il discorso è molto difficile e lungo da affrontare, mi limito quindi a poche considerazioni. Anni fa uscì un libretto che si chiamava “Critica della ragion Nonprofit. L'economia solidale è una truffa?” di Paola Tubaro, edito da DeriveApprodi, che tra gli altri argomenti si occupava proprio di questo tema. Le associazioni, le cooperative sociali e le altre organizzazioni del mondo non profit sono per definizione delle organizzazioni di “cittadinanza attiva”, tema che nel corso degli anni è un po’ scomparso dalle agende di lavoro di chi fa il nostro mestiere. Cittadini, quindi, che si mettono insieme per cercare di dare una risposta ad alcuni problemi: il bisogno di spazi di aggregazione, la promozione di un’idea di cultura, l’assicurazione di diritti per una categoria di cittadini, la promozione dell’agio per fasce di popolazione, la risposta al problema del lavoro ecc. Tutto questo ha inevitabilmente anche una prospettiva politica, che fa collocare le organizzazioni più o meno vicine a una parte o all'altra. Però non dobbiamo dimenticare che alcuni problemi hanno una valenza trasversale, riguardano l’intera comunità, sia essa di destra, centro o sinistra. Parlando del mondo che conosco meglio, ti rispondo con una domanda: il problema dell’occupazione dei disabili e di assicurare loro dei diritti nella città di Terranuova è un problema delle cooperative sociali di tipo b che hanno capitale sociale sul territorio oppure è una prospettiva che riguarda tutta la comunità? Siamo sicuri che il “puro mercato” sia l’unico e il miglior regolatore per attività ad alto contenuto relazionale? Non voglio spingermi in tecnicismi che ci porterebbero lontani, ma sia il legislatore nazionale che i legislatori regionali (in regioni anche di colori politici opposti) si sono dati risposte differenti, e credo che questo sia un tema degno di attenzione.
Non nego la mia appartenenza a una parte, non l’ho mai fatto. Ma ho sempre cercato di tenere ben distanti i due piani, altrimenti nel corso degli anni avrei fatto scelte personali differenti. Quindi, credo sia possibile sopravvivere sia schierandosi che non, l’importante è sempre che la scelta sia libera, che riguardi l’organizzazione nel suo profondo e non sia solo una scelta di comodo. Io preferisco sempre aver chiaro chi ho davanti, ma mai questo mi ha impedito di parlare, collaborare e lavorare insieme a organizzazioni e amministrazioni che partivano da prospettive differenti.
E.B.