martedì 23 aprile 2013

Regione VS Comuni


Due questioni a scala regionale per guardare da un punto di vista diverso sia al dibattito politico nazionale che alla prossima campagna elettorale a Terranuova.
Prima questione. La Regione sta rivedendo la propria legge urbanistica, la n. 1 del 2005. Una legge che, ispirata dalla riforma del titolo V della Costituzione, era stata così presentata: “l’ aspetto fondamentale di cambiamento […] è la forte responsabilità che ciascun soggetto istituzionale assume. Saltando qualsiasi gerarchia si passa dalla gerarchia alla sussidiarietà, alla reale collaborazione, ovvero dal government alla governance” (dal sito web della Regione, consultato il 10 aprile 2008). A detta dei più questo modello di ‘pluralismo istituzionale paritetico’ – così è stato anche definito – non ha corrisposto nella pratica alle intenzioni che lo avevano ispirato. Molti Comuni infatti hanno abusato della loro autonomia pianificatoria per fare cassa, con previsioni urbanistiche sovradimensionate e fondate non di rado su analisi circoscritte ai soli confini amministrativi. La Rete dei Comitati per la difesa del territorio si è espressa in termini drastici: “Continare con l’ assoluta, inappellabile autonomia comunale in materia di previsioni di crescita costituisce uno dei primi fattori della dilapidazione del territorio” (da ‘Piattaforma toscana’, documento preparatorio all’ Assemblea dei Comitati del 3 febbraio 2013).
Con la bozza della nuova legge la Regione pare ora volersi riappropriare di un ruolo di controllo, riservandosi un parere vincolante sulle scelte pianificatorie. I Comuni non gradiscono e insorgono. Simone Gheri, sindaco di Scandicci e responsabile Urbanistica di Anci Toscana: “La Regione non può porsi in relazione ai Comuni come la maestrina dalla penna rossa, pronta a correggere gli errori e a stabilire confini e modalità di ciò che può esser fatto e ciò che non può esser fatto” (greenreport.it, 7 marzo 2013). Ancora più duro Alessandro Cosimi, sindaco di Livorno e presidente di Anci Toscana, che accusa apertamente la Regione, in particolare il presidente Rossi e l’ assessore all’ urbanistica Marson, di cercare un rapporto diretto con i comitati dei cittadini, provocando così, in nome della partecipazione, “il rischio di delegittimazione della politica rappresentativa, in una sorta di patto populista che, su urbanistica e governo del territorio, esclude i Comuni e la loro rappresentanza dalla costruzione e definizione di regole” (greenreport.it, 7 marzo 2013).
Seconda questione. Con una specifica variante al proprio Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) la Regione ha dato il via alle procedure per la costruzione della nuova pista dell’ aeroporto di Firenze. Contrari i Comuni della piana – Sesto Fiorentino, Calenzano, Campi Bisenzio, Signa, Carmignano, Poggio a Caiano –, la Provincia di Firenze e la Provincia di Prato, tutti amministrati dal centrosinistra, e il Comune di Prato, amministrato dal centrodestra. Contrario anche il Movimento 5 Stelle. Nessuna distinzione di schieramenti, dunque. Gianni Gianassi, sindaco di ‘Sestograd’, è sarcastico: “L’ aeroporto a chi serve? A noi no, ma forse serve a chi prende l’ appalto e a quella Firenzina del triangolo d’ oro, dei grandi alberghi e dei grandi interessi. La giunta regionale non ci ha mai coinvolto: c’ è uno strappo istituzionale” (Corriere Fiorentino, 15 marzo 2013). Affonda il coltello Andrea Barducci, presidente della Provincia di Firenze: “Allo stato attuale il progetto della pista parallela convergente è una devastazione dal punto di vista urbanistico” (Corriere Fiorentino, 16 marzo 2013).
Per quanto i conflitti fra Regione e Comuni non siano rari, le problematiche della nuova Legge 1 e dell’ aeroporto fiorentino appaiono veramente singolari, trasversali come sono rispetto ai partiti e, soprattutto, rispetto alle istituzioni: mentre nel primo caso la Regione si veste da paladina dell’ ambiente contro gli appetiti dei Comuni cementificatori, nel secondo le posizioni si invertono. Perché questo scambio di ruoli?
La risposta più semplice è anche la più disincantata: i ruoli si comprendono in termini di potere, di spazi decisionali da conquistare o da difendere, di primazie e primogeniture da rivendicare, di voti da mettere in carniere. D’ altronde è acclarato che nella politica nostrana le dichiarazioni riflettono non tanto ciò in cui si crede quanto, nella migliore delle ipotesi, il campanile di appartenenza e gli interessi elettorali.
Non trascurerei però un’ altra spiegazione: le questioni dell’ urbanistica e dell’ ambiente sono complesse, mal riconducibili a schemi precostituiti – di qua la natura buona, di là il cemento cattivo – e per di più stanno diventando centrali nel sentire dei cittadini. Hanno perciò una intrinseca vocazione ad attraversare in modo non ideologico partiti e istituzioni, costringendoli a un discernimento al quale sono poco avvezzi. Tanto poco avvezzi che nella scorsa campagna elettorale hanno preferito indossare le piume dello struzzo e mettere la testa sotto la sabbia, non parlando né di ambiente né di urbanistica.
Mi domando se avremo l’ opportunità di discuterne nei prossimi mesi a Terranuova.

Silvio Cazzante

1 commento:

  1. Quello dell'ambiente è un tema fondamentale della futura buona politica. Ieri era la giornata della terra. Il PD ha voluto festeggiare, sotterrandosi.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.