Questa settimana su La Voce del Martedì torniamo a parlare di lavoro e precariato giovanile. Lo facciamo attraverso un articolo di Andrea Stuppini pubblicato oggi su lavoce.info che racconta di un'iniziativa importante ed interessante sull'applicazione del contratto di solidarietà espansivo da parte di un'azienda emiliana (Ifoa di Reggio Emilia).
Nel nostro Valdarno i precari sono tantissimi, frutto anche del buon andamento di molte aziende locali nonostante la crisi. Perché in Valdarno, nonostante la crisi, si assume. Con prudenza però. Ed utilizzando tutta la flessibilità che le leggi, Fornero compresa, mettono a disposizione.
L'effetto di queste leggi però risulta essere profondamente ingiusto e paradossale. A pagare l'incertezza è un'intera generazione di precari, anche quando le cose vanno bene (o quantomeno anche quando non vanno poi così male)! Chissà che questo articolo non possa rappresentare uno spunto per Sindacati ed Aziende locali.
Un patto di solidarietà tra lavoratori. Siamo pronti a cedere un po' del nostro orticello?
In un’azienda emiliana il contratto di solidarietà espansivo ha permesso di assumere ventinove precari, in cambio di una minima riduzione di orario e di stipendio per i lavoratori già a tempo indeterminato. Perché imprese e sindacato non utilizzano di più questo strumento previsto da trenta anni?
UN CONTRATTO ESPANSIVO
Le vicende politiche seguite alle elezioni di febbraio hanno prodotto, fra le altre cose, alcuni segnali di maggiore attenzione ai problemi lavorativi delle giovani generazioni e non si tratta solo del dibattito sul reddito minimo.
Sulla perdita di rappresentatività tra i giovani, si interroga anche il movimento sindacale, che anziché inseguire gli schemi politici, potrebbe trovare risposte proprio nel rinnovamento delle prassi contrattuali.
Qualche settimana fa, ad esempio, all’Ifoa di Reggio Emilia è stato siglato un accordo aziendale che offre qualche spunto di riflessione: con un contratto di solidarietà espansivo si sono assunti definitivamente ventinove precari in cambio di una riduzione minima degli stipendi e dell’orario dei lavoratori a tempo indeterminato.
L’Ifoa è un istituto di formazione aziendale con sedi in varie Regioni. In base all’accordo, i suoi 84 impiegati in organico hanno accettato una riduzione di orario da 40 a 38 ore e un taglio dello stipendio di circa il 5 per cento (cioè una media di 80 euro mensili in meno in busta paga). Ciò ha permesso di assumere ventinove persone a tempo indeterminato, mentre altri venti lavoratori diventano “somministrati” ed entrano in un bacino di precedenza per le prossime assunzioni; venti altri collaboratori hanno deciso di rimanere autonomi (anche perché sono pluricommittenti) e resta infine ancora da analizzare e contrattare il caso di undici collaboratori di commesse esterne.
Sulla perdita di rappresentatività tra i giovani, si interroga anche il movimento sindacale, che anziché inseguire gli schemi politici, potrebbe trovare risposte proprio nel rinnovamento delle prassi contrattuali.
Qualche settimana fa, ad esempio, all’Ifoa di Reggio Emilia è stato siglato un accordo aziendale che offre qualche spunto di riflessione: con un contratto di solidarietà espansivo si sono assunti definitivamente ventinove precari in cambio di una riduzione minima degli stipendi e dell’orario dei lavoratori a tempo indeterminato.
L’Ifoa è un istituto di formazione aziendale con sedi in varie Regioni. In base all’accordo, i suoi 84 impiegati in organico hanno accettato una riduzione di orario da 40 a 38 ore e un taglio dello stipendio di circa il 5 per cento (cioè una media di 80 euro mensili in meno in busta paga). Ciò ha permesso di assumere ventinove persone a tempo indeterminato, mentre altri venti lavoratori diventano “somministrati” ed entrano in un bacino di precedenza per le prossime assunzioni; venti altri collaboratori hanno deciso di rimanere autonomi (anche perché sono pluricommittenti) e resta infine ancora da analizzare e contrattare il caso di undici collaboratori di commesse esterne.
UNO STRUMENTO DA UTILIZZARE DI PIÙ
Per stipulare l’accordo, Ifoa e sindacati hanno fatto ricorso alla legge 863 del 1984, che prevede all’articolo 1 il contratto di solidarietà difensivo (riduzione degli stipendi in cambio di mantenimento degli organici nel periodo di crisi) e all’articolo 2 il contratto di solidarietà esterno o espansivo (riduzione degli stipendi, in cambio di nuove assunzioni).
Mentre la solidarietà difensiva è stata spesso utilizzata anche in questi anni di crisi economica, gli esempi del secondo tipo sono rarissimi. Talvolta si cita l’accordo dell’Alitalia del 2009, anche se in quella vicenda l’intervento pubblico aveva assunto caratteristiche più generali. Negli anni precedenti, alcuni accordi aziendali di questo tipo erano stati stipulati nel settore bancario e in quello della grande distribuzione. Ma prima le ristrutturazioni industriali e poi, dal 2008, la crisi hanno contribuito ad archiviare un istituto che vorrebbe promuovere rimodulazioni di orario per favorire nuova occupazione. Proprio per queste ragioni, l’accordo dell’Ifoa è particolarmente significativo.
Sul piano contributivo e previdenziale, la riduzione dell’orario di lavoro è priva di effetti per il lavoratore, in quanto in base all’articolo 5 comma 5 della legge 236 del 1993, interviene l’Inps coprendo il periodo con l’accredito di contributi figurativi.
D’altra parte, per tre anni l’azienda (che usciva da un periodo di cassa integrazione) non potrà attivare né cassa né mobilità, pena la perdita dell’incentivo Inps per la solidarietà.
A monte della decisione di ricorrere al contratto di solidarietà espansivo, c’è anche la necessità di adeguarsi alla riforma Fornero. Oggi, la grande maggioranza delle aziende che non possono più rinnovare i contratti co.co.pro, chiedono semplicemente ai propri collaboratori di aprire una partita Iva. E a chi ha fatto notare lo scarsissimo uso dell’istituto della solidarietà espansiva, si è risposto che è ancora poco conosciuto dalle aziende (dopo trenta anni…).
In realtà, nonostante già dal 2003 la legge Biagi obblighi le aziende a comunicare il numero deilavoratori somministrati, molte non lo fanno e continuano ad assumere con contratti precari anche nei periodi in cui usufruiscono della cassa integrazione. Da aprile è scattata anche una sanzione pecuniaria da 250 a 1.250 euro per ogni lavoratore somministrato che l’azienda non comunica. Tuttavia, come sempre, perché le sanzioni previste si mostrino efficaci sono necessari controlli adeguati attraverso una attività ispettiva che invece non è sempre possibile, vista la situazione degli organici.
Il sindacato dovrebbe quindi promuovere maggiormente l’utilizzo di accordi come quello dell’Ifoa. Certo, non tutte le situazioni aziendali sono adatte o propizie, ma uno strumento contrattuale che può alleviare la difficile condizione giovanile, merita maggiore diffusione.
Mentre la solidarietà difensiva è stata spesso utilizzata anche in questi anni di crisi economica, gli esempi del secondo tipo sono rarissimi. Talvolta si cita l’accordo dell’Alitalia del 2009, anche se in quella vicenda l’intervento pubblico aveva assunto caratteristiche più generali. Negli anni precedenti, alcuni accordi aziendali di questo tipo erano stati stipulati nel settore bancario e in quello della grande distribuzione. Ma prima le ristrutturazioni industriali e poi, dal 2008, la crisi hanno contribuito ad archiviare un istituto che vorrebbe promuovere rimodulazioni di orario per favorire nuova occupazione. Proprio per queste ragioni, l’accordo dell’Ifoa è particolarmente significativo.
Sul piano contributivo e previdenziale, la riduzione dell’orario di lavoro è priva di effetti per il lavoratore, in quanto in base all’articolo 5 comma 5 della legge 236 del 1993, interviene l’Inps coprendo il periodo con l’accredito di contributi figurativi.
D’altra parte, per tre anni l’azienda (che usciva da un periodo di cassa integrazione) non potrà attivare né cassa né mobilità, pena la perdita dell’incentivo Inps per la solidarietà.
A monte della decisione di ricorrere al contratto di solidarietà espansivo, c’è anche la necessità di adeguarsi alla riforma Fornero. Oggi, la grande maggioranza delle aziende che non possono più rinnovare i contratti co.co.pro, chiedono semplicemente ai propri collaboratori di aprire una partita Iva. E a chi ha fatto notare lo scarsissimo uso dell’istituto della solidarietà espansiva, si è risposto che è ancora poco conosciuto dalle aziende (dopo trenta anni…).
In realtà, nonostante già dal 2003 la legge Biagi obblighi le aziende a comunicare il numero deilavoratori somministrati, molte non lo fanno e continuano ad assumere con contratti precari anche nei periodi in cui usufruiscono della cassa integrazione. Da aprile è scattata anche una sanzione pecuniaria da 250 a 1.250 euro per ogni lavoratore somministrato che l’azienda non comunica. Tuttavia, come sempre, perché le sanzioni previste si mostrino efficaci sono necessari controlli adeguati attraverso una attività ispettiva che invece non è sempre possibile, vista la situazione degli organici.
Il sindacato dovrebbe quindi promuovere maggiormente l’utilizzo di accordi come quello dell’Ifoa. Certo, non tutte le situazioni aziendali sono adatte o propizie, ma uno strumento contrattuale che può alleviare la difficile condizione giovanile, merita maggiore diffusione.
Bio dell'autore
Riporto l’ appello di convocazione della manifestazione nazionale Fiom-Cgil del prossimo 18 maggio.
RispondiEliminaDiritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza, per la giustizia sociale e la democrazia.
Sabato 18 maggio i metalmeccanici si mobilitano e scendono in piazza a Roma perché cinque anni fa con il governo Berlusconi ci avevano detto che la crisi non c'era, era passeggera, addirittura superata.
Negli ultimi due anni col governo Monti, visto che la crisi non si poteva più negare, si è passati a un uso della crisi per legittimare le politiche di austerità in tutta Europa.
La scelta di non intervenire sulle cause ha determinato che il 10% della popolazione ha il 50% della ricchezza: i responsabili hanno quindi continuato ad aumentare le proprie rendite. Inoltre le banche hanno ridotto il credito e investito in titoli spazzatura e la Confindustria ha puntato sulla cancellazione dei diritti e la riduzione del salario.
Risultato?
Hanno cancellato l'articolo 18, derogato ai contratti e alle leggi, tagliato la spesa sociale, chiuso ospedali e per 9 milioni di persone non è più garantito il diritto alla salute, chiuso scuole e università, posticipate e ridotte le pensioni. Hanno addirittura provato a generare una guerra tra inoccupati, disoccupati e precari, giovani e non, donne e uomini.
L'Italia continua a essere il paese con la massima evasione fiscale e la minore tassazione delle rendite finanziarie mentre attraverso le politiche fiscali hanno continuato a spremere pensionati e lavoratori dipendenti.
I risultati di questa scelta sono: licenziamenti, aumento delle disuguaglianze sociali, impoverimento e inaccessibilità al lavoro.
Questa condizione di solitudine ha addirittura portato persone a togliersi la vita.
Adesso basta! Non vogliamo più essere divisi e ricattati, è il momento di cambiare.
Il 18, a Roma, manifestiamo per:
- riconquistare il diritto del e nel lavoro;
- la riconversione ecologica del nostro sistema industriale per valorizzare i beni comuni acqua, aria e terra;
- un piano straordinario d'investimenti pubblici e privati e il blocco dei licenziamenti anche attraverso l'incentivazione della riduzione dell'orario con i contratti di solidarietà e l'estensione della cassa integrazione;
- un contratto nazionale che tuteli i diritti di tutte le forme di lavoro con una legge sulla democrazia che faccia sempre votare e decidere i lavoratori;
- un reddito per una piena cittadinanza di inoccupati, disoccupati e studenti;
- fare in modo che la scuola, l'università e la sanità siano pubbliche e per tutti;
- combattere le mafie e la criminalità organizzata che si sono infiltrate sia nella finanza che nell'economia;
- la rivalutazione delle pensioni e per un sistema pensionistico che riconosca la diversità tra i lavori;
- un'Europa fondata sui diritti sociali e contrattuali, su un sistema fiscale condiviso e sul diritto di cittadinanza e sulla democrazia delle istituzioni.
Per queste ragioni ci rivolgiamo a tutte le donne, gli uomini, i giovani, i precari, i disoccupati, i migranti, i pensionati, perché noi operaie, operai, impiegate e impiegati metalmeccanici, come voi, vogliamo una democrazia che ci permetta di partecipare e decidere del nostro futuro.
Aggiungo l’ appello a sostegno della manifestazione con i nomi dei primi firmatari.
RispondiEliminaIl 18 maggio la Fiom scende in piazza con una grande manifestazione nazionale (“BASTA! NON POSSIAMO PIU' ASPETTARE. Diritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza, per la giustizia sociale e la Democrazia”). Già nelle parole d’ordine, chiama alla mobilitazione non solo i lavoratori metalmeccanici ma l’intero “Terzo Stato”.
Sarà la prima manifestazione di opposizione e lotta costruttiva al governo Letta-Alfano da parte di tutti i cittadini che ancora si riconoscono nella Costituzione repubblicana e hanno come programma politico la realizzazione dei valori di giustizia e libertà che la informano.
Crediamo sia dovere del mondo della cultura, inteso nel senso più ampio, partecipare in modo attivo alla realizzazione e al successo di questa giornata di lotta, caratterizzata dalla più autentica e positiva “larga intesa”, quella fra cittadini che non si piegano alla crescente diseguaglianza, alla crescente illegalità, alla crescente dismisura del privilegio, alla crescente distanza fra i cittadini-elettori e i centri di decisione politica ed economica, nazionali e sovranazionali. In questa “larga intesa” tra cittadini non può esserci spazio per revisioni della Costituzione affidate a “Convenzioni” che si adopereranno per stravolgerla.
Andrea Camilleri, Roberta De Monticelli, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack, Fiorella Mannoia, Adriano Prosperi, Stefano Rodotà, Salvatore Settis, Barbara Spinelli, Gino Strada, Gustavo Zagrebelsky
Perché non stabilizzano i precari della Power-One e di Prada e a nessun sindacato e a nessun partito interessa questo?
RispondiEliminaDiventerà sempre di più una guerra tra generazioni. L'emergenza giovani né PDL (figuriamoci!) né PD (figuriamoci!) hanno capito di che si tratta.
RispondiEliminaBerlusconi pensa che il problema giovani sia legato all'età troppo acerba delle sue giovani compagne da bunga-bunga. Il Pd pensa che basti inserire Meloni, Orfini e Speranza per dare risposta a chi invece vive giorno dopo giorno con un lavoro che non c'è o, se c'è, scade dopo due settimane. Ma chi cazzo se ne frega se nella segreteria c'è il giovane-vecchio Orfini? Il cambio generazionale dev'essere nelle politiche, negli obiettivi. FAVE!