Tra qualche giorno, l’11 ottobre, ricorrerà il
50esimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Il
Concilio fu un appuntamento di enorme rilievo che interessò l’intera umanità,
superando così divisioni religiose, culturali e politiche. L’intuizione di
Giovanni XXIII si collocò, quindi, in un periodo – il tornante tra gli anni
Cinquanta e Sessanta - di estrema vitalità, mediante il quale la Chiesa rinnovò
le sue impostazioni tradizionali. "La Sposa di Cristo preferisce usare la
medicina della misericordia - affermò Papa Roncalli - invece di imbracciare le
armi del rigore". Così, il dialogo con le culture del mondo, la
valorizzazione dei laici, recependo una riflessione che già in altre parti
d'Europa era ad uno stadio più avanzato, la riforma liturgica e il senso della
missione della Chiesa nel mondo, sono soltanto alcuni accenni ai temi toccati
durante le sessioni conciliari. Al di là dei contenuti dottrinali, che comunque
ricoprono in parte un valore tutt’oggi inattuato, c’è da mettere in rilievo il
coinvolgimento e la partecipazione che si respirò intorno alla maturazione di
quelle riflessioni. La percezione fu quella di vivere un'umanità più prossima.
Sempre in quella stagione, la politica italiana, tutta presa sull’operazione
“apertura a sinistra”, si apprestava a varare riforme strutturali importanti:
la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la riforma della scuola e l’avvio
di una politica economica di piano. Un giovane Alberto Sordi, nel film del
1963, Il Boom, diretto da Vittorio De
Sica, interpretò la confidenza degli italiani con il benessere economico,
l’avvento dei consumi e le trasformazioni economiche e sociali che ne
derivarono.
Dunque, in una stagione di profondi mutamenti,
Giovanni XXIII volle e orientò la Chiesa su un cammino di aggiornamento per
vivere, con una maggiore fedeltà alla luce del Vangelo, “i segni dei tempi”.
L’anno precedente, il 1961, il servizio televisivo inaugurò il “Secondo
programma”. A Firenze, Sindaco era La Pira. Papa Roncalli, sempre nel 1961,
promulgò la sua enciclica sociale Mater
et Magistra, richiamando gli operatori economici e i soggetti coinvolti
nelle relazioni industriali ad un processo di adeguazione tra sviluppo
economico e progresso sociale: “Riteniamo perciò nostro dovere riaffermare
ancora una volta che la retribuzione del lavoro, come non può essere interamente
abbandonata alle leggi di mercato, così non può essere fissata arbitrariamente;
va invece determinata secondo giustizia ed equità” (Mater et Magistra, § 58).
Poi, seguendo il solco tracciato dalle riflessioni conciliari, nel 1963
presentò il documento più incisivo per la pace tra i popoli: la Pacem in terris e il riconoscimento
forte che bellum alienum a ratione. Il
tempo, però, non è solo durata. È soprattutto successione di eventi.
Tra gli eventi che si susseguono talvolta si
perdono le idee, le attenzioni e i traguardi raggiunti. Rispetto a cinquan’anni
fa, sembra che si sia liquefatta una sensibilità per l’uomo e la sua dignità. Si
è attenuata la tensione e si è ridotto lo spessore delle problematiche. Tra
queste, l’idea ormai trasversalmente condivisa che una fetta sempre più ampia
dei provvedimenti da attuarsi siano solo scelte neutre e quindi non meritino
una riflessione ulteriore sulle ricadute che queste possono avere sull’uomo e
sull’ambiente che le circonda. Nascono così le diseconomie esterne, cioè far
ricadere su altri soggetti – lavoro e ambiente – i costi di produzione e del
consumo. Allora riproporre il significato del Concilio non significa solamente
mettere l’accento sulle note commemorative, ma ridare fiato ad un messaggio
profetico, di speranza e di coraggio, per servire l’umanità e guidare i suoi
passi nei sentieri della pace e della giustizia.
Tommaso C.
E' prioritario l'intervento di realizzazione del nuovo parcheggio di progetto nella zona limitrofa al palazzetto dello sport e al plesso scolastico; tale parcheggio infatti potrebbe risolvere gran parte dei problemi della viabilità esistenti.
RispondiEliminaLorenzo Puopolo
Con il Concilio del Vaticano II, la chiesa cattolica prese consapevolezza di quei pericoli sociali che il progresso (siamo agli inizi degli anni ’60) portava con se’. Il disagio e l’alienazione sociale, la dissoluzione dell’istutuzione della famiglia, il qualunquismo, l’egoismo, l’edonismo, sono tutti “bubboni” che sono scoppiati anni dopo, ma il loro periodo di incubazione e’ iniziato proprio all’ombra delle prime vetrine scintillanti e alla moda, delle prime fiat 500 e Topolino, dei primi elettrodomestici che entravano nelle case degli italiani. E’ poi c’e’ stata la televisione. Amen. Ecco che la Chiesa del Concilio usci’ con la consapevolezza che non esisteva realtà con la quale non entrare in dialogo. Si parlo’ di corresponsabilità nella Chiesa, del ruolo dei laici al suo interno, del loro compito proprio, specifico, da protagonisti. Sono tutte soluzioni che si sono rilevate in seguito azzeccate e hanno contributo mantenere salda la nostra societa’. Forse oggi questo non basta piu’. C’e’ bisogno di un nuovo sforzo da parte di tutti, non solo della chiesa, per superare questi momenti molto duri e difficili.
RispondiEliminaMarco Balestri
È prioritario abolire le province, specie quella di Arezzo, e mandare a casa i consiglieri provinciali, compreso Puopolo.
RispondiEliminaPuopolo, intervieni a tema, invece di non perdere occasione per fartipubblicità. Che sei già in campagna elettorale?
RispondiEliminaMa si parla del Concilio della Chiesa, o del parcheggio della Chiesa...
RispondiEliminaCon tutta sincerità Lorenzo Puopolo non mi sembra proprio il prototipo del politico da “mandare a casa”. Ed il commento sopra mi sembra la solita pisciata fuori dal vaso dell’anonimo di turno. Qusto al di là di come la si pensi sull'abolizione o meno delle province. Puntare il dito su Puopolo accusandolo di fare campagna elettorale mi puzza. Non sarà che dietro la maschera dell’anonimo si cela un mister X che fa davvero campagna elettorale provando a gettare un po’ di fango su chi (Puopolo, in questo caso) prova a mettere sul piatto qualche idea, qualche proposta ed un po’ di passione?
RispondiEliminaE’ vero comunque che il tema proposto da Tommaso è un altro, quindi lascerei da parte certi ragionamenti.
E se oggi potessi chiedere qualcosa alla politica chiederei dove sia finito il "processo di adeguamento tra sviluppo economico e progresso sociale" di cui parlava nel 1961 Papa Roncalli richiamato nell'articolo e perché negli ultimi trent’anni sono aumentate le disuguaglianze sociali tra cricchi e poveri. Rigore, sacrifici, lacrime e sangue. Ma per arrivare a quale modello di società? Per andare verso quale sviluppo economico-sociale? Perché nessuno ce lo dice e le parole più confortanti e condivisibili sono state scritte 50 anni fa?
Non so di Mister X, ma di Puopolo si dice si voglia candidare alle primarie per fare il sindaco...
RispondiEliminaRottamarli. Tutti.
RispondiEliminaPRIMA PARTE
RispondiEliminaPosso sbagliarmi, ma credo che sia preferibile guardare all’ operato del Magistero con gli occhi della storia piuttosto che della cronaca. La vicenda di Giovanni Paolo II è esemplare: quegli stessi ambienti che in vita lo giudicavano oscurantista e inadeguato alla modernità, una volta scomparso hanno dovuto riconoscere che più di ogni altro ha inciso nelle vicende della politica mondiale fra secondo e terzo millennio. E nel microcosmo di Terranuova, non sono stati forse Don Felice e Don Donato, nella diversità dei loro carismi, il riferimento più presente e significativo per il cammino della nostra comunità negli ultimi decenni? La Chiesa rimane capace di sorprendere: l’ Osservatore Romano di venerdì scorso, 5 ottobre, ampiamente dedicato alla ricorrenza conciliare, ha proposto anche un suggestivo scritto sulle conversazioni fra il Beato Gabriele Allegra e Pierre Teilhard de Chardin, che indica esplicitamente la via di una futura teologia capace di parlare, nello spirito del Concilio, al mondo globalizzato.
Tuttavia. La sensazione di Francesco è spesso anche la mia. Trovo che in passato – diciamo fino a tutti gli anni ottanta – il Magistero avesse più parole per porsi accanto all’ uomo nella varietà delle sue relazioni con il trascendente e con l’ immanente, mentre oggi sembra limitarsi a un novero ristretto di questioni. Come se faticasse a leggere i segni dei tempi in una realtà che muta troppo velocemente. Chi avrebbe pensato, alla caduta del muro di Berlino, che molti dei matematici impegnati nei programmi bellici sarebbero passati al servizio della finanza, inventando quelle vere e proprie nuove armi di distruzione di massa che sono i derivati? Se solo però allargassimo il nostro orizzonte, memori che la Chiesa non è solo Magistero ma è formata dall’ intera comunità dei fedeli, allora vedremmo che non pochi teologi ci avevano già messo sull’ avviso, indicandoci con profetica lucidità i pericoli della finanza globale.
SECONDA PARTE
RispondiEliminaEcco, per esempio, come Don Enrico Chiavacci concludeva un suo articolo sulla rivista Jesus nel 1999: “Occorre dunque ripensare nelle sue radici l’ annuncio morale cristiano sulla storia e sull’ economia: il Concilio ha indicato con chiarezza la via, ma finora sembra che pochi se ne siano accorti o siano disposti a seguirla senza compromessi. La logica della massimizzazione del profitto, quali che siano i costi umani che essa esige, unita allo pseudo-dogma del liberismo economico, sta ormai prevalendo a tutti i livelli. Dal livello finanziario è entrata al livello aziendale, al livello di proposta di politica economica per i governi, a livello personale. Ormai ‘l’ avere di più perché è di più’, e non come possibile strumento per soddisfare ragionevoli bisogni nostri e altrui, sta diventando la regola suprema dei comportamenti privati. Negli Usa è diventata una vera ossessione generalizzata: con l’avvento di Internet è ormai possibile per il privato operare direttamente e in tempo reale sul mercato finanziario, e molti passano le giornate a muovere denaro al computer per cercare di arricchirsi rapidamente. Non solo la ricchezza, ma l’ arricchimento costante come fine a se stesso è diventato il nuovo idolo, il nuovo ideale di vita nei Paesi ricchi.
La teologia morale cattolica dell’ ultimo secolo non ha saputo, o voluto, dir niente al riguardo; quella protestante americana, legata all’ idea dell’ arricchimento come segno di predestinazione, ha favorito tale tendenza. Per molti americani Wasp (White, anglo saxon protestant) se uno è povero lo è per propria colpa: circa 40 milioni di cittadini statunitensi poveri non godono di alcun diritto all’ assistenza sanitaria. Si mira a ridurre al minimo le tasse per la salute per poter aumentare quelle per armamenti.
In questo modo il liberismo economico sta divenendo liberismo sociale: nessuna preoccupazione per il bene comune della comunità ‘Stato’ – per non parlare della comunità ‘famiglia umana’ – è ormai proponibile; lo ‘Stato sociale’ è ormai irriso da molta stampa Usa come «old style».
E molti cattolici si adeguano, col ridicolo pretesto della paura del comunismo. Ma nel Vangelo la ricchezza materiale ‘non è vera ricchezza, non è ricchezza’ per noi seguaci del Signore (cfr. Luca 16). La ricchezza vera è Dio e l’ avvento del suo Regno. Cercare prima il Regno di Dio e la sua giustizia è cercare la crescita di una convivenza umana di fraternità, di condivisione, di pace. Se la teologia non saprà leggere l’ economia come vero luogo teologico, luogo in cui dobbiamo cercare – studiando con passione, piangendo e pregando – quale sia il progetto e la chiamata di Dio per noi qui oggi, la Chiesa avrà tradito la sua missione” (Enrico Chiavacci, In nome del dio profitto, Jesus 11/99).
Silvio Cazzante
Ma come si fa a paragonare buchicchio a Don Felice?
RispondiEliminaMa per favore su...