Le crisi politiche lungo la sponda sud del Mediterraneo rappresentano per l’ Italia un problema più delicato che per gli altri Paesi europei. Non tanto per questioni migratorie o energetiche, quanto per l’ evoluzione degli equilibri geopolitici in un fronte che ci ha storicamente visto in un ruolo di rilievo. Un ruolo per di più che nel dopoguerra, persi i connotati negativi del colonialismo, ci ha guadagnato numerosi apprezzamenti.
Cominciò Enrico Mattei, rivoluzionando le regole della produzione petrolifera e offrendo ai paesi africani fino al 75% dei profitti, in luogo del 50% imposto fino ad allora dalle sette sorelle. Lo stesso Mattei appoggiò la lotta di liberazione degli algerini dai francesi e, dopo la conquista dell’ indipendenza, anche il governo italiano fu prodigo di aiuti verso il nuovo Stato.
Nel 1969 fu la volta della Libia. Mentre il re Idris, un monarca fortemente condizionato dagli inglesi, si trovava in Turchia per le cure termali, un gruppo di colonnelli del suo esercito, guidati da Gheddafi, lo depose. Si seppe anni dopo che il golpe era stato preparato in un albergo di Abano Terme con l’ aiuto dei nostri servizi e che i mezzi fatti sfilare nella parata del vincitore a Tripoli erano per la maggior parte italiani, inviati per l’ occasione. Gheddafi poi non ebbe remore a cacciare i nostri connazionali e confiscare i loro beni, ma sorte peggiore toccò ai britannici e agli americani, che persero le basi militari e una posizione strategica forte, mentre l’ Italia avviava da subito un proficuo rapporto di collaborazione economica con il nuovo regime. Non sono pochi a ritenere che la reazione inglese sia arrivata di lì a poco, il 12 dicembre, con la bomba di Piazza Fontana, anche se questa ipotesi non è stata provata in sede giudiziaria. Certi però sono tre fatti: che i gruppi neofascisti accusati della strage erano legati al principe Borghese, a sua volta in stretto rapporto con l’ intelligence britannica; che la locuzione ‘strategia della tensione’ nacque negli ambienti giornalistici d’ oltremanica proprio nel dicembre del 1969; che lo stesso presidente della Repubblica Saragat, dopo la strage, chiamò apertamente in causa i servizi inglesi.
Non rassegnata alla perdita della propria influenza in Libia e quindi nel Mediterraneo, Londra organizzò due anni dopo un controgolpe, avvalendosi di gruppi di mercenari. Ma la nave che li trasportava fu intercettata a Trieste dai nostri servizi, che avvertirono Gheddafi.
Dopo questi smacchi il governo britannico elaborò una soluzione radicale. Come risulta da documenti recentemente desecretati, nel 1976 progettò un colpo di stato in Italia, che venne impedito da un veto del cancelliere tedesco Helmut Schmidt.
Un decennio più tardi, nel 1987, si aprì lo scenario tunisino. L’ anziano presidente Bourghiba, filofrancese, stava perdendo consensi e molti, nel paese, si chiedevano se avesse ancora la lucidità necessaria a governare una situazione sempre più delicata. Fu l’ affare di una notte: il cardiologo e il neurologo personale di Bourghiba stilarono due referti che ne certificavano la sopravvenuta incapacità e al suo posto si insediò il primo ministro Ben Ali, filoitaliano. Una transizione senza spargimenti di sangue, con quello che un felice ossimoro definì un ‘golpe costituzionale’. E un grande successo dei nostri servizi, che precedettero di sole ventiquattro ore un’ analoga operazione pianificata dai francesi con un loro candidato alla successione.
Appare dunque chiaro come i conflitti di questi giorni chiamino l’ Italia a scelte particolarmente delicate, che portino a un disimpegno da Gheddafi, non più sostenibile dopo le sanguinose repressioni, e nel contempo confermino e rilancino la politica di cooperazione con il popolo libico. Ben sapendo che due paesi europei, Gran Bretagna e Francia, hanno in Libia e Tunisia interessi che divergono radicalmente dai nostri e sono sicuramente già in azione con le loro strutture coperte.
A queste considerazioni segue, inevitabile, una domanda: la nostra attuale classe politica è all’ altezza di un simile compito? Tutto fa pensare, purtroppo, di no. Sul fronte del governo, un leader accorto avrebbe mantenuto il tradizionale understatement nel rapporto di collaborazione con la Libia, senza esibire baciamano, tende berbere, cavallerizze ed emulazioni di bunga bunga. Sul fronte delle opposizioni si sarebbe dovuta evitare, in nome del superiore interesse nazionale, ogni speculazione sulle iniziali indecisioni di Berlusconi e Frattini, indecisioni in cui si sarebbe dibattuto qualunque esecutivo. E invece non si sono lesinati rimbrotti e inviti a conformarsi senza indugio alle altre diplomazie europee. A Londra e Parigi ne hanno preso atto e si sono fregati le mani.
Silvio Cazzante
Secondo me su questo blog scrivete cose culturalmente rilevanti in modo troppo intelligente. La gente ultimamente ha paura a commentare perché non si sente all'altezza.
RispondiEliminaRicordo che Mattei fece una fine poco chiara.
RispondiEliminaMi piacerebbe sapere che cosa pensano i rappresentanti terranuovesi del Popolo della Libertà (mi riferisco soprattutto al Picchi e Stefano Mugnai) dell’atteggiamento di profonda amicizia e gratitudine adottata da Berlusconi nei confronti del leader Libico. Devo ammettere che davanti all’infaticabile tentativo di difendere l’indifendibile tipico del bagaglio culturale dei seguaci di Berlusconi , la mia mente cade in uno stato catartico e libera delle gradevolissime endorfine……mh!!!!
RispondiEliminaMuaro D.
A riprova della complessità dei rapporti che ci legano alla Libia, indipendentemente dal Premier italiano di turno, mi permetto di aggiungere all'ottimo ragionamento di Silvio Cazzante, che se la Libia, cioè lo stesso Ghedddafi che scendeva dall'aereo appena atterrato in Itallia, con la foto dei "martiri" libici attaccata al vestito)non avesse acquistato, tramite il Fondo Sovrano Libico, a man bassa azioni UNICREDIT, arrivando addirittura ad esprimere un consigliere di amministrazione, quella stessa banca italiana, probabilmente, potrebbe non aver resistito alla grave crisi finanziaria dell'anno scorso. Non a caso l'ottimo (per quanto mi riguarda) AD Alessandro Profumo ci ha rimesso il posto.
RispondiEliminaLeonardo Lucacci
consigliere comunale Terranuova per la Libertà
E' vero che il tema e' difficile. Nel 2009 sono stato in Libia e le tre cose, oltre la magia del deserto e ancora di più di Leptis Magna, che più mi hanno colpito sono stati i posti di blocco (ogni 30km), i villaggi abbandonati per l'urbanizzazione forzata, le tante scuole/università. Non ho capito la fuga di lavoratori stranieri dalla Libia, perché?, ho scoperto che Gheddafi aveva fatto una legge per cui un libico non poteva essere dipendente da un'altro libico. Ma perché scappano? E come faranno in Libia senza 100/150 mila operai?
RispondiEliminaPoi mi sembra che la Libia, al contrario di Tunisia e Egitto, sia divisa da una vera guerra civile, tra gruppi di potere alternativi, preesistenti.
E questo torna con le impressioni che dicevo prima, di un paese fortemente compresso da una dittatura. Poi sul cinismo del capitalismo, sarebbe bello dedicarci un'altro martedì.
Gheddafi in realtà è Nedo Bronzi.
RispondiEliminaL’interessantissimo articolo di Silvio Cazzante mi ha riportato alla mente tante cose, tante letture perse nei meandri della memoria. Mattei e i misteri sulla sua tragica fine, Pier Paolo Pasolini e la sua verità sulle stragi. Le tesi e le interpretazioni dell’ex Magistrato Priore sulla madre di tutte le stragi, Piazza Fontana. L’Italia che diviene nei suoi racconti, fonte e sede di preparazione di colpi di stato. Le questioni connesse al primato geopolitico ed all’importanza strategica dell’Italia nell’area mediterranea. La reazione Inglese all’estromissione del Re Idris, filo britannico, a favore proprio di Gheddafi. Poi i racconti dell’Ammiraglio Martini, ex capo del SISMI, in merito a “quella specie di colpo di stato” come ebbe egli stesso a definire l’azione, organizzata in Italia, che portò alla deposizione di Bourghiba in Tunisia. Il filo conduttore del ragionamento che traccia Silvio, più che la politica, mi sembra si rifaccia ai servizi d’intelligence. Negare che tali apparati non giochino un ruolo determinante nello Stato è negare la realtà. Si tratta di stabilire come la politica riesca con abilità, massima correttezza possibile, nell’interesse generale del paese e fuori da ogni possibile manipolazione totalitaria di tale potere, a presidiare del tutto questi apparati. Ad oggi alle domande finali mi sembra che non ci sia altra possibilità di rispondere che desolatamente non appare nessuno all’altezza della situazione. Men che meno l’attuale governo che ha dovuto funambolicamente saltare da una posizione asservita ad una di condanna e di netto distanziamento.
RispondiEliminaSulla scalata del Fondo sovrano libico, Lybian Investment Authority, ad UNICREDIT io suggerirei invece di essere molto prudenti. Un fondo sovrano che non pubblica il proprio bilancio, non ha un sito internet ed è agli ultimi posti nelle classifiche internazionali sulla trasparenza non ha comunque grande reputazione e potrebbe aver commesso delle irregolarità nella scalata sulla quali sia CONSOB sia Bankit ancora stanno chiedendo quei chiarimenti che proprio Profumo negò a suo tempo.
Un saluto (anche all’idiota “anonimo” che ormai spara solo cazzate)
Nedo
COSA STA ACCADENDO IN LIBIA?
RispondiEliminaIncontro pubblico venerdì 1 aprile alle ore 17.00 a Perugia
In Libia è scoppiata la guerra civile. Questo i media embedded di regime ci vanno ripetendo da circa un mese, peccato che la realtà sia leggermente difforme. Nella nostra ex colonia sta infatti andando in onda l’ennesimo tentativo di compiere una nuova rivoluzione colorata da parte della lobbycrazia statunitense, il copione è il solito: rovesciare il despota di turno per esportare la democrazie ed importare, proposito principale e quindi non sbandierato ai quattro venti, il petrolio e le altre fonti energetiche disponibili. A differenza di quanto avvenuto in precedenza in altri Paesi, questa volta l’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo visto che la nostra economia è strettamente legata a quella di Tripoli e che importiamo dalla Libia circa un quarto del nostro fabbisogno energetico. Incuranti di questi aspetti non certo secondari i nostri politici si sono subito accodati al carro politicamente corretto dei radical-chic arrivando a denunciare il trattato di amicizia firmato nel 2008 con grande pubblicità da questa stessa maggioranza. Per analizzare cosa sta accadendo in Libia Agenzia Stampa Italia ha programmato una tavola rotonda per venerdì 1 aprile alle ore 17.00 presso la “Sala Falcone e Borsellino” (ex Sala della Partecipazione), Palazzo della Provincia in Piazza Italia a Perugia. All’incontro parteciperanno Ettore Bertolini, Direttore della testata giornalistica Agenzia Stampa Italia, Fabrizio Di Ernesto, giornalista e autore del libro “Petrolio, Cammelli e Finanza – Cent’anni di storia e affari tra Italia e Libia” edito da Fuoco Edizioni e Fabio Polese redattore di Agenzia Stampa Italia.
www.agenziastampaitalia.it
COSA STA ACCADENDO IN LIBIA?
RispondiEliminaIncontro pubblico venerdì 1 aprile alle ore 17.00 a Perugia
In Libia è scoppiata la guerra civile. Questo i media embedded di regime ci vanno ripetendo da circa un mese, peccato che la realtà sia leggermente difforme. Nella nostra ex colonia sta infatti andando in onda l’ennesimo tentativo di compiere una nuova rivoluzione colorata da parte della lobbycrazia statunitense, il copione è il solito: rovesciare il despota di turno per esportare la democrazie ed importare, proposito principale e quindi non sbandierato ai quattro venti, il petrolio e le altre fonti energetiche disponibili. A differenza di quanto avvenuto in precedenza in altri Paesi, questa volta l’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo visto che la nostra economia è strettamente legata a quella di Tripoli e che importiamo dalla Libia circa un quarto del nostro fabbisogno energetico. Incuranti di questi aspetti non certo secondari i nostri politici si sono subito accodati al carro politicamente corretto dei radical-chic arrivando a denunciare il trattato di amicizia firmato nel 2008 con grande pubblicità da questa stessa maggioranza. Per analizzare cosa sta accadendo in Libia Agenzia Stampa Italia ha programmato una tavola rotonda per venerdì 1 aprile alle ore 17.00 presso la “Sala Falcone e Borsellino” (ex Sala della Partecipazione), Palazzo della Provincia in Piazza Italia a Perugia. All’incontro parteciperanno Ettore Bertolini, Direttore della testata giornalistica Agenzia Stampa Italia, Fabrizio Di Ernesto, giornalista e autore del libro “Petrolio, Cammelli e Finanza – Cent’anni di storia e affari tra Italia e Libia” edito da Fuoco Edizioni e Fabio Polese redattore di Agenzia Stampa Italia.
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In Libia è scoppiata la guerra civile. Questo i media embedded di regime ci vanno ripetendo da circa un mese, peccato che la realtà sia leggermente difforme. Nella nostra ex colonia sta infatti andando in onda l’ennesimo tentativo di compiere una nuova rivoluzione colorata da parte della lobbycrazia statunitense, il copione è il solito: rovesciare il despota di turno per esportare la democrazie ed importare, proposito principale e quindi non sbandierato ai quattro venti, il petrolio e le altre fonti energetiche disponibili. A differenza di quanto avvenuto in precedenza in altri Paesi, questa volta l’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo visto che la nostra economia è strettamente legata a quella di Tripoli e che importiamo dalla Libia circa un quarto del nostro fabbisogno energetico. Incuranti di questi aspetti non certo secondari i nostri politici si sono subito accodati al carro politicamente corretto dei radical-chic arrivando a denunciare il trattato di amicizia firmato nel 2008 con grande pubblicità da questa stessa maggioranza.
RispondiEliminaIn Libia è scoppiata la guerra civile. Questo i media embedded di regime ci vanno ripetendo da circa un mese, peccato che la realtà sia leggermente difforme. Nella nostra ex colonia sta infatti andando in onda l’ennesimo tentativo di compiere una nuova rivoluzione colorata da parte della lobbycrazia statunitense, il copione è il solito: rovesciare il despota di turno per esportare la democrazie ed importare, proposito principale e quindi non sbandierato ai quattro venti, il petrolio e le altre fonti energetiche disponibili. A differenza di quanto avvenuto in precedenza in altri Paesi, questa volta l’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo visto che la nostra economia è strettamente legata a quella di Tripoli e che importiamo dalla Libia circa un quarto del nostro fabbisogno energetico. Incuranti di questi aspetti non certo secondari i nostri politici si sono subito accodati al carro politicamente corretto dei radical-chic arrivando a denunciare il trattato di amicizia firmato nel 2008 con grande pubblicità da questa stessa maggioranza.
RispondiEliminaCensurate le opinioni e non le cazzate, siete proprio un blog di merda.
RispondiEliminaOra me la vado a cercare.
RispondiEliminaSulla seconda parte della frase di anonimo, niente di particolare da dire. Lo sterco è fondamentale in una visione ecosostenibile del mondo, che tutti dovremmo condividere.
La prima parte invece è semanticamente ambigua e dà luogo a significati opposti a seconda che il verbo ‘censurate’ sia un imperativo o un indicativo. Se infatti deve essere inteso come imperativo, il significato della frase è: “signori del blog, decidetevi a censurare finalmente le opinioni e non le stupidate, come siete soliti fare”. Viceversa, se deve essere inteso come indicativo, il significato diventa: “signori del blog, voi siete soliti censurare le opinioni, quando invece dovreste censurare le stupidate”. Dunque, due esiti proprio contrapposti. È questa inadeguatezza linguistica, piuttosto che il livore, che mi lascia deluso nell’ affermazione di anonimo.
La mia vicinanza infine a Nedo: la scorsa settimana, nel suo più bel post, ha inneggiato, con saggezza e ironia, all’ anonimo che regolarmente lo canzona. Questa settimana non risponde, ignorando la provocazione. Io allora dico: VIVA NEDO BRONZI!
Un saluto a tutti.
Egregio signor cazzante, era un indicativo, mi sembra ovvio. Ho provato a scrivere un opinione sulla libia e questa mi è stata censurata tre volte. L'equazione Gheddafi/Nedo Bronzi invece è ancora là. Poco male, interverrò su altri blog, chiedo scusa per la volgarità ma la censura mi esaspera.
RispondiEliminaossequi.
A quanto mi risulta, per la redazione la censura è una extrema ratio, sollecitata peraltro da alcuni lettori, e non riguarda mai le opinioni correttamente espresse, anche da parte degli anonimi. Attendiamo comunque lumi e ricordiamoci che nessuno può stare in vigilanza perenne, ventiquattr' ore su ventiquattro.
RispondiEliminaIl sistema individua automaticamente ed erroneamemte dei messaggi come spam. Prima di sparare merda abbiate pazienza. Anche gli amministratori del blog hanno un lavoro e non possono gestire 24 ore al giorno i messaggi.
RispondiEliminaanonimo impara a usare il computer invece di rompere i cogxxxxi
RispondiEliminaAbbiamo reinserito i post che per sbaglio finiscono in automatico tra gli spam.
RispondiEliminaCi scusiamo per il disagio.
Finiscono tra gli spam in automatico alcuni post che sono "anonimi" e che citano altri siti internet (il sistema li individua come spam perché pensa siano pubblicità). Poi finiscono tra gli spam anche altri messaggi e non abbiamo ancora capito perché. Ma non si tratta di censura, figuriamoci.
Facciamo il possibile per reinserire i post gettati nell cartella spam il prima possibile. Purtroppo è un'operazione manuale e a volte passano alcune ore. Vi chiediamo solo un po' di pazienza.
Invitiamo ad affrontare la cosa (ed anche la vita) con un po' più di serenità.
dice che in Libia è scoppiata la guerra civile...
RispondiEliminapurtroppo sono molto rattristato soprattutto per la svolta in tragedia che sta assumendo la vicenda libica ed in particolare le vittime di questa scellerata guerra civile.
RispondiEliminala politica europea ancora una volta si è mostrata veramente deludente ed ha evidenziato ancora una volta grosse lacune e molti campanilismi nelle scelte politiche. E' vero l'Italia è tutt'oggi lo Stato che si è mostrato più prudente nei confronti di altri, ed il fatto è legato agli innumerevoli interessi che il nostro paese ha con la Libia, ma la spinta e la univoca scelta politica doveva scaturire dalla Unione Europea, con la detrminazione di una politca di intervento (anche solamente umanitario). Ed invece ancora una volta si è scaricato sui singoli Stati la decisione in merito, l' Italia invia aiuti umanitari, la Germania, L'olanda, ed Paesi Nordici ci scaricano addosso il problema clandestini (d'altra parte in passato è successo il contrario), la Francia e l'Inghilterra spingono per la no-fly-zone, oltretutto la Francia, che ha già riconosciuto il comitato di liberazione di Bengasi, dichiara che interverrà che nel caso interverrà da sola... Francia ed Inghilterra che soprattutto voglion sostituire come sciacalli l'Italia negli interessi economici e petroliferi con la Libia.. che delusione ma di quale Politica Comune vogliamo parlare...e mentre noi parliamo all'interno della Comunità Europea e difendiamo le posizioni, nonstante gli scontri siano alle nostre porte, arriveranno gli USA a scegliere la soluzione.
Ancora una volta un Unione Europea incapace di decidere!!!
e questo fa molta amarezza, soprattutto quando ancora si continua a morire...
Luca Trabucco
Grazie Silvio per la tua menzione (la gente non ci crederà ma noi non ci conosciamo), come vedi sono fatto di carne ed ossa (anche se un po’ vecchierelle) e quindi sono intervenuto. Per primo sul tuo bel pezzo (complimenti),e per ultimo (ma solo in ultimo e spero che mi perdoni) in piccolissima replica al mio “acerrimo” dileggiatore. D’altra parte gli vorrei ricordare che con il termine “Idiota”, non io umile esserino, ma il grande Fëdor Michajlovič Dostoevskij definì lo splendido personaggio del principe Lev Nikolàic Myskin.
RispondiEliminaDi nuovo saluti a tutti
Nedo
via Nedo si ruzza, un t'arrabbiare...
RispondiEliminaAl mio "anonimo" preferito.
RispondiEliminaIo sono sereno come un cielo d'estate e sinceramente, credimi, ti abbraccio fraternamente.
Nedo