Un famoso giurista, interpellato sulla definizione di legge, descrisse questa come la risposta che una determinata popolazione si dà a fronte di un preciso problema in un determinato periodo storico. Mi intrometto con questo rimando per dare terra ad una dichiarazione del ministro Maurizio Sacconi pronunciata in occasione della seconda Conferenza nazionale sulla famiglia: “gli aiuti devono essere previsti soltanto per la famiglia naturale, fondata sul matrimonio ed orientata alla procreazione”. Sebbene a tale dichiarazione, sia seguita la precisazione che tali sostegni debbano essere estesi anche alle c.d. coppie di fatto, questo è un tema che puntualmente torna alla ribalta e immancabilmente crea una frattura non soltanto tra gli schieramenti ma anche all’interno dei partiti stessi. Indubbiamente è un nodo che va ad insistere su una concezione delle politiche sociali e se riguarda alcuni come cristiani, sicuramente tocca tutti come cittadini. E allora, voi che ne pensate?
La redazione
Talvolta il silenzio è la risposta più efficace perché meglio delle parole può esprimere lo sconforto e il rammarico, nei confronti dell'ignoranza dilagante che pretende di dettare legge. Però è difficile non prendere posizione di fronte ad un osservazione del genere. Difficile anche, perlomeno con un temperamento come il mio, non raccogliere la provocazione. Ma per stavolta farò uno sforzo. Lascio parlare allora il sociologo che è in me e cerco di ridurre al minimo le influenze dell'uomo, mosso da passioni, da sentimenti e da un vissuto personale che pure si riflettono nel suo pensiero.
RispondiEliminaMi appello all'unica cosa a cui mi posso appellare: lasciamo perdere l'aggettivo "naturale" perché è fuorviante. La famiglia è una istituzione sociale; è una organizzazione storica frutto di complesse dinamiche culturali. La famiglia non è mai, in nessun caso, naturale. A meno che non si voglia rifondare il significato di natura. Non lo è perché non è un'organizzazione biologica irriflessa, ma frutto di continue interazioni umane reiterate e cristallizzatesi in una forma sociale. Ecco perché la famiglia appartiene, appunto, ad un'altra categoria, spesso contrapposta a quella di natura, che è la cultura.
Diretta conseguenza di quanto ho detto finora è che non esiste la famiglia ma esistono le famiglie, rigorosamente declinate al plurale. Tutti gli studiosi che si occupano di famiglia, indipendentemente dal loro orientamento politico-valoriale, si sono arresi di fronte a questa evidenza. In fondo, la continua insistenza che spinge all’adozione di interventi legislativi nel tentativo di difendere la famiglia Vera, l’Unica e Naturale, di fatto altro non fa che dare ragione di questa pluralità .
Allora sarebbe opportuno essere onesti e con grande serenità affermare che si tratta di giudizi di valore (legittimi) però che ancora una volta ricadono nel campo d’influenza della cultura e non in quello della natura. Bisogna essere onesti e dire che si tratta di una scelta basata su quei tipi di presupposti di valore che intendono privilegiare una forma a discapito delle altre che non si vorrebbero vedere riconosciute. Una posizione che nonostante mi trovi in assoluto disaccordo, ho il dovere di accettare all’interno delle regole del gioco del dibattito democratico-liberale.
Fabio
Nedo Bronzi ha detto…
RispondiElimina(prima parte)
Il tema interessante ed attualissimo, mi rimanda ad antichi studi giuridici ove la coscienza personale nelle sue componenti sociali, morali, etiche e politiche, si scontrava profondamente con la disamina della legge e con tutto quanto essa regolava , e in gran parte regola ancor oggi, relativamente il rapporto familiare e le rilevanza di esso all’interno dei Codice del nostro Stato. Condivido interamente, facendogli i complimenti per la sinteticità e la chiarezza, l’analisi e la riflessione sociologica sul concetto “plurale” di famiglia fatta da Fabio.
Altresì è vero che ci muoviamo tuttora in un ambito che si incardina in diversi articoli della Carta Costituzionale. Come noto, nel Titolo II della Parte I della Costituzione, dedicato ai rapporti etico-sociali, l’art. 29 prevede, nel suo primo comma, che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e,al comma successivo, che “il matrimonio è ordinato all’eguaglianza morale e giuridica tra i coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.
D’altro canto nei Principi Fondamentali all’art. 2 la nostra Carta recita: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Il primo comma dell’art. 29 rappresenta in gran parte la sintesi tra posizioni divergenti espresse in sede di Assemblea Costituente: la prima, di impronta giusnaturalistica, sosteneva che lo Stato non potesse creare i diritti della famiglia, ma unicamente riconoscerli e tutelarli, dacché la famiglia ha diritti originari per loro natura preesistenti. L’altra, invece, escludeva che fosse legittimo contrapporre allo Stato altre formazioni sociali con i relativi ordinamenti giuridici. I tre termini finali del comma “fondata sul matrimonio” hanno da sempre accesso divergenze di pensiero.
(continua…)
Nedo Bronzi ha detto…
RispondiElimina(seconda ed ultima parte)
La comunità garantita dal disposto dell’art. 29 Cost. sembra potersi pacificamente ricondurre ad una società naturale fondata sul matrimonio. La formula è frutto della fusione di quanto era stato proposto da parte cattolica e quanto, invece, voluto da parte comunista. Con questa affermazione i cattolici volevano garantire il riconoscimento da parte dello Stato di una comunità ad esso preesistente e, quindi, titolare di diritti propri ed inalienabili. Diversamente la parte laica, contraria all’introduzione nella Costituzione di una formula così astratta, faceva rilevare che quella definizione, in realtà, era diretta ad imporre costituzionalmente un determinato modello di famiglia, quello cattolico, senza tenere conto della complessità e della variabilità storica della convivenza familiare. Di oggettivo è che anche il diritto, sia con la Costituzione nell’Art. 2 sia nel nuovo Diritto Familiare, rileva che società naturale non è soltanto la famiglia fondata sul matrimonio, ma anche ogni altra modalità del convivere che diventi istituzione familiare provatamente stabile e impegnativa, luogo degli affetti e comunità di interessi dove si assicura rispetto reciproco e mantenimento alla prole, istruzione ed educazione in forme più efficaci e responsabili di quante ne potrebbe garantire un adempimento dei doveri dei genitori al di fuori di qualsiasi struttura di genere familiare.
Significativo è, al riguardo, che la stessa terminologia utilizzata nel corso del tempo per indicare questa realtà si sia modificata, in sintonia con i mutamenti del costume e della coscienza sociale: da concubinato, a convivenza more uxorio a, da ultimo, famiglia di fatto.
Nel tempo insomma, dai padri costituenti, al Codice Rocco, al Codice Civile del 1942, anche il legislatore non è stato sordo ai tratti sociologici e all’evoluzione della cultura che è intrinseca al concetto della famiglia, non sarebbe auspicabile che un ministro della repubblica si lasciasse sfuggire astrazioni e arretratezze medioevali con il pericolo che possano diventare chissà decreti Legge sottoposti ad successive approvazioni su basi fiduciarie.
Un saluto
Nedo
Il tema proposto è davvero coinvolgente e appassionante e certamente invita ad un confronto inusitato con i fenomeni di una società che cambia. Al di là delle parole del ministro, che un po’ come tutti i radicalsocialisti diventati successivamente dorotei-democristiani non brillano certo per sensatezza, l’argomentazione che invece pone Fabio, con spirito di attento scienziato e in seguito ben ripresa da Nedo, mi sembra meritoria di approfondimento. Certamente la premessa di scartare l’aggettivante “naturale” pone un vincolo di sostanza forte che inevitabilmente condiziona tutto il ragionamento. Talmente forte che lo condiziona quasi come se lo considerassi. Eppure il punto di critica che mi permetto di muovere tocca l’idea che intorno all’affacciarsi di una pluralità di forme familiari si possano celebrare i trionfi di un processo di liberazione che riesce ad attecchire anche in ciò che c’è “di più umano nella società”. Tralasciamo il “naturale” e tralasciamo anche il “normale”, categoria usata e abusata da una particolare scuola della sociologia per descrivere rappresentazioni sociali non tanto in termini statistici quantitativi, quanto piuttosto in termini qualitativi e di giudizio, cionondimeno non mi smuovo dal considerare il riscatto della cultura nelle varie forme sociali, compresa la famiglia, come un vero e proprio esaurimento della cultura stessa. Un esaurimento che deriva principalmente da un’assuefazione e abbindolamento ad un modello di sviluppo che non pone l’uomo al centro delle scelte e delle finalità e che è riuscito a far mimetizzare forme di individualismo anche nei luoghi più impensabili. La questione non è a chi indirizzare certi aiuti, quanto lavorare per riproporre un senso esteso di carità e alimentare forme più avanzate di condivisione e di comunione.
RispondiEliminaIo sono convinto che le dichiarazioni di Sacconi avevano l'inento di mettere la discussione sul piano etico e morale, anzichè parlare delle "politiche" per la famiglia. Si parla di altro. Se io dico che gli interventi devono riguardare la famiglia naturale non si parla poi di quali interventi, che in effetti sono veramente pochi.
RispondiEliminaSilvio dimettiti ! Scusate..... Ho sbagliato post !
RispondiEliminaIo vado controcorrente. Mi pare che Sacconi abbia sostanzialmente inteso dire che:
RispondiElimina- considerata la crisi della natalità, occorre dare una mano alle famiglie;
- in primo luogo sono meritevoli di aiuto le famiglie fondate sul matrimonio, vale a dire su un patto (chiamiamolo per semplicità così) che gli sposi sanciscono formalmente davanti alla società, con i diritti e i doveri connessi;
- ci sono anche le unioni costituite dalle coppie di fatto, coppie cioè che scelgono una relazione socialmente più debole, priva di alcuni degli obblighi e dei vincoli propri del matrimonio;
- pure queste potranno usufruire degli aiuti, ma non con le stesse modalità delle famiglie nate da un legame nuziale, perché chi vuole meno doveri avrà anche meno benefici.
Diversamente da chi ha scritto prima di me, io trovo che questi concetti siano sensati, non configurino alcun indebito privilegio e men che mai siano censurabili come astrazioni e arretratezze medioevali. A meno di non considerare tali anche il già citato articolo 29 della Costituzione italiana e l’ ancor più esplicito articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che afferma: “Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia [...]. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”.
Silvio Cazzante
Nedo Bronzi ha detto…
RispondiElimina(prima parte)
Sono del modesto parere che si vada contro corrente non quando si sostengano (legittimi) pareri e linee di pensiero per così dire, istituzionali e già avvalorati, ma quando si tenta la via di argomentare cose diverse o opposte.
Da sempre il diritto ha teso a normare e regolare in linea di giustizia, gli eventi del mondo e i rapporti degli e fra gli individui, sia essi preesistenti al diritto stesso sia scaturiti dall’evoluzione delle civiltà. Spesso il diritto ed i legislatori hanno dovuto, per onor di giustizia, assicurare norme adeguate a fattori nascenti da elementi nuovi nella società. Di fatto l’istituto matrimoniale non è più, di per se stesso, elemento unico e assoluto del vincolo familiare (es: fonti istat anno 2005 i matrimoni celebrati in Italia sono stati poco più di 243.000, contro i 419.000 del 1972). Anche la Carta dei Diritti Umani del 1948 se all’art.16, già citata nell’intervento precedente, richiama opportunamente il legame coniugale già all’art.25 parla di diritti dei figli nati fuori del matrimonio.
Io ritengo che l’impegno preminente che dovremmo assumere quando tentiamo (in un sano confronto di opinioni) di affrontare i temi di diritto familiare, è di ricostruire la materia specialmente su basi giuridiche. Infatti, non sono da sottovalutare le peculiari difficoltà di un'analisi nel corso della quale (come sempre avviene allorché si coinvolgono situazioni esistenziali), è necessario fare i conti ad ogni istante con implicazioni sociologiche, ideologiche, religiose, etiche e così via. Queste facilmente si traducono in considerazioni metagiuridiche o nella tentazione di piegare il dato normativo alla propria visione del mondo, scaturente dal personale bagaglio ideologico e culturale.
In questo senso non si può astrarre la norma dal proprio tempo (ecco cosa intendevo per arretratezze medioevali) ed essere impermeabili – specialmente per un uomo di Stato - alle sollecitazioni che provengono dalla realtà sociale.
Mai come in relazione all'istituto familiare isolare e separare il diritto dalla storia si mostra come precisa scelta ideologica.
(continua…)
Nedo Bronzi ha detto...
RispondiElimina(Seconda ed ultima parte)
Qualora si facciano rigide trasposizioni tra il “volere” essere soggetto di diritti e doveri, quando non si sono messi a disposizioni istituti giuridici adeguati all’evoluzione in atto nella famiglia, si rischia di confondere e definire categorie e strumenti, nati per la maggior parte in funzione di situazioni di carattere patrimoniale (soldi appunto per il sostegno), con situazioni invece di natura strettamente personale. D'altra parte, non è possibile negare che proprio per i rapporti familiari si accentua maggiormente il movimento di trasformazione e di evoluzione che coinvolge ciascun aspetto della vita umana considerato dal diritto.
Le esternazioni del nostro Ministro, mitigate solo in seguito alle prime dichiarazioni, sono apparse come approssimazioni culturali, ideologiche ed anche giuridiche alla questione. Infatti il dogma della monoliticità del fenomeno «famiglia», si frantuma già attualmente nelle «famiglie» che hanno ingresso e tutela nell’ordinamento italiano. Ecco alcuni esempi legittima, naturale, adottiva, estesa, nucleare. Non mi sovviene nessuna definizione del tipo: “tesa alla procreazione”.
Appare peraltro superficiale, improprio e inesatto definire “relazione socialmente debole” la c.d. famiglia di fatto e non soltanto perché la pretesa esclusività della famiglia legittima – talvolta argomentata dal tenore dell’art. 29 cost. – trova immediata smentita nella rilevanza e nella meritevolezza di tutela di altre famiglie che, sebbene non fondate sull’atto costitutivo del matrimonio, rinvengono in altra fonte istituzionalizzata rispetto alla quale si organizza una disciplina, anch’essa caratterizzata, come per il matrimonio, dall’indisponibilità da parte dei privati: la famiglia adottiva, nel provvedimento di adozione; la famiglia naturale nel riconoscimento del figlio ovvero nella dichiarazione giudiziale di paternità.
E’ lo stesso legislatore ordinario che ripetutamente ne tiene conto per la riconduzione ad essa di numerosi effetti. Ne è esempio la norma più importante a carattere generale tale da assurgere a valenza di principio, quella cioè contenuta nell’art. 317 bis cod. civ.,che assegna congiuntamente ai genitori naturali conviventi la potestà parentale sul figlio.
Per concludere le dichiarazioni del Ministro mi sono è sembrate socialmente non del tutto consapevoli, non del tutto attente alla complessità e delicatezza dei profili coinvolti, più preoccupato di rivolgersi ai conviventi ben avvertiti ed assistiti da istituti giuridici ben corredati escludendo o limitando coppie conviventi non fornite invece di tali mezzi, ma che, a parer mio, dovrebbero trovare le medesime tutele come le trovano già coppie di diversi paesi Europei.
Mi scuso della lungaggine (mi sono lasciato prendere dalla bellezza del contenuto giuridico della riflessione).
Nedo Bronzi
Silvio! Ma sei ancora lì? E dimettiti, dai.......... Scusate ho di nuovo sbagliato post
RispondiElimina“Mio signore, io purtroppo sono un povero ignorante
RispondiEliminae del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente”
(Francesco Guccini e Giuseppe Dati, Don Chisciotte)
Nedo Bronzi ha detto...
RispondiElimina"Raccomandati a Dio, bel principino!
Ecco; io m'inquarto, io paro, io fingo, io scocco...
Eh, là! prendi, piccino!
Giusto alla fin della licenza io tôcco.»
(Edmond Rostand, Cyrano de Bergerac)
No, mi permetta. No, io... scusi, noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribài con cofandina? Come antifurto, per esempio
RispondiElimina(Conte Mascetti Amici Miei Atto Primo)
Nedo Bronzi ha detto...
RispondiEliminabasta ... mi fermo con le citazioni (non interessano a nessuno) stringo la mano virtualmente a Silvio Cazzante (che non conosco di persona) sperando di stringergliela dal vivo, avendo il piacere di conoscere una persona (amico di penna direbbe Charlie Brown)con la quale volentieri ci si confronta anche su posizioni differenti.
Un sincero cordiale saluto
Nedo Bronzi