martedì 3 novembre 2009

COSA CAMBIA CON BERSANI

Il Partito Democratico è, quasi per vocazione, alla continua ricerca della propria dimensione. Non è una colpa: è semplicemente la diretta conseguenza di una serie di delusioni in termini di efficacia politica e di risultati elettorali. E così la parola d’ordine rimane sempre la stessa: “cambiare strategia!”

Negli ultimi due anni, infatti, non si sono susseguiti solo tre segretari di partito, ma con loro si è evoluto anche il modo di intendere questo “partito-cantiere”.

Dopo le primarie dove fu incoronato segretario Walter Veltroni la prima rilevante conseguenza politica del nuovo partito fu la caduta del governo Prodi. E per un partito che per sua stessa ammissione rimane figlio dell’Ulivo non è proprio il massimo.

È vero: gli assassini di quel governo furono anche altri (una legge elettorale porcata e un gruppetto di alleati poco fedeli) ma sicuramente il nascente PD ci mise del suo a chiudere quella faticosa esperienza di governo.

Chiaramente si cercò di cambiare strategia rispetto a quella ulivista. La forza dei 3 milioni e mezzo di elettori delle primarie e il discreto appeal dell’ex sindaco di Roma fecero pensare che esisteva una qualche possibilità che questo nuovo partito potesse vincere le elezioni “quasi” da sola contro una corazzata formata da LEGA + AN + FI (questi ultimi due partiti fusi in tutta fretta e divenuti PDL).

La parola d’ordine era: VOCAZIONE MAGGIORITARIA. Basta alleati e piccoli partitini satellite. La speranza era che gli elettori di questi partitini capissero l’opportunità, scegliessero il voto utile, sotterrassero il proprio partitino lasciandolo fuori dal parlamento e contribuissero alla vittoria di Veltroni.

Questa strategia era unita ad altre due: quella di avere una LEADERSHIP CARISMATICA (rafforzata dal plebiscito alle primarie) e alla scelta dell’ABBANDONO DELLA STRATEGIA DELL’ANTIBERLUSCONISMO. Berlusconi era diventato il “principale esponente dello schieramento a noi avverso” o qualcosa del genere e comunque un semplice avversario politico con cui non era impossibile il dialogo.

Le tre scelte non portarono i loro frutti e la corazzata di centrodestra vinse.

Poi venne Franceschini, dopo le dimissioni di un Veltroni stanco di combattere più con i suoi “baroni” che contro il suo avversario.

Il vice di Veltroni diventato segretario-traghettatore cambia ancora strategia tornando all’ANTIBRLUSCONISMO. Utilizzandolo quasi come una terapia salvavita su un partito che sembrava agonizzante. Nel frattempo i sondaggi e le elezioni europee sembravano mostrare un PD in leggerissima ripresa.

Poi, e sono fatti recentissimi, tornano le primarie e torna un nuovo successo di partecipazione a quella che sembra essere la novità più importante che abbia portato il PD. Vince Bersani che rispetto ai predecessori sembra intenzionato a cambiare ancora: vorrebbe un PARTITO CHE RAPPRESENTI E SIA VOTATO DALLE VITTIME DELLA CRISI ECONOMICA e sembrerebbe intenzionato ad un ritorno alla POLITICA DELLE ALLEANZE, abbandonando l’idea che un partito che prende il 25% non possa aspirare alla vocazione maggioritaria.

Intanto però il partito perde alcuni pezzi: i rutelliani, annusando l’affare, confluiranno in quel centro che probabilmente accrescerà non poco i propri consensi quando il PDL dovrà affrontare l’obbligatoria fase del dopo-Berlusconi.

E a Bersani sorgerà un dubbio: strizzare l’occhio alla Sinistra extraparlamentare o al Centro? Giocarsi tutto con Vendola e Di Liberto, recuperando i voti che giocoforza perderà Di Pietro quando non ci sarà più Berlusconi, o tagliare fuori le sinistre e puntare a Casini e Rutelli?

È presto per pensarci? Forse no. Perché se il Centro decidesse di non correre più da solo e si alleasse con Fini ( o comunque col futuro leader del PDL) sarebbe impossibile per Bersani vincere le prossime elezioni. Insomma, per Bersani è già tempo di scegliere una nuova strategia.

1 commento:

  1. Il problema del PD è che se pensa di sopravvivere sempre con "il voto utile" e cerca, in un certo senso, di rubare gli elettori di prc-pdci rimarrà sempre un partito mediocre che cerca escamotage per sopravvivere e non ha interesse a governare...il Pd doveva sfondare al centro e auspicare attraverso una buona politica di riavvicinarsi al prc-pdci, invece al centro non ha sfondato e non sfonderà e quindi per sopravvivere si appella al voto utile che ha la sola utilità di uccidere piccoli partiti di sinistra (che hanno le loro colpe se si ritorvano messi così male)

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