martedì 11 dicembre 2012

Questa settimana pubblichiamo un contributo inviato alla redazione da Lorenzo Puopolo, ex consigliere comunale terranuovese e attuale consigliere provinciale. Una sua personale riflessione sulla notizia arrivata qualche giorno fa dal consiglio provinciale fiorentino sulla decisione di costruire una discarica in Località Le Borra a pochi chilometri da quella di Podere Rota. Una decisione che non pochi nel nostro territorio hanno avversato.

 

Le Borra, il Valdarno: due discariche
 
Si apprende in questi giorni dagli organi di stampa che tutte le osservazioni sollevate al Consiglio Provinciale di Firenze sono state respinte. Quindi, le Borra diventerà discarica!
Con la conseguenza che in Valdarno, a pochi chilometri di distanza, ci saranno due importanti discariche.
Eppure, sono già molti anni che "Podere Rota" svolge questa importante funzione per la comunità toscana e non solo. Inoltre il sito terranuovese continua ad essere utilizzato senza che l'ATO lo supporti con impianti necessari al trattamento integrato dei rifiuti.
Le discariche sono onerose da un punto di vista ambientale, ma ancora indispensabili e, chi le sostiene nel proprio territorio, paga dazi rilevanti.
Le amministrazioni comunali devono fare in modo che tali dazi siano il più possibile sostenibili con pratiche di raccolta differenziata, meglio se di qualità, come nel caso del "porta a porta". Queste modalità permettono che il riciclaggio e il conferimento dei rifiuti nei siti di accumulo risultino meno impattanti e pericolosi nei confronti dell'ambiente.
Per ottenere questo obiettivo è necessaria anche la presenza di impianti di termovalorizzazione che abbattono la quantità di conferito in discarica e permettono di recuperare energia sia producendo elettricità sia producendo calore per il riscaldamento domestico.
Tutto ciò ha a che fare con la progettualità che è declinata nella "gestione dei cicli integrati dei rifiuti". Quindi i poteri politici devono agire con razionalità e determinazione per mettere i territori in condizione di possedere sia l'impiantistica sia la buona pratica di raccolta, in modo da raggiungere gli obiettivi dei piani stessi.
Questo è ciò che il nostro territorio deve fare e i nostri amministratori devono perseguire. Altro è fare del Valdarno un territorio di "servizio" che, non solo mette i cittadini in grado di gestire in modo autonomo le proprie esigenze, ma anche si prende carico di competenze che altri pensano di non doversi prendere.
Le province di Firenze,Prato, Pistoia non possono scaricare i loro rifiuti del nostro Valdarno solo perché pensano di poter fare "la voce grossa".No! La nostra comunità deve trovare la determinazione per impedire che le nostre belle terre diventino una colonia di altri.
Perché si ricordino, i cari fiorentini, che amministrare bene, significa amministrare pensando al bene comune e non agli interessi particolari.
Se fosse stato sempre così probabilmente la nostra Italia sarebbe un paese migliore!
Lorenzo Puopolo

giovedì 6 dicembre 2012

L'emergenza antropologica: per una nuova alleanza


Concluse le primarie del centrosinistra, lasciamo ancora spazio ai commenti dei lettori ma facciamo anche un passo avanti con una variazione sul tema. Nel dibattito televisivo fra i cinque candidati abbiamo scoperto, forse con sorpresa, che nei pantheon ideali di Bersani e Vendola stanno papa Giovanni XXIII e il cardinale Martini. Preso atto di queste sensibilità, ci si domanda però perché, in tema di rapporti con il mondo cristiano e con la Chiesa, nessuno dei contendenti abbia mai fatto riferimento a un appello che, nell’ autunno dello scorso anno, quattro studiosi di estrazione marxista hanno proposto al Partito democratico con il titolo “L’ emergenza antropologica: per una nuova alleanza”. Gli autori sono Giuseppe Vacca, Pietro Barcellona, Mario Tronti e Paolo Sorbi. Rifiutato dal Corriere della Sera, il manifesto è stato pubblicato su Avvenire il 16 ottobre 2011, il giorno prima del convegno delle associazioni cattoliche del mondo del lavoro a Todi. È diventato poi un libro, che raccoglie anche risposte e riflessioni di credenti e non credenti. Molta attenzione gli ha dedicato il vaticanista del gruppo Espresso-Repubblica Sandro Magister sul sito ‘www.chiesa’ e sul blog ‘Settimo cielo’. La Voce del Martedì lo propone ora ai suoi lettori, ricordando che recentemente Avvenire è tornato sull’ argomento con quattro interviste agli autori, pubblicate il 31 ottobre e il 7, 14, 21 novembre.

L’EMERGENZA ANTROPOLOGICA: 
PER UNA NUOVA ALLEANZA
di Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti, Giuseppe Vacca

La manipolazione della vita, originata dagli sviluppi della tecnica e dalla violenza insita nei processi di globalizzazione in assenza di un nuovo ordinamento internazionale, ci pone di fronte ad una inedita emergenza antropologica. Essa ci appare la manifestazione più grave e al tempo stesso la radice più profonda della crisi della democrazia. Germina sfide che esigono una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non credenti, religioni e politica. Pertanto riteniamo degne di attenzione e meritevoli di speranza le novità che nel nostro Paese si annunciano in campo religioso e civile.
A noi pare che negli ultimi anni – un periodo storico cominciato con la crisi finanziaria del 2007 e in Italia con il crepuscolo della “seconda Repubblica” – mentre la Chiesa italiana si impegnava sempre più a rimodulare la sua funzione nazionale, un interlocutore come il Partito democratico sia venuto definendo la sua fisionomia originale di “partito di credenti e non credenti”. Sono novità significative che ampliano il campo delle forze che, cooperando responsabilmente, possono concorrere a prospettare soluzioni efficaci della crisi attuale.
Il terreno comune è la definizione della nuova laicità, che nelle parole del segretario del Pd muove dal riconoscimento della rilevanza pubblica delle fedi religiose e nel magistero della Chiesa da una visione positiva della modernità, fondata sull’alleanza di fede e ragione. Nel suo libro-intervista “Per una buona ragione”, Pier Luigi Bersani afferma che il “confronto con la dottrina sociale della Chiesa” è un tratto distintivo della ispirazione riformistica del Pd e che la presenza in Italia ”della massima autorità spirituale cattolica” può favorire il superamento del bipolarismo etico che in passaggi cruciali della vita del Paese ha condizionato negativamente la politica democratica. Ribadendo, infine, la “responsabilità autonoma della politica”, Bersani esprime una opzione decisa per una sua visione “che non volendo rinunciare a profonde e impegnative convinzioni etiche e religiose, affida alla responsabilità dei laici la mediazione della scelta concreta delle decisioni politiche”.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica vi sono due punti della relazione del cardinale Bagnasco alla riunione del Consiglio permanente dei vescovi del 26-29 settembre 2011 che meritano particolare attenzione.
Il primo riguarda la critica della “cultura radicale”: essa è rivolta a quelle posizioni che, “muovendo da una concezione individualistica”, rinchiudono “la persona nell’isolamento triste della propria libertà assoluta, slegata dalla verità del bene e da ogni relazione sociale”.
Il secondo è la proposta di nuove modalità dell’impegno comune dei cattolici per contrastare quella che in una precedente occasione aveva definito “la catastrofe antropologica”: “la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica”. E non è meno significativa la sua giustificazione storica: “A dar coscienza ai cattolici oggi non è anzitutto un’appartenenza esterna, ma i valori dell’umanizzazione [che] sempre di più richiamano anche l’interesse di chi esplicitamente cattolico non si sente”. In altre parole, la “possibilità” di questo nuovo soggetto origina dall’impegno sociale e culturale del laicato, nel quale i cattolici sono “più uniti di quanto taluno vorrebbe credere” grazie alla bussola che li guida: la costruzione di un umanesimo condiviso.
La definizione della nuova laicità e l’assunzione di una responsabilità più avvertita della Chiesa per le sorti dell’Italia esigono uno sviluppo dell’iniziativa politica e culturale volta non solo a interloquire con il mondo cattolico, ma anche a cercare forme nuove di collaborazione con la Chiesa, nell’interesse del Paese. A tal fine appare dirimente il confronto su due temi fondamentali del magistero di Benedetto XVI che nell’interpretazione prevalente hanno generato confusioni e distorsioni tuttora presenti nel discorso pubblico: il rifiuto del “relativismo etico” e il concetto di “valori non negoziabili”.
Per chi dedichi la dovuta attenzione al pensiero di Benedetto XVI non dovrebbero sorgere equivoci in proposito. La condanna del “relativismo etico” non travolge il pluralismo culturale, ma riguarda solo le visioni nichilistiche della modernità che, seppur praticate da minoranze intellettuali significative, non si ritrovano a fondamento dell’agire democratico in nessun tipo di comunità: locale, nazionale e sovranazionale. Il “relativismo etico” permea, invece, profondamente, i processi di secolarizzazione, nella misura in cui siano dominati dalla mercificazione. Ma non è chi non veda come la lotta contro questa deriva della modernità costituisca l’assillo fondamentale della politica democratica, comunque se ne declinino i principii, da credenti o da non credenti.
D’altro canto, non dovrebbero esserci equivoci neppure sul concetto di “valori non negoziabili” se lo si considera nella sua precisa formulazione. Un concetto che non discrimina credenti e non credenti, e richiama alla responsabilità della coerenza fra i comportamenti e i principii ideali che li ispirano. Un concetto che attiene, appunto, alla sfera dei valori, cioè dei criteri che debbono ispirare l’agire personale e collettivo, ma non nega l’autonomia della mediazione politica. Non si può quindi far risalire a quel concetto la responsabilità di decisioni in cui, per fallimenti della mediazione laica, o per non nobili ragioni di opportunismo, vengano offese la libertà e la dignità della persona umana fin dal suo concepimento.
Ad ogni modo, se nell’approccio alle sfide inedite della biopolitica ci sono stati e si verificano equivoci e cadute di tal genere non solo in scelte opportunistiche del centrodestra, ma anche nel determinismo scientistico del centrosinistra, la riaffermazione del valore della mediazione laica che sembra ispirare “la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica” rischiara il terreno del confronto fra credenti e non credenti. Quindi dipenderà dall’iniziativa culturale e politica delle forze in campo se quella “possibilità” acquisterà un segno progressivo o meno nella vicenda italiana.
A tal fine noi riteniamo che il Pd debba promuovere un confronto pubblico con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni religiose operanti in Italia oltre che sui temi cosiddetti “eticamente sensibili”, su quelli che attengono in maniera più stringente ai rischi attuali della nazione italiana: la tenuta della sua unità, la “sostanza etica” del regime democratico.
Tanto sull’uno, quanto sull’altro, la storia dell’Italia unita dimostra che la funzione nazionale assolta o mancata dal cattolicesimo politico è stata determinante e lo sarà anche in futuro.