martedì 13 ottobre 2009

Un nuovo modello contrattuale.


In Italia ormai da quasi un anno è in vigore un nuovo modello contrattuale che stabilisce nuove modalità di negoziazione tra imprese e sindacati.

Come è noto l’accordo, frutto di un ben più lungo dibattito, ha trovato il consenso dei sindacati Cisl, Uil e Ugl. Noterete tra le sigle l’assenza della Cgil. Ebbene il sindacato di corso Italia non ha accettato il blitz sul testo del governo motivando le ragioni del no con due punti: 1) le retribuzioni, viene criticato il fatto di tenere fuori i prezzi dei prodotti energetici importati nell’adeguamento dei minimi tabellari (la stessa Banca centrale europea ha sempre cercato di dissuadere i Paesi membri dall’adottare forme di indicizzazione di questo tipo), 2) la contrattazione decentrata e gli enti bilaterali.

Entrambi tematiche che saranno approfondite in un secondo tempo. E’ meglio invece approfondire il comportamento degli attori di fronte ad una svolta così importante per le relazioni industriali italiane.

Da tempo si è conclusa la stagione della concertazione italiana che aveva prodotto importanti patti sociali e accordi tra le parti negli anni ’90. Da allora sono avanzate due forze che hanno deteriorato il sistema, da un lato il processo di decentramento spinto verso livelli aziendali e territoriali, dall’altro si è diffusa la pratica degli “accordi separati” sia al centro che alla periferia, firmati solo da alcuni attori con l’esclusione di quelli più rappresentativi (sempre la Cgil). Pratica quest’ultima che sembra destinata ad intensificarsi con l’esecuzione delle nuove regole del modello contrattuale.

Una fase che si apre nel 2000 con il Patto per il lavoro di Milano e giunge nel tempo alla sua tappa più significativa nel 2002 quella del Patto per l’Italia (che riprendeva numerosi temi del Libro Bianco) al quale manca la firma della Cgil.

Un’onda lunga che viene da lontano, che non presenta come un caso atipico la situazione difficile di questi ultimi tempi delle relazioni industriali nel nostro paese. Viceversa evidenzia un trend. Infatti con l’arrivo di governi di centrodestra poco favorevoli al confronto con le parti sociali, soprattutto se distanzi dalla propria cultura politica, il clima del confronto ha subito una netta sterzata verso comportamenti tutt’altro che cooperativi.

Riguardo proprio al nuovo modello contrattuale lo spirito delle relazioni tra governo e parti sociali lo si può dedurre da una dichiarazione di Epifani ad accordo concluso: E' un testo immodificabile, un prendere o lasciare che non abbiamo voluto firmare". In effetti il governo in questo caso non ha rispettato i tempi della contrattazione tra capitale e lavoro, intromettendosi né come mediatore, né come attore attivo del negoziato. Si è intromesso in maniera ideologica, precludendo un’agire razionale all’interno dei rapporti, adottando un comportamento mirato a togliere potere contrattuale e a delegittimare una determinata organizzazione degli interessi, quella che ha sempre attaccato direttamente, che evidentemente è la più lontana dalla sua cultura politica, la Cgil. Una brutta piega che allontana la fiducia dalle relazioni industriali, trasferendo i comportamenti dei rappresentanti del capitale e del lavoro da un terreno di cooperazione ad uno di alta conflittualità controproducente. Viene meno quello “scambio politico generalizzato” (Marin 1990) che tramite un alto numero di transazione che abbracciano un’ampia gamma di materia fa assumere responsabilità ai grandi interessi coinvolti a livello nazionale.

Questa situazione mina alle fondamenta la possibilità di sviluppare una cooperazione ed un coordinamento dei vari livelli della contrattazione, sfavorendo per primi gli interessi delle imprese e dei lavoratori, con il rischio di innescare forme anche aspre di conflittualità sociale e sui luoghi di lavoro.

Giacomo Scarpelli

2 commenti:

  1. Cgil... manipolo di comunisti estremisti. Hanno rovinato il mondo del lavoro. Se siamo in queste condizioni è per colpa loro.

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  2. Credo che sarebbe molto bello e costruttivo se i post lasciati sul blog fossero firmati, almeno con il nome: la propria identità è una cosa di cui andare fieri.
    Credo anche che il discorso sul mondo del lavoro sia un tantino più complicato di come Anonimo scrive nel suo post, ma la mia è solo un'opinione.

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