martedì 11 gennaio 2011

Fiat - Fiom: la sinistra si divide o sparisce?


La Fondazione Rosselli nel 1992 organizzò un bellissimo convegno sul futuro della sinistra democratica in Europa dal titolo What is left? con la sua duplice traduzione Cosa è sinistra? ma anche Cosa è rimasto?. E' un tema che scavalca il secolo e si ripropone con puntuale attualità nell'odierno dibattito politico italiano riferendosi al tema delle relazioni industriali e ai rapporti con il sindacato. Il conflitto Fiat - Fiom diventa il nuovo terreno di gioco dove si scontrano in un derby tutto labour oriented posizioni diverse all'interno di un medesimo campo politico. Per essere leali con i lettori eviteremo di mutuare un lessico che potrebbe essere proprio della storia dei partiti politici, pertanto nessuna sinistra riformista, nessuna sinistra massimalista ma semplicemente quale è la sinistra in Italia? Alla stessa stregua ci pare veramente fuorviante contrapporre ad una sinistra riformista una sinistra conservatrice, nella misura in cui l'azione di riformare assume la violenza dello sfascio e la richiesta di conservare si riferisce a diritti sanciti anche dalla nostra costituzione. Per farla breve, Matteo Renzi (Pd) dichiara: "Io sto dalla parte di chi scommette sul lavoro, della Fiat, di Marchionne. E' la prima volta che il Lingotto non chiede soldi agli italiani, ma investe in Italia in un progetto industriale. E' una rivoluzione. E che accade? Che di fronte a una sfida globale in Usa, Brasile, Europa c'è la Fiom che vuole sganciare l'Italia da una locomotiva. E il pd tentenna, si preoccupa di sintonizzarsi con la Cgil. Una follia. Oggi il lavoro si difende con un riequilibrio imprescindibile che passa dalla produttività: chiedere al lavoratore uno sforzo in cambio di occupazione e investimenti. La Fiat oggi è il motore di questa innovazione: qui non si tratta di stare dalla parte di un uomo, si tratta di credere o non in un futuro industriale". In una direzione diametralmente opposta Nichi Vendola (l'Unità, 30/12/2010): "(...) In quella fabbrica in cui siete solo bulloni e numeri, non persone né tantomeno classe. In cui il contratto sarà solo un negozio privato tra voi, piccoli e soli e un padrone multinazionale (uno a cui piacciono le imprese americane e gli operai cinesi). In quella fabbrica la lotta e lo sciopero, strumenti sovrani della civiltà e della democrazia, vengono oggi messi al bando". Le posizioni sono tanto chiare quanto distanti ma paiono rispondere più a tentativi personali di mettersi in mostra che ad una precisa linea politica di partito e lasciano un alone di confusione su quali debbano essere le nuove frontiere del mercato del lavoro. Insomma, quale è la sinistra?
Tommaso Cioncolini

31 commenti:

  1. io sto con Matteo (Renzi)!

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  2. Lavoratore preoccupatomartedì, 11 gennaio, 2011

    Solo una parola contraddistingue questo periodo politico. VERGOGNOSO.
    Non solo la sinistra che non ha una posizione netta e precisa su quanto stà avvenendo tra FIOM , ma dirrei tra lavoratori e FIAT.
    Se la FIAT riesce a fare tutto quello che vuole, fregandosene del contratto nazionale del lavoro, con il ricatto dell'investimento o la chiusura, ogni altra azienda italiana puo' fare la stessa cosa. Si crea un precedente che mette in difficoltà tutti i lavoratori.E la politica accetta questo, quello che negli anni 60 70 i nostri genitori o nonni hanno combattuto e ottenuto ora con un bel ricattino viene messo tutto in discussione. Ripeto l'assenza maggiore è del governo. Chiedete ad i lavoratori della germania se per produrre auto rinunciano a i diritti che hanno.Loro marchionne lo hanno rispedito a casa dopo aver visto il programma per rilanciare la OPEL.

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  3. Sono d'accordo con lavoratore preoccupato, quello che preoccupa è l'assenza della politica e certi percorsi vanno governati, non si può lasciare tutto in mano a imprenditori e sindacalisti. Certamente non siamo nella situazione economica degli anni 60 e 70 e di questo tutti ne dobbiamo prendere coscienza.
    CP

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  4. Renato Carosone cantava "Tu vuo fa' l'americano ma sei nato in Italy".
    Penso che la "vocazione maggioritaria" su cui il PD ha fondato le sue radici si stia scontrando con quella che è la realtà frammentata che cerca di governare.
    Prima la questione etica, poi la questione lavoro. All’interno del Partito Democratico esistono diverse fratture che generano posizioni talmente distanti da rendere difficile una sintesi necessaria da partito unitario.
    Allo stesso tempo il discorso si potrebbe appioppare al centrodestra. Sulla questione legalità, ad esempio, non sembra esserci affatto un’unica visione.
    Forse non basta una legge elettorale che incentiva la nascita di grandi partiti per farci approdare al bipartitismo all’americana.
    Forse non sono il centrosinistra o il centrodestra ad essere litigiosi, ma è la stessa società italiana ad essere frammentata.
    E allora viene da pensare:
    Se esistono più angolature per guardare le diverse questioni, sia da sinistra che da destra perché demonizzare un multipartitismo che rappresenti le diverse posizioni?
    Un PD che tentenna è davvero meglio di due partiti di centro sinistra che rappresentano due idee distinte e definite?

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  5. Berlusconi, in merito al prossimo referendum di MIRAFIORI, ha dichiarato che la FIAT farebbe bene ad andarsene dall'Italia se vincesse il NO.
    Credo sia l'ennesima uscita infelice di un uomo che siede a Palazzo Chigi per perseguire scopi del tutto personali e che del destino dell'Italia e degli italiani non interessa praticamente niente.
    Come può un premier invitare le Azienda ad investire lontano dal suo paese? E' così che difende gli interessi dell'Italia? Dicendo alla FIAT fai bene ad andartene?

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  6. Il lavoratore preoccupato ha detto che "Chiedete ad i lavoratori della germania se per produrre auto rinunciano a i diritti che hanno.Loro marchionne lo hanno rispedito a casa dopo aver visto il programma per rilanciare la OPEL."
    Non so che hanno fatto all'OPEL, ma sono sicuro che alla Wolkwagen hanno accettato la riduzione dell'orario di lavoro e del salario, pur di lavorare.
    Ora in Germania sono con un pil +4%.
    Noi con +1.3%
    Ascoltate cosa dice un sindacalista tedesco a Radio 24: http://www.radio24.ilsole24ore.com/popup/player.php?filename=promo-nove120111.mp3
    Il problema è che i sindacati hanno rovinato l'Italia, perchè fanno politica. Lo stesso è che i politici non hanno il coraggio di cambiare il sistema politico industriale perchè hanno paura dei sindacati.
    L'unico governo che per ora ci sta provando passivamente è questo Governo Berlusconi, venerdi prox sapremo se con successo. E tutto grazie a Marchionne, non certo ad un politico che vede nel futuro!
    Il PD deve decidere se stare con i sindacati o con i lavoratori e le loro famiglie.
    Leonardo Lucacci
    Consigliere Terranuova per la Libertà

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  7. Margherita Balconi, Università di Pavia Paolo Bosi, Università di Modena e Reggio Emilia Gian Paolo Caselli, Università di Modena e Reggio Emilia Daniele Checchi, Università Statale di Milano Tommaso Ciarli, Max Planck Institute of Economics Vincenzo Comito, Università di Urbino Marcella Corsi, Università di Roma “La Sapienza” Pasquale De Muro, Università di Roma Tre Giovanni Dosi, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa Marco Faillo, Università degli Studi di Trento Paolo Figini, Università di Bologna Massimo Florio, Università Statale di Milano Maurizio Franzini, Università di Roma “La Sapienza” Lia Fubini, Università di Torino Andrea Fumagalli, Università di Pavia Mauro Gallegati, Università Politecnica delle Marche Adriano Giannola, Università di Napoli Federico II Anna Giunta, Università di Roma Tre Andrea Ginzburg, Università di Modena e Reggio Emilia Claudio Gnesutta, Università di Roma “La Sapienza” Elena Granaglia, Università di Roma Tre Simona Iammarino, London School of Economics Peter Kammerer, Università di Urbino Paolo Leon, Università di Roma Tre Stefano Lucarelli, Università di Bergamo Luigi Marengo, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa Pietro Masina, Università di Napoli "L'Orientale" Massimiliano Mazzanti, Università di Ferrara Marco Mazzoli, Università Cattolica di Piacenza Domenico Mario Nuti, Università di Roma “La Sapienza” Paolo Palazzi, Università di Roma “La Sapienza” Cosimo Perrotta, Università del Salento Mario Pianta, Università di Urbino Paolo Pini, Università di Ferrara Felice Roberto Pizzuti, Università di Roma “La Sapienza” Andrea Ricci, Università di Urbino Andrea Roventini, Università di Verona Maria Savona, University of Sussex Francesco Scacciati, Università di Torino Alessandro Sterlacchini, Università Politecnica delle Marche Stefano Sylos Labini, Enea Giuseppe Tattara, Università di Venezia Andrea Vaona, Università di Verona Marco Vivarelli, Università Cattolica di Piacenza Antonello Zanfei, Università di Urbino Adelino Zanini, Università Politecnica delle Marchegiovedì, 13 gennaio, 2011

    Parte prima:
    Il conflitto Fiat-Fiom scoppiato a fine 2010 sul progetto per lo stabilimento di Mirafiori a Torino – che segue l’analoga vicenda per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco - è importante per il futuro economico e sociale del paese. Giornali e tv presentano la versione Fiat, sostenuta anche dal governo, per cui con la crescente competizione internazionale nel mercato dell’auto i lavoratori devono accettare condizioni di lavoro peggiori, la perdita di alcuni diritti, fino all’impossibilità di scegliere in modo democratico i propri rappresentanti sindacali.
    Vediamo i fatti. Nel 2009 la Fiat ha prodotto 650 mila auto in Italia, appena un terzo di quelle realizzate nel 1990, mentre le quantità prodotte nei maggiori paesi europei sono cresciute o rimaste stabili. La Fiat spende per investimenti produttivi e per ricerca e sviluppo quote di fatturato significativamente inferiori a quelle dei suoi principali concorrenti europei, ed è poco attiva nel campo delle fonti di propulsione a basso impatto ambientale. A differenza di quanto avvenuto tra il 2004 e il 2008 - quando l’azienda si è ripresa da una crisi che sembrava fatale – negli ultimi anni la Fiat non ha introdotto nuovi modelli. Il risultato è stata una quota di mercato che in Europa è scesa al 6,7%, la caduta più alta registrata nel continente nel corso del 2010.

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  8. Parte seconda:
    Al tempo stesso, tuttavia, nel terzo trimestre del 2010 la Fiat guida la classifica di redditività per gli azionisti, con un ritorno sul capitale del 33%. La recente divisione tra Fiat Auto e Fiat Industrial e l’interesse ad acquisire una quota di maggioranza nella Chrysler segnalano che le priorità della Fiat sono sempre più orientate verso la dimensione finanziaria, a cui potrebbe essere sacrificata in futuro la produzione di auto in Italia e la stessa proprietà degli stabilimenti.
    A dispetto della retorica dell’impresa capace di “stare sul mercato sulle proprie gambe”, va ricordato che la Fiat ha perseguito questa strategia ottenendo a vario titolo, tra la fine degli anni ottanta e i primi anni duemila, contributi pubblici dal governo italiano stimati nell’ordine di 500 milioni di euro l’anno.
    A fare le spese di questa gestione aziendale sono stati soprattutto i lavoratori. Negli ultimi dieci anni l’occupazione Fiat nel settore auto a livello mondiale è scesa da 74 mila a 54 mila addetti, e di questi appena 22 mila lavorano nelle fabbriche italiane. Le qualifiche dei lavoratori Fiat sono in genere inferiori a quelle dei concorrenti, i salari medi sono tra i più bassi d’Europa e la distanza dalle remunerazioni degli alti dirigenti non è mai stata così alta: Sergio Marchionne guadagna oltre 250 volte il salario di un operaio.

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  9. Questi dati devono essere al centro della discussione sul futuro della Fiat. L’accordo concluso dalla Fiat con Fim, Uilm e Fimsic per Mirafiori – che la Fiom ha rifiutato di firmare - prevede un vago piano industriale, poco credibile sui livelli produttivi, tanto da rendere improbabile ora ogni valutazione sulla produttività. L’accordo appare inadeguato a rilanciare e qualificare la produzione, e scarica i costi sul peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Sul piano delle relazioni industriali i contenuti dell’accordo sono particolarmente gravi: l’accordo si presenta come sostitutivo del contratto nazionale di lavoro, e cancellerebbe la Fiom dalla presenza nell’azienda e dal suo ruolo di rappresentanza dei lavoratori che vi hanno liberamente aderito. Il referendum del 13-14 gennaio tra i dipendenti sull’accordo, con la minaccia Fiat di cancellare l’investimento nel caso sia respinto, pone i lavoratori di fronte a una scelta impossibile tra diritti e lavoro. In questa prospettiva, la strategia Fiat appare come la gestione di un ridimensionamento produttivo in Italia, scaricando costi e rischi sui lavoratori e imponendo un modello di relazioni industriali ispirato agli aspetti peggiori di quello americano.
    Esistono alternative a una strategia di questo tipo.
    In Europa la crisi è stata affrontata da imprese come la Volkswagen con accordi sindacali che hanno ridotto l’orario, limitato la perdita di reddito e tutelato capacità produttive e occupazione; in questo modo la produzione sta ora riprendendo insieme alla domanda. Produrre auto in Europa è possibile se c’è un forte impegno di ricerca e sviluppo, innovazione e investimenti attenti alla sostenibilità ambientale; per questo sono necessari lavoratori con più competenze, meno precarietà e salari adeguati; un’organizzazione del lavoro contrattata con i sindacati che assicuri alta qualità, flessibilità delle produzioni e integrazione delle funzioni. E’ necessaria una politica industriale da parte del governo che non si limiti agli incentivi per la rottamazione delle auto, ma definisca la direzione dell’innovazione e degli investimenti verso produzioni sostenibili e di qualità; le condizioni per mercati più efficienti; l’integrazione con le politiche della ricerca, del lavoro, della domanda. Considerando l’eccesso di capacità produttiva nell’auto in Europa, è auspicabile che queste politiche vengano definite in un contesto europeo, evitando competizioni al ribasso su costi e condizioni di lavoro. Su tutti questi temi è necessario un confronto, un negoziato e un accordo con i sindacati che rappresentano i lavoratori dell’azienda.

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  10. Questi dati devono essere al centro della discussione sul futuro della Fiat. L’accordo concluso dalla Fiat con Fim, Uilm e Fimsic per Mirafiori – che la Fiom ha rifiutato di firmare - prevede un vago piano industriale, poco credibile sui livelli produttivi, tanto da rendere improbabile ora ogni valutazione sulla produttività. L’accordo appare inadeguato a rilanciare e qualificare la produzione, e scarica i costi sul peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Sul piano delle relazioni industriali i contenuti dell’accordo sono particolarmente gravi: l’accordo si presenta come sostitutivo del contratto nazionale di lavoro, e cancellerebbe la Fiom dalla presenza nell’azienda e dal suo ruolo di rappresentanza dei lavoratori che vi hanno liberamente aderito. Il referendum del 13-14 gennaio tra i dipendenti sull’accordo, con la minaccia Fiat di cancellare l’investimento nel caso sia respinto, pone i lavoratori di fronte a una scelta impossibile tra diritti e lavoro. In questa prospettiva, la strategia Fiat appare come la gestione di un ridimensionamento produttivo in Italia, scaricando costi e rischi sui lavoratori e imponendo un modello di relazioni industriali ispirato agli aspetti peggiori di quello americano.
    Esistono alternative a una strategia di questo tipo.

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  11. In Europa la crisi è stata affrontata da imprese come la Volkswagen con accordi sindacali che hanno ridotto l’orario, limitato la perdita di reddito e tutelato capacità produttive e occupazione; in questo modo la produzione sta ora riprendendo insieme alla domanda. Produrre auto in Europa è possibile se c’è un forte impegno di ricerca e sviluppo, innovazione e investimenti attenti alla sostenibilità ambientale; per questo sono necessari lavoratori con più competenze, meno precarietà e salari adeguati; un’organizzazione del lavoro contrattata con i sindacati che assicuri alta qualità, flessibilità delle produzioni e integrazione delle funzioni. E’ necessaria una politica industriale da parte del governo che non si limiti agli incentivi per la rottamazione delle auto, ma definisca la direzione dell’innovazione e degli investimenti verso produzioni sostenibili e di qualità; le condizioni per mercati più efficienti; l’integrazione con le politiche della ricerca, del lavoro, della domanda. Considerando l’eccesso di capacità produttiva nell’auto in Europa, è auspicabile che queste politiche vengano definite in un contesto europeo, evitando competizioni al ribasso su costi e condizioni di lavoro. Su tutti questi temi è necessario un confronto, un negoziato e un accordo con i sindacati che rappresentano i lavoratori dell’azienda.
    In nessun paese europeo l’industria dell’auto ha tentato di eliminare un sindacato critico della strategia aziendale dalla possibilità di negoziare le condizioni di lavoro e di rappresentare i lavoratori. L’accordo Fiat di Mirafiori riduce le libertà e gli spazi di democrazia, aprendo uno scontro che riporterebbe indietro l'economia e il paese.

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  12. Ci auguriamo che la Fiat rinunci a una strada che non porterebbe risultati economici, ma un inasprimento dei conflitti sociali. Ci auguriamo che governo e forze politiche e sindacali contribuiscano a una soluzione di questo conflitto che ristabilisca i diritti dei lavoratori a essere rappresentati in modo democratico e tuteli le condizioni di lavoro. Esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori coinvolti e alla Fiom, sosteniamo lo sciopero nazionale del 28 gennaio 2011 e ci impegniamo ad aprire una discussione sul futuro dell'industria, del lavoro e della democrazia, sui luoghi di lavoro e nella società italiana.

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  13. Prima parte
    Il ridurre la portata di questo evento ad una strumentale divisione sulle scelte dei partiti (il PD deve stare con i sindacalisti o i lavoratori???) dimostra che livello di superficialità ci sia sull’uso che si può fare di un evento sociale enorme come questo accordo proposto da FIAT.
    Il mio mestiere è quello proprio delle Relazioni Sindacali in azienda di oltre 33.000 dipendenti, e negli anni ho avuto anche la grande opportunità professionale di formarmi anche accanto a importanti responsabili del personale della FIAT. Ricoprire ai tavoli delle trattative la responsabilità della “controparte aziendale” consente quantomeno di aver un osservatorio privilegiato sui metodi se non sugli effetti. Fino ad oggi la negoziazione degli accordi si poggiava su un limite non normativo ma etico, invalicabile: l’essere umano prestatore d’opera(fosse essa manuale o intellettuale) introdotto nel lavoro come mezzo della propria dignità civile e della propria libertà. E’ quello che abbiamo studiato e ci hanno insegnato valenti studiosi come per esempio Gino Giugni. E’ quello che ci ha consentito traguardi aziendali,evoluzioni industriali, dei territori e della società in genere.
    Il concetto introdotto da Marchionne non è nuovo, anzi è molto vecchio e mai avremmo pensato di rivederlo nelle relazioni industriali. E’ quello di un neocapitalismo arrogante, in cui il lavoro é svilito a sola e unica merce di scambio del salario. La FIAT inusitatamente e con grande mancanza di rispetto, morale se non industriale, per le risorse che in essa sono state investite , sta mostrando la vera prospettiva evolutiva del poter industriale prossimo venturo. Un potere sempre meno legale dove il capitale si sta allontanando sempre più dalla democrazia. Un potere industriale che aveva fatto promesse neoliberiste al mondo globale con lo slogan “più mercato, meno poveri”. E’ sotto gli occhi di tutti che è avvenuto il contrario.

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  14. Seconda ed ultima parte
    La leva Finanziaria alimentata dall’investimento FIAT in americana suggella forse il solo faro guida della politica industriale della massima azienda meccanica italiana. L’accordo, che vi invito a leggere, contiene tenui riferimenti al piano industriale ed agli investimenti duraturi.
    Gli accordi in VolKswagen, sono molto più complessi che non il semplice e contenuto riferimento all’intervista di Radio24. Allora nel 2006 i vertici aziendali capirono il momento e le necessità dei lavoratori. I lavoratori a loro volta coinvolti al tavolo fin dentro ai dettagli industriali compresero a loro volta la necessità di scelte dure ed importanti. I salari non furono diminuiti, ma furono congelati temporaneamente. In cambio l’intero corpo operai negoziò la partecipazione agli utili per il 10% da qui anche gli effetti sull’aumento della produttività e fu facile ottenere dall’azienda un aumento dell’orario di lavoro. Oggi i sindacati tedeschi, attraverso la Commissione Interna, ogni settimana partecipano e modificano le decisioni aziendali insieme al management aziendale e stanno negoziando un aumento salariale del 6%. Non fanno scioperi perché non ce n’è bisogno non ci si arriva e la negoziazione é sempre aperta ad un punto di incontro. Gli operai sono altamente formati e coinvolti nell’appartenenza aziendale.
    Poteva fare così anche Marchionne coinvolgendo anche FIOM? Io penso di si. Non c’è stata evidentemente la volontà, anche quella politica, anche quella scellerata portata avanti dal governo di destra cieco agli sviluppi che potranno derivare da tutto ciò. Il mercato è fatto dai consumatori e quindi dai lavoratori, mi auguro per Marchionne che una loro alleanza non li faccia accorgere che la loro forza è quella di gigante dormiente. Una eventuale cambiamento e possibilità nella scelte dei consumi potrebbe avere molta più forza di qualunque voto politico o in un referendum.
    Ciao a tutti
    Nedo

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  15. Lucacci ogni tanto pensa prima di parlare !!!! te che sostieni Berlusconi e stai con gli imprenditori disonesti come Marchionne. Mentre nel tuo piccolo per sperare di avere qualche voto in più alle prossime elezioni fingi di fare una lista civica che civica non è ...
    prima di parlare gurda quanto guadagna un operaio in Germania

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  16. per una volta...BRAVO NEDO!!

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  17. Tommaso ha il merito non solo di avere scritto un articolo esemplare ma anche di avermi mandato qualche mese fa il testo di una delle lettere che La Pira, sindaco di Firenze, scrisse a Fanfani, presidente del consiglio, nel 1953, nel corso della vicenda Pignone. Ne propongo qualche passo ai lettori del blog.
    “Non c’ è danari: quale formula ipocrita e falsa: non c’ è danari per i poveri la formula completa e vera! Siamo un paese povero: altra formula ipocrita: siamo un paese povero pei poveri, è la formula vera! [...] Fra i potenti ed i deboli la scelta è pei potenti: fra i pochissimi industriali (una ventina) ed i milioni di lavoratori, la scelta è pei pochissimi industriali; venti uomini ricchi, forse corrotti, comunque corruttori (perché hanno in mano la stampa e se ne servono pei fini di più manifesta ingiustizia) comandano al governo, al Parlamento, al Paese [...]. Quindi caro Amintore: non dirmi: tu sei sindaco etc.: Io non sono “sindaco”. Tu sai che ho messo nelle mani del governo il mio mandato; non voglio esserlo, se esserlo significa dire nero al bianco e bianco al nero. Non dire che bisogna essere prudenti etc.: c’ è un momento nella vita in cui gridare è il solo dovere: come S. Giovanni nel deserto! [...] Queste cose tu le puoi dire a chi è necessario ed utile che le sappia: mi possono arrestare: ma non tradirò mai i poveri, gli indifesi, gli oppressi: non aggiungerò al disprezzo con cui sono trattati dai potenti l’ oblio od il disinteresse dei cristiani”.
    Silvio Cazzante

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  18. Nella prima settimana di Giugno 2010 chiesi a Francesco Nocentini, vista la sua notevole sensibilità sul tema del lavoro, dimostrata anche in numerosi post dei mesi successivi, di scrivere un articolo a quattro mani su quanto stesse accadendo a Pomigliano. Oggi come allora mi preme evidenziare la totale inadeguatezza della nostra classe politica (maggioranza ed opposizione) a guidare il paese in una fase complicata come questa, dove l'imprenditore (prima ancora che l'impresa) detta le condizioni. Una cosa condivido di quanto detto da Leonardo (Lucacci) e cioè che il governo sta provando a cambiare passivamente le cose...ma puo' un governo operare passivamente? perchè se un governo opera passivamente chi a lui si dovrebbe opporre lo fa altrettanto passivamente.

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  19. Grazie Silvio per le belle parole e per aver condiviso con gli altri la citazione di La Pira. Concordo con Nedo nel ritenere questo articolo strumentale, nel senso di strumento per veicolare un dibattito ove c'e frattura. Concordo altresì nel valutare questo mio scritto solo per il suo contenuto epidermico poiché non spetta certo a me scendere tra le viscere delle question, tuttavia mi sento di aggiungere che tale superficialità sia da preferire ad una costante planata ad alta quota che, seppur con un differente registro linguistico, assomiglia all'altezzosa abitudine di scendere in campo ogni volta coinvolti.

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  20. Leggo con interesse i contributi dei lettori al tema della settimana, tuttavia non credo di aver capito l'introduzione di Nedo alla sua riflessione: la divisione sulle scelte dei partiti (nel caso specifico Tommaso ci ha proposto una discussione che guarda a sinistra) è strumentale a cosa? E perché riflettere sui problemi che innegabilmente questa vicenda sta creando alla dirigenza del PD vorrebbe dire ridurre la portata di questo evento? Vuol dire solamente parlare di uno dei tanti aspetti che questo problema porta con sé, no? Che i nostri leader si stiano scannando di nuovo mi sembra un dato di fatto. C'è un enorme disagio a sinistra: non è culturale, non è sociale, non è civile. Il popolo vive, la gente ha idee, le esprime, s'incazza. Il disagio è della cosiddetta "classe dirigente" che non saprebbe dirigere con fermezza e coerenza neanche un cavallino delle giostre per bambini. Il vero problema è che di fronte a questo spettacolo indecente le nuove generazioni non troveranno mai motivazioni per vivere la politica con passione e dedizione e la repubblica, lo stato e il bene comune diventeranno argomenti lontani e privi d'interesse e significato.

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  21. Scusatemi se intervengo nuovamente, ma è per chiarire il frainteso introduttivo del mio post sia per Tommaso sia per Emmanuele. Il riferimento alla strumentalità non era per l’articolo di Tommaso. Ma in contrapposizione con quanto scritto dal Sig. Lucacci, infatti a chiarimento avevo riportato proprio fra parentesi quel passaggio a cui mi riferivo. In questo ho visto superficialità. Pensavo che fosse chiaro e mi scuso se invece non lo è stato. Condivido invece la proposta di Tommaso ed anche le osservazioni di Emmanuele. Il mio voleva essere un contributo,ce può essere utile, di chi ogni giorno da tanti anni si è confrontato e si confronta con i lavoratori, con i sindacati, con le azienda, con gli azionisti, con gli investitori.
    Sono proprio per questo profondamente amareggiato nel constatare una sinistra che può vedere nelle proposte di Marchionne e nelle nuova impostazione delle relazioni industriali e del lavoro una sorta di positivo, financo eccezionale sovvertimento delle cose, necessario o ritenuto addirittura indispensabile alle nuove esigenze del mercato mondiale. Quello che dice e fa la destra invece ormai non mi sorprende più siamo nel vuoto assoluto. Esorto invece le nuove generazioni a non abbattersi di fronte a tanta meschinità ed a lottare, perché in esse vedo molte cose buone.
    Nella parole di La Pira, riportate da Silvio Cazzante, si può leggere molto di più di quanto non riesca ad esprimere. Consiglierei all’attuale sindaco di Firenze di leggere questi passi scritti da un suo grande ed umile predecessore.
    Un saluto
    Nedo

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  22. Caro Nedo, grazie del chiarimento e del tuo ultimo commento. Condivido pienamente quello che hai scritto soprattutto l'invito a Matteo Renzi. La stima è tanta, ma sono distante dalle valutazioni di Leonardo.
    Pace e Bene

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  23. Vorrei inanzitutto dichiarare la mia ignoranza in merito in quanto posso ricondurre il discorso solo a quanto leggo sui giornali e non ho una conoscenza approfondita come altri interlocutori però vorrei soffermarmi su una questione che appare giusto evidenziare. Emerge, a mio modesto parere, la profonda necessità di rivedere i ruoli delle parti in gioco, ormai è palese che sia il mondo industriale che il mondo sindacale (lavorativo) debbano per forza di cose a rivedere certe posizioni determinate dal dinamismo della società non solo italiana ma mondiale. Da una parte l'esigenza del mondo imprenditoriale di rimanere competitivi, oltretutto in Italia ove i costi sono maggiori che da altre parti, con il rischio di andare fuori mercato, dall'altra i sindacati espressioni dei diritti dei lavoratori (ma anche dei doveri a mio parere)che comunque devono prendere in considerazione l'evoluzione globale del mondo lavorativo che non può ricondursi a quello degli anni precedenti. Finchè vivamo con lo sguardo sempre rivolto al passato penso che non faremo mai un passo avanti, certamente bisogna tener conto della storia e di chi ha conquistato certi diritti, ma bisogna anche avere il coraggio di rimodellare una prospettiva futura ed adeguare i diritti ( ed i doveri) alla realtà in cui andiamo incontro. Diritti comunque necessari per il rispetto delle parti. Purtroppo, è anche difficile ma non sbagliato comparare la situazione italiana con quella di altri paesi, però teniamo sempre presente che nel mondo lavorativo in general esiste una componente culturale e storica che ci differenzia notevolmente rispetto ad altri.
    Quello che vivamo oggi probabilmente è una forzatura di un sistema che non si è adeguato e non ha saputo rispondere alle "rivoluzioni" di mercato. Quando diciamo che l'Italia è un paese di vecchi, è bene non soffermarsi solo all'età anagrafica, ma considerare anche tutti i processi in corso in seno nella nostra società.
    Colgo però l'occasione di riprendere una frase della Marcegaglia che invitò le industrie italiane ad investire, non all'estero, ma al sud dove i costi e la vita in generale sono minori..proposta logica, anche se infrastrutturalmente non del tutto competitiva, ma che solleva altre problematiche di impatto che annosamente ci portiamo dietro noi italiani.....
    Luca Trabucco

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  24. Uno.
    Finora mi ero fermato davanti alla tastiera perchè mi era sembrato di vedere un errore nell'introduzione di Tommaso, o meglio più che un errore una imprecisione ma fondamentale. Io penso che non ci sia una sinistra. Intanto dovremmo capire cosa è sinistra. Era sinistra il regime sovietico o della DDR. Oggi diciamo (quasi tutti) di no, ma pochi anni fa la sinistra (nella sua quasi totalità tranne i socialisti) sosteneva di sì. Diciamo allora che la sinistra italiana, le sue componenti maggioritarie perlomeno, hanno fatto i conti con la realtà un attimo dopo, solo dopo che era inevitabile farlo. Però è bene notare che questo processo è sempre stato controverso, c'è sempre stato un Di Vittorio, un Amendola, un Napolitano, un Lama, ma non hanno mai avuto la maggioranza.
    Cosa voglio dire e cosa c'entra con la Fiat.
    Voglio dire che linee politiche si confrontano, che diverse posizioni sono legittime e non scandalose, che la ricchezza è la articolazione e non il silenzio. Per me non c'è in questo nessuno scandalo anzi.

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  25. Due
    Per questo mentre è assolutamente lecito confrontare le diverse posizioni nel PD di Fassino e di Renzi, trovo semplicemente sbagliato farlo con quelle di Vendola, che del PD non è. Proprio perchè è una sinistra diversa.
    Certo nel PD ci sono posizioni diverse. Peraltro nel PD c'è gran parte del gruppo dirigente della CGIL della CISL e della UIL, quindi è scontato che ci siano opinioni diverse. Io però ho letto il documento del PD scritto da Fassina, Morando e un'altro di cui non ricordo il nome e a me sembra una posizione molto corretta. Sintetizzo, forse male: da una parte c'è il merito industriale e non c'è dubbio che con questo ci si deve confrontare, trattare e portare a casa il meglio. Dall'altra il tema della rappresentanza su cui occorre essere molto fermi e rigidi. Poi a mio parere ha perfettamente ragione Fassino quando dice: il salario è un diritto, una pausa o il momento della sua fruizione è parte negoziale.
    Trovo sbagliato un attegiamento un po' millenaristico per cui sembra di stare un attimo prima della fine del mondo. In Fiat negli ultimi 30 anni gli accordi sono stati sempre molto complicati, eppure il mondo è andato avanti lo stesso, i metalmeccanici hanno fatto migliaia di altri accordi, le altre categorie ancora di più. Smettiamo di parlare della mitica classe operaia e guardiamo quella vera. Avete letto nelle ultime 48 ore le interviste anonime agli operai "normali" tutti preoccupati se i tempi erano sostenibile, se quella determinata mansione si poteva fisicamente reggere... aspetti negoziali, fondamentali per chi in catena lavora. E proprio per questo a mio parere a sbagliato chi quel tavolo a lasciato, perchè quelle sono le cose che interesano gli operai e per fare il tuo mestiere al tavolo devi stare.

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  26. All'anonimo che mi dice "Lucacci ogni tanto pensa prima di parlare !!!!" e ancora "prima di parlare gurda quanto guadagna un operaio in Germania" dico:
    1- se hai le palle firma i tuoi interventi altrimenti sei un quaquaraqua!
    2- che gli operai in Germania hanno un tenore di vita più alto dei nostri, basta andare un pò a giro per l'Europa per rendersene conto
    Ai professoroni universitari e ai top manager “terranuovesi” che gestiscono 30.000 dipendenti dico:
    - meno male che il 54% degli operai di Mirafiori hanno pensato al loro lavoro, alle loro famiglie e al loro futuro e non alla "politica economica" di questi signori che ci hanno portato in questa situazione.
    Per inciso io non difendo il governo Berlusconi, ma dico che, pur passivamente, sta permettendo che la politica industriale risolva, o cerchi di risolvere, i problemi strutturali dell'economia reale italiana.
    O preferiamo che si continui a creare futuro con i contratti a tempo- vedi gli ultimi 250 non rinnovati della P.One?
    Leonardo Lucacci
    consigliere comunale di Terranuova per la Libertà

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  27. è un fuoritema rispetto all'argomento della settimana ma in una democrazia del terzo millennio non capita spesso che un primo ministro ultrasettantenne vada in una (delle sue) tv a dire agli ascoltatori: "ho una fidanzata stabile, ergo non posso essere io quello che va a puttane..". non so se ridere o piangere.. per ora ho scelto di sorridere..

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  28. Quindi il premier si è fidanzato in casa... finalmente una buona notizia.

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  29. siamo in attesa di scoprire il nome di colei che scagionerà il virtuoso dalle accuse dei pm mormoni: "non è possibile che abbia fatto le cose per cui è accusato, quelle notti era con me, la sua fidanzata.." !!!

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  30. è fuori tema: al di là che se è vero quello di cui è accusato si dovrebbe dimettere immediatamente e che cmq dovrebbe andare subito dai pm, non vi viene da chiedervi come mai il giorno dopo la sentenza della Corte Costituzionale, non favorevole per i pm milanesi, se ne sono venuti fuori con quest'altra inchiesta?
    e come mai negli atti non c'è la firma del capo della Procura?

    Comunque io lo so chi è la fidanzata: Lele Mora.
    Leonardo Lucacci
    cons.comunale Terranuova per la Libertà

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  31. berlusconi è iscritto nel registro degli indagati dal 21 dicembre.

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