E’ bene essere chiari fin dall’inizio: i partiti non tollerano che si tratti la materia elettorale attraverso il referendum. Per i partiti politici quest’istituto sancito dalla Costituzione, quando va a frugare tra i meccanismi di trasformazione dei voti popolari in seggi parlamentari, non viene considerato come uno slancio di partecipazione o un coraggioso esempio di cittadinanza attiva, bensì un’evidente dimostrazione di sfacciataggine, un’assurda pretesa di voler andare a disturbare il manovratore. E’ naturale, poiché quando si affrontano questioni legate alla legge elettorale, direttamente si va a toccare la sopravvivenza dei partiti. Tre quesiti, due simili e l’altro sacrosanto, per dare una netta sterzata all’attuale sistema politico. I primi due, uno per il Senato e l’altro per la Camera dei Deputati, andrebbero a ritoccare l’attribuzione del premio di maggioranza, garantendo il 54% dei seggi alla LISTA e non più alla COALIZIONE DI LISTE più votata, mentre il terzo metterebbe una pietra tombale sulla vergognosa operazione delle candidature multiple (nel 2008 150 deputati sono stati nominati con quest’archibugio). Sul terzo quesito sembra esserci una larga maggioranza parlamentare pronta ad abolire questa spremuta di porcata, tuttavia, a distanza di oltre due anni dalla pubblicazione della legge, questo deficit di democrazia permane, sebbene sia chiaramente in contrasto con l’art. 51 della Costituzione (Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza). E’ ovvio che chi si candida in sette circoscrizioni diverse sarà più avvantaggiato di quello presente in una soltanto. Sull’attribuzione del premio di maggioranza e sull’innalzamento dello sbarramento per accedere alla ripartizione dei seggi il dibattito si fa più acceso. Coloro che promuovono l’astensionismo affilano i coltelli come macellai, tuttavia non si rendono conto che manca loro la carne da tagliare, poiché se ad un primo sguardo l’effetto può sembrare devastante perché la lista più votata conquisterebbe la maggioranza parlamentare indipendentemente dai voti ottenuti e così un effetto fortemente distorcente del sistema potrebbe trasformare una minoranza di suffragi in una maggioranza di seggi, tuttavia è bene ricordare che la stessa legge Calderoli non prevede alcuna soglia per accedere al premio, quindi tale manipolazione si potrebbe verificare anche qualora si presentassero tre coalizioni di liste e mentre due si fermano al 33% ciascuna dei voti validi, una terza si prende il 34 % dei suffragi. In questo caso l’effetto non sarebbe distorcente? Immaginare un simile scenario ci fa percepire l’abisso sul quale siamo esposti. Per andare all’essenziale, il vero problema che potrebbe scaturire dall’effetto referendario è l’innalzamento delle soglie di sbarramento al 4% alla Camera su base nazionale e l’8% al Senato su base regionale. A quest’altezza pochi riuscirebbero a saltare l’asticella senza gravi conseguenze. Ma la politica è anche intelligenza e acume e a quanto pare non tutti la possiedono. Berlusconi avrebbe potuto fare cappotto, difatti con la vittoria dei Sì nessun ricatto leghista avrebbe più senso, pena elezioni anticipate e sparizione della Lega. Idem con patatine per i centristi, ma a quanto pare dopo i tanti giri di valzer il Presidente del Consiglio si è ritrovato a ballare con il compagno sbagliato, viceversa il Presidente della Camera che è molto più intelligente di lui, ha fiutato la portata di quest’occasione e si è dimostrato subito pronto a sostenere, nei limiti che gli consente la sua carica, la battaglia referendaria. Il Pd potrebbe smarcarsi definitivamente da Di Pietro, tuttavia al suo interno le posizioni sono plurime e se Ceccanti, Tonini e altri sostengono i quesiti referendari perché annusano oltre all’osso anche la carne, il ruolo di Chiti e altri capicorrente si fa più misterioso e controverso dal momento che non è ben chiaro se per loro il referendum assume valore strategico oppure diviene una mera tattica per cercare qualcos’altro, magari prospettando un simil modello tedesco. Per concludere, è doveroso ribadire che nessun aggiustamento referendario, seppur costruito in punta di fioretto come quello elaborato da Guzzetta e Segni, potrà trasformare il Porcellum in un’arista (alla latina) di legge elettorale, tuttavia l’occasione che si presenta è troppo importante per essere ignorata. Non improbabilmente una vittoria del Sì, unita al raggiungimento del quorum potrebbe davvero creare un terreno fertile per avviare un pacchetto di riforme istituzionali serie (COMPRESI I REGOLAMENTI PARLAMENTARI!!) e soprattutto ribadire che ad oggi l’Italia è ancora una Repubblica parlamentare, che gli italiani non eleggono chi li governerà, bensì chi li rappresenterà e più di ogni altra cosa che nessuna legge elettorale, seppur gustosa e prelibata, potrà mai cambiare la forma di governo. Non si può far entrare dalla finestra quello che non si è riusciti a far passare dalla porta. Almeno in un Paese normale.
Tommaso C.
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Se vincesse il SI, si prospetterebbero a mio avviso due possibili scenari. Il primo: le due coalizioni danno vita ognuna a un solo listone comprensivo di tutte le loro componenti, vanificando così le intenzioni semplificatrici del referendum, poichè all'interno del listone si verrebbero a ri-creare tutte quelle tensioni e eterogeneità tra partiti, che troppo spesso hanno determinato la caduta dei nostri governi. Il secondo: le liste concorrono ognuna per proprio conto su due fronti opposti. E allora si verificherebbe la supremazia incontrollata e non giustificata di una minoranza dotata dei poteri di una (inesistente) larga maggioranza. La democrazia ne uscirebbe così sfigurata e i cittadini non avrebbero un'adeguata rappresentanza in Parlamento. Il terzo quesito è l'unico che sembra poter migliorare l'attuale situazione attraverso l'eliminazione delle candidature multiple. Di fatto non elimina però le liste bloccate, quindi saranno ancora i dirigenti di partito a determinare i candidati. In conclusione: una ferita profonda non si cura con un cerotto, servono i punti di sutura; questa legge elettorale è pessima secondo i criteri di democrazia e rappresentanza e il referendum totalmente inadeguato a migliorarla.
RispondiEliminaNel 2005 Blair con il 34% dei suffragi si prese il 55% dei seggi, eppure nessuno gridò allo scandalo. Non è colpa dei referendari se la legge elettorale non prevede alcuna soglia per accedere al premio. Quello che dici è giusto, infatti se avessimo una classe politica seria e volta esclusivamente agli interessi del paese avremmo dei regolamenti parlamentari più rigidi per quanto riguarda la composizione dei gruppi, invece siamo spettatori di uno scenario inquietante dove anche chi ha solo tre parlamentari può costituire una componente organizzata con tutti i benefit del caso. Ma vi sembra possibile? Ma vi sembra possibile che l'Italia debbe fregiarsi di avere una legge elettorale che prevede uno sbarramento al 2% con il recupero del migliore sottosoglia? Ma che senso hanno queste cifre? Personalmente tutto ciò che porta al cambiamento va bene...
RispondiEliminaSono con te al 99%. Diciamo che è una differenza di vedute su come risolvere la situazione. Sull'inadeguatezza di tante questioni interne a questo tipo di dibattito sulla legge elettorale mi sento sulla tua stessa linea. Del resto non ho ancora deciso come voterò ai primi due quesiti. Certo, l'attuale situazione della nostra classe politica non aiuta a prendere una decisione, a sentire più voci, a farsi un'idea più precisa riguardo quelli che potrebbero essere gli scenari futuri. Sono tutti presi a parlare del presidente e delle sue donne (pagate o gratis che siano), qualcuno che investa sull'informazione dei cittadini (anche di quelli che magari non sanno andarsi a cercare l'informazione su siti e blog) non c'è! Colgo l'occasione per salutarti, visto che non ci vediamo da un pò!
RispondiEliminaAll'ora quell'1% ce lo metto io così siamo al 100% d'accordo e mi sta bene. Ricambio il saluto con sincerità.
RispondiEliminaRiporto le parole pronunciate oggi da Gianfranco Fini: "Non bisogna perdere l'occasione di andare a votare al referendum, a prescindere che si voglia votare si' o no", ha detto, "rinunciare al potere di far sentire ai palazzi della politica la propria voce significa rinunciare a un'importante modalita' per riavvicinare cittadini e politica".
RispondiEliminaPORCELLUM E PORCATE VARIE
RispondiEliminaIl risultato del referendum elettorale rappresenta sicuramente la fine di un ciclo. Tre italiani su quattro si sono astenuti. Quali sono i motivi di questa clamorosa risposta. Qualcuno, come i promotori della consultazione, parlerà di scarsa copertura mediatica. Sicuramente quest'aspetto avrà influito, ma in piccola parte. Oppure la causa va ricercata nella latitanza dei partiti? Il PD si è espresso a favore del sì e sappiamo quanto abbia contato il centro-sinistra nell'affermazione del referendum di qualche anno fa' sulla riforma della Costituzione. Lo stesso Berlusconi, nonostante i diktat leghisti, ha appoggiato apertamente il sì. Le ragioni dell'insuccesso sono da ricercare, a mio avviso, nell'utilizzo sbagliato di uno strumento "rozzo" come il referendum per trattare una materia complicata come quella elettorale. La lunghezza dei quesiti la dice lunga sulla pretesa dei refendari.
Inoltre il referendum nonostante il vaglio della Consulta, si configurava a detta di molti, come manipolativo, in quanto avrebbe prodotto un aborto peggiore del Porcellum col risultato di dare uno strapotere incredibile al partito con maggiori consensi. Gli italiani hanno probabilmente capito tardi, ma meglio tardi che mai, che non siamo in Inghilterra. Da un punto di vista geo-politica la Repubblica Italiana somiglia molto di più alla Germania Federale. La folgorazione per il sistema maggioritario dopo il terremoto di Tangentopoli ha rappresentato un tentativo disperato per far risorgere un Paese la cui classe politica e i cui partiti erano stati pesantemente deleggittimati. E così si cominciò a ubriacarsi di termini e formule come la democrazia dell'alternanza, ci si rallegrava dei sindaci plenipotenziari e si tradiva in questo modo un tratto fondamentale della nostra storia sociale e politica, ovvero la rappresentanza garantita dal sistema proporzionale che anche oltremanica i Liberali ci invidiavano. Gli esiti delle ultime elezioni politiche ed europee sono lì a dimostrare che il nostro non è un Paese bipolare o bipartitico. La tenuta di partiti come l'UDC, IDV, Lega Nord, la stessa sinistra radicale, dimostrano che è inutile e pericoloso insistere su questa strada. Il PD, non solo Berlusconi, ha grandi colpe per questa situazione. Ricordiamo tutti la telenovela tra D'Alema e Franceschini fautori rispettivamente del sistema tedesco e di quello francese e in definitiva avallatori del Mattarellum prima e del Porcellum poi. E' necessario ora più che mai che le forze al di fuori del duopolio PD-PDL, si coalizzino in Parlamente e nel Paese per riproporre una riforma elettorale degna di questo nome in sintonia con la nostra storia e con il Paese reale.
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Non sono daccordo con Wrangler: non è vero che Berlusconi e il PD si sono apertamente schierati per il Sì. Anzi! C'è stata una grave assenza di presa di posizione da parte loro. Si fossero espressamente schierati con i referendari il risultato sarebbe stato diverso, non credi?
RispondiEliminaHanno semplicemnte nascosto la questione...
Che poi non sia uno strumento adatto a cambiar la legge siamo daccordo.
Bravo Francesco!! Il punto è proprio questo: non si sono impegnati per niente e non sanno quale occasione hanno perduto...
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