martedì 11 giugno 2013

Sconfitta M5S

Hanno dato prova di fantasia i chierici delle larghe intese commentando i risultati del Movimento 5 Stelle alle amministrative. Dal De profundis alla taranta, non ci hanno fatto mancare niente. Eppure sanno che non poteva darsi circostanza migliore per un bagno di realismo e una correzione di rotta. E dimenticano quanto fin qui accaduto in Parlamento, dove i pentasiderei (copyright Franco Cordero) possono aver mancato di stile ma non di coerenza: come annunciato prima delle elezioni, non hanno accettato alleanze con chi non condivideva i punti forti del loro programma. Così le classi dirigenti del Pd e del Pdl sono state costrette a gettare la maschera e a fare quello cui già da tempo erano pronte: infilarsi, con gli ormoni galoppanti, nello stesso letto, lasciando intendere agli italiani che dall’ unione di due minotauri possa nascere un adone. Alla richiesta di cambiamento venuta dalle urne la casta ha risposto serrando le fila e ritirandosi in una enclave metà Bisanzio e metà Paese dei balocchi. Una manna per Grillo e i suoi, che potranno accreditarsi i meriti della futura opposizione.
Sarebbe però un errore perseverare nella strategia del soli contro tutti. Perché la scadenza elettorale del prossimo anno riguarderà anche moltissimi Comuni medio-piccoli, borghi e cittadine in cui la politica si misura sulle persone prima che sui partiti, sull’ amministrazione del quotidiano prima che sulle dispute ideologiche. Grillo e Casaleggio dovranno alfine prendere atto che, laddove ancora ci si incontra in piazza, il dialogo è più facile e, in un certo senso, obbligato. Che cittadini intelligenti e onesti, liberi e forti, si trovano pure in altri schieramenti. Che con il sistema elettorale vigente molti Comuni non sono amministrati da una maggioranza premiata alle urne ma da una minoranza che ha beneficiato della dispersione dei voti fra le altre liste. Se non lo faranno, vi saranno costretti dalla base, da coloro che parlano con la gente nei mercati, raccolgono firme, mettono in rete le informazioni.
Non è difficile immaginare la risposta che i cinquestelle sono per il momento costretti a dare a chi ha vedute politiche diverse e tuttavia cerca di interloquire sui temi condivisi: “sì, siamo d’ accordo, ma non possiamo metterci insieme perché verremmo espulsi dal movimento”. Di qua o di là, con noi o contro di noi, draconianamente, perché così vogliono Grillo e Casaleggio. I medesimi, però, che nel recente passato non hanno disdegnato digressioni verso la Realpolitik, per esempio accettando (o proponendo?) fra i papabili al Quirinale due ospiti del Bilderberg come Prodi e la Bonino. Con identica concretezza potrebbero allora acconsentire anche a un cammino comune con altre liste, un cammino che, senza snaturare l’ identità del loro non-partito, lo porti però a confrontarsi con le categorie della complessità e della mediazione. Sanno bene i due dioscuri che in tal modo potrebbero aprirsi orizzonti rimasti finora preclusi. E altrettanto bene sanno che la situazione non consente di rimanere seduti ad aspettare il prossimo turno.

Silvio Cazzante

2 commenti:

  1. PRIMA PARTE
    Dal Fatto Quotidiano del 14 giugno la lettera che Paolo Flores d’ Arcais, direttore di MicroMega, ha inviato a Beppe Grillo e ai parlamentari del MoVimento 5 Stelle.

    Caro Beppe,
    ho letto il tuo post di oggi (giovedì 13 giugno), in cui chiedi a chiunque faccia parte della “voce esplosa a fine febbraio, con nove milioni di voti al MoVimento 5 Stelle” e “poi diventata più flebile” di far sentire la propria voce (ovunque: “nei bar, nei taxi, al lavoro, negli studi televisivi, in rete, nei tribunali …”). Poiché cerco di farlo senza interruzione da 52 anni (la prima manifestazione a cui partecipai è del 1961, quando avevo 17 anni, per la libertà in Spagna), accolgo molto volentieri il tuo invito, ed essendo uno dei nove milioni che ha votato M5S mando questo post al tuo blog, sperando che tu voglia pubblicarlo, prendendo alla lettera quello che tu anche oggi ribadisci: “Ognuno deve valere uno per riportare la democrazia in questo Paese”.
    In realtà, dal punto di vista della possibilità di comunicare, tu ed io siamo dei privilegiati, abbiamo più strumenti per essere ascoltati di un cittadino nella media (tu naturalmente molto più di me), e questo aumenta le nostre responsabilità, che sono proporzionali alla visibilità che abbiamo.
    La prima responsabilità è quella di dire la verità, tutta la verità niente altro che la verità, e la seconda di fare in modo che quei 9 milioni di voti non si disperdano, non diminuiscano, anzi si accrescano, per portare l’Italia a quella svolta che l’establishment del privilegio chiama “antipolitica” e che invece è solo “Altrapolitica”, contro corruzione, mafie, Casta.
    Oggi quei nove milioni non ci sono già più, questa è la prima, benché amara, verità da cui dobbiamo partire. Perché in tre mesi si sono ridotti alla metà, e in alcune zone (comprese Roma e la Sicilia) a un terzo? Una parlamentare del M5S, la senatrice Adele Gambaro (una militante della prima ora) tra queste cause ha messo “i toni” della tua comunicazione. Può essere che sbagli del tutto o che abbia ragione solo parzialmente o che abbia messo il dito sulla piaga. Se si vuole discutere seriamente bisogna farlo senza tabù. E se ci si prende sul serio, se “ognuno vale uno”, la semplice logica impone che nessuno possa dire che “qualcuno vale niente”.
    Personalmente non credo che si tratti solo dei “toni” della tua comunicazione. Perché sono anche quei “toni”, che hanno trasformato il tuo “Tsunami tour” in uno tsunami nelle urne delle politiche di tre mesi fa, con più di un elettore su quattro a votare M5S.
    Quei “toni” tre mesi fa raccoglievano consensi ciclopici, oggi però non più. Cosa è successo? In un tuo blog di quattro giorni fa (“C’è chi ha votato il M5S perché …”) sono elencate tutte le ragioni per cui elettori molto diversi e con diverse motivazioni hanno realizzato lo tsunami dei nove milioni di voti. Erano comunque uniti su un punto: volevano che quei voti contassero, subito. Non per fare accordi da vecchia politica, ma per incidere contro la vecchia politica senza aspettare le calende greche del 51% (la demenza tipo partito a vocazione maggioritaria lasciamola a Veltroni). In tre mesi non è accaduto. Un mare di polemiche autoreferenziali, “chi fa x è fuori”, “chi dice y è fuori”, mentre una politica nuova sa essere molto più libera della falsa libertà dei partiti, e dunque non solo tollera il dissenso ma lo considera parte integrante della propria ricchezza.

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  2. SECONDA PARTE

    In questi tre mesi è mancata l’azione. Fuori, ancor più che dentro il Parlamento. Fuori, esistono molti movimenti (di lotta su temi diversi, di opinione, di piazza, sul web), ma il M5S partecipa pressoché esclusivamente alle proprie iniziative, non cerca mai di promuoverne con altri “soggetti” anche quando ne condivide pienamente gli obiettivi.
    Due soli esempi: a Bologna si è svolto un referendum in difesa della scuola pubblica, Davide contro Golia, trenta cittadini comuni contro tutti i poteri della città, dal vescovo Cl (cardinal Caffarra) al sindaco Pd alla Confindustria alle coop. I consiglieri comunali M5S stavano con il comitato laico, beninteso, ma nelle piazze e nella mobilitazione il M5S in quanto tale non si è visto. A Roma qualche settimana prima MicroMega ha organizzato a piazza Santi Apostoli una manifestazione per la ineleggibilità di Berlusconi, dopo aver raccolto 250 mila firme sul web. C’erano militanti del M5S, ma a titolo personale. Eppure quella sulla ineleggibilità è una battaglia del M5S. Perché non farla insieme? MicroMega la conduce dal 1994. Perché ogni tentativo di iniziative comuni ottiene un “fin de non recevoir” tanto silenzioso quanto eloquente? Gli esempi si potrebbero moltiplicare, con moltissimi altri “soggetti”, sigle, movimenti.
    La scelta di votare Rodotà per la presidenza della Repubblica è stata un gesto esemplare, perché rovinarlo insolentendolo alla prima affermazione critica nei tuoi confronti? Cosa vogliamo, gli intellettuali organici, come nel vecchio Pci, o obbedienti “perinde ac cadaver” come nella Compagnia di Gesù?
    Di cose da discutere, e da fare, insieme, ce ne sono moltissime, ma di queste in prossimi e specifici blog che mi impegno a mandare, nella speranza che ora la discussione e la partecipazione, che invochi nel tuo blog di oggi, possa cominciare davvero, e davvero secondo il principio che uno vale uno.
    Un carissimo saluto,
    Paolo Flores d’Arcais

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