martedì 3 maggio 2011

La forza di un gigante


"ha invertito il corso della storia con la forza di un gigante" (Benedetto XVI, omelia della messa di beatificazione)

Giovanni Paolo II è Beato.



Domenica è stato compiuto dalla Chiesa Cattolica il primo fondamentale passo per far si che si realizzasse quel desiderio di molti fedeli (e non) levatosi a gran voce subito dopo la sua morte: quel Santo Subito.


Forse per capire meglio il perché del consenso riversatosi su Giovanni Paolo II dobbiamo ripartire già dalla sua elezione quando affacciatosi in Piazza San Pietro, con umiltà, sentì il dovere di scusarsi per non essere in grado di esprimersi nella “nostra lingua”e invitandoci al “mi corigerete”. Da quasi 500 anni dal Conclave Cardinalizio non usciva un Papa non italiano, e oltre a non essere italiano era anche un Papa dell’EST, figlio della Polonia in cui cominciava, in quegli anni, a prendere forma Solidarność. Dalla Polonia, con la sua visita Pastorale del 1979, Giovanni Paolo II cominciò il suo lungo pellegrinaggio che lo portò a combattere i regimi totalitari rimasti in piedi a seguito della caduta del nazifascismo, in particolare quelli Comunisti, che lui riteneva un male assoluto non dimenticando, però, che l’alternativa non poteva essere il Capitalismo selvaggio. Un percorso durante il quale papa Giovanni Paolo II toccò quasi tutti gli stati dell’est europeo , che lo vide ricevere in udienza, primo Papa nella storia, l’allora segretario del PCUS Mikhail Gorbaciov e negli anni a venire primo papa a incontrare il popolo cubano e il loro leader Fidel Castro a L’Avana. Gli anni 80 furono gli anni in cui maturò l’Enciclica Centesimus Annus, scritta per ribadire la dottrina sociale della chiesa a 100 anni dalla Rerum Novarum. In essa Giovanni Paolo II pose l’accento sui problemi della ingiusta ripartizione di beni tra Paesi industrializzati e Paesi poveri; della ingiusta distribuzione dei beni all'interno di una stessa nazione; dello sfruttamento dei beni in rapporto all'ecologia del creato; del ruolo dei poteri pubblici che hanno il compito di curare la destinazione dei beni a vantaggio di tutti e non solo di gruppi particolari; del pericolo per gli Stati di trasformarsi in organismi assistenziali facilmente bloccati entro strutture e meccanismi burocratici; della necessità per il libero mercato e per lo stesso movimento del capitale di darsi delle regole in funzione del bene comune, al quale va ordinato e subordinato anche il legittimo profitto.


Piace ricordare il papa pieno di energia che nel maggio del 1993, in visita alla Diocesi di Agrigento, durante l’omelia della messa prevista nella Valle dei Templi, lanciò un vero e proprio anatema contro la mafia. Lasciato il discorso preparato e proseguendo a braccio, con il dito puntato sulla folla indicando il Cristo quale unica via di salvezza toccò nel profondo la coscienza dell’uomo, vale la pena ricordare quel ”mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!". La stessa energia che l’aveva accompagnato nel 1983 in Nicaragua, durante quella visita si scagliò contro l’insediatosi regime sadinista al quale avevano preso parte quattro sacerdoti.


Giovanni Paolo II è da considerarsi il Papa della Pace, colui che senza esitare ha dato vita ad un convinto processo ecumenico e di pace. Rimane indelebile nei nostri ricordi l’incontro da lui fortemente voluto ad Assisi, dove, nella città di San Francesco simbolo della Pace, riuscì a radunare 50 rappresentanti delle Chiese Cristiane e 60 di altre Religioni mondiali. Wojtyla era fermamente convinto che oltre al compromesso economico e politico, “la preghiera e la testimonianza dei credenti” molto potessero a favore della pace. Questo e la storica visita della sinagoga romana, dove davanti al rabbino capo Toaff definì gli ebrei dei “Fratelli Maggiori”, sono considerati due passaggi fondamentali nel processo di pace mondiale.


Senza dubbio però l’aspetto che rende Wojtyla un papa vicino alla sua gente è lo stretto rapporto che lo legava ai giovani. Aveva avuto l’intuizione delle Giornate Mondiali della Gioventù e le aveva portate avanti sempre con lo stesso spirito determinato e risoluto. Ogni veglia, ogni preghiera con lui era fonte di entusiasmo, ogni incontro era l’incontro con un amico. Ricordo con piacere il tempo passato in Francia in occasione della GMG di Parigi (1997), prima ospiti in famiglia di una diocesi della Francia centrale, poi in parrocchie parigine. Partimmo in 80 da Terranuova alla volta di Parigi (e prima ancora di Częstochowa, Denver, poi Roma, Sidney, Colonia) e colpì lo scetticismo iniziale con cui i francesi accolsero i giovani provenienti da tutto il mondo; ben presto però lo scetticismo fu travolto dall’entusiasmo dei giovani e dalla forza di Giovanni Paolo II, tanto che alla fine l’enorme spazio dell’ippodromo di Longchamp, risultò insufficiente per accogliere i presenti alla veglia e alla celebrazione.


Penso di aver tralasciato molte delle occasioni che il Pontefice ha offerto a tutti noi come strumento di riflessione, ma spero di aver comunque contribuito a trasmettere alcuni perché di GIOVANNI PAOLO II SANTO SUBITO!

                                                                                 Paolo Bizzarri

13 commenti:

  1. Bizza ma dopo la politica ti sei dato alla religione?

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  2. Non sono e non sono mai stato uno troppo chiesaiolo, ma Giovanni Paolo II mi piaceva.
    AB

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  3. Mi sono sempre stati sul cazzo i papa boys.

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  4. penso che questo pontefice, politicamente molto influente nonostante la sua immagine "bonaria", sia stato amato e abbia messo d'accordo le genti di diverso colore politico, di diversa estrazione sociale e culturale, credenti e non, per la sua apertura al mondo, per la sua voglia di viaggiare e stare tra la gente, portando la sua presenza ove era "necessario", e non aspettando di ricevere i fedeli solo nella sua residenza, rinverdendo l'immagine della chiesa cattolica in italia e nel mondo. certamente una istituzione ecclesiale ha comunque bisogno di simboli, riti e codici per la sua sopravvivenza ed il suo funzionamento, nonché per testimoniare anche una certa autorità ed autorevolezza, ma questo svecchiamento d'immagine ha contribuito ad "allargare il cerchio" da troppo tempo piuttosto chiuso, anche perché talvolta l'autorevolezza si acquista maggiormente con gesti concreti e di esempio che non con regole e imposizioni.
    dp

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  5. dp, ma hai fatto un ritratto del papa come se avesse da fare il commerciale di qualche azienda, ma il compito di un papa è quello di allargare il cerchio oppure quello di dare ascolto e conforto ai fedeli?

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  6. certo che la Chiesa ha il compito di lanciare messaggi di solidarietà, conforto, pace, fratellanza ed aiuto concreto ai più deboli e bisognosi, ma se non si fa sentire, se non si fa vedere, chi lo sente!? se non si apre al mondo, a chi destina questo nobile messaggio!? ai suoi "organi dirigenti", agli alti prelati? credi che sarebbe più efficace se chi ha la vocazione dell'apostolato restasse nell'oro delle chiese e residenze romane? direi proprio di no, credo che il rapporto "diretto" che specialmente JPII ha avuto con i popoli e le genti di tutto il mondo sia stato cruciale per veicolare questa voce, e parimenti tutti i fedeli dovrebbero sentire il "dovere" dell'apostolato, spargendo il seme intorno a loro poiché essendo un messaggio positivo i frutti non tarderanno a venire. non a caso, proprio per la potenza del messaggio di pace , fratellanza e solidarietà, i cristiani nel mondo sono quelli che più soffrono di persecuzioni a fine religioso.
    dp

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  7. Ci mancavano i nostalgici dello stregone polacco. Siamo proprio alla frutta.

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  8. Il 'New York Times' contro
    Wojtyla beato: Il quotidiano americano punta il dito: troppo fretta nel fare santo un papa che ha anche coperto i pedofili.
    (26 aprile 2011) Papa WojtylaMentre a Roma si beatifica Giovanni Paolo II, a New York ci si pone qualche provocatoria domanda in merito.

    Lo fa il 'New York Times', con un editoriale della sua columnist Maureen Dowd. Secondo la quale sicuramente Wojtyla è «ammirabile sotto molti punti di vista»: come la sua lotta strenua al comunismo e la sua critica agli aspetti deteriori del capitalismo. Dopodiché però, secondo il quotidiano americano, è stato anche un pontefice ultraconservatore su temi importanti come la contraccezione, il sacerdozio femminile, il divorzio, il celibato dei preti.

    Ma soprattutto, sostiene l'editoriale, Wojtyla ha coperto gli alti prelati accusati di pedofilia, a iniziare da Marcial Maciel Degollado, il fondatore della Legione di Cristo. Insomma, forse sarà anche santo, ma non subito, scrive la Dowd, perché alcuni aspetti del suo pontificato andrebbero meglio approfonditi: e questa «fretta» nel beatificarlo (è morto solo da sei anni) serve soprattutto a nascondere i problemi attuali della Chiesa. Tanto più che - secondo l'editorialista americana - fa specie che il Vaticano abbia voluto beatificare Pio XII («che è rimasto silenzioso sull'Olocausto») e Giovanni Paolo II («che ha protetto i pedofili») e non una grande cattolica sociale come Dorothy Day.

    da L'Espresso on line

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  9. Dziwisz, segretario di papa Wojtyla copriva preti pedofili
    Di fahrenheit451
    Il cardinale Dziwisz accusato di aver taciuto gli abusi sessuali dei preti polacchi

    GIACOMO GALEAZZI

    CITTA’ DEL VATICANO
    Il cardinale Stanislao Dziwisz, per quarant’anni segretario di Karol Wojtyla (ventisette dei quali in Vaticano) e attuale arcivescovo di Cracovia, è accusato di aver coperto casi di abusi e molestie perpetrati da prelati polacchi e alte personalità ecclesiastiche. Nel mirino, il mancato intervento del braccio destro di Giovanni Paolo II in alcune vicende particolarmente scabrose, nonostante le circostanziate denunce coinvolgessero influenti personalità della gerarchia ecclesiastica.

    Tra questi, un arcivescovo connazionale e amico di don Stanislao e il fondatore dell’ordine religioso in maggior crescita oggi al mondo: i Legionari di Cristo. Fin dal 2000 l’«angelo custode» del Pontefice sarebbe stato informato di gravi casi di molestie che vedevano coinvolti prelati celebri, ma avrebbe «insabbiato» il dossier che proveniva dal clero polacco e da un tribunale ecclesiastico sudamericano. L’accusa è pesante, simile a quella che ha costretto alle dimissioni il cardinale Bernard Law, l’ex arcivescovo di Boston nominato arciprete di Santa Maria Maggiore a Roma. In primo luogo risulterebbe che il cardinale Dziwisz avrebbe ignorato le rivelazioni di esponenti della Chiesa polacca che avevano per oggetto un suo sodale. Invece di attivarsi per verificare le gravissime accuse contenute nelle informative, don Stanislao avrebbe tenuto prudentemente in un cassetto gli allarmanti documenti che gli aveva inviato, sette anni fa, un gruppo di sacerdoti per avvertirlo degli abusi di monsignor Juliusz Paetz, allora arcivescovo di Poznan, a danno di seminaristi. I preti che avevano indirizzato l’informativa riservata a don Stanislao si aspettavano una pronta reazione da parte del segretario del Papa e avrebbero scoperto, invece, con grande stupore, che Karol Wojtyla era stato completamente lasciato all’oscuro della vicenda.

    Lo scandalo dell’arcivescovo Paetz venne poi alla luce indipendentemente dalla denuncia fatta giungere a monsignor Dziwisz e portò alle clamorose dimissioni del presule polacco nel 2002. Le accuse aleggiavano da diverso tempo attorno all’arcivescovo Paetz, al punto che la Conferenza episcopale polacca aveva messo segretamente al lavoro una commissione d´inchiesta. I testimoni d’accusa (giovani vittime di molestie sessuali) sono più di una dozzina e incombeva la minaccia che la vicenda potesse allargarsi a prelati vicini a monsignor Paetz negli anni del suo soggiorno in Vaticano come assistente alla Camera pontificia.

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  10. Segnalazioni tutt’altro che rassicuranti erano giunte sul suo conto anche dal giudice polacco della Rota Romana, monsignor Antoni Stankiewicz e da un’amica di gioventù di Karol Wojtyla, la psichiatra Wanda Poltawska, guarita da un tumore terminale, nel 1962, per l’asserita intercessione di padre Pio. Malgrado il silenzio di don Stanislao, dopo un paio di anni, monsignor Paetz, chiacchierato dai suoi stessi sacerdoti per i rapporti con alcuni studenti e chierici del seminario, fu allontanato dalla prestigiosa carica. Ma ciò solo in seguito a un articolo pubblicato dell’autorevole quotidiano «Reczpospolita». Fino all’ultimo il presule ha negato le accuse, sostenendo di aver rassegnato le dimissioni «per il bene della chiesa di Poznan».

    Nelle vicende di abusi compiuti da prelati, le omissioni attribuite a don Stanislao, oggi depositario di quel ricchissimo archivio personale che Giovanni Paolo II aveva chiesto fosse dato alle fiamme dopo la sua morte, non si limitano alla Polonia ma coinvolgono anche il leder dei Legionari, un corpo scelto e superpreparato di sacerdoti e laici di tutto il mondo, in rapidissima espansione.

    Nel 2002, sempre nel ruolo delicatissimo di segretario personale del Pontefice, monsignor Dziwisz avrebbe ricevuto la lettera di don Antonio Ornelas, un sacerdote messicano, membro del tribunale ecclesiastico diocesano, che portava alla luce gli abusi e le molestie di padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo. Anche in questo caso, la risposta di don Stanislao sarebbe stata il silenzio. Del resto un processo canonico avrebbe inevitabilmente costretto il Vaticano ad affrontare spinosissime questioni. Nel caso Maciel, infatti, i capi d’accusa fanno riferimento al canone 977 (assoluzione di un complice nel peccato contro il sesto comandamento, ossia «non commettere atti impuri»). Nella legislazione ecclesiastica l’abuso sessuale di un sacerdote, sia pure sui minori, è meno grave del cosiddetto delitto di «complicità», quando, cioè, il sacerdote confessore assolve colui o colei con cui ha avuto rapporti sessuali. Nel primo caso è prevista la sospensione o al massimo la dimissione del sacerdote, nel secondo, è prevista la scomunica «latae sententiae» riservata alla Sede Apostolica. Ed è proprio questo il delitto di cui si sarebbe macchiato padre Maciel e sul quale le autorità vaticane si sarebbero dovute pronunciare. Anche lui, però, fu allontanato dal suo posto molto tempo dopo la denuncia rivolta a don Stanislao, e cioè solo nel 2005, per iniziativa di papa Ratzinger, nel frattempo succeduto a Karol Wojtyla. Ad aver colto i limiti del provvedimento vaticano, è il canonista messicano padre Antonio Roqueñi, per otto anni cappellano universitario dell’Opus Dei, e poi, per vent’anni, canonista al Tribunale ecclesiastico di Città del Messico, che ha deciso di offrire la propria opera di canonista agli accusatori di padre Maciel. Dopo «attento studio e investigazione», Benedetto XVI gli ha inflitto come pena «una vita riservata di preghiera e penitenza».

    L’accusa di aver tentato di coprire gli scandali sessuali nella Chiesa raggiunge il cardinale Dziwisz mentre è ancora aperta nella conferenza episcopale polacca la ferita delle dimissioni del neo-arcivescovo di Varsavia Stanislaw Wielgus. Un’onda lunga che ha raggiungo anche l’arcidiocesi di Cracovia. Anche monsignor Janusz Bielanski, stretto collaboratore del cardinale Dziwisz, è stato costretto a dimettersi da rettore della cattedrale di Cracovia per le accuse di collaborazionismo con i servizi segreti polacchi. In questo, caso come per i silenzi addebitati a don Stanislao nello scandalo dei prelati molestatori, la risposta di padre Robert Necek, portavoce del cardinale di Cracovia, è categorica: «Sua Eminenza non ha insabbiato nulla, non c’è alcuna testimonianza, si tratta di accuse assolutamente ingiuste».

    http://fahrenheit451.wordpress.com/2007/02/27/dziwisz-segretario-di-papa-wojtyla-copriva-preti-pedofili/

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  11. Wojtyla, il grande oscurantista.
    - Il caso Ior-Banco Ambrosiano: Giovanni Paolo II impedì, con pretesti giuridici, l’eccertamento della verità. Infatti, ammesso e non concesso che i giudici italiani non avessero titolo a chiedere l’estradizione di Marcinkus, nessun processo pubblico si è tenuto nella Città del Vaticano per accertare i fatti.

    - La beatificazione di Pio IX: proprio quando la Chiesa Cattolica cerca di sensibilizzarsi circa i temi della pena di morte e del rapporto Chiesa/ popolo di Israele arriva la beatificazione di Pio IX; qui il problema non è la coscienza di Pio IX, che agì nel suo contesto storico e culturale, ma il fatto che nel 2000 venga reso “beato”, cioè lo si proponga oggi come esempio da imitare da parte dei fedeli. Quello stesso uomo che rifiutò la grazia a due patrioti condannati a morte a Roma nel 1868 e che fece rapire un bambino alla sua famiglia in quanto battezzato di nascosto dalla balia ma figlio di ebrei. Bambino che fu rapito e tenuto in ostaggio dal papa stesso.

    - I diritti umani violati: durante il pontificato di Giovanni Paolo II, grazie soprattutto alla Congregazione per i diritti della fede, si è fortemente punita la libertà di ricerca teologica: teologi, teologhe e studiosi “non in linea” sono stati allontanati dalle loro cattedre o gli è stato impedito di contiuare le ricerche.

    - Questione femminile: qualunque richiesta arrivata da parte femminile, anche circa una piena partecipazione alla vita della Chiesa sono state da Wojtyla semplicemente ignorate.

    - Vicenda Oscar Romero: arcivescovo di San Salvador che chiese udienza e aiuto al Papa circa la violazione dei diritti umani e dei problemi della vita quotidiana di quanti si erano opposti, anche fra i suoi diretti collaboratori, all’oppressione esercitata dal governo salvadoregno sulla popolazione. La risposta del papa è stata: cerca di andare più d’accordo con il governo. Quello stesso governo colpevole di scomparse e uccisioni di cittadini, sindacalisti e sacerdoti che osavano sostenere la causa dei contadini nella presa di possesso delle terre loro concese dalla riforma agraria.

    - Concubinato del clero: Wojtyla ha talmente insistito sul celibato dei preti da non dare voce ai tanti sacerdoti, soprattutto delle chiese orientali, sposati. preferisce sostenere le relazioni clandestine e ignorare i figli dei preti che non possono neanche essere riconosciuti. Sono migliaia e migliaia nel mondo -dalla Germania, al Brasile, al Congo- i figli dei preti che non hanno diritto ad avere una normale famiglia. Una situazione simile lede i diritti umani e dei figli e delle donne, private di qualsiasi diritto.

    - Dimissioni dal pontificato: grazie al nuovo codice di diritto canonico del Vaticano II il papa chiede ai vescovi che compiono 75 anni di presentare le loro dimissioni al papa, che valuterà caso per caso. Unico vescovo che non è tenuto a presentare dimissioni è il vescovo di Roma, cioè il papa stesso. E quando Wojtyla, superati i 75 anni di età, cominciò ad avere problemi di salute così gravi da impedirgli un reale controllo della curia romana rispose a chi gli suggeriva le dimissioni: Gesù non scese dalla croce.

    - Pedofilia: Wojtyla coprì sempre i pedofili. Grazie ai risarcimenti dati alle vittime mise sempre tutto a tacere e si limitò a trasferire i pedofili in altre sedi, permettendo loro di ripetere il reato su altri bambini.
    Hans Hermann Groer, arcivescovo di Vienna, fu costretto alle dimissioni da una corale richiesta dei vescovi austriaci, e Wojtyla lo promosse da abate benedettino ad arcivescovo, così da proteggerlo e salvarlo, in nome della loro grande amicizia.



    http://jd.ilcannocchiale.it/2011/04/25/wojtyla_il_grande_oscurantista.html

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  12. Premessa: come cristiano sono abituato a cercare di testimoniare il Vangelo di Nostro Signore e dar conto della mia fede, in primo luogo con le opere ma anche, quando occorre, con le parole, senza nulla eludere. Non ho perciò difficoltà a discutere tutte le questioni poste da anonimo, che magari avrà la sorpresa di trovarmi d’ accordo su certi temi e che a questo punto ha da fare solo una cosa: firmarsi con nome e cognome (veri). Su argomenti come questi credo che l’ anonimato sia veramente un non senso: non ci sono ritorsioni o sgarbi da temere, come magari potrebbe accadere (e non lo credo) se fossimo a parlare di politica locale.
    Ciò detto, ringrazio in modo speciale Paolo per aver organizzato la veglia di sabato scorso, che ha avuto momenti suggestivi di meditazione e di preghiera, accompagnati dalla lettura di testi di Giovanni Paolo II. Fra questi alcuni passi del libro ‘Memoria e identità’, pubblicato poche settimane prima che il pontefice morisse. Si tratta di una profonda riflessione sulle vicende storiche del secolo scorso – in particolare sui temi del male e della sofferenza – alla luce delle rivelazioni di Santa Faustina Kowalska. Avendo vissuto prima sotto il nazismo, quindi sotto il comunismo, Giovanni Paolo scrive che “il male del XX secolo [...] è stato un male di proporzioni gigantesche, un male che si è avvalso delle strutture statali per compiere la sua opera nefasta, un male eretto a sistema”. Tanto da rendere legittima la domanda se esso non costituisca anche la parola ultima della Storia. No, risponde deciso il pontefice, “se il male esiste accanto al bene, il bene però persevera accanto al male”. Persevera. Vi è infatti una barriera contro cui ogni male si infrange, ed è la Divina Misericordia. Suor Faustina con la sua esperienza mistica ci ha annunciato che “l’ unica verità capace di controbilanciare il male è la verità del Cristo misericordioso”. Continua Giovanni Paolo: “Non vi è male da cui Dio non possa trarre un bene più grande. Non c’ è sofferenza che Egli non sappia trasformare in strada che conduce a Lui. Offrendosi liberamente alla passione e alla morte di croce, il Figlio di Dio ha preso su di sé tutto il male del peccato. La sofferenza di Dio crocifisso non è soltanto una forma di sofferenza accanto alle altre, un dolore più o meno grande, ma è una sofferenza di grado e misura incomparabili. Cristo, soffrendo per tutti noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza, l’ ha introdotta in una nuova dimensione, in un nuovo ordine: quello dell’ amore”. Qui Karol Wojtyla ha un’ espressione che secondo me è il vertice della sua testimonianza: “è la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell’ amore e trae anche dal peccato una multiforme fioritura di bene”. Non è solo teologia, è vita. Il papa ha scritto queste parole ormai malato, consapevole di essere ogni giorno meno padrone del proprio corpo, dopo aver ribadito che sarebbe comunque andato avanti finché Dio avrebbe voluto. Diceva Pascal: “credo solo ai racconti di quei testimoni che si farebbero sgozzare”. Aver visto quell’ ultima volta Giovanni Paolo alla finestra, deforme nei tratti e impedito nei movimenti, ci ha aiutato a capire perchè la salvezza del mondo non germogli dalla potenza e dalla ricchezza che celebrano se stesse, ma in luoghi dimenticati, invisibili, dove la sofferenza dell’ uomo incontra l’ amore e la misericordia di un altro uomo, per diventare essa stessa amore.
    Silvio Cazzante

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