martedì 31 maggio 2011

Avvisi ai naviganti e pensieri di fine maggio


La Voce del Martedì, come avrete potuto notare dall’icona presente sulla parte destra della home page da qualche settimana, è diventato un blog a “impatto zero”.
Cosa significa?
Nonostante abbia fatto già molto per ridurre le emissioni di CO2, anche internet inquina. Secondo un rapporto di Greenpeace, con il tasso di crescita di oggi, nel 2020 i data center e le reti di telecomunicazione consumeranno circa 2.000 miliardi di kilowattora di elettricità, oltre il triplo del loro consumo attuale.
Ecco perché il blog lavocedelmartedi.blogspot.com ha deciso di
aderire a Zero Impact Web e fare la sua parte per contrastare il riscaldamento globale.
Le emissioni derivanti dalle vostre visite verranno compensate attraverso la creazione e tutela di foreste in crescita. É una piccola azione che se fatta da molti aiuta a creare consapevolezza e fare del bene all’ambiente. E soprattutto vi permette di navigare tra queste pagine in piena tranquillità!
Aderite anche voi a questa iniziativa, insieme possiamo fare la differenza!
Le emissioni generate da questo blog sono compensate dalla creazione e tutela di
foreste in crescita in Costa Rica.
Da questa settimana poi c’è un’altra novità riguardo la gestione del blog:
Rimaniamo convinti che il vero valore aggiunto siano i commenti postati dai lettori, spesso molto più interessanti degli stessi articoli pubblicati, ma per tenere alta la credibilità del blog e serie le discussioni che si tenta di intavolare in questo spazio da questa settimana sarà possibile lasciare un commento solo attraverso un proprio account google. Avere cioè attiva una casella email con gmail.
Chi vorrà inserire un proprio commento nella tendina COMMENTA COME non troverà più l’opzione di scelta “NOME/URL” o “ANONIMO”, ma solo quella “ACCOUNT GOOGLE”.
Per chi non possedesse già una casella mail GMAIL la registrazione è semplice e veloce su www.google.it. E chiaramente è gratuita.
Per eventuali difficoltà comunque interpellate pure la redazione all’indirizzo lavocedelmartedi@gmail.com
Pensieri in ordine sparso su cui vi invito a dare il vostro contributo (previa registrazione gmail, chiaramente):
-          EUROPA - la notizia più importante di ieri è questa: In Germania addio al nucleare: l’ultimo reattore spento nel 2022. Berlino è la prima potenza industriale a rinunciare del tutto all'atomo che attualmente copre il 22% del suo fabbisogno energetico. Dei 17 impianti chiusi dopo Fukushima, 8 non saranno più riattivati. A due settimane dal referendum dovremmo riflettere molto su questa notizia …

-          ITALIA - dai ballottaggi escono, a mio avviso, alcune sentenze:  il PD ha vinto e soprattutto ha capito dove deve guardare: deve guardare a sinistra (le grandi vittorie di Napoli e Milano hanno un marchio di fabbrica che non è quello del Partito Democratico). Prendere Milano e vincere anche ad Arcore è un’impresa storica. E Vendola infatti è il più euforico. Il Governo invece non ha perso, ha straperso. In questo caso è la Lega ad aver capito che il  “baratto con il premier, dove si accetta tutto pur di avere il federalismo” non ha pagato. Volteranno le spalle al premier?

-          TERRANUOVA - dopo le dimissioni dell’Assessore Magini l’opposizione è in fermento e la maggioranza ha preso tempo. Non condivido la teoria per la quale un sindaco si debba dimettere a seguito delle dimissioni di un suo assessore. Non credo soprattutto possa essere un automatismo.  
Se ha la maggioranza in consiglio e l’appoggio dei partiti che lo sostengono un Sindaco ha non solo la facoltà ma il dovere di andare avanti. Un’osservazione in più però va fatta. Se a livello nazionale esistono molti “termometri” con cui si misura lo stato di salute di un Governo (tornate elettorali come quella appena trascorsa, posizione delle forze sociali, referendum su questioni particolari, manifestazioni nazionali, sondaggi d’opinione  ecc.) a livello locale non sono disponibili strumenti per misurare questa  “febbre”. Pertanto, in una situazione come quella presente oggi a Terranuova,  grande responsabilità ricade su quella che è stata definita “verifica di maggioranza”. A livello di coalizione (che ha l’onore e l’onere di governare un paese) ma soprattutto a livello di Consiglio comunale (democraticamente eletto) . Credo spetti a loro misurare lo stato di salute del “governo locale”. Credo spetti a loro questa responsabilità. E anche se PDL, Lista Pasquini e TPL, chiedono a gran voce le dimissioni del Sindaco il termometro non può essere rappresentato dai decibel con cui l’opposizione urla “dimettiti”. O quantomeno non è sufficiente.

Bene, di questioni di cui discutere ce ne sono tante. Ora tocca a voi e ai vostri commenti. Buona settimana. 

Francesco Nocentini

martedì 24 maggio 2011

VOTA ANTONIO, VOTA ANTONIO!


E’sempre molto difficile fare raffronti tra i vari risultati elettorali. I politologi suggerirebbero di paragonare i risultati con altri precedenti e di egual natura, quindi bisognerebbe comparare le elezioni amministrative con le amministrative, le politiche con le politiche, le europee con le europee. Dalle nostre parti però in cinque anni, tempo che dovrebbe trascorrere tra una elezione e l’altra, cambiano gli scenari, le alleanze e le persone…. (le persone? no, queste proprio no), cambiano le cose talmente in fretta che in soli due anni il capolista del PD alle politiche in una circoscrizione del Nord Italia (un applauso a chi l’ha scelto pensando pure che fosse di centrosinistra) diventa, autonominandosi responsabile, consigliere del commercio estero del capo della parte avversaria (o avversata)…pensiamo quindi a cosa potrebbe succedere in cinque anni.
Così a urne chiuse comincia la carrellata di politici che, tirando fuori dal cilindro i risultati elettorali che più aggradano, snocciolano le proprie ragioni a sostegno del buon risultato ottenuto e solo nella migliore delle ipotesi riconoscono una mezza sconfitta, ma naturalmente con molte attenuanti. Per non parlare del dato sull’affluenza alle urne, buono per riempire la mezz’ora che va dalla chiusura dei seggi ai primi exit poll. In quella mezz’ora tutti in maniera responsabile prendono atto del fatto che sempre meno italiani vanno a votare e tutti si indignano dichiarandosi in dovere di riflettere sul dato, ma poi …..chissenefrega si vince o si perde con quelli che vanno a votare mica con quelli rimasti a casa.

Diamo velocemente uno sguardo a quello che è successo su e giù per lo stivale. Spicca il risultato di Pisapia a Milano, dove ancora a poche ore dal voto si aveva il dubbio se la sindaca Moratti sarebbe andata al ballottaggio o avrebbe vinto al primo turno, ed invece il candidato di SEL, PD e alleati ha sfiorato la vittoria al primo turno, con il PD che in città ha lo stesso peso del PDL e con la Lega che non raggiunge i risultati sperati, creando malumori nella base. Sbagliata la strategia del centrodestra? fine del Berlusconismo? La discesa in campo del Premier in un momento in cui non gode del massimo della popolarità, avrà giovato o no al PDL? Si riconferma il centrosinistra a Torino con Fassino, segno che il mito del buongoverno di Chiamparino poi tanto un mito non è, come non è più scontato che al Nord il centrodestra con la Lega abbiano vita facile. Questo scenario è confermato dalle turbolenze in maggioranza di questi giorni: la Lega sembra aspettare l’esito dei ballottaggi e, se questo fosse negativo, potrebbe veramente “scoperchiare la pentola”, convinta che alla lunga l’alleanza di governo nuoccia al proprio consenso. Spicca anche il risultato di Napoli, dove va al ballottaggio il candidato del centrodestra e dove il centrosinistra, dopo aver guidato per decenni il comune, prima con Bassolino e poi con Iervolino, non riesce a raggiungere (meritatamente) il ballottaggio col PDL, al quale va invece Luigi De Magistris candidato dell’IDV.
Arriviamo nella nostra Provincia. Ad Arezzo c’era un interessante “duello” tra due candidati autorevoli e forti quali il sindaco uscente G. Fanfani e la senatrice G. Sestini, insieme ad altri candidati molti dei quali di area centrodestra (tra cui l’ex sindaco Lucherini), della quale avevano fatto parte fino a qualche mese prima delle elezioni (una situazione molto simile a quella che si è verificata a Montevarchi). Il risultato è stata la vittoria al primo turno del Sindaco uscente (pur subendo una emorragia di consensi) e un risultato deludente del PDL, che nel capoluogo è sceso ai minimi da diversi anni.
A Sansepolcro, una delle maggiori città della provincia, sono al ballottaggio, divisi da una manciata di voti, la candidata del PD e quello del PDL; quest’ ultimo –il PDL-, al governo della città negli ultimi cinque anni, non è andato oltre il 32%. Qui il centrosinistra ha provato pure a perdere presentandosi con due candidati, di primo piano, divisi da subito, ma non ce l’ha fatta. Ha comunque buttato al vento la possibilità di riprendersi la città al primo turno, dato che i due candidati di centrosinistra hanno raggiunto oltre il 60% dei consensi e sarà costretto a misurarsi in una battaglia all’ultimo voto per un ballottaggio serrato.
Veniamo al Valdarno, dove (vedi Terranuova e Sangiovanni) le coalizioni di centrosinistra non stanno attraversando momenti esaltanti. Il caso Montevarchi spicca, a mio avviso, per tre motivi in particolare. Il primo: a Montevarchi si sono presentati 6 candidati a sindaco sostenuti da 15 liste con 234 candidati al consiglio comunale. Nel momento in cui si parla di crisi della politica e di scarsa partecipazione mi sembra che da Montevarchi sia arrivato un bel messaggio, visto, inoltre, che gran parte dei candidati erano alla prima esperienza e di età molto giovane. Il secondo: un ballottaggio “monocolore”. Andranno al ballottaggio Vincenzo Caciulli (candidato esperto, esponente dei socialisti già amministratore e consigliere regionale) e Francesco Grasso (del PD, già membro dell’esecutivo montevarchino nelle scorse legislature, la cui candidatura è uscita dalle primarie di coalizione); entrambi esponenti di quella coalizione che ha governato Montevarchi fino a qualche settimana fa, quindi di centrosinistra, hanno attirato i 2/3 dei consensi dei montevarchini. Il terzo motivo: il PDL esce da queste elezioni con le “ossa rotte”, non arriva al 12% il suo candidato a Sindaco e scende sotto al 10% nei voti di lista pur presentandosi insieme a UDC e Destra. Anche a Montevarchi, come ad Arezzo, alcuni esponenti “storici” del centrodestra si sono presentati sotto un proprio simbolo sostenuti da liste civiche (tra l’altro con un buon risultato elettorale), ma un partito con ambizioni di governo sul territorio ha l’obbligo di non farsi trovare impreparato come invece ha dato l’impressione di essere il PDL.
Concludo con due ultime considerazioni. Non sfonda il cosiddetto terzo polo, in alcuni casi la coalizione ha preso meno di quanto era il valore della sola UDC. Bocciatura del progetto oppure è ancora troppo giovane l’ esperienza terzopolista? le elezioni amministrative non erano il banco di prova più adatto visto che si tratta di un progetto che ha più connotati politici? Altro il discorso sulle liste del Movimento 5 Stelle, i grillini, che in molte città si sono presentate con candidati giovani che hanno attirato simpatia e voti. A Bologna ad esempio dopo il successo delle scorse regionali dove hanno conquistato due seggi in Consiglio Regionale, raggiungono un significativo 10%, a Milano sono andati al 3,50%, nel nostro capoluogo siederanno in consiglio avendo ottenuto quasi il 6% dei consensi e in molte altre città superano il 10%. Voto di protesta? E se la protesta diventasse cronica?

                                                                                              Paolo Bizzarri




martedì 17 maggio 2011

Dimissioni Magini: terremoto politico a Terranuova?


Sebbene i freschissimi risultati delle elezioni amministrative meritino una riflessione approfondita, rinviamo di sette giorni la discussione sugli equilibri nazionali per concentrarci, ancora una volta, su quello che succede tra le mura di casa nostra.
La lettera di dimissioni dell’assessore al bilancio e all’ambiente Alessio Magini ha fatto il giro della rete, dei bar e dei circoli.
Ho letto con attenzione la lettera di Alessio, che tra l’altro è anche ben scritta, e mi son fatto qualche idea.
Escludo che sia stata una mossa strategica di smarcamento dovuta a calcoli pluriennali. Nella lettera si trova più trasparenza che furbesca strategia. Tanta delusione e nessuna manovra di aggiramento. Pochi formalismi politichesi e parecchia sostanza.
Preso atto delle motivazioni riportate nella lettera diventano del tutto logiche e condivisibili anche le conclusioni tratte e le conseguenti decisioni prese.
Alessio non ha perso la voglia di dare il proprio contributo per l’amministrazione del paese e non ha rassegnato le dimissioni perché il suo ruolo è svilito dai vincoli imposti dalla finanziaria.
Nella lettera si parla di mancanza di fiducia, di non condivisione delle finalità, di mancato rispetto dei ruoli e si parla di conflitto di interessi in merito all’assegnazione di lavori di ampliamento della discarica. Si parla chiaro.
Venendo quindi alla domanda del titolo: è un terremoto politico? La risposta sembrerebbe proprio essere sì. Ed è ben individuabile anche l’epicentro: Podere Rota.
Se fino a pochi anni fa intorno alla discarica giravano le fortune economichedel comune di Terranuova, ora vi girano i problemi più spinosi.
Dopo un terremoto comunque si contano i danni, si raccattano i cocci e si guarda se la struttura sta ancora in piedi.
Chiariamo una cosa: nessun vincolo legislativo impone che alle dimissioni di uno, due, tre o anche tutti gli assessori debbano decadere il sindaco e la maggioranza che ha vinto le elezioni.
Spetterà al consiglio comunale valutare se le dimissioni di Magini possano o meno compromettere la stabilità della coalizione che governa il paese.
Intanto il Sindaco Amerighi ha convocato una verifica “politica” all’interno della maggioranza, mentre le opposizioni chiedono a gran voce che rassegni le dimissioni.
Francesco N.

martedì 10 maggio 2011

La Lega: oltre al verde c'è anche il rosso?

 Pian piano che ci s’avvicina ad una consultazione elettorale, che siano elezioni amministrative o politiche poco importa, resta il fatto che quando c’è da pesare la propria forza secondo la cifra politica per eccellenza, i vari esponenti di partito si sbraitano alla ricerca del consenso perduto, per cercare di massimizzare quanto più possibile il proprio raccolto. In questi ultimi colpi di coda di una scialba campagna elettorale si è verificato un episodio che meriterebbe una sottolineatura e mi auguro una discussione sul blog. Due giorni fa si è tenuta a Bergamo un’importante assise di Confindustria alla quale hanno partecipato oltre cinquemila industriali e la Presidente Marcegaglia ha offerto una lunga relazione, ponendo critiche severe sull’accordo interconfederale circa il modello contrattuale e rivendicando l’esigibilità per alcune società di pretendere contratti aziendali. La proposta è grave e probabilmente richiederebbe ulteriori puntualizzazioni, tuttavia la circostanza che ha toccato le mie corde è stata l’applauso che tutta la platea ha rivolto ad Harald Espenhahn, amministratore delegato della Thyssen Group e condannato a oltre 16 anni di carcere, per omicidio volontario, in seguito al caso dell’esplosione nell’acciaieria torinese, a fine 2007, che provocò sette vittime. La vicenda è grave perchè va oltre la difesa e la tutela degli interessi di categoria e intacca non solo le mere relazioni industriali. La vicenda diventa un pretesto per ribadire le proprie identità e per essere strumentalizzata, difatti proprio seguendo questa scia, sono le parole del leghista Calderoli ad afferrare il treno delle polemiche e a condannare coi toni più pungenti le parole della Marcegaglia e l'atteggiamento della CGII. Si rinnova così la proposta, più politologica che politica, di vedere tra le camicie verdi un sottile ricamo rosso labour oriented capace di ampliare la confusione del marasma e quasi far credere che se la politica non si può fare a forza di esternazioni, almeno le campagne elettorali sì.

Tommaso C.

martedì 3 maggio 2011

La forza di un gigante


"ha invertito il corso della storia con la forza di un gigante" (Benedetto XVI, omelia della messa di beatificazione)

Giovanni Paolo II è Beato.



Domenica è stato compiuto dalla Chiesa Cattolica il primo fondamentale passo per far si che si realizzasse quel desiderio di molti fedeli (e non) levatosi a gran voce subito dopo la sua morte: quel Santo Subito.


Forse per capire meglio il perché del consenso riversatosi su Giovanni Paolo II dobbiamo ripartire già dalla sua elezione quando affacciatosi in Piazza San Pietro, con umiltà, sentì il dovere di scusarsi per non essere in grado di esprimersi nella “nostra lingua”e invitandoci al “mi corigerete”. Da quasi 500 anni dal Conclave Cardinalizio non usciva un Papa non italiano, e oltre a non essere italiano era anche un Papa dell’EST, figlio della Polonia in cui cominciava, in quegli anni, a prendere forma Solidarność. Dalla Polonia, con la sua visita Pastorale del 1979, Giovanni Paolo II cominciò il suo lungo pellegrinaggio che lo portò a combattere i regimi totalitari rimasti in piedi a seguito della caduta del nazifascismo, in particolare quelli Comunisti, che lui riteneva un male assoluto non dimenticando, però, che l’alternativa non poteva essere il Capitalismo selvaggio. Un percorso durante il quale papa Giovanni Paolo II toccò quasi tutti gli stati dell’est europeo , che lo vide ricevere in udienza, primo Papa nella storia, l’allora segretario del PCUS Mikhail Gorbaciov e negli anni a venire primo papa a incontrare il popolo cubano e il loro leader Fidel Castro a L’Avana. Gli anni 80 furono gli anni in cui maturò l’Enciclica Centesimus Annus, scritta per ribadire la dottrina sociale della chiesa a 100 anni dalla Rerum Novarum. In essa Giovanni Paolo II pose l’accento sui problemi della ingiusta ripartizione di beni tra Paesi industrializzati e Paesi poveri; della ingiusta distribuzione dei beni all'interno di una stessa nazione; dello sfruttamento dei beni in rapporto all'ecologia del creato; del ruolo dei poteri pubblici che hanno il compito di curare la destinazione dei beni a vantaggio di tutti e non solo di gruppi particolari; del pericolo per gli Stati di trasformarsi in organismi assistenziali facilmente bloccati entro strutture e meccanismi burocratici; della necessità per il libero mercato e per lo stesso movimento del capitale di darsi delle regole in funzione del bene comune, al quale va ordinato e subordinato anche il legittimo profitto.


Piace ricordare il papa pieno di energia che nel maggio del 1993, in visita alla Diocesi di Agrigento, durante l’omelia della messa prevista nella Valle dei Templi, lanciò un vero e proprio anatema contro la mafia. Lasciato il discorso preparato e proseguendo a braccio, con il dito puntato sulla folla indicando il Cristo quale unica via di salvezza toccò nel profondo la coscienza dell’uomo, vale la pena ricordare quel ”mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!". La stessa energia che l’aveva accompagnato nel 1983 in Nicaragua, durante quella visita si scagliò contro l’insediatosi regime sadinista al quale avevano preso parte quattro sacerdoti.


Giovanni Paolo II è da considerarsi il Papa della Pace, colui che senza esitare ha dato vita ad un convinto processo ecumenico e di pace. Rimane indelebile nei nostri ricordi l’incontro da lui fortemente voluto ad Assisi, dove, nella città di San Francesco simbolo della Pace, riuscì a radunare 50 rappresentanti delle Chiese Cristiane e 60 di altre Religioni mondiali. Wojtyla era fermamente convinto che oltre al compromesso economico e politico, “la preghiera e la testimonianza dei credenti” molto potessero a favore della pace. Questo e la storica visita della sinagoga romana, dove davanti al rabbino capo Toaff definì gli ebrei dei “Fratelli Maggiori”, sono considerati due passaggi fondamentali nel processo di pace mondiale.


Senza dubbio però l’aspetto che rende Wojtyla un papa vicino alla sua gente è lo stretto rapporto che lo legava ai giovani. Aveva avuto l’intuizione delle Giornate Mondiali della Gioventù e le aveva portate avanti sempre con lo stesso spirito determinato e risoluto. Ogni veglia, ogni preghiera con lui era fonte di entusiasmo, ogni incontro era l’incontro con un amico. Ricordo con piacere il tempo passato in Francia in occasione della GMG di Parigi (1997), prima ospiti in famiglia di una diocesi della Francia centrale, poi in parrocchie parigine. Partimmo in 80 da Terranuova alla volta di Parigi (e prima ancora di Częstochowa, Denver, poi Roma, Sidney, Colonia) e colpì lo scetticismo iniziale con cui i francesi accolsero i giovani provenienti da tutto il mondo; ben presto però lo scetticismo fu travolto dall’entusiasmo dei giovani e dalla forza di Giovanni Paolo II, tanto che alla fine l’enorme spazio dell’ippodromo di Longchamp, risultò insufficiente per accogliere i presenti alla veglia e alla celebrazione.


Penso di aver tralasciato molte delle occasioni che il Pontefice ha offerto a tutti noi come strumento di riflessione, ma spero di aver comunque contribuito a trasmettere alcuni perché di GIOVANNI PAOLO II SANTO SUBITO!

                                                                                 Paolo Bizzarri