Comune Unico, Unione di Comuni, Gestione Associata di Servizi. Nelle settimane che hanno preceduto la pausa estiva i Consigli Comunali valdarnesi si sono occupati di questo argomento, discutendo l’Atto d’Indirizzo per la costituzione di una Unione di Comuni tra i comuni del Valdarno Aretino. Nella nostra vallata alcune di queste ipotesi sono già concrete. C’è una Unione dei Comuni, quella del Pratomagno, nata dalla abolita e omonima Comunità Montana, che gestisce in forma associata una serie di servizi comunali e altri che riguardano la montagna del Pratomagno. Ci sono gestioni di servizi associati: tra Montevarchi e Terranuova per la Polizia Municipale, tra questi e Bucine per la Gestione del Personale, stesse scelte hanno coinvolto San Giovanni e Cavriglia, tra Pergine e Bucine è nata la gestione associata di alcuni strumenti urbanistici e tra questi con Laterina anche la gestione dei Servizi Sociali, delle Entrate Tributarie e per l’abbattimento delle Barriere Architettoniche. C’è fermento sul tema e per questo, ritenendo maturi i tempi, gli Amministratori Valdarnesi hanno reputato che vi fossero le condizioni per parlare in maniera organica di gestione associata di servizi e di farlo attraverso un soggetto che avesse un proprio riconoscimento giuridico, quello appunto dell’Unione dei Comuni.
Alcune forze politiche, sulla scia di uno studio fatto qualche anno fa da una Fondazione, hanno rilanciato l’argomento proponendo che si andasse oltre e si parlasse non di Unione ma di Comune Unico.
L’ipotesi è suggestiva, dare vita ad un unico soggetto, Valdarnia (se mai fosse, cari amministratori, troviamo un nome che quanto meno suoni meglio), con un solo Sindaco, un solo Consiglio, un solo Segretario Comunale. Meno burocrazia, meno spese e tutti contenti. Se si guarda il solo aspetto economico, e soprattutto i “costi della politica”, il Comune Unico darebbe maggiori garanzie, per lo meno immediate e dirette. Inoltre il Valdarno si basa su un sistema economico unitario che è più simile a quello di una città di medie dimensioni piuttosto che a quello di piccoli comuni aggregati geograficamente. Questione sentimentale (e campanilistica) a parte sembra che la cosa possa veramente funzionare.
Ma può nell’arco di breve tempo essere operativo un unico soggetto che prenda in carico le sorti di circa 100 mila abitanti e gestisca un territorio di quasi 600 kmq? Il nuovo comune assumerebbe le dimensioni del Comune di Arezzo. In questo contesto il Comune Unico amministrerebbe un solo territorio, ma molto vasto ed eterogeneo (dal fondovalle alle pendici del Pratomagno), i cui confini andrebbero da Laterina a Pian di Scò, da San Giustino Valdarno a Cavriglia, quindi aree all’interno dello stesso Comune che richiederebbero anche tre quarti d’ora di auto (con traffico normale) per mettersi in comunicazione, ma anche aree con necessità differenti.
Un aspetto fondamentale del nuovo soggetto dovrebbe essere legato alla rappresentanza politica e all’assetto istituzionale, indispensabile per creare il giusto rapporto tra cittadini e istituzioni. Uno studio sull’argomento realizzato qualche hanno fa dall’Università di Siena per la Fondazione di cui sopra e presentato in Valdarno mostrava una ipotesi che prevedeva la costituzione di tre municipi in tre differenti comuni mentre la sede del Sindaco e della Giunta (il governo) e del Consiglio Comunale (il Parlamento) in altri ulteriori due comuni del fondovalle. L’ipotesi dei municipi è contemplata anche nel Testo Unico degli Enti Locali (art. 16 D.lgs 267/2000 e succ. modifiche), ma è sufficiente a garantire una giusta rappresentanza ai cittadini del territorio di riferimento? Può tale organizzazione garantire la vicinanza delle istituzioni ai cittadini? Il Comune Unico è una ipotesi per certi versi affascinante, che si fonderebbe non tanto su basi culturali (non viviamo in una situazione in cui i cittadini dei Comuni del Valdarno si sentono cittadini Valdarnesi) ma su un aspetto prettamente economico. E’ quindi non solo necessario, ma indispensabile, che, se mai riuscisse a diventare realtà, Valdarnia crei quelle economie di scala capaci di far risparmiare risorse da reinvestire in maggiori servizi e di maggiore qualità ai propri residenti. E forse ancora non sarebbe sufficiente a convincere gli scettici.
Paolo Bizzarri