martedì 28 maggio 2013

Non si vota più


Oltre all’impressionante dietro-front registrato dal M5S, la conferma del centrosinistra in alcuni dei capoluoghi dove già governava (Sondrio, Isernia, Massa, Pisa e Vicenza) aggiunto ad un tendenziale vantaggio in dei significativi ballottaggi (Roma su tutti, ma anche Siena e Treviso) il dato più impressionante è la partecipazione  democratica in caduta libera: non si vota più.
Con qualche eccezione forse un po’ meno drammatica. Ad Avellino l’affluenza è stata del 77%, a Siena del 68,4%. Ma a Pisa (55%) e a Roma (52%) hanno votato solo un elettore  su due. E Alemanno che giustifica la diserzione dalle urne causa derby di Coppa Italia sembra poco credibile. 
In realtà non c’è stata neanche la scusa del “tutti al mare” visto le temperature invernali che si sono registrate negli ultimi giorni. Insomma, ci sono poche scuse.
Quì non c’entra neanche il Porcellum. Si votava il Sindaco, l’istituzione teoricamente più vicina ai cittadini, con una Legge elettorale trasparente e chiara.
Se Grillo urla che a votare è andata solo l’Italia peggiore (vale a dire quelli che hanno votato per gli altri) significa, quantomeno, che la “sua” Italia migliore (i suoi elettori) preferisce stare a casa piuttosto che votare i candidati a cinque stelle. 
Si può chiamare delusione o disincanto per un movimento che - si sapeva - sarebbe stato giudicato con la severità di una maestra di altri tempi. 
Probabilmente dietro ci sono una serie di errori che il movimento ha commesso negli ultimi mesi in Parlamento e sul blog del leader indiscusso (anche se ultimamente qualcuno pare che lo stia mettendo in discussione eccome). Anche perché nei Comuni dove si votava non governava nessun pentastellato, anzi, in questi comuni i grillini non erano neanche all’opposizione.

Ma torniamo alla questione vera: perché non si vota più? In termini assoluti tutti hanno un deficit di voti.
I partiti, quelli veri, questa domanda devono porsela.  Anche nelle varie sedi e circoli locali.
A Terranuova voteremo tra 12 mesi. Sarebbe una sconfitta di tutti se a decidere chi sarà il nostro prossimo sindaco fossero solo la metà dei Terranuovesi. 
Francesco N.

martedì 21 maggio 2013

Ciao Bozzone


Noi siamo quella razza che non sta troppo bene,
che 'l giorno salta ' fossi e la sera le cene.
Lo posso gridar forte, fino a diventar fioco:
noi siamo quella razza che tromba tanto poco.

Noi siamo quella razza che al cinema s'intasa
per veder donne ignude e farsi seghe a casa.
Eppure la natura ci insegna, sia sui monti sia a valle,
che si può nascer bruchi per diventar farfalle.

Ecco noi siamo quella razza che l'è tra le più strane,
che bruchi siamo nati e bruchi si rimane.
Quella razza siamo noi, è inutile far finta,
ci ha trombato la miseria e siamo rimasti incinta.




martedì 7 maggio 2013

La solidarietà per i precari


Questa settimana su La Voce del Martedì torniamo a parlare di lavoro e precariato giovanile. Lo facciamo attraverso un articolo di Andrea Stuppini pubblicato oggi su lavoce.info che racconta di un'iniziativa importante ed interessante sull'applicazione del contratto di solidarietà espansivo da parte di un'azienda emiliana (Ifoa di Reggio Emilia).
Nel nostro Valdarno i precari sono tantissimi, frutto anche del buon andamento di molte aziende locali nonostante la crisi. Perché in Valdarno, nonostante la crisi, si assume. Con prudenza però. Ed utilizzando tutta la flessibilità che le leggi, Fornero compresa, mettono a disposizione. 
L'effetto di queste leggi però risulta essere profondamente ingiusto e paradossale. A pagare l'incertezza è un'intera generazione di precari, anche quando le cose vanno bene (o quantomeno anche quando non vanno poi così male)! Chissà che questo articolo non possa rappresentare uno spunto per Sindacati ed Aziende locali. 
Un patto di solidarietà tra lavoratori. Siamo pronti a cedere un po' del nostro orticello?

In un’azienda emiliana il contratto di solidarietà espansivo ha permesso di assumere ventinove precari, in cambio di una minima riduzione di orario e di stipendio per i lavoratori già a tempo indeterminato. Perché imprese e sindacato non utilizzano di più questo strumento previsto da trenta anni?
UN CONTRATTO ESPANSIVO
Le vicende politiche seguite alle elezioni di febbraio hanno prodotto, fra le altre cose, alcuni segnali di maggiore attenzione ai problemi lavorativi delle giovani generazioni e non si tratta solo del dibattito sul reddito minimo.
Sulla perdita di rappresentatività tra i giovani, si interroga anche il movimento sindacale, che anziché inseguire gli schemi politici, potrebbe trovare risposte proprio nel rinnovamento delle prassi contrattuali.
Qualche settimana fa, ad esempio, all’Ifoa di Reggio Emilia è stato siglato un accordo aziendale che offre qualche spunto di riflessione: con un contratto di solidarietà espansivo si sono assunti definitivamente ventinove precari in cambio di una riduzione minima degli stipendi e dell’orario dei lavoratori a tempo indeterminato.
L’Ifoa è un istituto di formazione aziendale con sedi in varie Regioni. In base all’accordo, i suoi 84 impiegati in organico hanno accettato una riduzione di orario da 40 a 38 ore e un taglio dello stipendio di circa il 5 per cento (cioè una media di 80 euro mensili in meno in busta paga). Ciò ha permesso di assumere ventinove persone a tempo indeterminato, mentre altri venti lavoratori diventano “somministrati” ed entrano in un bacino di precedenza per le prossime assunzioni; venti altri collaboratori hanno deciso di rimanere autonomi (anche perché sono pluricommittenti) e resta infine ancora da analizzare e contrattare il caso di undici collaboratori di commesse esterne.
UNO STRUMENTO DA UTILIZZARE DI PIÙ
Per stipulare l’accordo, Ifoa e sindacati hanno fatto ricorso alla legge 863 del 1984, che prevede all’articolo 1 il contratto di solidarietà difensivo (riduzione degli stipendi in cambio di mantenimento degli organici nel periodo di crisi) e all’articolo 2 il contratto di solidarietà esterno o espansivo (riduzione degli stipendi, in cambio di nuove assunzioni).
Mentre la solidarietà difensiva è stata spesso utilizzata anche in questi anni di crisi economica, gli esempi del secondo tipo sono rarissimi. Talvolta si cita l’accordo dell’Alitalia del 2009, anche se in quella vicenda l’intervento pubblico aveva assunto caratteristiche più generali. Negli anni precedenti, alcuni accordi aziendali di questo tipo erano stati stipulati nel settore bancario e in quello della grande distribuzione. Ma prima le ristrutturazioni industriali e poi, dal 2008, la crisi hanno contribuito ad archiviare un istituto che vorrebbe promuovere rimodulazioni di orario per favorire nuova occupazione. Proprio per queste ragioni, l’accordo dell’Ifoa è particolarmente significativo.
Sul piano contributivo e previdenziale, la riduzione dell’orario di lavoro è priva di effetti per il lavoratore, in quanto in base all’articolo 5 comma 5 della legge 236 del 1993, interviene l’Inps coprendo il periodo con l’accredito di contributi figurativi.
D’altra parte, per tre anni l’azienda (che usciva da un periodo di cassa integrazione) non potrà attivare né cassa né mobilità, pena la perdita dell’incentivo Inps per la solidarietà.
A monte della decisione di ricorrere al contratto di solidarietà espansivo, c’è anche la necessità di adeguarsi alla riforma Fornero. Oggi, la grande maggioranza delle aziende che non possono più rinnovare i contratti co.co.pro, chiedono semplicemente ai propri collaboratori di aprire una partita Iva. E a chi ha fatto notare lo scarsissimo uso dell’istituto della solidarietà espansiva, si è risposto che è ancora poco conosciuto dalle aziende (dopo trenta anni…).
In realtà, nonostante già dal 2003 la legge Biagi obblighi le aziende a comunicare il numero deilavoratori somministrati, molte non lo fanno e continuano ad assumere con contratti precari anche nei periodi in cui usufruiscono della cassa integrazione. Da aprile è scattata anche una sanzione pecuniaria da 250 a 1.250 euro per ogni lavoratore somministrato che l’azienda non comunica. Tuttavia, come sempre, perché le sanzioni previste si mostrino efficaci sono necessari controlli adeguati attraverso una attività ispettiva che invece non è sempre possibile, vista la situazione degli organici.
Il sindacato dovrebbe quindi promuovere maggiormente l’utilizzo di accordi come quello dell’Ifoa. Certo, non tutte le situazioni aziendali sono adatte o propizie, ma uno strumento contrattuale che può alleviare la difficile condizione giovanile, merita maggiore diffusione.
Bio dell'autore
Andrea Stuppini: Dirigente della Regione Emilia-Romagna. Si occupa prevalentemente di welfare, esclusione sociale ed immigrazione. Negli anni novanta ha diretto l'Agenzia regionale per l'impiego dell'ER. Rappresentante delle regioni nel Comitato tecnico nazionale sull'immigrazione. Annualmente redige per il Dossier Immigrazione di Caritas-Migrantes un rapporto sull'impatto fiscale del fenomeno migratorio in Italia, in collaborazione con la Fondazione Leone Moressa di Mestre. Fa parte del comitato editoriale della rivista 'Autonomie locali e servizi sociali' Negli anni novanta ha diretto l'Agenzia regionale per l'impiego dell'ER. Rappresentante delle regioni nel Comitato tecnico nazionale sull'immigrazione. Annualmente redige per il Dossier Immigrazione di Caritas-Migrantes un rapporto sull'impatto fiscale del fenomeno migratorio in Italia, in collaborazione con la Fondazione Leone Moressa di Mestre. Fa parte del comitato editoriale della rivista 'Autonomie locali e servizi sociali'