martedì 30 agosto 2011

Manovra (parte 2): il riscatto degli anni di università non vale più


E quindi niente contributo di solidarietà.
La misura della “nuova manovra”  che fa più discutere riguarda le pensioni. A quanto pare gli anni del servizio militare e quelli universitari non potranno più essere conteggiati per calcolare l'età pensionabile
Chi aveva riscattato (pagando salato) gli anni della laurea o della leva e credeva di andare in pensione con qualche anno di contributi in meno non aveva fatto i conti con la “manovra”.
Ma rifacciamoci alla domanda della scorsa: chi paga il prezzo della manovra?
Chi aveva riscattato la laurea ha già pagato per un beneficio che non avrà. E giù ricorsi!
Lo Stato con questo giochetto risparmia perché erogherà qualche pensione in meno o comunque per meno anni.
Come effetto collaterale avremo però un ulteriore slittamento del turn-over  lavorativo e i giovani avranno ancora più difficoltà a trovare lavoro. Il fatto è che un pensionato costa (meglio quindi se va in pensione un po’ più tardi) e un giovane disoccupato (per il quale non è previsto nessun tipo di ammortizzatore sociale di start-up) non costa niente.
Aumenterà ancora la disoccupazione giovanile (a meno che non venga compensata da una forte spinta di crescita) e a pagare il prezzo più salato saranno quindi i giovani che avranno ancora più difficoltà a trovare lavoro e le loro famiglie costrette a mantenerli ancora un po’.
E allora a pagare non saranno politici e calciatori ma i lavoratori (che andranno in pensione un po’ più tardi) e soprattutto i giovani e le famiglie con figli.

Proposte alternative– non prese in considerazione  (dal blog www.beppegrillo.it):
- Taglio delle spese militari e rientro delle missioni di guerra in Libia e in Afghanistan
- Abolizione di tutte le pensioni parlamentari in assenza di un periodo di contribuzione pari a quello di tutti gli altri
cittadini
- Abolizione immediata dei finanziamenti pubblici ai partiti a partire dal prossimo settembre
- Abolizione dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali con effetto retroattivo al primo gennaio 2011
- Contribuzione del 60% dei capitali regolarizzati con lo Scudo Fiscale
- Statalizzazione di tutte le concessioni in mano ai privati
- Abolizione immediata di tutte le province. Riduzione del 50% del numero dei parlamentari
- Abolizione delle doppie e triple pensioni
- Tetto massimo per ogni pensione di 3.000 euro al mese
- Cancellazione delle Grandi Opere Inutili (Tav Val di Susa 22 miliardi, Ponte Messina 4, Gronda Genova 6, ecc.)
- Eliminazione delle Authority e degli stipendi dei trombati dalla politica lì collocati.

Francesco N.

martedì 23 agosto 2011

Manovra (parte 1): il contributo di solidarietà

Questa settimana vorrei provare a sviluppare una discussione attorno alla misura forse più contestata dell’intera manovra economica estiva: il cosiddetto “contributo di solidarietà”.
A molti, compresa una buona parte della stessa maggioranza,non piace il fatto che ad essere colpiti dall’imposta siano sempre i “soliti noti”: facili (e veloci) da individuare e tassare.
Lo stesso Bel Pietro, direttore di Libero, ha scritto e ribadito a più riprese in Tv, che con la tassa di solidarietà è stato tradito il patto sottoscritto da Berlusconi con gli elettori. 
Il suo governo infatti, pur col cuore grondante di sangue, mette “le mani in tasca agli italiani” o meglio, a quel ceto medio*, che in teoria dovrebbe essere l’elettorato di riferimento del suo partito.
Al momento la misura prevede che alle retribuzioni superiori ai 90.000 euro venga prelevata, per i prossimi 3 anni, una somma pari al 5% della quota eccedente i 90.000 euro. Sopra ai 150.000 euro il contributo di solidarietà passerà al 10% della quota eccedente i 150.000 euro.
Il sole24ore lo ha definito un SUPERIRPEF e trattandosi di un contributo e non una tassa, sarà deducibile dalle imposte. Per questo la prima soglia dal 5 per cento verrà effettivamente ridotta al 3-3,5 per cento, mentre la soglia del 10 per cento oscillerà concretamente tra il 6 e il 7 per cento. Per i redditi più alti ci sarà una soglia di sbarramento, così che il prelievo fiscale non possa in alcun modo superare il 48 per cento del reddito.
Secondo i dati del Corriere della Sera a versare il contributo di solidarietà, a conti fatti, saranno appena 511 mila contribuenti e il gettito frutto del superprelievo sarà di 726 milioni di euro nel 2012, di 1,6 miliardi nel 2013 e nel 2014.
Certo, se i 49,8 miliardi di euro per il pareggio di bilancio nel 2013 fossero stati recuperati attraverso un rastrellamento sulle maxi evasioni e i traffici illeciti tutti sarebbero stati più contenti.
Ma l’Europa ha chiesto rapidità e certezze e per il Ministero dell’Economia i conti possono tornare solo se si va a bussare alla porta di chi siamo sicuri di trovare in casa. E quindi eccoci a casa dai “soliti noti”.
Partiamo da un presupposto: la tassazione in Italia è già molto alta, quindi è assolutamente comprensibile che una nuova imposta non venga accolta a braccia aperte.
Meglio tassare chi “possiede di più” (patrimoniale – tassa sul lusso) o “chi guadagna di più” (contributo di solidarietà)? Meglio posticipare da subito l’età della pensione o arrivarci gradualmente? Meglio tagliare i comuni piccoli o gli enti inutili? Meglio abolire tutte le province o stilare una piccola lista nera con parametri interpretabili?
Sicuramente ci sarebbe da discutere. Molte misure alternative sono state ipotizzate da tutte le forze politiche e sociali e ne parleremo in maniera più specifica con un post dedicato la prossima settimana.
Vorrei adesso rimanere sulla questione specifica del contributo di solidarietà e invitarvi a fare due conti per “pesare” realmente l’impatto potenziale di questo superprelievo sulle tasche di chi sarà chiamato a pagarlo.
 Non condivido infatti la posizione di alcuni detrattori della misura che si dicono scandalizzati e sembrano manifestare una certa preoccupazione per le difficoltà che i “soliti noti” potrebbero trovare nell’arrivare a fine mese dovendo sostenere il peso della “solidarietà” imposta dal Governo.
Prendiamo il caso di un dirigente che percepisce annualmente 92.000 euro lordi ( che, diviso 13 mensilità, sono circa 4.000 euro netti al mese).
Bene, il nostro dirigente sarà uno di quelli chiamati a versare il contributo di solidarietà, che si calcola prelevando il 5% della parte eccedente i 90.000 euro  (92.000 - 90.000 = 2.000)
5% di 2.000 = 100 euro.
Il contributo di solidarietà per l'anno 2012 del nostro dirigente è di 100 euro all’anno. Senza considerare la deducibilità dell’imposta che quasi dimezzerebbe l’ammontare dello stesso.
Forse, messa così, fa meno paura.

Anche se nessuno ne parla e se ne interessa c’è un altro intervento all’interno della stessa manovra che potenzialmente toglie più soldi ai lavoratori: quello sullo slittamento alla domenica delle festività laiche.  E' un intervento pensato per aumentare la produttività ma che, messo così com’è, avrà un effetto penalizzante anche a livello economico.
Non sono pochi i lavoratori che in Italia lavoravano durante le festività ricevendo, per le ore prestate durante un giorno di festa nazionale, una retribuzione maggiorata dal 30 al 50%. Oggi, che quelle feste sono accorpate alle domeniche, lavoreranno lo stesso ma non percepiranno quei 30-40 euro in più al giorno. E se le feste laiche abolite saranno tre il contributo del commesso o della guardia giurata (che al mese non prende  da 4.000 euro al mese in sù ma al massimo mette insieme mille euro) è proporzionalmente ben più alto di quello pagato dal dirigente dell’esempio riportato sopra.
Esistono poi, da ormai diversi anni, milioni di lavoratori che guadagnano tra i 10.000 e i 15.000 euro all’anno e che pagano mensilmente i loro “contributi di solidarietà” alle agenzie interinali che, per soddisfare le esigenze del mercato flessibile, fanno da tramite tra il datore e il lavoratore.
Ci sono migliaia di persone che non hanno diritto alla malattia, alla maternità e alle ferie (rimettendoci quindi anche parecchi soldi) perché lavorano come gli altri (e a volte anche di più), ma sono di serie B perché in tasca hanno solo un contratto a progetto.
 Nessuno però si è mai scandalizzato così tanto per il “contributo di solidarietà” pagato dai precari.
Un mercato del lavoro che crea a monte disparità incolmabili non è più ingiusto e odioso di qualsiasi tassa sui redditi (alti)?
Se il contributo di solidarietà è ingiusto ed iniquo non è sicuramente più ingiusto ed iniquo di altre situazioni che milioni di lavoratori (silenziosi) vivono da anni non essendo, evidentemente, elettorato di riferimento di nessun partito.

Francesco N.

 * E’ curioso come in politichese si parli di “ceto-medio” riferendosi a chi percepisce un reddito superiore ai 90.000 euro annui (meno dell’ 1% della popolazione) quando la retribuzione media in Italia(che, a rigor di logica, dovrebbe individuare il ceto-medio) è sotto ai 20.000 euro annui.

martedì 16 agosto 2011

Buone vacanze.

L'appuntamento con la Voce del Martedì riprenderà martedì 23 agosto. Buone vacanze a tutti.
La Redazione

martedì 9 agosto 2011

TAV: a Firenze il futuro è sottoterra


La scorsa settimana è stato firmato a Roma il protocollo d’ intesa per il completamento del TAV, il Trasporto ad Alta Velocità ferroviario, nella città di Firenze. I lavori prevedono la costruzione di una stazione sotterranea e di un tunnel che si svilupperà per sette chilometri fra Castello e Campo Marte. Riferiscono i giornali che al Comune di Firenze andranno 76,6 milioni a titolo di compensazione per i disagi. Si tratta in realtà di una somma che le Ferrovie avevano già destinato al servizio metropolitano e che ora viene messa a disposizione del sindaco Renzi per gli interventi sulla viabilità e la mobilità cittadina che Palazzo Vecchio riterrà prioritari.
Il ‘Comitato contro il sottoattraversamento AV di Firenze’ ha aperto un blog ricchissimo di informazioni: chi ha la pazienza di leggere scopre che il ‘grande buco’ sarà non solo dannoso, ma addirittura inutile, dal momento che esiste la possibilità di un attraversamento della città in superficie, in grado di essere realizzato con costi e tempi assai ridotti e “di raggiungere gli stessi livelli di volume di traffico (viaggiatori, merci) della soluzione in sotterraneo. Addirittura con una migliore integrazione ed interscambiabilità dei servizi offerti ai viaggiatori”. Tutto nero su bianco, ad opera di un ex ingegnere FS e di un gruppo di lavoro di urbanisti, architetti e ingegneri istituito presso la facoltà di architettura.
Cerco senza esito le controdeduzioni tecniche dei fautori del tunnel, trovando solo affermazioni apodittiche. Emblematiche quelle rilasciate negli anni da Riccardo Conti, assessore all’ urbanistica e ai trasporti della Regione Toscana dal 2000 al 2010 e attuale coordinatore nazionale per le infrastrutture del Pd, secondo il quale il sottoattraversamento sarebbe “indispensabile per portare la Toscana in Europa”, “l’ ambientalismo del fare è quello coraggioso, che pensa, che rischia e che sceglie” e, dulcis in fundo, “non può sfuggire il valore politico e culturale di considerare l’ Alta Capacità come un’ opera ad alta sostenibilità”.
Meno convinti paiono gli estensori della voce ‘Treno ad alta velocità’ su Wikipedia, che scrivono: “Partito nel 1991, il progetto Alta Velocità era stato pubblicizzato come la prima applicazione della partecipazione di capitali privati alla realizzazione di un' opera pubblica: si prevedeva una spesa di 15 miliardi di euro, quasi completamente coperta da capitali privati. I politici dell’ epoca avevano infatti promesso che l’ opera si sarebbe autofinanziata in parte e che il 60% dei 15 miliardi necessari alla realizzazione sarebbero arrivati da investitori privati. Tali promesse, alla prova dei fatti, non si sono concretizzate e già oggi, ad opere ancora da ultimare, i 15 miliardi sono saliti a 32, tutti a carico dello Stato e senza alcuna partecipazione dei privati. Inoltre, poiché lo Stato non disponeva e non dispone della liquidità necessaria, sono stati accesi debiti a tasso variabile, poi convertiti in tasso fisso mediante onerosi contratti swap (derivati)”.
Faccio qualche verifica e vedo che nel 1998 il ministro dei trasporti Claudio Burlando aveva dichiarato: “Si è detto che c’ erano privati disponibili a fare investimenti, ma quando siamo andati a vedere abbiamo constatato che era una cosa falsa. […] È bene che si sappia che è finita la quota pubblica del 40%, mentre il 60% dei privati non si è mai visto”.
Nel 2006 Claudio Cancelli, docente al Politecnico di Torino, ha scritto nel libro ‘Travolti dall’ Alta Voracità’: “La peculiarità di questa vicenda è che ci si trova di fronte al mistero di persone che hanno apparentemente programmato un disastro economico sapendo perfettamente di farlo. La spiegazione non è difficile; per capire è sufficiente sostituire alla regola del capitalismo teorico (è accettabile qualsiasi investimento che comporti un profitto superiore o almeno uguale a quello medio) quella del capitalismo reale, che dice più o meno: è accettabile qualunque disastro economico purché le perdite siano addossate all’ intera comunità, e i guadagni rimangano nelle mani di chi gestisce l’ operazione”.
Parole confermate nel 2008 dalla Corte dei Conti nel documento con cui ha riferito del “controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato […] per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema «Alta velocità»”. Vi si legge che gli oneri e l’ accollo dei debiti della TAV “erano il portato di un project finance atipico, con rischi interamente gravanti sulla parte pubblica”. Che “si trattava ab origine di linee ferroviarie finanziate con debito pubblico futuro, neppure acquisito alle migliori condizioni di mercato”. Che è mancata “un’ azione costante di verifica sull’ operato dei manager pubblici, dai quali si ereditano gli effetti delle decisioni, con il risultato che gravi errori da questi commessi non vengono valutati sotto il profilo di una ipotetica responsabilità sociale”. E ancora: “Quel che è più grave, queste operazioni pregiudicano l’ equità intergenerazionale, caricando in modo sproporzionato su generazioni future (si arriva in alcuni casi al 2060) ipotetici vantaggi goduti da quelle attuali. Sotto questo profilo la vicenda in esame è considerata dalla Corte paradigmatica delle patologiche tendenze – della finanza pubblica – a scaricare sulle generazioni future oneri relativi ad investimenti, la cui eventuale utilità è beneficiata soltanto da chi li pone in essere, accrescendo il debito pubblico, in contrasto con i canoni comunitari”.
La medesima conclusione a cui era giunto Cancelli: “Il nostro Paese è una media potenza economica, con problemi che vanno peggiorando di giorno in giorno. Non vi è miracolo che possa permettergli di assorbire un salasso simile, della durata di decenni, senza che questo comporti la decadenza di istituti fondamentali, delle università, dei centri di ricerca, della sanità pubblica”.
Silvio Cazzante

martedì 2 agosto 2011

I giovani nell'agenda politica toscana: cos'è il progetto GiovaniSì

 “L’obiettivo - si legge nel sito www.giovanisi.it -  è quello di garantire dinamismo ed opportunità ad una generazione “a rischio di affermazione” in termini di sviluppo delle capacità individuali, di qualità e stabilizzazione del lavoro, di emancipazione e partecipazione sociale. Un punto nevralgico per il futuro della Toscana è “ridare un futuro” ai giovani, che non sono soggetti da assistere, bensì una risorsa su cui investire, evitando che i problemi irrisolti o i diritti acquisiti dalle generazioni precedenti comportino una barriera all’ingresso nella società per chi si affaccia alla maggiore età. […] Un pacchetto di opportunità di livello europeo, finanziato da risorse regionali, nazionali e comunitarie, integrabile anche da ulteriori fondi di enti locali e soggetti pubblici e privati. Oltre 334 milioni di euro tra il 2011 e il 2013 per misure che verranno modulate attraverso specifiche delibere.”
Su La Voce del Martedì avevamo già accennato alla linea di sostegno ai giovani annunciata nei mesi scorsi dalla Regione Toscana (post del 4 gennaio 2011 -  San precario prega per noi) ed oggi che sono stati fatti i primi passi riproponiamo questo tema di discussione.
Risale infatti ad appena venti giorni fa l’approvazione da parte del Consiglio Regionale alla modifica della legge sull’imprenditoria giovanile (L.R. 21/2008).
La nuova normativa prevede l’innalzamento del limite di età da 35 a 40 anni per i giovani imprenditori che possono chiedere il finanziamento regionale. La precedente si limitava a garantire finanziamenti agli under 35 e sosteneva solo le imprese ad alto contenuto tecnologico innovativo. La nuova legge, approvata dal Consiglio l’11 luglio, apre la possibilità al finanziamento anche ad altre tipologie di imprese.
Sono previsti, inoltre, gli incentivi alla creazione di impresa di altri soggetti particolarmente svantaggiati del mercato del lavoro, come le donne e i lavoratori in cassa integrazione o mobilità.
Pare invece essere in via di approvazione la legge sui Tirocini che obbligherà le Aziende a garantire ai propri tirocinanti un rimborso spese minimo di 400 euro.
“La carta dei Tirocini” approvata a maggio (Decreto n. 2175 del 31 maggio 2011) prevede già un contributo regionale a chi aderisce al progetto che rimborso di 400 euro (200 pagati dalla Regione e 200 dall’Azienda). La legge renderà obbligatorio il rimborso (fino ad oggi in molte realtà ai tirocinanti era garantita al massimo qualche pacca sulla spalla). Se l’azienda poi, alla fine del tirocinio, decide di assumere il giovane con un contratto a tempo indeterminato, la Regione mette a disposizione incentivi pari a 8 mila euro, che saranno elevati a 10 mila euro in caso di tirocinanti appartenenti alle categorie previste dalla legge sul diritto al lavoro dei disabili (tutto, chiaramente, fino ad esaurimento fondi).
Il progetto giovaniSì va anche oltre. La Regione,modificando la Finanziaria 2011 (LR n. 25/2011), ha previsto contributi  per l’“autonomia abitativa” dei giovani toscani con età compresa tra i 25 e i 34 anni destinando circa 75 milioni di euro all’iniziativa.  Sostegno al pagamento del canone di locazione (art. 118 ter), sostegno all’acquisto della prima casa tramite locazione con patto di futura vendita (art. 118 quater), Interventi speciali di recupero e incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica in aree ad alta criticità abitativa (art. 118 quinquies).
Nei primi mesi del 2012 arriveranno anche i contributi per la trasformazione dell’affitto in acquisto prima casa. Per l’affitto è previsto un contributo variabile da i 1800 e i 4200 l’anno (da 150 a 350 euro al mese) a seconda della fascia di reddito e tenendo conto della presenza e del numero di figli. La durata massima del finanziamento è di tre anni.
Su questo blog ne abbiamo discusso spesso, purtroppo le difficoltà che trova oggi chi si affaccia sul mercato del lavoro ha radici molto profonde. Il solco tra le generazioni tracciato dalla legislazione nazionale crea una grave disomogeneità nei diritti dei lavoratori (tutelati da una parte – precari dall’altra) resa ancor più evidente dalla crisi economica degli ultimi anni.  
Non so quindi quanto le iniziative della Regione Toscana potranno essere d’aiuto ai giovani toscani. Non si tratta, certo, di “interventi strutturali” (che non sono di competenza decentrata) ma una cosa indubbiamente positiva c’è: questa “generazione a rischio di affermazione” è finalmente finita nell’agenda politica della nostra Regione. Finalmente. 

Francesco N.