mercoledì 18 dicembre 2013

Le Fornaci come una start-up. Ecco i nuovi progetti del centro culturale di Terranuova

Simone Martini, attore e cofondatore della compagnia teatrale KanterStrasse, è anche uno dei responsabili delle attività dell’ auditorium Le Fornaci di Terranuova Bracciolini. Gli abbiamo chiesto un contributo ‘a tutto tondo’ per La Voce del Martedì.

Iniziare a parlare di cultura in questo paese è un obbligo. Può sembrare assurdo in un periodo come questo, dove imperano le indicizzazioni delle pensioni, lo spread, il bund, la ripresa economica e le riforme costituzionali. Invece no, proprio no!
E’ da troppo oramai che i temi culturali non entrano nel dibattito comune, sembra che non interessino più a nessuno, che siano un orpello da tirare fuori solamente in periodo di campagna elettorale.
La cultura nel nostro paese deve essere centrale, perché è l’unica materia prima di cui disponiamo e le materie prime, normalmente, sono il fulcro di ogni economia.
All’estero, in Germania, Olanda o Romania solo per fare degli esempi, la cultura è considerata un bene primario: musei e teatri sono pieni, ben finanziati e rappresentano un punto di riferimento per la società sia da un punto di vista sociale che economico.
Spesso quando mi chiedono che lavoro faccio, sentendosi rispondere “l’attore”, mi controbattono “sì, ma di lavoro?”.
Credo che questa esperienza tocchi più o meno a tutti coloro che decidono in Italia di lavorare attivamente nel campo culturale, perché purtroppo se non lavori in televisione o al cinema, se non hai “visibilità di massa”, semplicemente non esisti e quindi non lavori, tutt’ al più ti diverti.
In questi anni abbiamo cercato di cambiare un po’ questo sistema, questo modo di fare. Ci siamo sporcati le mani cercando di dare un significato al lavoro che amiamo e che quotidianamente facciamo.
Da un anno a questa parte, a Le Fornaci di Terranuova Bracciolini, dopo aver partecipato con successo ad un bando pubblico, stiamo lavorando in questo senso. Molte cose sono da fare, alcune scelte sicuramente si riveleranno non fortunate, alcune sbagliate o non propriamente centrate, ma la filosofia, secondo noi, è quella giusta.
Noi abbiamo immaginato un centro culturale, un teatro attivo dove le compagnie e gli artisti possano lavorare attraverso un sistema di residenze. Progetti che nascono qui, in Valdarno, e che poi continuano il percorso in tutta l’Italia. Sostenere artisti importanti come Antonio Latella ma anche giovani artisti del territorio come la compagnia Makale o altre realtà emergenti. Dare loro un sostegno sia economico che di spazi e attrezzature. Immaginiamo un luogo dove i ragazzi, le famiglie possano riunirsi, divertirsi e magari lasciarsi per un po’ alle spalle la vita di tutti i giorni. Un piccolo luogo dove è possibile vedere Ascanio Celestini come se fosse nel tuo salotto o scoprire artisti meravigliosi ancora non noti al grande pubblico, o un film d’essai, un documentario particolare, un concerto e così via.
Stiamo cercando di dare un’unità al territorio del Valdarno con progetti formativi comuni per adulti (progetto di formazione Demo – recitazione e scrittura teatrale) con Terranuova, Loro Ciuffenna e Montevarchi, e  progetti formativi e rassegne nelle scuole.
Noi immaginiamo le Fornaci come una start-up, non un semplice contenitore di eventi ma una entità capace di progettare, sostenere realtà, economia e soprattutto lavoro.
Sta a noi, alla nostra generazione stimolare la curiosità che è andata perduta in questo paese, sta a noi utilizzare l’immaginazione e la fantasia per recuperare una certa centralità nella vita dei piccoli centri italiani. Non sarà un percorso facile, ma se saremo sostenuti, come è successo in questi anni a Terranuova, l’obiettivo potrebbe rivelarsi meno arduo del previsto.


Simone Martini

martedì 10 dicembre 2013

La storia infinita della Variante alla Sr69

Il tribunale fallimentare di Roma ha dichiarato in questi giorni lo stato di insolvenza di Ipresa Spa avviandone ufficialmente l’iter fallimentare e mettendo l’azienda in “amministrazione controllata”. Questo ha di fatto interrotto il doppio contenzioso aperto nel 2012 tra la Provincia di Arezzo e l’ATI vincitrice del maxi appalto per la realizzazione della Variante alla Sr69.La storia comincia nel 2004 con l’approvazione definitiva del progetto che comprende tutta la viabilità di accesso al nuovo casello di Valdarno e al nuovo ponte sull'Arno, quello progettato dalla Carlos Fernandez Casado.Nel giugno del 2008 la prima falsa partenza: l’appalto è vinto da un’ ATI avente capofila la Emini Costruzioni Spa di Aversa, accanto alla Demoter di Messina e alla MAEG Costruzioni di Treviso ma tutto si blocca prima di cominciare per problemi legati ad una denuncia di pagamento del pizzo alla camorra che coinvolge proprio la Emini Costruzioni Spa.Ad aggiudicarsi il maxi-appalto è quindi un’altra Associazione temporanea d’impresa composta da Impresa Spa e Marceglaglia Buildtech Spa. Il progetto ha un costo per la Provincia di Arezzo di circa 35 milioni di euro (cofinanziati anche dai comuni di Montevarchi, Terranuova e San Giovanni).E' una grande opera per il Valdarno ma i lavori cominciano dubito con il piede sbagliato: cominciano, si interrompono, riprendono, rallentano per poi fermarsi definitivamente nel 2012 quando si è a poco più che a metà dell'opera e viene notificato alla Provincia di Arezzo un atto di citazione in giudizio da parte dell’ATI per "supposto, grave inadempimento contrattuale ed extracontrattuale". A sua volta, la Provincia rinfaccia all'ATI gravi ritardi nella realizzazione dell'opera e procede alla risoluzione del contratto "pur avendo l'Amministrazione esperito ogni tentativo utile alla prosecuzione dei lavori da parte dell'ATI appaltatrice". La Provincia, ovviamente, richiede anche i danni derivanti dalla risoluzione, stimati intorno ai 5 milioni, e nel frattempo riassegna l’appalto per completare i lavori a la Castelnuovese, che fa parte del Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna.Ora che una delle due aziende dell’ATI è in stato di fallimento la Provincia chiederà al tribunale fallimentare di essere inserita tra i creditori di Impresa Spa per provare a recuperare quel danno da 5 milioni di euro.Intanto il ponte è sempre lì, sospeso a mezz’aria…La redazione

martedì 3 dicembre 2013

Terranuova verso le primarie (seconda parte)

Dopo alcune settimane in cui si sono susseguite indiscrezioni in merito alle varie strategie e ai posizionamenti tattici delle forze politiche coinvolte, ecco che arriva l’ufficialità sui nomi degli aspiranti candidati alle primarie del Centrosinistra di Terranuova in vista delle elezioni del prossimo anno: Sergio Chienni, Laura Di Loreto, Marco Lapi, Massimo Quaoschi, Mario Rigli (rigorosamente in ordine alfabetico!).
Aspiranti” sì, perché per poter diventare “ufficialmente candidati” non è sufficiente mettersi a disposizione, servono almeno 200 firme valide a sostegno della candidatura, da presentare entro il 30 dicembre.
Ad aumentare il coefficiente di difficoltà (si fa per dire) c’è da annotare che le 200 firme dovranno essere “uniche” (non si può sostenere con la propria firma più di un candidato!) e pertanto, già in questa fase, saranno coinvolti moltissimi cittadini (almeno un migliaio, se tutti raccoglieranno le firme richieste). Chi firma, ovviamente, dovrà essere residente (anzi votante) a Terranuova.
Per questo i candidati ed i loro “comitati” avranno premura - come si fa di solito - di raccogliere qualcosa in più di 200 firme, giusto  per essere sicuri di non incappare in qualche spiacevole inconveniente di invalidazione ed anche – perché no?  – per mettere un po’ in difficoltà gli avversari nella ricerca di supporters disponibili a firmare.
Diciamolo subito: non sono pochi né il numero dei candidati (cinque) né le 200 firme a testa che dovranno racimolare, anche perché i potenziali elettori “da primarie” sempre quelli sono. Quanti? Duemila? Tremila?
Non è così scontato che tutti e cinque i candidati riescano a raccogliere le 200 firme di sostegno e, a mio avviso, gli scenari che si prosperebbero con cinque candidati, piuttosto che quattro o addirittura tre, sarebbero molto diversi.
Se a correre fossero davvero in  cinque la partita potrebbe rivelarsi un po’ più complessa, anche per i potenziali “favoriti”.
In genere quando ci sono più competitor s la difficoltà non sta nell’arrivare primo (si disperdono anche i voti avversari) il problema è vincere con un buon margine di vantaggio. Infatti, se non erro, anche nelle regole per le primarie del PD esiste una soglia minima da raggiungere (che dovrebbe essere del 40%) altrimenti sarà ballottaggio.
E nell’uno contro uno del ballottaggio la competizione si trasforma un’altra volta. Per vincere non solo devi essere forte come prima scelta, ma devi conquistare il secondo posto nei cuori di chi ha votato, al primo turno, i candidati rimasti esclusi…
Quel che è certo è che ne parleremo ancora, nella speranza di poterlo fare, quanto prima, anche con tutti e cinque i candidati. Per entrare, finalmente, nel merito delle questioni. Perché molto probabilmente a fare la differenza saranno (o almeno dovrebbero essere) proprio i contenuti dei loro programmi.
Francesco N.