Chissà se Francesco e Benedetta, nei giorni che
precedevano il loro matrimonio, hanno avuto occasione di leggere il documento
pubblicato dalle Acli di Brescia con il titolo ‘Dieci buoni motivi per non
sposarsi in Italia’. Disponibile in forma integrale all’ indirizzo www.aclibresciane.it/attivita_scheda.asp?id=320,
è stato presentato sul sito nazionale Acli (www.acli.it) in una sintesi a firma
di Maria Chiara Sabato, che proponiamo ai lettori del blog.
“In Italia, fare famiglia sembra una pratica
finanziariamente estrema, una sfida alla logica economica”. Lo scrivono le Acli bresciane nel
documento provocazione “10 buoni motivi per non sposarsi in Italia oggi”
scritto in vista della 47 Settimana sociale dei cattolici e presentato a
Brescia il 9 settembre 2013.
Il documento, che le Acli invieranno ai
parlamentari bresciani e a tutti i consiglieri regionali della Lombardia, vuole
far riflettere sugli ostacoli che lo Stato deve rimuovere per favorire la
famiglia.
Sono dieci motivi: dall’Isee, agli asili nido
all’assegno di integrazione al reddito che dimostrano come “lo Stato discrimina
e penalizza chi decide di mettere su famiglia rispetto a chi non lo fa o a chi
lo fa in forma non ufficiale”.
“Nel nostro Paese – si legge nel documento delle
Acli bresciane – il mancato riconoscimento fiscale delle famiglie di fatto,
paradossalmente, è discriminante nei confronti delle famiglie riconosciute.
Questa discriminazione andrebbe superata parificando, almeno ai fini fiscali le
famiglie non sposate a quelle sposate”.
“In conclusione – scrivono le Acli bresciane –
bisogna far sì che le persone non siano costrette, per avere una convenienza o
un risparmio, a separarsi o a non formare famiglia, perché, paradossalmente,
queste pratiche risultano più vantaggiose”.
Di seguito i 10 motivi analizzati nel documento.
1)
Indicatore
Isee: valuta la situazione economica di un nucleo familiare residente nella
stessa abitazione. Due coniugi fanno sempre parte dello stesso nucleo anche se
non vivono insieme. Al contrario, in caso di due genitori non sposati e non
conviventi, uno dei due genitori non rientra nel nucleo familiare e di
conseguenza il suo reddito e il suo patrimonio non rientra nel calcolo Isee che
sarà più basso.
2)
Detrazioni
Irpef per figli a carico. La detrazione è proporzionale al
reddito. Più il reddito è basso e maggiore è la detrazione spettante. Nel caso
di coppie sposate l’agenzia delle Entrate può incrociare i dati e i nomi per
verificare se i genitori stanno beneficiando delle detrazioni in modo corretto,
ma è impossibile nel caso di coppie non sposate.
3)
Assegni
al nucleo familiare: sono calcolati in base al reddito familiare.
Il nucleo di riferimento è composto dal richiedente, dal coniuge non
effettivamente e legalmente separato, dai figli. Il reddito deve essere formato
per almeno il 70% da lavoro dipendente. In caso di due genitori non sposati e
conviventi risulta più conveniente costituire un nucleo familiare composto dal
genitore con reddito da lavoro dipendente più basso e dai suoi figli così da
poter beneficiare di un assegno di importo superiore. Il reddito dell’altro
genitore non rientra nel reddito familiare.
4)
Esenzione
ticket. Per le varie esenzioni rispetto ai ticket
sanitari inerenti ai figli, si tiene conto del reddito di entrambi i genitori.
Quindi, se questi non risultano sposati, viene considerato il reddito di un
solo genitore.
5)
Asili
nido. Gli enti locali assegnano un punteggio maggiore per i figli di
genitori soli: non poche coppie, per favorire l’ingresso del figlio al nido,
dopo la nascita del pargolo, decidono di separarsi in modo fittizio. Su questa
scelta incide anche la possibilità di usufruire del nido a prezzi agevolati. Il
contributo richiesto è infatti calcolato sulla base dell’Isee: a un Isee più
basso corrisponderà una fascia di contribuzione più bassa.
6)
Case
popolari. “In molti casi, i bandi favoriscono uomini e
donne sole con figli a carico. Anche in questo caso, la regola è giusta ma il
gioco è fin troppo ovvio: la domanda è presentata dalla donna, che
autocertifica di essere rimasta sola con figlio a carico. Ma in realtà la
situazione non è proprio così: il marito o convivente continua a vivere con
lei, anche se, ufficialmente, ha residenza anagrafica altrove”.
7)
Sostegno
all’affitto. È una prestazione garantita nel caso l’affitto
richiesto sia superiore al 30% del reddito del nucleo familiare. Anche in
questo caso, per molti è meglio denunciare uno stipendio anziché due.
8)
Assegno
sociale. È una prestazione di sostegno ai coniugi con
oltre 65 anni di età. Lo stato di bisogno economico si valuta sul reddito
coniugale se il richiedente è sposato. Il reddito di riferimento è quello
personale nel caso di richiedente solo, non sposato oppure legalmente ed
effettivamente separato.
9)
Integrazione
al trattamento minimo e maggiorazioni sociali. In caso
di coniugi separati o di coppie non sposate l’integrazione al reddito si valuta
solo sulla base del reddito personale e non di quello coniugale come nel caso
delle coppie sposate.
10) Pensione di reversibilità. Per due vedovi entrambi titolari di pensione di
reversibilità che vogliono avere una vita insieme, è più conveniente scegliere
la convivenza che non il matrimonio. In questo modo si assicurano una doppia
prestazione che altrimenti verrebbe meno.