Dopo due settimane di ferie riprende l'appuntamento settimanale con la voce del martedì e riprende con questa interessante riflessione inviata alla redazione da Ettore Ciancico. Sulle tematiche proposte da Ettore - Unioni dei Comuni, Province, Società partecipate - ci sembra interessante aprire un confronto anche su questo blog.
Strana situazione quella del dibattito politico in Valdarno.
È
evidente a tutti che ci sia in molti comuni una situazione amministrativa che
dire complicata è usare un eufemismo. Anni di polemiche contro i patti di
stabilità, subiti senza che nulla fosse rivisto nelle politiche amministrative,
hanno allontanato il redde rationem ma anche reso più difficile l'opera.
Una
carenza di confronto ha svuotato la democrazia, ridotta a formalismi
consiliari, con scambi, precedenti e successivi, di contumelie.
Tutto
sommato teatrino. Tutti contenti di aver fatto la comparsata prevista, ma poi
tutti insoddisfatti della situazione.
I
nodi sono relativamente facili da individuare, le soluzioni pure. E invece c'è
in giro tanta spocchia d'antan e tanto opportunismo. Incomprensibile
incosciente atteggiamento.
Proviamo
ad elencarne qualcuno.
Le
Unioni dei Comuni. Per un marchiano errore politico di comunicazione, il
dibattito e quindi crescita, approfondimento e correzione non ci sono stati.
Cortocircuito totale nelle maggioranze e nelle opposizioni. E i cittadini
attoniti a leggere ogni tanto qualche polemica sui giornali.
Ma
a cosa servono le Unioni? Penso a rispondere ad una realtà territoriale ed
economica diversa. Oggi abbiamo un continuum urbano e risorse molto limitate.
Quindi ci si aspetterebbe che le proposte riguardassero i problemi veri:
urbanistica, trasporti, rapporti con il cittadino. E su questi che ci fosse un
coinvolgimento della società. Quanti incontri su questo tema sono stati fatti
con le categorie, con le rappresentanze, con i cittadini, con i dipendenti
delle amministrazioni che saranno oggetto di questi processi, con i sindacati?
E anche all'interno dei partiti, questo che è un vero ridisegno della società,
congressi? seminari? assemblee aperte? al massimo qualche riunione di eletti.
Nei fatti solo autoreferenzialità e protagonismi personali, è mancata la
lucidità politica di chi pensa invece di essere leader.
Provincie
ed aree vaste. Peggio mi sento. Da una parte una difesa della struttura-Provincia
a prescindere, dall'altra un fiorire di proposte personali, quanto autorevoli.
Ma tutto basato sulla cornice non sul quadro. Dichiarazioni personali, magari
stoppate dai partiti, anche loro però in questo senza una valutazione delle
urgenze e dei tempi. Dichiarazioni più da leggere in chiave di opportunismo
politico che di progetto.
Da
una parte... forse meglio dall'altra, ma sì cominciamo con i vigili. I vigili,
ma che c'entrano? Boh.
Una
valutazione sulla base delle politiche, di quali politiche, delle scelte che
poi influenzano il quotidiano e la fine del mese dei cittadini, mi sembra
davvero non ci sia stata finora. E non ci vuole nessuna direzione o segreteria
o cerchio magico per avviarla e contribuire con la propria proposta, se la si
ha. Eppure questa è questione determinante, che ci porta al nocciolo non
toccato della questione.
Spese
e costi. Come si faceva in passato non si può più. Sia perché non ci sono più i
soldi sia perché per fortuna è cambiata la società. Ma qui il silenzio è
tombale.
Nessuna
idea, nessun progetto, niente, solo il disperato illusorio tentativo di non
toccare niente, di lasciar passare la buriana. Illusi e stolti.
Penso
che niente, governo politico o tecnico che sia, sarà come prima, perché è
l'Italia ad essere diversa. E per fortuna i confini del nostro Paese non si
fermano in Valdarno.
Deve
essere chiaro che non è un problema di alchimie politiche. Non è il calderone
di Maga Magò quello che serve. Un po' di riformismo, qualche briciola di cattolici,
una spolverata di radicalismo, un tocco di massimalismo.
Serve
invece ripartire, con umiltà e determinazione dai fondamentali. Quante risorse
a disposizione, quali i servizi essenziali, quale il contributo dei cittadini
sulla base della loro capacità reddituale.
Serve
quello che a Milano è già stato delineato, e sarà più complicato che in uno dei
nostri comuni, e cioè una rivisitazione e dismissione delle società
partecipate.
Serve
utilizzare realmente e al meglio i beni di proprietà altrimenti dismetterli, e
subito.
Serve
un impegno a procedere con trasparenza amministrativa. Basta bandi di
assunzione fatti, ritirati e ripresentati con il giochetto dei servizi
associati.
Serve
nelle società partecipate un atteggiamento vero e fermo di portatore di
interessi pubblici che non sia subalterno culturalmente e che garantisca la
trasparenza degli atti societari.
Serve
una anagrafe patrimoniale degli eletti e dei nominati, perché è giusto che i
cittadini abbiano la totale visibilità di chi è stato votato o chiamato ad
amministrare la cosa pubblica.
Serve
che i valori, le differenze etiche alla base delle politiche siano visibili e
misurabili. Non si può stare o di qua o di là indifferentemente e tantomeno
tutti insieme appassionatamente. Ognuno deve avere una sua proposta, un suo
progetto.
Gli
elettori giudicheranno.
Ettore
Ciancico