martedì 18 dicembre 2012
martedì 11 dicembre 2012
Questa settimana pubblichiamo un contributo inviato alla redazione da Lorenzo Puopolo, ex consigliere comunale terranuovese e attuale consigliere provinciale. Una sua personale riflessione sulla notizia arrivata qualche giorno fa dal consiglio provinciale fiorentino sulla decisione di costruire una discarica in Località Le Borra a pochi chilometri da quella di Podere Rota. Una decisione che non pochi nel nostro territorio hanno avversato.
Le
Borra, il Valdarno: due discariche
Si apprende in questi
giorni dagli organi di stampa che tutte le osservazioni sollevate al Consiglio
Provinciale di Firenze sono state respinte. Quindi, le Borra diventerà
discarica!
Con la
conseguenza che in Valdarno, a pochi chilometri di distanza, ci saranno due
importanti discariche.
Eppure,
sono già molti anni che "Podere Rota" svolge questa importante
funzione per la comunità toscana e non solo. Inoltre il sito terranuovese
continua ad essere utilizzato senza che l'ATO lo supporti con impianti
necessari al trattamento integrato dei rifiuti.
Le
discariche sono onerose da un punto di vista ambientale, ma ancora
indispensabili e, chi le sostiene nel proprio territorio, paga dazi rilevanti.
Le
amministrazioni comunali devono fare in modo che tali dazi siano il più
possibile sostenibili con pratiche di raccolta differenziata, meglio se di
qualità, come nel caso del "porta a porta". Queste modalità
permettono che il riciclaggio e il conferimento dei rifiuti nei siti di
accumulo risultino meno impattanti e pericolosi nei confronti dell'ambiente.
Per
ottenere questo obiettivo è necessaria anche la presenza di impianti di
termovalorizzazione che abbattono la quantità di conferito in discarica e
permettono di recuperare energia sia producendo elettricità sia producendo
calore per il riscaldamento domestico.
Tutto
ciò ha a che fare con la progettualità che è declinata nella "gestione dei
cicli integrati dei rifiuti". Quindi i poteri politici devono agire con
razionalità e determinazione per mettere i territori in condizione di possedere
sia l'impiantistica sia la buona pratica di raccolta, in modo da raggiungere
gli obiettivi dei piani stessi.
Questo
è ciò che il nostro territorio deve fare e i nostri amministratori devono
perseguire. Altro è fare del Valdarno un territorio di "servizio"
che, non solo mette i cittadini in grado di gestire in modo autonomo le proprie
esigenze, ma anche si prende carico di competenze che altri pensano di non
doversi prendere.
Le
province di Firenze,Prato, Pistoia non possono scaricare i loro rifiuti del
nostro Valdarno solo perché pensano di poter fare "la voce
grossa".No! La nostra comunità deve trovare la determinazione per impedire
che le nostre belle terre diventino una colonia di altri.
Perché
si ricordino, i cari fiorentini, che amministrare bene, significa amministrare
pensando al bene comune e non agli interessi particolari.
Se
fosse stato sempre così probabilmente la nostra Italia sarebbe un paese
migliore!
Lorenzo Puopolo
giovedì 6 dicembre 2012
L'emergenza antropologica: per una nuova alleanza
Concluse le primarie del
centrosinistra, lasciamo ancora spazio ai commenti dei lettori ma facciamo
anche un passo avanti con una variazione sul tema. Nel dibattito televisivo fra
i cinque candidati abbiamo scoperto, forse con sorpresa, che nei pantheon ideali
di Bersani e Vendola stanno papa Giovanni XXIII e il cardinale Martini. Preso
atto di queste sensibilità, ci si domanda però perché, in tema di rapporti con
il mondo cristiano e con la Chiesa, nessuno dei contendenti abbia mai fatto riferimento
a un appello che, nell’ autunno dello scorso anno, quattro studiosi di
estrazione marxista hanno proposto al Partito democratico con il titolo “L’
emergenza antropologica: per una nuova alleanza”. Gli autori sono Giuseppe
Vacca, Pietro Barcellona, Mario Tronti e Paolo Sorbi. Rifiutato dal Corriere
della Sera, il manifesto è stato pubblicato su Avvenire il 16 ottobre 2011, il
giorno prima del convegno delle associazioni cattoliche del mondo del lavoro a
Todi. È diventato poi un libro, che raccoglie anche risposte e riflessioni di credenti
e non credenti. Molta attenzione gli ha dedicato il vaticanista del gruppo
Espresso-Repubblica Sandro Magister sul sito ‘www.chiesa’
e sul blog ‘Settimo cielo’. La Voce del Martedì lo propone ora ai suoi lettori,
ricordando che recentemente Avvenire è tornato sull’ argomento con quattro
interviste agli autori, pubblicate il 31 ottobre e il 7, 14, 21 novembre.
L’EMERGENZA ANTROPOLOGICA:
PER UNA NUOVA ALLEANZA
di Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti,
Giuseppe Vacca
La manipolazione della vita, originata dagli
sviluppi della tecnica e dalla violenza insita nei processi di globalizzazione
in assenza di un nuovo ordinamento internazionale, ci pone di fronte ad una
inedita emergenza antropologica. Essa ci appare la manifestazione più grave e
al tempo stesso la radice più profonda della crisi della democrazia. Germina
sfide che esigono una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non
credenti, religioni e politica. Pertanto riteniamo degne di attenzione e
meritevoli di speranza le novità che nel nostro Paese si annunciano in campo
religioso e civile.
A noi pare che negli ultimi anni – un periodo
storico cominciato con la crisi finanziaria del 2007 e in Italia con il
crepuscolo della “seconda Repubblica” – mentre la Chiesa italiana si impegnava
sempre più a rimodulare la sua funzione nazionale, un interlocutore come il
Partito democratico sia venuto definendo la sua fisionomia originale di
“partito di credenti e non credenti”. Sono novità significative che ampliano il
campo delle forze che, cooperando responsabilmente, possono concorrere a
prospettare soluzioni efficaci della crisi attuale.
Il terreno comune è la definizione della nuova
laicità, che nelle parole del segretario del Pd muove dal riconoscimento della
rilevanza pubblica delle fedi religiose e nel magistero della Chiesa da una
visione positiva della modernità, fondata sull’alleanza di fede e ragione. Nel
suo libro-intervista “Per una buona ragione”, Pier Luigi Bersani afferma che il
“confronto con la dottrina sociale della Chiesa” è un tratto distintivo della
ispirazione riformistica del Pd e che la presenza in Italia ”della massima
autorità spirituale cattolica” può favorire il superamento del bipolarismo
etico che in passaggi cruciali della vita del Paese ha condizionato
negativamente la politica democratica. Ribadendo, infine, la “responsabilità
autonoma della politica”, Bersani esprime una opzione decisa per una sua
visione “che non volendo rinunciare a profonde e impegnative convinzioni etiche
e religiose, affida alla responsabilità dei laici la mediazione della scelta
concreta delle decisioni politiche”.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica vi sono due
punti della relazione del cardinale Bagnasco alla riunione del Consiglio
permanente dei vescovi del 26-29 settembre 2011 che meritano particolare
attenzione.
Il primo riguarda la critica della “cultura
radicale”: essa è rivolta a quelle posizioni che, “muovendo da una concezione
individualistica”, rinchiudono “la persona nell’isolamento triste della propria
libertà assoluta, slegata dalla verità del bene e da ogni relazione sociale”.
Il secondo è la proposta di nuove modalità
dell’impegno comune dei cattolici per contrastare quella che in una precedente
occasione aveva definito “la catastrofe antropologica”: “la possibilità di un
soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica”. E non è meno
significativa la sua giustificazione storica: “A dar coscienza ai cattolici
oggi non è anzitutto un’appartenenza esterna, ma i valori dell’umanizzazione
[che] sempre di più richiamano anche l’interesse di chi esplicitamente
cattolico non si sente”. In altre parole, la “possibilità” di questo nuovo
soggetto origina dall’impegno sociale e culturale del laicato, nel quale i
cattolici sono “più uniti di quanto taluno vorrebbe credere” grazie alla
bussola che li guida: la costruzione di un umanesimo condiviso.
La definizione della nuova laicità e l’assunzione
di una responsabilità più avvertita della Chiesa per le sorti dell’Italia
esigono uno sviluppo dell’iniziativa politica e culturale volta non solo a
interloquire con il mondo cattolico, ma anche a cercare forme nuove di
collaborazione con la Chiesa, nell’interesse del Paese. A tal fine appare
dirimente il confronto su due temi fondamentali del magistero di Benedetto XVI
che nell’interpretazione prevalente hanno generato confusioni e distorsioni
tuttora presenti nel discorso pubblico: il rifiuto del “relativismo etico” e il
concetto di “valori non negoziabili”.
Per chi dedichi la dovuta attenzione al pensiero di
Benedetto XVI non dovrebbero sorgere equivoci in proposito. La condanna del
“relativismo etico” non travolge il pluralismo culturale, ma riguarda solo le visioni
nichilistiche della modernità che, seppur praticate da minoranze intellettuali
significative, non si ritrovano a fondamento dell’agire democratico in nessun
tipo di comunità: locale, nazionale e sovranazionale. Il “relativismo etico”
permea, invece, profondamente, i processi di secolarizzazione, nella misura in
cui siano dominati dalla mercificazione. Ma non è chi non veda come la lotta
contro questa deriva della modernità costituisca l’assillo fondamentale della
politica democratica, comunque se ne declinino i principii, da credenti o da
non credenti.
D’altro canto, non dovrebbero esserci equivoci
neppure sul concetto di “valori non negoziabili” se lo si considera nella sua
precisa formulazione. Un concetto che non discrimina credenti e non credenti, e
richiama alla responsabilità della coerenza fra i comportamenti e i principii
ideali che li ispirano. Un concetto che attiene, appunto, alla sfera dei
valori, cioè dei criteri che debbono ispirare l’agire personale e collettivo,
ma non nega l’autonomia della mediazione politica. Non si può quindi far
risalire a quel concetto la responsabilità di decisioni in cui, per fallimenti
della mediazione laica, o per non nobili ragioni di opportunismo, vengano
offese la libertà e la dignità della persona umana fin dal suo concepimento.
Ad ogni modo, se nell’approccio alle sfide inedite
della biopolitica ci sono stati e si verificano equivoci e cadute di tal genere
non solo in scelte opportunistiche del centrodestra, ma anche nel determinismo
scientistico del centrosinistra, la riaffermazione del valore della mediazione
laica che sembra ispirare “la possibilità di un soggetto culturale e sociale di
interlocuzione con la politica” rischiara il terreno del confronto fra credenti
e non credenti. Quindi dipenderà dall’iniziativa culturale e politica delle
forze in campo se quella “possibilità” acquisterà un segno progressivo o meno
nella vicenda italiana.
A tal fine noi riteniamo che il Pd debba promuovere
un confronto pubblico con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni
religiose operanti in Italia oltre che sui temi cosiddetti “eticamente
sensibili”, su quelli che attengono in maniera più stringente ai rischi attuali
della nazione italiana: la tenuta della sua unità, la “sostanza etica” del
regime democratico.
Tanto sull’uno, quanto sull’altro, la storia
dell’Italia unita dimostra che la funzione nazionale assolta o mancata dal
cattolicesimo politico è stata determinante e lo sarà anche in futuro.
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