martedì 26 giugno 2012

Discussioni prima dell'Alba


Il 28 aprile si è tenuta a Firenze la prima assemblea nazionale di un soggetto politico nuovo, che i partecipanti hanno chiamato Alba, acrostico di ‘Alleanza per Lavoro, Beni comuni e Ambiente’. Tra i fondatori lo storico Paul Ginsborg, che ha spiegato: “Da anni chiediamo ai partiti di autoriformarsi. Abbiamo organizzato manifestazioni, dibattiti, girotondi, appelli ma niente di quello che abbiamo detto è stato ascoltato. E allora tocca a noi scendere in campo, portando idee e proposte con l’ obiettivo di unire la sinistra e allo stesso tempo stimolarla a rimettere al centro dell’ attenzione le regole della democrazia e i temi del lavoro e della tutela dei diritti” (Repubblica, 29.04.2011).
Il manifesto programmatico del nuovo soggetto era stato pubblicato un mese prima, il 29 marzo, con il titolo ‘Un’ altra politica nelle forme e nelle passioni’. Propone quattro nodi radicali di rottura e una linea di azione.
I nodi di rottura.
“1. Si rompe con il modello novecentesco del partito, introducendo nuove regole e pratiche: trasparenza non segretezza, semplicità non burocrazia, potere distribuito non accentrato, servizio non carrierismo, eguaglianza di genere non enclave maschili, direzione e coordinamento collettivo e a rotazione, non di singoli individui carismatici.
2. Si rompe con questo modello neo liberista europeo che vuole privatizzare a tutti i costi, che non ha alcuna cultura dell’ eguaglianza, che minaccia a morte lo stato sociale, la dignità e sicurezza del lavoro. Si insiste invece sulla centralità dei beni comuni, la loro inalienabilità, la loro gestione democratica e partecipata.
3. Si rompe con la visione ristretta della politica, tutta concentrata sul parlamento e i partiti. Si lavora invece per un nuovo spazio pubblico allargato, dove la democrazia rappresentativa e quella partecipata lavorano insieme, dove la società civile e i bisogni dei cittadini sono accolti e rispettati.
4. Si riconosce l’ importanza della sfera dei comportamenti e delle passioni, rompendo con le pratiche mai esplicitate ma sempre perseguite dal ceto politico attuale: la furbizia, la rivalità, la voglia di sopraffare, il mirare all’ interesse personale. Al loro posto mettiamo l’ inclusività, l’ empatia, la mitezza coniugata con la fermezza”.
La proposta di azione.
“Una mobilitazione diffusa e connessa, che non imponga esclusività di appartenenze e che si ritrovi poi in un primo appuntamento nazionale.
Inoltre si può pensare che sia positiva la presenza alle elezioni amministrative di liste di cittadinanza politica che prendano a riferimento e contribuiscano a costruire questo progetto nazionale. Una rete orizzontale di rappresentanza che sia radicata nei territori e connotata dagli elementi di metodo prima indicati: democrazia, governo partecipato dei beni comuni, etica, nuova cultura delle relazioni. […] Vogliamo costruire un soggetto che determini una trasformazione complessiva, costruisca anche alleanze e mediazioni ma con l’ ambizione tutt’ altro che minoritaria di mettere in campo un’ altra Italia. Di lavorare per un’ altra Europa”.
Redattori del manifesto sono Andrea Bagni, Paul Ginsborg, Claudio Giorno, Chiara Giunti, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Nicoletta Pirotta, Marco Revelli, Massimo Torelli. Tra gli oltre cinquemila che hanno aderito vi sono Piero Bevilacqua, Paolo Cacciari, Luciano Gallino, Riccardo Petrella, Stefano Rodotà (con riserva), Guido Viale.
Com’ era prevedibile, a sinistra il dibattito si è sviluppato vivace, talvolta anche con toni aspri.
Rossana Rossanda, in un fondo intitolato sarcasticamente ‘Benecomunisti che passione', ha trovato eccessiva la critica ai partiti e ha ricordato come la Costituzione li consideri “corpi intermedi, mediatori fra cittadini e stato, luoghi di elaborazione degli interessi diversi di una società complessa”. Per poi affondare il colpo: “Il ‘nuovo soggetto politico’ non si perde sull’ analisi dello stato e dei poteri forti, politici ed economici. Né nelle teorie sociali del movimento operaio o, all’ opposto, del liberismo: le prime neppure le nomina, al secondo i beni comuni, terreno di convinzione generale, tagliano le unghie. In questo senso il documento di Firenze presenta una tranquilla riedizione della spontaneità, l’ universalmente umano bastante a se stesso, che il '68 aveva portato avanti polemicamente ma adesso, rifiutando assalti al cielo troppo pericolosi, sarebbe in condizione di attuarsi attraverso una saggia rete di relazioni e consultazione popolare permanente” (Il Manifesto, 05.04.2012).
Stefano Rodotà ha esposto i motivi della sua adesione condizionata. Domandando in primo luogo se per radicare un nuovo soggetto politico sia davvero necessario fare tabula rasa del Novecento, del diritto borghese, dell’ Europa. Invitando quindi a non buttare via “il compromesso socialdemocratico e il Welfare State, che non sono riducibili ad una astuzia del capitalismo, ma sono il risultato del ruolo giocato dai partiti di massa”. E concludendo così: “Vedo tutti i rischi di una democrazia senza partiti. Vedo pure quelli di una democrazia progressivamente svuotata dal ridursi della sua capacità rappresentativa, svincolata da una cittadinanza forte” (Il Manifesto, 12.04.2012).
Il giorno prima dell’ assemblea di Firenze ha parlato Alberto Asor Rosa, con l’ intento di “introdurre qualche elemento pessimistico nel ragionamento del «Manifesto»”. La democrazia partecipativa? Attenzione ai suoi eccessi. Non dimentichiamo che in molte Regioni d’ Italia “se si facesse un referendum sull’ abusivismo vincerebbero gli abusivisti”. I Comuni come spazio in cui il governo e il cittadino sono più vicini? Tutt’ altro, spesso sono “i manutengoli degli interessi privati più sporchi. In casi come questi, oltre che battersi in ogni modo con la denuncia, bisogna ricorrere in un modo o nell’ altro alle istanze «superiori»: le Regioni, lo Stato”. Asor Rosa allarga l’ orizzonte: “È fuor di dubbio che siano fortemente cambiati forme e attori del conflitto. Mi chiedo però fino a che punto il gigantismo del sistema – la globalizzazione, appunto – abbia tolto di mezzo il fondamentale antagonismo fra capitale e lavoro: lo ha se mai anch’ esso ingigantito, a livello planetario. Di questo non c’ è traccia nel «Manifesto»”. E ricorda “che la radice della nozione di «bene comune» è teologico-cristiana”. Di Tommaso d’ Aquino, precisamente, “un autore che i «benecomunisti» non amano citare”. Aggiungendo che nel Catechismo della Chiesa cattolica “la dottrina del «bene comune» occupa il posto centrale nella conformazione dell’ agire sociale e pastorale della Chiesa nel mondo”. Stupisce perciò “che il «messaggio» che esce dal progetto di un «nuovo soggetto politico» sia così vicino a quello uscito dal Consiglio [sic!] Vaticano II (cui il Catechismo fondamentalmente attinge)”. C’ è troppa ingenuità, troppa fiducia che un universo di buoni sentimenti possa prendere il posto delle passioni negative “in cui finora siamo sventuratamente nati e cresciuti”. Asor Rosa si augura perciò “che non nasca un «nuovo soggetto politico» su basi così fragili”. Occorre “molta astuta e consapevolissima cattiveria”, dal momento che  all’ ordine del giorno oggi “c’ è una gigantesca battaglia per la difesa del «pubblico»”. Un «pubblico» che, “costruito prevalentemente con le lotte di generazioni e generazioni di cittadini italiani ed europei, è minacciato, frantumato, reso subalterno da una colossale invasione del «privato»”. Per questa battaglia, secondo Asor Rosa, “i partiti sono ancora necessari, in Italia e in Europa” (Il Manifesto, 27.04.2012).
La replica del nuovo soggetto politico è arrivata il giorno dopo. Marco Revelli ha aperto la relazione introduttiva all’ assemblea fiorentina dicendo: “Se siamo qui, in questo sabato di ponte, è perché avvertiamo che non c’ è più tempo: che i pilastri fondamentali che la Costituzione aveva posto alla base della nostra democrazia – intendo i partiti politici – stanno sgretolandosi. Rapidamente. E rischiano di trascinare nel loro crollo le stesse istituzioni repubblicane. Parafrasando il Presidente del Consiglio potremmo dire che «se siamo qui, è perché gli altri hanno fallito»: e cioè i politici di professione, i partiti (a cominciare dai più grandi), la ‘politica’ come la conosciamo dai giornali e della televisione. Non ci fa piacere, ma è così”.

Silvio Cazzante

martedì 19 giugno 2012

M'importa di Te: musica, teatro e parole a Terranuova



Il 20 e 21 giugno, nella location che ho definito Arena estiva dell'Oratorio San Benedetto (con non poche prese in giro da parte di parenti e amici, che mi ricordano come quello sia "il piazzale dei bomboloni"!), andrà in scena una due giorni di musica, teatro e parole dedicata ai cari amici della Tanzania, a Padre Fabiano e a tutte le ragazze e i ragazzi che vivono nella missione di Kibaigwa e dintorni. Attraverso i mini-concerti live di due affermati gruppi del Valdarno (gli Angeli in Blue Jeans e i DejaVu) e l'esibizione della mia cara compagnia teatrale OttavaSotto nella rinnovata e affascinante opera musicale Dracula, attiveremo una raccolta fondi per contribuire alla costruzione di una scuola media superiore nel villaggio dove opera il nostro amico francescano. La prima serata sarà ad ingresso gratuito e la raccolta avverrà con delle semplici offerte da donare negli spazi dedicati. L'ingresso al musical Dracula invece, prevede il pagamento di un biglietto di 10 euro per gli adulti e 7 per i ragazzi (fino a 16 anni). Ovviamente gli incassi dello spettacolo del 21 giugno andranno a sommarsi ai contributi che ricaveremo dalla raccolta libera, aperta durante tutte e due le serate. È possibile acquistare le prevendite al bar dell'Oratorio San Benedetto, in via Fazia 2 a Terranuova. 
In questi giorni, di fronte alle numerose iniziative nate a seguito del terribile terremoto in Emilia, mi sono più volte chiesto se fosse giusto aiutare persone così lontane, quando il problema può nascere in ogni momento davanti ai tuoi occhi. Devo dire che cercare risposte a domande del genere non è mai facile. Per garantire una corretta organizzazione abbiamo dovuto muoverci molti mesi prima (e al tempo non potevamo prevedere che un sisma di tale portata avrebbe "scosso" la nostra penisola). Inoltre, credo che la solidarietà non conosca confini geografici e qualsiasi iniziativa rivolta a persone che vivano in un oggettivo contesto di disagio (siano essi poveri, malati, terremotati…) sia lodevole e meriti attenzione. 
Vi chiederete perché mi faccio questo appunto, vi spiego: sono spinto a questa riflessione perché ho subìto delle critiche su un social network da una persona (della quale non indico nome e cognome per tutelarne la privacy) che, al di là dei toni un pizzico "violenti" con cui si esprimeva, poneva una questione del tipo: "Alla vostra iniziativa non partecipo e non vi dono neanche un euro perché è inutile andare a costruire scuole in Africa quando quelle italiane versano in pessime condizioni". Ovviamente, pur non condividendo questo punto di vista cinico e banalizzante (si può dire?) della situazione reale, lo rispetto. Ho cercato però di spiegare meglio come la missione di Kibaigwa sia "guidata" con amore da questo uomo che da anni dedica la sua vita a persone più sfortunate di noi (e non parlo per "sentita dire", sono stato in Tanzania per tre settimane, i miei occhi, come quelli di qualcuno che magari legge, hanno visto). Perché vogliamo aiutare questa persona, e con lui tutti gli abitanti del villaggio? Perché in quel bellissimo angolo semi-sperduto del mondo, ci sono tantissimi giovani che studiano ogni giorno in ambienti non adeguati all'istruzione e la scuola latita proprio dal punto di vista "urbanistico", come “edificio” utile alla crescita di ragazzi che possano cercare nella cultura una seria possibilità di vivere un futuro migliore. È evidente come il nostro sarà solo un piccolo contributo in proporzione all'investimento generale, la scuola probabilmente verrà costruita in ogni caso, ma nel nostro piccolo cerchiamo di "dare una mano". Per questo dico grazie a chi con la propria "opera" sta rendendo possibile tutto questo. Se potete, vi aspettiamo il 20 e 21 giugno all'Oratorio San Benedetto di Terranuova per vivere insieme due serate di musica, parole, teatro e solidarietà. Grazie! E per solleticare un po’ la discussione, una provocazione: da che parte state voi? Se facciamo qualcosa, facciamola per noi, perché alla fine anche qui non è che stiamo tanto bene? Oppure le difficoltà personali e locali non possono in ogni caso farci dimenticare dei bisogni oggettivi di persone magari lontane, lontanissime, che non abbiamo quotidianamente di fronte agli occhi, ma che, silenziose, continuano a gridare per avere la nostra attenzione e il nostro aiuto? Buona settimana.
EMB

martedì 12 giugno 2012

Terranuova, "rimpasto" di giunta (2° parte)


Rimaniamo anche questa settimana sul tema locale del nuovo assessore, un argomento che ha visto una grande partecipazione al dibattito della settimana scorsa.
Pur non conoscendo il signor Enea Barbagli, suppongo che abbia tutte le carte in regola per poter ricoprire il ruolo di assessore.
Quello che mi ha colpito però è il motivo per cui è stato scelto. Barbagli è stato presentato dal sindaco come una  persona che entra in giunta con il compito di riportare armonia all’interno del gruppo.
L’obiettivo insomma era ritrovare l’equilibrio politico.
Questa esigenza viene confermata anche dalla ricerca in corso di un ulteriore assessore socialista (attenzione, non si sta cercando uno bravo o competente, la prima cosa è che sia socialista!).
Tutto, ovviamente, per questioni di pesi e contrappesi interni alla maggioranza. L’avevo già scritto la scorsa settimana ma ho ripetuto il concetto perché vorrei andare avanti con il ragionamento; se si fanno gli assessori finalizzati al raggiungimento di “equilibri” che permettano di non litigare, si lancia un messaggio preciso: « Abbiate pazienza, l’importante è che non salti tutto».
Sbaglierò, ma mi sembra un po’ poco. Un volo a bassa quota. Se quello che manca è un paciere, allora tanto valeva – permettetemi una battuta – nominare un mediatore civile piuttosto che un assessore.
Dentro a questo rimpasto avrei preferito idee, progetti, proposte, competenze e coraggio.
Se Marco Doria, neo sindaco di Genova (PD), sta cercando di costruire, con qualche resistenza da parte dei partiti che lo appoggiano, una giunta a composizione mista tecnici-politici, perché non è possibile farlo a Terranuova?
Perché il sindaco, assieme ai partiti di maggioranza, non prova ad individuare tramite l’università un giovane ricercatore (sì, uno di quei precari con la borsa di studio a 800 euro al mese) che abbia competenze tecniche sulla gestione moderna dei rifiuti e delle discariche? Uno che abbia le capacità di sovraintendere a un nuovo modello di gestione della nostra discarica?
O in alternativa, perché non opta per un esperto di bilanci partecipati e finanziamenti europei in grado di stringere un forte legame con le università di Siena e Firenze per l’attivazione di progetti che sostengano e indirizzino le idee imprenditoriali dei giovani terranuovesi? Sarebbe una scelta di campo importate da parte dell’ amministrazione: il sostegno all’iniziativa imprenditoriale giovanile nel nostro territorio!
O ancora, perché non mettersi alla ricerca di una persona in grado di coordinare il riordino integrato della viabilità e della vivibilità urbana e di intraprendere il percorso coraggioso di una “svolta verde”,  con la promozione della mobilità alternativa e pulita su bicicletta?
La scelta di un tecnico non sarebbe affatto un tentativo di tener fuori la politica dalla giunta. Darebbe piuttosto maggiore forza e credibilità alla Politica, quella vera, quella che individua le priorità e persegue gli obiettivi secondo un progetto di miglioramento e cambiamento.
-          E’ stato nominato assessore Tizio, con l’obiettivo di coordinare la realizzazione del progetto X, ritenuta una priorità della maggioranza.
-          E’ stato nominato Caio, il suo scopo è quello di riportare armonia e collaborazione nella giunta.
Così, anche senza conoscere né Tizio né Caio, suppongo che tanti preferirebbero avere come assessore del proprio Comune il Signor Tizio.
Ai partiti che sono stati chiamati a governare il paese non dovrebbe interessare più di tanto che ad essere nominati assessori siano loro tesserati o persone di loro fiducia. Dovrebbe premere che ad essere realizzati siano i programmi e le idee. E se per questo occorresse nominare un assessore fuori dai giochi di appartenenza, dovrebbero averne il coraggio.
Amerighi ha rimpastato, così mi pare, limitandosi a scegliere un nome senza preoccuparsi di accompagnarlo con un progetto rinnovato. 
Potevano essere rimpastate le idee e rimodulato il programma di governo. Rimpastare nomi, alla ricerca di equilibri e contrappesi, serve davvero a poco.
Francesco N.

mercoledì 6 giugno 2012

Terranuova, dopo una settimana di riflessione ecco il "rimpasto"


Martedì scorso le dimissioni di Elena Fratini erano già ufficiali, ma abbiamo deciso di aspettare e valutare l’ evoluzione degli eventi prima di affrontare la questione. Anche perché ci è sembrato che nel frattempo meritasse di essere dibattuta la lettera di Catia Naldini a Vincenzo Ceccarelli (e pazienza se la discussione non è decollata, ci sarà modo di riprenderla).
Dietro la scelta di attendere una settimana per parlare di rimpasto ed assessori c’è la filosofia del blog: La voce del martedì infatti si propone di  riflettere sforzandosi di guardare i fatti, facendo prima un passo indietro, cercando, quando possibile, di allargare il campo. Prendendosi il tempo necessario per migliorare l’inquadratura e la messa a fuoco.  Riflettere, con calma. Rincorrere le news, seppur rilevanti come quella delle dimissioni di un assessore, ha poco senso.
Ecco perché arriviamo ora, con qualche carta in più sul tavolo.
Dopo una settimana in cui le motivazioni delle dimissioni sono rimbalzate e sono state  digerite, e dopo che il numero minimo legale di assessori è stato ristabilito con la nomina di Enea Barbagli.
Probabilmente il “rimpasto” non è concluso. Mancano le deleghe e, pare, un altro assessore. E’ stato scelto di ripartire e di cercare “fuori” nuove energie. Energie che evidentemente “dentro” erano finite. O quantomeno non erano in piena sintonia con chi ha la responsabilità del governo del paese: il sindaco.
Questa la prima riflessione dopo una settimana passata ad osservare ed ascoltare. Un po’ poco, forse. Ma certo adesso possiamo cominciare a discutere con maggiori cognizioni di qualche giorno fa.
Buona discussione.
Francesco N.