martedì 29 maggio 2012

DISCARICA PODERE ROTA: la lettera aperta di Catia Naldini a Vincenzo Ceccarelli


Lunedì 21 maggio Catia Naldini, membro dell'osservatorio sulla discarica di Podere Rota, ha indirizzato una lettera aperta a Vincenzo Ceccarelli, consigliere regionale eletto nella circoscrizione di Arezzo e presidente della sesta commissione - Territorio e ambiente.
La lettera di Catia Naldini, scritta a seguito della visita effettuata pochi giorni prima da Ceccarelli alla discarica e dopo alcune dichiarazioni rilasciate dallo stesso consigliere regionale, solleva questioni importanti di tipo ambientale ("Quanto impatta sul terriotorio l'ampliamento della discarica?") di tipo procedurale (Lei è al corrente sull'esito del monitoraggio? Sa perché è stato interrotto?") e di tipo politico ( "molti politici sono andati in visita alla discarica ma solo pochi sono venuti  a visitare le nostre abitazioni,  i nostri terreni   a visitare  NOI CITTADINI").
Il testo della lettera che vi proponiamo questa stettimana è stato ripreso e pubblicato da vari siti web locali (arezzonotizie.it, valdarnopost.it e retevalval.wordpress.com).
La Redazione

San Giovanni V.no, 21/05/2012
Carissimo Presidente Vincenzo Ceccarelli,
Sono Catia Naldini, membro dell’Osservatorio sulla discarica di Podere Rota.
Mi sono permessa varie volte di inviarle la posta riguardante le problematiche concernenti la discarica di Podere Rota e le segnalazioni di disagio dei cittadini, in modo che lei potesse farsi un’idea della situazione per venirci incontro Le chiedo cortesemente di dedicare un po’ di tempo per leggere queste mie osservazioni e di esprimere le sue riflessioni.
Stamani ho appreso dalla stampa della sua visita a Podere Rota ed ho proprio pensato che ci venisse incontro.
Ho poi ascoltato la sua intervista, e vorrei precisare alcune cose sulla discarica,riguardo alle sue dichiarazioni
Quando lei dichiara: “Sembra ci siano stati dei disagi durante la fase di ampliamento, e che ora si vadano attenuando” , non credo che sia un’espressione corretta.
Non è corretto dire che disagi sembrano esserci stati, perché i disagi ci sono stati effettivamente e appare evidente la consapevolezza del disagio, nei documenti che descrivono l’iter di approvazione dell’ampliamento (verbali della conferenza dei servizi, che posso anche fornirle). 
Non è corretto dire che i disagi si stanno attenuando perché adesso sono d’intensità maggiore.
Pensavo che i disagi odorigeni lamentati dalla popolazione residente, noti tanto al Gestore, quanto alle Autorità competenti, meritassero anche in virtù del principio di precauzione, l’adozione di strumenti di tutela sanitaria adeguati.
Le ricordo a rimarcare la delicatezza e l’entità dell’argomento, le considerazioni rese dall’ASL a suo tempo nella nota n°50776 del 22.09.2009 che riportava; ” il perdurare delle emissioni odorigene nel tempo può essere causa di disturbo e alterazione dello stato di benessere psico-fisico della popolazione interessata…”.
I disagi olfattivi per varie cause, sono stati sempre presenti e disturbanti, da quando è stato realizzato l’impianto di compostaggio (più di tre anni fa) a ora che il conferimento dei rifiuti è sul primo modulo dell’ampliamento.
Le chiedo:
Come a stato possibile autorizzare l’ampliamento “senza valutare la situazione di disagio olfattivo antecedente?"
-la valutazione ambientale non è stata fatta e si sono limitati a prevedere prescrizioni integrative di altri provvedimenti autorizzativi e a disporre campagne di rilevazione ….”per il futuro”.
Nella seduta del 30.12.2010 la Conferenza dei Servizi, prende atto dell’avvio di un programma sperimentale di monitoraggio delle emissioni odorigene mediante la partecipazione di ARPAT. USL, CSAI e TB come pure dei cittadini residenti e dispone l’avvio della prima campagna di rilevazione per lo 01.02.2011, “rinviando l’adozione di ulteriori prescrizioni e/o provvedimenti agli esiti del monitoraggio”!
Ebbene, sulla scorta di tali premesse e dunque in assenza degli esiti del futuro monitoraggio, la conferenza dei servizi HA COMUNQUE CONCLUSO IL PROCEDIMENTO CON PARERE FAVOREVOLE DI COMPATIBILITA’ AMBIENTALE!
Le chiedo:
- la procedura di Via ha risposto alle finalità previste dalla legge?
-Non le sembra che si siano limitati solo una mera applicazione formale di norme che dovrebbero operare in chiave preventiva a tutela della salute e dell’ambiente? .
IL MONITORAGGIO NON POTEVA AVERE ALTRA UTILITÀ SE NON QUELLA DI ATTESTARE LA
PRESENZA DI UN IMPATTO ORMAI IRREVERSIBILMENTE PRODOTTO, FRUSTRANDO COSÌ’ LE FINALITÀ DI TUTELA PREVENTIVA PERSEGUITE DALLA PROCEDURA DI VIA.
-benché la prima fase del monitoraggio che si è svolta tra marzo e giugno 2011 si sia conclusa, gli esiti non sono mai stati resi noti, (forse non ancora elaborati i dati).,nonostante le numerose richieste rivolte agli Enti ufficiali da parte dell’Osservatorio, del Comitato Le vittime di Podere Rota, dei cittadini, , ( se vuole le mando copia anche di queste)
e c’è di più :
-la seconda fase della campagna di monitoraggio, prevista a settembre 2011 non é stata ancora attivata! “pertanto i profili relativi alle lamentate emissioni odorigene non risultano esaminati nè in via preventiva (VIA) nè in via successiva, essendo vuoti di senso e di portata, prima la procedura di VIA e poi la prevista campagna di monitoraggio.”
1) I fatti non lasciano dubbi circa l’origine delle immissioni odorigene e gli effetti di molestia subiti da noi cittadini, essendo costanti nel tempo e plurime le segnalazioni di odori sgradevoli riportati dalle note della ASL, della polizia municipale dai verbali di sopralluogo di ARPAT, dai membri dell’osservatorio, dal corpo forestale.
Le chiedo ora:
su quali basi lei dice: ” sembra ci siano stati dei disagi durante la fase di ampliamento, e che ora si vadano attenuando…”? Lei, è al corrente degli esiti del monitoraggio? Sa perché è stato interrotto?”
2) lei dice “la Provincia si è incontrata con i tecnici per suggerire ulteriori modifiche e
prescrivere ulteriori accorgimenti per mitigare ulteriormente il disagio
Le chiedo:
Tutto questo, non le dà la consapevolezza che il disagio esiste e che le prescrizioni della VIA non hanno mitigato il problema?
3) lei dice che di podere Rota :”si tratta di un impianto importante..”.
Le chiedo:
Lei ha stima di quanto impatta sul Territorio?
Non le sembra che l’impianto sia importante principalmente e propriamente per l’impatto importante che ha sul territorio?
Non dimentichiamo
-la svalutazione degli immobili e delle attività che ricadono sulla zona;
-il flusso dei mezzi pesanti
-il proliferare di mosche e moscerini, la presenza di flotte di gabbiani;
-il superamento dei limiti delle CSC delle falde acquifere!

Le chiedo:
Lei sa che, nonostante la piena consapevolezza, da parte del gestore e degli Enti, del superamento di numerose CSC, (testimoniate dai verbali arpat e della relazione del tecnico di parte professor Beretta) sia nella falda collinare, che in quella di fondovalle , non si è pensato minimamente di procedere alla bonifica del sito contaminato?
Lo sa , che LA BONIFICA è stata del tutto pretermessa?
La bonifica avrebbe potuto rallentare o bloccare l’imminente realizzazione dell’ampliamento della discarica?.
Non vorrei annoiarla ,ma avrei da dirle ancora tante cose, comprovate da tanti dati, (che se le interessano sarei felice di fornire).
Mi rammarica trovare la conferma nelle sue affermazioni che “fino ad ora il Valdarno si è fatto carico dello smaltimento dei rifiuti del territorio” , e poi nello stesso apprendere ancora dalle sue affermazioni che realizzerete una nuova discarica proprio nel valdarno, che “fino ad ora il Valdarno si è fatto carico dello smaltimento dei rifiuti del territorio.
Lei dove abita? Non pensa che gli abitanti che vivono il disagio delle discariche da decine di anni abbiano il diritto ad una pausa nella loro vita? o di potersene andare da questo territorio?
Nei vostri piani cosa è previsto per compensare ( brutta parola) il disagio subito dalle popolazioni che
vivono le discariche? Mi sa dire lei qualche opera fatta a beneficio della popolazione che subisce i disagi della discarica?
Lei è al corrente che un’ampia zona intorno a Podere Rota non è servita dal servizio idrico? lo sa che molti pozzi sono inquinati?
Mi sa dire i quale opera fè stata fatta a beneficio della popolazione che subisce i disagi della discarica?
4) Quando dice ” il nostro obiettivo e il nostro ruolo sarà puntuale affinchè tutti i territori possono vivere di un’autosufficienza il trattamento dei rifiuti affinchè non siano sempre gli stessi a doversene far carico come sta succedendo adesso qui nel Valdarno!"
Il vostro Obiettivo sarà puntuale anche nella costruzione di le Borra?
Lo sa che il territorio del Valdarno “ gode” nell’arco di pochi km della presenza ben 4 discariche costruite nell’arco di 25 anni, sempre ma una per volta?
Di chi è il ruolo, di protegge il nostro territorio diventato terra di discariche?,di chi quello d la tutela dei CITTADINI DEL VALDARNO?

Lei parla di autonomia del territorio ma NEL PIANO interprovinciale di gestione rifiuti questa non c’è,
AVETE PREVISTO UN INCENERITORE (costruito per giunta sul bacino di espansione di un fiume) LE CUI CENERI DOVREBBERO ANDARE A PODRE ROTA. ( altro territorio di diversa competenza e provincia)?
Siamo così amareggiati e sconfortati che spesso siamo portati a pensare male, ma me lo dica lei:
Pensiamo male ,quando siamo convinti che chi ci doveva proteggere e tutelare ha guardato in primis di portare avanti i piani programmati, senza fermarsi neanche di fronte a tante denunce e emergenze ambientali?
Cosa vi aspettate da noi, i cittadini del valdarno? Comprensione gratitudine? Dal vostro approccio non si evince: ci saltate direttamente a piè pari, parlate del Valdarno del territorio… non rammentate mai i cittadini.. siamo tanti e abbiamo tutti un volto e una storia.
Lo sa che molti politici sono andati in visita alla discarica ma solo pochi sono venuti a visitare le nostre abitazioni, i nostri terreni a visitare NOI CITTADINI, a incontrarci nella sede del comitato, o chiedere chiarimenti ai rappresentanti dei cittadini nell’ Osservatorio che si è costituito per la discarica di Podere Rota?
Perché? Perché NON CI CHIEDETE SE STIAMO MEGLIO O PEGGIO, SE ABBIAMO BISOGNO DI QUALCOSA, O SEMPLICEMENTE SE VOGLIAMO SCAPPARE DA QUESTO POSTO?
Perché non venite a toccare con mano e a vivere il disagio anche solo per un giorno?
Perché non rispondete ai nostri appelli? non credete alla nostra situazione? Non credete alle nostre denunce?
Se Voi non credete in Noi, NOI come facciamo ad aver fiducia in VOI?
Pregandola sentitamente di rispondere a queste mie riflessioni
La saluto cordialmente
Catia Naldini

martedì 22 maggio 2012

Il gruppo “Nun te regghe più” fra recente passato e futuro prossimo. Verso il 5° stato.


Cari amici de La Voce del Martedi,

questa è una riflessione che ho fatto nel gruppo e per il gruppo NTRP. Vi debbo informare che il conteggio delle firme è risultato regolare e la nostra proposta di legge è già all'esame della I commissione affari costituzionali della Camera, un risultato che nessuna proposta di iniziativa popolare, veramente popolare come la nostra aveva mai raggiunto.

MARIO RIGLI


Il gruppo “Nun te regghe più” fra recente passato e futuro prossimo. Verso il 5° stato. Retroterra culturale e teorico che ha portato alla nascita del gruppo.

Politica e partito, polis e pars 
Fra Politica e Partito esiste una divergenza nei termini e nei concetti che difficilmente ci porta a comprendere come in molti casi si possano usare in modo intercambiabile. E se i due termini antitetici fra loro vengono usati indifferentemente è per il fatto che i partiti si sono appropriati della politica. Politica deriva dal termine greco Polis, città e, per estensione del termine,  comunità, società.  Politica quindi come governo equo della città, come gestione super partes, sopra le parti, sopra i partiti.
Partito al contrario fa riferimento ad una parte, ad un segmento della comunità con interessi spesso contrastanti con altri segmenti, il partito è una organizzazione che nasce per difendere, contro gli altri, i propri interessi economici, commerciali, di potere. Il partito è una organizzazione che nasce appositamente per salvaguardare esigenze particolari della propria appartenenza, corporazione, associazione, lobby, classe sociale contro altre corporazioni, altre classi sociali.
La politica guarda all’insieme, all’interesse comune, il partito guarda al particolare, al proprio interesse, all’interesse dei propri associati.
 I”lanaioli” nella Firenze del medioevo e del Rinascimento se riuscivano ad imporre i loro commerci con le Fiandre ricavandone floridezza e benessere anche per la città,  esigevano naturalmente un ritorno da parte del Principe per la loro corporazione, magari a scapito delle corporazioni rivali, se nella Venezia repubblica marinara la corporazione della “seta” godeva di un periodo di crescita commerciale ed aumentava i traffici,  probabilmente riusciva ad spuntare  tariffe migliori  nelle navi che venivano dall’Oriente rispetto ad esempio agli “speziali”, compito del Doge, (la politica)  era però far ricadere la prosperità dei traffici con l’oriente su tutta la città, sui carpentieri, sui muratori, sui bottai, sui vaiai, prelevando in tassazione dalla corporazione della seta in maggior misura delle altre.

Don Lorenzo Milani diceva che la Politica e la cultura sono le armi più potenti di cui dispone l’umanità per eliminare o quantomeno attenuare le differenze al suo interno, naturalmente quella a cui faceva riferimento era la politica vera e non l’ignobile caricatura dei nostri giorni e sicuramente non avrebbe potuto dire altrettanto dei partiti.
E nonostante questa nostra visione, nonostante il nostro pensiero che ci portava naturalmente verso la Politica, quella vera,  quella buona, fin dai primi tempi fummo accusati di essere agenti dei partiti, di fare gli interessi dei partiti, senza specificare di quali partiti si trattasse. Fin da allora fummo costretti a difendere il nostro disegno  e soprattutto la nostra proposta di legge che di quel disegno era il primo tratto, importante, di matita. Voglio riportare qui un intervento dell’amico Gianmario Lucini, amministratore della Valtellina e un mio commento sullo stesso, erano i tempi pioneristici del nostro percorso.

L'essenza sta nelle parole. C'è una politica e ci sono dei partiti. C'è una "pòlis" e c'è una "pars". I partiti rappresentano interessi strutturati e sempre "di parte", mentre la "pòlis" rappresenta l'interesse comune, di tutte le parti. Fare politica significa quindi cercare di mettere insieme più "pars" o "anime di una dialettica" per giungere alla sintesi del "bene comune". La cosa che vogliamo concludere, paradossalmente, non è nell'interesse di nessun partito, di nessuna "pars". Sfido chiunque a dirmi quale sia il partito che vuole quello che noi chiediamo nella proposta di Legge. Ma invece la stragrande maggioranza dei cittadini (ne sono fermamente convinto) vuole questa Legge, perché è giusta e va nell'interesse della pòlis.
Se si riflette su questo semplice concetto, è ovvio che le accuse che ci vengono fatte, di essere "agenti" dei partiti, non possono stare in piedi e sono pure e semplici diffamazioni, macchina del fango.
(Gianmario Lucini)

Quale migliore sintesi di un diverbio che ci attanaglia da tempo, anzi non attanaglia noi, ma fa sragionare i nostri detrattori da qualche tempo. E poi non si capiscono neppure le motivazioni di un attacco simile, che non porta da nessuna parte, che può affievolire, ma noi siamo convinti del contrario, le nostre finalità, il nostro obiettivo condiviso dalla totalità dei cittadini. E' vero ci sono purtroppo altri problemi da risolvere, forse anche più urgenti, ma noi abbiamo individuato questo e in questa battaglia ci vogliamo produrre ed impiegare tutte le nostre forze.
Noi siamo apartitici, lo abbiamo dichiarato fino dal primo momento, quel 3 luglio scorso quando siamo apparsi sulla rete, noi siamo apartitici, ma profondamente politici. Siamo politici. La nostra Politica è quella con la P maiuscola, quella Aristotelica, quella che deriva da Polis ovvero città. E la nostra Polis è la nostra comunità la nostra Nazione e la nostra Politica è quella che vuol dire governo equo della Polis, amministrazione corretta della Comunità e dello stato. Questa è la nostra politica.
Quindi niente tende di appartenenza, niente pars, niente partiti. Noi non difendiamo gli interessi né della Acropoli, né dell'Asty, né della Chora. Ma cerchiamo il bene comune della Polis.
Del resto gli amministratori hanno invitato tutti a guardare i nostri profili, il nostro impegno anche precedente la nascita di NTRP.
Io posso essere nato nella Chora, un altro amministratore nell'Asty, un altro ancora nell'Acropoli, ma in NTRP siamo entrati nudi senza vestiti precedenti e pensando unicamente all'interesse della Polis, all'interesse di tutti i cittadini che firmeranno la nostra legge.

Breve cenno della nascita dei partiti moderni
I partiti così come si vedono oggi si possono considerare come nati fin dal settecento. La rivoluzione francese che portò al potere il 3° stato la Borghesia portò anche a teorizzare delle organizzazioni che difendessero gli interessi della classe che era assurta al potere contro il 1° e 2° stato, nobiltà e clero. Decine di anni dopo, con la rivoluzione industriale e le rivoluzioni socialiste  e la conseguente nascita del 4° stato, il proletariato, nacquero anche le organizzazioni politiche che avrebbero difeso gli interessi di quella classe sociale.  I partiti che dopo una lunga elaborazione teorica ed ideologica si definirono furono da una parte i partiti liberali e liberal democratici  a difesa degli interessi borghesi  e i partiti socialisti e social democratici a difesa degli interessi del proletariato. Comunque organizzazioni strettamente legati a classi sociali definite e portatori esclusivamente di interessi di classi contrapposte fra loro. Esula da questo schema il tentativo di far scendere in politica la dottrina sociale della Chiesa che per sua natura non poteva difendere gli interessi di una classe, e cercando così di creare formazioni interclassiste, ma anche in questo caso siamo in grado di valutarne la deriva ed il declino. Esulano ancora  i partiti nazionalisti  della prima metà del secolo scorso portatori non solo di idee nazionaliste, ma spesso razziali e xenofobe, con conseguenze devastanti per tutta l’umanità.
Costituzione e sovranità popolare
Il primo articolo della Costituzione, al secondo comma, recita espressamente: “ La sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti e nelle forme previste nella Costituzione” e quali sono questi limiti e queste forme?

1)      Naturalmente il voto mediante il quale si delega un nostro rappresentante alla gestione della res publica, ma quale delega esiste oggi nel nostro sistema di repubblica parlamentare? E’ sotto gli occhi di tutti lo svuotamento progressivo della delega data dall’elettore, di una rappresentanza inesistente specialmente, ma non solo, per l’effetto di un sistema elettorale barbaro e ignobile.

2)      Il ricorso ai pochi strumenti di democrazia diretta previsti dalla stessa Costituzione: Il referendum abrogativo (non quello propositivo perché in quanto non regolamentato è di fatto inesistente), la proposta di legge di iniziativa popolare, le petizioni.
Sappiamo però anche come questi istituti siano svuotati del loro contenuto, sappiamo come il referendum possa essere evitato cambiando di poco la legge che si vuole sottoporre a referendum, oppure anche se i cittadini riescono ad esprimersi basta cambiare appena la terminologia che la legge abrogata ritorna in vigore (pensiamo al finanziamento pubblico dei partiti reintrodotto subdolamente sotto la terminologia di rimborso elettorale che rimborso elettorale non né affatto).
Sappiamo come la proposta di iniziativa popolare possa essere del tutto trascurata e tenuta a giacere nei cassetti  senza discussione, giocando il Parlamento sul fatto che la legge attuativa della Costituzione non parla di termini entro i quali calendarizzare la Proposta di legge e metterla alla discussione. In teoria una Proposta di legge popolare potrebbe non venir mai discussa. 
Non parlo delle Petizioni che proprio non rivestono nessuna forma di pressione popolare.
Ma poi il più grande difetto di questi istituti di democrazia diretta è che di per se stessi sono inaccessibili ai cittadini comuni, fino ad adesso a questi strumenti avevano potuto far ricorso solo organizzazioni partitiche, movimenti, formazioni politiche. Crediamo che la nostra proposta di legge sia il primo caso in tutta la storia repubblicana di un partecipazione effettivamente “popolare” nel senso di cittadini del tutto svincolati, da movimenti, partiti, e soprattutto senza nessun tipo di finanziamento.  E’ per questo, almeno in parte è per questo, che siamo stati ricevuti dalla presidenza della camera,  non in un atto dovuto, perché mai verificato prima, ma in un atto sentito in virtù proprio del nostro percorso genuinamente popolare.

3)      I partiti politici.
I partiti politici dovrebbero essere le organizzazioni dentro  le quali e attraverso le quali si dovrebbe manifestare la gran parte della sovranità popolare di cui l a Costituzione parla al primo articolo. I partiti dovrebbero essere portatori di altrettante diverse concezioni dell’interesse generale, il loro ruolo dovrebbe consistere nel decantare l’immediatezza degli interessi particolari, commisurandoli alla stregua di una interpretazione dell’interesse generale e nel proporsi, infine, di influire in principio, in genere, sulle decisioni politiche della comunità statale. La funzione strumentale dei partiti rispetto all’attuazione del principio democratico e della sovranità popolare non potrebbe essere più incisivamente delineata e chiarita come nell’art. 49 della Costituzione quando letteralmente si afferma  che i cittadini hanno il diritto “di associarsi liberamente in partiti per concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale”.  Essi dovrebbero assumere quindi un ruolo di duplice figura, prima come autorganizzazione dei cittadini e poi di “ponte” fra popolo, Parlamento e Governo.  In teoria il concorso dei cittadini, tramite i partiti, alla determinazione della politica nazionale dovrebbe essere un concorso permanente, autonomo e distinto rispetto al diritto elettorale limitato a singole e puntuali, sebbene periodicamente ricorrenti singole manifestazioni.
Nonostante la chiarezza e la limpidità delle affermazioni della Costituzione risulta chiaro a tutti lo svuotamento progressivo di questi principi: la delega di fatto non esiste e la rappresentanza data attraverso il voto è del tutto insignificante ed assente, gli strumenti di democrazia diretta sono incredibilmente inaccessibili, i partiti non rappresentano altro che i loro stessi interessi differenti e distaccati da quelli che dovrebbero affermare.

Il 5° stato
 Abbiamo appena accennato sopra all’affermarsi nella storia del 3° e 4° stato, la borghesia e il proletariato e il conseguente affermarsi dei loro bracci operativi, partiti e sindacati e abbiamo brevemente esaminato le condizioni attuali in  cui essi ci hanno condotto. E’ sotto gli occhi di tutti lo stato di degrado morale, etico, sociale, di principi e di valori nel quale siamo costretti a vivere ed a dibatterci e non staremo qui a parlarne ulteriormente. I partiti sono al minimo storico di gradimento, l’insofferenza per la Politica così come si manifesta aumenta sempre più, l’antipolitica cavalca a volte questo malessere senza proporre alternative per il futuro ( a proposito anche noi siamo stati tacciati di populismo ed antipolitica nonostante ricorrevamo ad uno degli strumenti più nobili  che prevede la costituzione). Occorre allora una  svolta, una svolta radicale che investa tutta la società e il modo di pensare, che investa tutte le istituzioni, dalla forma stato alle aggregazioni dei cittadini.
Forse è l’ora di ricorrere alle utopie, ai grandi sogni alla fantasia,  forse è l’ora di mettere in pratica quello che un grande dei nostri giorni affermava: Ecco i pazzi, gli spostati, i ribelli, gli agitatori, i pioli rotondi nel buco quadrato, quelli che vedono le cose in modo diverso. Essi non amano le regole e nessun rispetto per lo status quo. Li potete citare o essere in disaccordo, li potete glorificare o vilipendere. Ma la sola cosa che non potete fare è ignorarli, perché cambiano le cose. Spingono avanti la razza umana. E mentre molti li vedono come dei pazzi, noi ne vediamo il genio. Perché la gente che è così folle da pensare che può cambiare il mondo, è quella che lo farà” (S. Jobs)

E’ l’ora comunque di andare oltre, di costruire qualcosa di nuovo, di avere nella mente un grande disegno forse utopico, ma sulla visione di questo, procedendo a piccoli passi, demolire l’esistente ed edificare il nuovo, per gradi se vogliamo, ma andare in quella direzione.
Sono ormai alcuni anni che i teorici di scienze politiche, i cultori di dottrine politiche e sociali stanno teorizzando e prevedendo la nascita di quello che chiamano il 5° stato. Per la verità questa elaborazione teorica riguarda ancora solo le aziende e l’economia, ma personalmente credo che si debba estenderla anche alle altre discipline e in primis la Politica.
Angelo Pasquarella nel suo saggio “il quinto stato” parla dei “knowledge workers” alla lettera “operatori della conoscenza” , “lavoratori del sapere” che individua come una classe del tutto nuova a cui manca solo la consapevolezza di sé per diventare dopo nobiltà, clero, borghesia e proletariato, il 5° stato, la forza trainante del nuovo secolo. E’ un messaggio con larghi margini utopici e al limite del paradosso, ma secondo l’autore, gli operatori della conoscenza saranno coloro che trasformeranno l’attuale epoca post-industriale, ancorata a modelli mentali, valori e comportamenti del sistema industriale in via di superamento. Ah! non avevo detto che i knowledge workers sono coloro che utilizzano la rete e le enormi possibilità fornite da internet, per la loro conoscenza in tutti i campi, e Pasquarella si sofferma su quello che sarà il loro ruolo, sul loro modo di pensare e di agire, sui valori di cui sono portatori e su come le imprese cambieranno con loro.  Mentre il processo industriale è governato dall’alto, dai capi, il processo post-industriale è governato dal basso, dai knowledge workers e la conseguenza è l’alterazione dei modelli gerarchici a cui siamo abituati, gli operatori della conoscenza passeranno dal rapporto contrattuale di dipendenza a quello professionale e a quello imprenditoriale con estrema facilità spostando la “cultura della dipendenza”  verso quella della competenza. Vogliono essere protagonisti della loro vita, non hanno nessun timore reverenziale verso l’azienda che diventa solo un partner per realizzare le aspirazioni proprie.
 Queste sono le teorie di Pasquarella, ma anche di altri  teorici e cultori di dottrine politiche e sociali. Io vorrei fare un passo ulteriore.

Internet e la rete  non sono stati e sono e saranno decisivi solo per l’economia e le aziende, ma i knowledge workers sono attivi in tutti i campi, dalle arti, alla letteratura, alla politica.
Io personalmente ho conosciuto la potenza di questi operatori della conoscenza durante la primavera araba ed ho apprezzato il loro contributo, mi sono reso conto che attraverso la rete e con il lavoro di questi operatori nel campo dell’arte si possono bypassare Gallerie, mercanti e critici d’arte, si possono bypassare editori e premi letterari nel campo della scrittura o addirittura possono promuovere essi stessi concorsi e edizioni nella rete, ma questa democrazia effettiva e compiuta nei campi citati può avvenire naturalmente anche nel campo della politica.  Il processo politico è governato dall’alto e al chiuso delle stanze dei bottoni, ma la consapevolezza del loro ruolo porterà gli operatori della conoscenza ad essere protagonisti anche della politica e non semplici “dipendenti” di decisioni prese sulla loro testa. Non dico oltre, penso che il concetto sia abbastanza chiaro, ma quando questa nuova consapevolezza sarà diffusa, una nuova rivoluzione culturale ed etica comincerà a prendere forma, comincerà a costituirsi veramente il 5° stato, il benessere della polis sarà al centro, gli interessi particolari e corporativi saranno finalmente rimossi a favore degli interessi generali e condivisi dalla comunità.
Il problema è che questo disegno a metà fra l’utopia e la realtà, non è un disegno a breve. Non avrà, se andremo in quella direzione, i lunghissimi tempi che portarono la borghesia ed il proletariato a darsi un profilo “ideologico” e i propri  strumenti operativi, oggi i tempi sono alquanto più veloci, ma il 5° stato dovrà necessariamente avere a disposizione del tempo per darsi una identità e dotarsi delle organizzazioni adatte che saranno, per forza di cose, notevolmente diverse da quelle attuali.
E allora sono naturalmente necessarie tappe intermedie.
Quando costituimmo questo gruppo, le idee esposte sopra erano quelle che ci spronavano nel nostro sogno, ma per raggruppare persone a cominciare a discutere gradualmente questo disegno, dovevamo cercare da subito degli obiettivi attuali e condivisibili in maniera universale, oltre e sopra ideologie e pseudo ideologie di parte, oltre destra e sinistra, oltre tende di appartenenza, oltre i nostri piccoli orticelli.
Ho definito sopra la nostra proposta di legge come il primo tratto di matita del nostro disegno, ma il tratto doveva essere ben definito, riconoscibile universalmente, accettabile senza riserve, semplice e senza possibilità di travisamenti, comprensibile alla generalità e soprattutto doveva andare verso quella democrazia diretta che era un passo, un primo passo della rivoluzione culturale ed etica che volevamo intraprendere, poi non ultimo, doveva essere non attaccabile dal punto di vista dell’antipolitica, del populismo e del qualunquismo. Ricorrere direttamente alla Costituzione ci metteva al riparo, senza ombra di dubbio, anche da queste critiche.
Il mezzo per portare avanti questo utopico-reale sogno fu individuato in Facebook, un social network, agile, duttile, malleabile, che non aveva bisogno di particolari e ingessati organigrammi che volevamo sconfiggere.
Mario Rigli


martedì 15 maggio 2012

L'Omelia del Papa ad Arezzo



Domenica scorsa Papa Benedetto XVI ha fatto visita alla nostra comunità. La sua Omelia è stata una riflessione profonda non solo per la comunità cristiana ma per tutta la società. Ci sembra opportuno lanciare anche su questo blog una discussione non solo sull'evento ma soprattutto sui pensieri, i principi e i sentimenti che il Santo Padre ha espresso al Parco "Il Prato" di Arezzo Domenica 13 maggio.


Cari fratelli e sorelle!
E’ grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Porgo il mio cordiale saluto a tutti voi e vi ringrazio per la calorosa accoglienza! Saluto il vostro Pastore, Mons. Riccardo Fontana, che ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto, gli altri Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Un deferente saluto al Sindaco, Avvocato Giuseppe Fanfani, grato per il suo indirizzo di saluto, al Senatore Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri, e alle altre Autorità civili e militari. Un ringraziamento speciale a coloro che hanno generosamente collaborato per questa mia Visita Pastorale.
Oggi mi accoglie un’antica Chiesa, esperta di relazioni e benemerita per l’impegno nei secoli di costruire la città dell’uomo a immagine della Città di Dio. In terra di Toscana, la comunità aretina si è infatti distinta molte volte nella storia per il senso di libertà e la capacità di dialogo tra componenti sociali diverse. Venendo per la prima volta fra di voi, il mio augurio è che la Città sappia sempre far fruttificare questa preziosa eredità.
Nei secoli passati la Chiesa che è in Arezzo è stata arricchita ed animata da molteplici espressioni della fede cristiana, tra cui la più alta è quella dei Santi. Penso, in particolare, a san Donato, il vostro Patrono, la cui testimonianza di vita, che affascinò la cristianità del Medioevo, è ancora attuale. Egli fu evangelizzatore intrepido, perché tutti si liberassero dagli usi pagani e ritrovassero nella Parola di Dio la forza per affermare la dignità di ogni persona e il vero senso della libertà. Attraverso la sua predicazione ricondusse all’unità con la preghiera e l’Eucaristia i popoli per i quali fu Vescovo. Il calice infranto e ricomposto da san Donato, di cui parla san Gregorio Magno (cfr Dialoghi I, 7, 3), è immagine dell’opera pacificatrice svolta dalla Chiesa dentro la società, per il bene comune. Così attesta di voi san Pier Damiani e con lui la grande tradizione Camaldolese che da mille anni, dal Casentino, offre la sua ricchezza spirituale a questa Chiesa diocesana e alla Chiesa universale.
Nella vostra Cattedrale è sepolto il beato Gregorio X, Papa, quasi a mostrare, nella diversità dei tempi e delle culture, la continuità del servizio che la Chiesa di Cristo intende rendere al mondo. Egli, sostenuto dalla luce che veniva dai nascenti Ordini Mendicanti, da teologi e Santi, tra cui san Tommaso d’Aquino e san Bonaventura da Bagnoregio, si misurò con i grandi problemi del suo tempo: la riforma della Chiesa; la ricomposizione dello scisma con l’Oriente cristiano, che tentò di realizzare con il Concilio di Lione; l’attenzione per la Terra Santa; la pace e le relazioni tra i popoli – egli fu il primo in Occidente ad avere uno scambio di ambasciatori con il Kublai Khan della Cina.
Cari amici! La prima Lettura ci ha presentato un momento importante in cui si manifesta proprio l’universalità del Messaggio cristiano e della Chiesa: san Pietro, nella casa di Cornelio, battezzò i primi pagani. Nell’Antico Testamento Dio aveva voluto che la benedizione del popolo ebreo non rimanesse esclusiva, ma fosse estesa a tutte le nazioni. Sin dalla chiamata di Abramo aveva detto: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3). E così Pietro, ispirato dall’alto, capisce che «Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga» (At 10,34-35). Il gesto compiuto da Pietro diventa immagine della Chiesa aperta all’umanità intera. Seguendo la grande tradizione della vostra Chiesa e delle vostre Comunità, siate autentici testimoni dell’amore di Dio verso tutti!
Ma come possiamo noi, con la nostra debolezza, portare questo amore? San Giovanni, nella seconda Lettura, ci ha detto con forza che la liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze non è nostra iniziativa, è di Dio. Non siamo stati noi ad amare Lui, ma è Lui che ha amato noi e ha preso su di sé il nostro peccato e lo ha lavato con il sangue di Cristo. Dio ci ha amato per primo e vuole che entriamo nella sua comunione di amore, per collaborare alla sua opera redentrice.
Nel brano del Vangelo è risuonato l’invito del Signore: «Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). E’ una parola rivolta in modo specifico agli Apostoli, ma, in senso lato, riguarda tutti i discepoli di Gesù. La Chiesa intera, noi tutti siamo inviati nel mondo per portare il Vangelo e la salvezza. Ma l’iniziativa è sempre di Dio, che chiama ai molteplici ministeri, perché ognuno svolga la propria parte per il bene comune. Chiamati al sacerdozio ministeriale, alla vita consacrata, alla vita coniugale, all’impegno nel mondo, a tutti è chiesto di rispondere con generosità al Signore, sostenuti dalla sua Parola che ci rasserena: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (ibidem).
Cari amici! Conosco l’impegno della vostra Chiesa nel promuovere la vita cristiana. Siate fermento nella società, siate cristiani presenti, intraprendenti e coerenti. La Città di Arezzo riassume, nella sua storia plurimillenaria, espressioni significative di culture e di valori. Tra i tesori della vostra tradizione, c’è la fierezza di un’identità cristiana, testimoniata da tanti segni e da devozioni radicate, come quella per la Madonna del Conforto. Questa terra, dove nacquero grandi personalità del Rinascimento, da Petrarca a Vasari, ha avuto parte attiva nell’affermazione di quella concezione dell’uomo che ha inciso sulla storia d’Europa, facendo forza sui valori cristiani. In tempi anche recenti, appartiene al patrimonio ideale della città quanto alcuni tra i suoi figli migliori, nella ricerca universitaria e nelle sedi istituzionali, hanno saputo elaborare sul concetto stesso di civitas, declinando l’ideale cristiano dell’età comunale nelle categorie del nostro tempo. Nel contesto della Chiesa in Italia, impegnata in questo decennio sul tema dell’educazione, dobbiamo chiederci, soprattutto nella Regione che è patria del Rinascimento, quale visione dell’uomo siamo in grado di proporre alle nuove generazioni. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato è un forte invito a vivere l’amore di Dio verso tutti, e la cultura di queste terre ha, tra i suoi valori distintivi, la solidarietà, l’attenzione ai più deboli, il rispetto della dignità di ciascuno. L’accoglienza, che anche in tempi recenti avete saputo dare a quanti sono venuti in cerca di libertà e di lavoro, è ben nota. Essere solidali con i poveri è riconoscere il progetto di Dio Creatore, che ha fatto di tutti una sola famiglia.
Certo, anche la vostra Provincia è fortemente provata dalla crisi economica. La complessità dei problemi rende difficile individuare le soluzioni più rapide ed efficaci per uscire dalla situazione presente, che colpisce specialmente le fasce più deboli e preoccupa non poco i giovani. L’attenzione agli altri, fin da secoli remoti, ha mosso la Chiesa a farsi concretamente solidale con chi è nel bisogno, condividendo risorse, promuovendo stili di vita più essenziali, contrastando la cultura dell’effimero, che ha illuso molti, determinando una profonda crisi spirituale. Questa Chiesa diocesana, arricchita dalla testimonianza luminosa del Poverello di Assisi, continui ad essere attenta e solidale verso chi si trova nel bisogno, ma sappia anche educare al superamento di logiche puramente materialistiche, che spesso segnano il nostro tempo, e finiscono per annebbiare proprio il senso della solidarietà e della carità.
Testimoniare l’amore di Dio nell’attenzione agli ultimi si coniuga anche con la difesa della vita, dal suo primo sorgere al suo termine naturale. Nella vostra Regione l’assicurare a tutti dignità, salute e diritti fondamentali viene giustamente sentito come un bene irrinunciabile. La difesa della famiglia, attraverso leggi giuste e capaci di tutelare anche i più deboli, costituisca sempre un punto importante per mantenere un tessuto sociale solido e offrire prospettive di speranza per il futuro. Come nel Medioevo gli statuti delle vostre città furono strumento per assicurare a molti i diritti inalienabili, così anche oggi continui l’impegno per promuovere una Città dal volto sempre più umano. In questo, la Chiesa offre il suo contributo perché l’amore di Dio sia sempre accompagnato da quello del prossimo.
Cari fratelli e sorelle! Proseguite il servizio a Dio e all’uomo secondo l’insegnamento di Gesù, il luminoso esempio dei vostri Santi e la tradizione del vostro popolo. In questo compito vi accompagni e vi sostenga sempre la materna protezione della Madonna del Conforto, da voi tanto amata e venerata. Amen!

martedì 8 maggio 2012

....e meno male che c'è Carla Bruni !!!


Ieri si è votato in Italia. Primo partito, e in continua ascesa, sono gli astenuti, che ieri hanno toccato il 34%. I partiti tradizionali ne sono usciti con le ossa rotte, se PDL e Lega sono malconci certo il PD non gode di ottima salute e forse è ancora in convalescenza dopo le botte prese alle primarie. In alcuni dei comuni più importanti interessati dal voto il PDL non riesce ad andare al ballottaggio. La Lega prende le “scoppole” più sonore su un terreno a lei caro, quello amministrativo, lasciando ad altri le storiche roccaforti brianzole. Appurato che le colpe di tale debacle non sono del governo Monti del quale la Lega rappresenta la più strenua sostenitrice delle opposizioni, i leader del Carroccio si dovrebbe chiedere: se fino a due anni fa il partito si vantava di aver sostituito il PCI nel voto delle classi sociali più deboli in particolare nella classe operaia e nei pensionati del nord, perché adesso questi dovrebbero sentirsi rappresentati da chi al grido “Roma Ladrona” utilizzava il finanziamento pubblico a scopo (…e che scopo) privato?


Discorso a parte merita il Movimento 5 Stelle. L’antipolitica si fa politica. In provincia di Vicenza il Movimento 5 Stelle ottiene il suo primo sindaco, quasi ovunque raggiunge la doppia cifra a Genova sfiora il ballottaggio perdendo la corsa al fotofinish col candidato del terzo polo. Non voglio discutere a lungo su LVM di numeri, ma, non me ne vogliate, vorrei riprendere quanto condiviso con alcuni amici negli ultimi tempi. Durante qualche cena è capitato di discutere di politica, gente che come me ha avuto tessere di partito, si è impegnata in campagne elettorali ed è stata perfino candidata ed eletta. In tutti montava un profondo disagio nel riconoscersi nella situazione politica attuale. Per tutti alla domanda “ma se domattina votassimo a chi daresti il voto?” la risposta è stata una forte tentazione se non l’intenzione di appoggiare il M5S. Perché non provare a scardinare gli schemi, perché dare ancora fiducia a chi da troppo tempo sta buttando a mare le proprie possibilità? Perché fidarsi ancora di chi ha rimandato la decisione sul finanziamento pubblico ai partiti (o rimborso elettorale) a dopo le elezioni? Questo deve essere stato il pensiero di chi tra domenica e lunedì ha dato fiducia ai candidati del M5S e questi potrebbero essere i pensieri di coloro che tra due anni saranno chiamati a rinnovare il nostro parlamento.

In Provincia di Arezzo. In questi giorni mi sono recato per lavoro a Castiglion Fiorentino dove ieri si sono tenute le elezioni amministrative. Sappiamo che il comune è gravato da una situazione debitoria accertata di circa 9.5 mln di euro, è amministrato da un commissario ed ha attivo l’organo liquidatore. Questo comporta una situazione pesante per i cittadini con le tasse locali al massimo, gli investimenti praticamente ridotti all’osso e anche un piano di rientro del debito che tra le altre vedrà all’asta, con ogni probabilità,  alcuni beni di proprietà comunali. Nonostante questo ho visto un certo fermento in vista delle elezioni amministrative. 6 candidati a sindaco, 120 candidati alla carica di consigliere. Ne sono rimasto stupito: perché mi dovrei candidare ad amministrare un comune che per i prossimi anni sarà “ingessato”? Stupito ma felice, sarà l’amore e l’affetto per la terra dove si è nati e dove si vive, ma in questo comune l’antipolitica ha perso contro la voglia di “rimboccarsi le maniche”.
Per la cronaca dei sei candidati solamente uno aveva nel proprio simbolo un chiaro riferimento partitico (falce e martello), gli altri, a meno che non si conoscano le vicende locali, non erano identificabili in appartenenze a partiti e nei simboli non ve n’era traccia, addirittura un candidato capeggiava una lista chiamata “Senza Partiti”. Il sindaco è stato eletto con il il 22,60% dei voti con gli altri che lo hanno seguito a pochi decimali.

Accade in Francia. Il marito di Carlà fino a qualche mese fa sembrava invincibile, ma Francois Sarkozy è uscito sconfitto alle elezioni. Paga forse la crisi economica generale, paga la sua deriva populista alla ricerca affannosa dei voti di Marine Le Pen che ha finito invece per fargli perdere anche i voti moderati dei centristi. Se ne va da uomo di stato, assumendosi le responsabilità della sconfitta, richiamando i francesi all’unità attorno alla figura del presidente Hollande e annunciando che si ritirerà dalla politica.
Ritirarsi dalla politica…quanto sembra lontana la Francia

Paolo Bizzarri

martedì 1 maggio 2012

Poverini, paghiamoli un po' di più



L’impressionante attualità dell’articolo che proponiamo oggi, giorno della festa dei lavoratori, ci fa riflettere su quanto certe cose non siano cambiate molto negli ultimi trent’anni. Forse sono solo peggiorate.

Poverini, pagiamoli un po' di più 
 
Da qualche tempo il dottor Alberto Grandi appariva amareggiato e depresso. Se non fosse stato noto per la sua forza d’animo e per la sua non mai smentita capacità di affrontare con virile fermezza le traversie della vita, arriveremmo a dire che sfiorava l’infelicità. Quest’uomo, sempre pronto a infondere coraggio ai dolenti e a esortare alla speranza gli scontenti, pareva lui stesso colto da uno sconforto, la cui causa, del resto, non nascondeva a chi si mostrava ansioso delle sue sorti. Alberto Grandi si sentiva pagato troppo, poco: da non molto tempo nominato presidente dell’Eni, egli percepiva uno stipendio di cento milioni all’anno, al quale vanno aggiunte le gratifiche che soprattutto negli enti di Stato sono puntualmente rituali, e le note spese, naturalmente incontrollate, e altre minuzie che non sapremo enumerare, delle quali ci è nota l’erogazione per così dire consolidata. Tuttavia lo stipendio era di 100 milioni, e come fa un uomo conscio del proprio valore, informato delle paghe elargite ai lavoratori, consapevole dello smodato ammontare delle pensioni minime e, soprattutto, inorridito da quello che si usa chiamare il “costo del lavoro”, causa, come tutti sanno, dell’inflazione, dello scorbuto e, per chi non l’ha già presa da fanciullo, della scarlattina e di altri mali infettivi, e tormentato dalla deprecata esistenza della scala mobile, da cui provengono, anche i cicloni e le più sfavorevoli depressioni atmosferiche?
Tale e così insostenibile era la situazione di Alberto Grandi, che il ministro delle Partecipazioni statali, il craxiano, manco a dirlo, De Michelis, il quale passa i giorni a dire che le aziende di Stato versano in condizioni disastrose e contano da 60 a 80 mila elementi in più di quanti ne occorrerebbero loro, ha improvvisamente aumentato lo stipendio di Grandi portandolo da 100 milioni l’anno a 120 milioni e, per non sembrare ingiusto, ha accresciuto da 100 a 120 milioni anche lo stipendio del presidente dell’Iti, avvocato Sette, anche lui, poverino, bisognoso di soccorsi. Sono 12 milioni al mese (più gli ammennicoli): c’è solo un operaio in Italia che non giudichi questi stipendi più che meritati e che non sarebbe anzi felice di sacrificare qualche liretta della sua paga, pur di vedere premiato il merito e compensato il sacrificio dei suoi capi?
Ma non è finita. Incoraggiato da questo primo (modesto) passettino, il dottor Grandi ha acquistato per l’Eni l’impero chimico brasiliano che fu già di Ursini. Non sappiamo (e certo non lo sa neanche il ministro) se e quali utili potrà e saprà trarne, ma sappiamo che l’on. De Michelis sta già pensando di aumentare lo stipendio a Grandi, portandolo a 150 milioni annui. Naturalmente verrà accresciuta fino alla stessa cifra anche la retribuzione annua dell’avvocato Sette. È un metodo detto per “osmosi” e ha funzioni principalmente elettorali.

Fortebraccio, 20 agosto 1981, L’Unità.


MARIO MELLONI (1902-1989), in arte Fortebraccio, è stato il più noto giornalista satirico della Prima Repubblica. Deputato democristiano e direttore del "Popolo", dopo essere passato al PCI si afferma definitivamente grazie ai corsivi pubblicati sull'"Unità".
L'articolo "Poverino, paghaimoli un po' di più" è tratto dal libro "
FORTEBRACCIO - Facce da schiaffi. Corsivi al vetriolo di un comunista indipendente" a cura di Filippo Maria Battaglia e Beppe Benvenuto.