martedì 24 aprile 2012

Terranuova: festival del Baisakhi e melting pot


E’ stato dato poco risalto sia sui siti internet che sui giornali (sul sito del comune, ad esempio, non abbiamo trovato nessuna notizia) ma Sabato scorso il centro storico di Terranuova Bracciolini è stato teatro del Festival del Baisakhi: la festa primaverile che ricorda la fondazione del sikhismo celebrandone il libro sacro (Shri Granth Sahib).
Erano centinaia tra uomini, donne e bambini della comunità Sikh che con indosso i classici vestiti dai colori intensi e le auto adornate di fiori hanno festeggiato la loro tradizione.
Pare che a Terranuova siano arrivati indiani sikh da tutta la Toscana;un’apertura importante e positiva da parte del nostro paese ad una comunità che si sta inserendo sempre di più nel nostro tessuto sociale.
L’accoglienza e la disponibilità dimostrata in quest’occasione dal nostro comune e la tranquillità e la correttezza con cui i Sikh hanno festeggiato il Baisakhi sono sicuramente una cosa molto bella per il nostro paese.
Ma a che punto è l’integrazione con le comunità straniere del nostro paese?
Per intendersi: il fatto che gli indiani frequentino esclusivamente indiani è un fattore positivo (perché mantengono più forti le loro radici e la loro cultura) o andrebbe ricercata una maggior “contaminazione” fra le culture degli ospiti e degli ospitati?
E quanto tempo occorre perché ci sia un’integrazione reale? Due generazioni?
E’ solo la scuola ad avere questa capacità di velocizzare il cosiddetto melting pot (calderone etnico) o i luoghi di lavoro potrebbero svolgere un ruolo importante in questa partita?
 Possiamo fare di più? Cosa? 
La redazione

mercoledì 18 aprile 2012

Terranuova - "Riflessi di buche"

La proposta di questa settimana (pubblicata in realtà con 24 ore di ritardo) è un’email, con tanto di allegati fotografici, inviata alla redazione dall’amico Nando Poccetti.
Il tema, presentato in maniera artistica e provocatoria, rappresenta un ricorrente argomento di discussione: la valorizzazione del centro storico e la manutenzione delle strade principali del paese; tra chi pensa che la valorizzazione del nostro paese non possa prescindere dalla manutenzione ordinaria e straordinaria delle sue arterie principali e chi invece ritiene che le priorità siano ben altre… Buona discussione 

La Redazione

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Le  foto “RIFLESSI  DI  BUCHE”  di Nando Poccetti fanno  parte dell’album  TERRANUOVA  ULTIMA





Commento dell’autore delle foto: Quando un giorno, spero non molto lontano, anche Terranuova, come la maggior parte dei paesi d’Italia, avrà Via Roma recuperata in pietra serena, avrò nostalgia di queste foto ... per adesso stimolano la mia fantasia alla ricerca di scorci di paese riflessi nelle buche colme d’acqua piovana.

Nando Poccetti

martedì 10 aprile 2012

Le ostriche del potere


C'è qualcosa di eccessivo, di sottilmente smodato, nel rapporto tra la classe dirigente italiana e la dimensione del denaro e del lusso che il denaro consente. È una sorta di incontinenza e di esibizionismo senza freno; di compulsività acquisitiva. Sembra che in questo Paese per banchieri e imprenditori, per alti burocrati, professionisti di grido e parlamentari, per chi insomma conta qualcosa, ogni retribuzione non sia mai abbastanza elevata, ogni privilegio e ogni prelibatezza non siano mai troppo esclusivi, ogni manifestazione di ricchezza mai troppo smaccata.
La classe politica fornisce gli esempi se non più clamorosi senz'altro più noti. Intercettazioni, cronache giornalistiche, atti giudiziari restituiscono l'immagine di un gruppo di persone spesso proprietarie di ville su remote spiagge oceaniche o di case con viste strepitose sui più bei centri storici della penisola, intente appena possono a trascorrere vacanze in costosissimi resort esotici, a consumare pranzi e cene in locali da nababbi. Al senatore Lusi capitava di ordinare al ristorante piatti di spaghetti con non so che cosa, del costo di appena 180 euro. Viene da chiedersi: «Era sempre solo? E ai suoi ospiti sembrava ovvio andare in un posto del genere?». Evidentemente sì. Certamente appariva ovvio al sindaco di Bari Emiliano (e nel capoluogo pugliese non solo a lui, a quel che sembra) ricevere come regalo un intero acquario commestibile. Ogni anno, con le scuse più inverosimili, decine di delegazioni di consiglieri comunali e regionali (quelli della Sicilia in testa, di regola) si regalano a spese dei contribuenti viaggi in prima classe nelle mete più lontane e negli alberghi più costosi.
Ma non sono certo solo i politici. Don Verzé e i suoi collaboratori trascorrevano piacevoli (e frequenti) periodi di relax in alberghi e località di gran classe messi naturalmente a carico dei bilanci di enti nati per tutt'altri scopi ma che si ritrovavano non si sa perché ad averne la proprietà. Di espedienti più o meno analoghi si servono migliaia di italiani ricchi per i quali lo yacht o l'aereo privato sembrano ormai diventati necessari come l'aria. Per qualunque medio industriale scendere in un hotel come minimo (come minimo) a 5 stelle è ormai un'abitudine irrinunciabile. Così come in hotel come minimo a 5 stelle, o in favolose ville su qualche lago, o a Capri, o a Santa Margherita, si svolgono i loro convegni. Mai, chessò, in una bella sala dell'«Umanitaria» o alle «Stelline», no. E se proprio deve essere un postaccio come Milano, almeno il «Four Seasons».
È tutta l'élite italiana che ha perduto il gusto aristocratico della sprezzatura che è il contrario dell'affettazione, il piacere e il senso dell'eleganza fondata sulla sobrietà. La famosa mela che il presidente Einaudi chiese durante una cena se qualcuno voleva dividere con lui, forse neppure compare più nei menu del Quirinale. Così come non ha trovato molti imitatori il supremo snobismo, vagamente venato di tirchieria, che portava il suo altrettanto famoso figlio editore a scovare sperdute osterie dal cibo squisito (a suo dire) ma economicissime.
La moda è lo specchio di questo tracollo. I giovani della haute lombarda di una volta, vestiti d'inverno con i loden e le alte scarpe di Vibram; i vecchi tweed inglesi, che un tempo indossavano con nonchalance i signori della buona borghesia napoletana, hanno fatto posto alla tetra eleganza acchittata degli attuali trenta-quarantenni in carriera, abbigliati rigorosamente in nero come bodyguard o necrofori.
Queste odierne esibizioni e possibilità, così vaste, di lusso ostentato, di superfluo, questa mancanza di misura, dicono molte cose dell'élite italiana. Ci dicono per esempio di un gran numero di redditi occulti, di guadagni privati protetti da leggi compiacenti, e naturalmente di evasione e più ancora di elusione fiscale su grande scala, che la caratterizzano. Ci dicono, ancora, di una sua complessiva, forte diversità rispetto agli altri grandi Paesi europei con cui amiamo confrontarci. Nei quali, tanto per dire, almeno un buon numero di parlamentari italiani sarebbe stata già da tempo, per una ragione o per l'altra, costretta a furor di popolo a dimettersi; dove difficilmente sarebbero tollerati i cumuli di incarichi e di prebende con cui in Italia alti magistrati e grand commis si permettono tenori di vita elevatissimi; dove i rapporti incestuosi tra molti di loro e il mondo degli affari privati (conditi spesso e volentieri di cene, viaggi e vacanze insieme) sarebbero oggetto di censure e di provvedimenti severi.
Ma il rapporto della classe dirigente italiana con il denaro e con il lusso forse parla di qualcosa di più profondo. La sfrontata pervicacia con cui troppe volte essa esibisce entrambi sembra rispondere più che altro, infatti, al bisogno di occultare un intimo senso d'insicurezza. Quasi che sentendosi inadeguata al proprio ruolo, ai contenuti reali e impegnativi di questo, l'élite italiana pensasse di mostrarsi superiore nel modo più facile che le è possibile: con i soldi. Ma così agi e guadagni, invece di rappresentare in qualche modo una conferma della sua superiorità, alla fine sono solo la riconferma della sua inadeguatezza. Della sua lontananza dal Paese reale, della sua inettitudine a capire il bisogno che oggi esso esprime di essenzialità e di misura.

Ernesto Galli della Loggia, 19 marzo 2012, Corriere della sera.

martedì 3 aprile 2012

CASSA DI ESPANSIONE TORRENTE RIOFI

Lo scorso 18 gennaio il Consiglio Comunale di Terranuova Bracciolini ha adottato la variante al Regolamento Urbanistico per gli interventi che, come dichiarato dal Sindaco, andranno “a beneficio di quei cittadini che subiscono il disagio ambientale della discarica di Podere Rota e che vivono nei pressi dell’ impianto. Si tratta delle casse di espansione dei torrenti limitrofi, la seconda fase dell’ adeguamento della strada delle Cave, la realizzazione di un acquedotto e di un metanodotto fino all’ abitato di Riofi-Fossato nonché la costruzione di due ponti sul corso d’ acqua, di cui uno davanti a Costachiara. Il valore complessivo degli interventi si aggira sui 10 milioni di euro. Dei quali 6,5 milioni per le casse di esondazione, 2 per la strada delle cave e l’ acquedotto ed il resto per metanodotto e i due ponti” (Il Nuovo Corriere Aretino, 26.01.2012).
Una volta cominciato a raccogliere materiale per chiarirmi le idee e presentare l’ argomento ai lettori del blog, mi sono accorto che a prevalere erano di gran lunga le domande. Una tirava l’ altra. Fino a farmi pensare che la cosa migliore fosse lasciare il post aperto al contributo di tutti coloro che desiderassero spiegare, integrare, contraddire.
Prima questione: la compensazione del disagio ambientale. Stando all’ intervista del Sindaco, la cassa di espansione è legata all’ ampliamento della discarica. Riferisce infatti il primo cittadino: “La nostra società Csai, d’ accordo con la Conferenza dei Servizi, ha predisposto con il progetto di ampliamento della discarica anche l’ adeguamento delle opere connesse, le cosiddette prescrizioni”. Se però guardiamo indietro nel tempo, troviamo che gli interventi idraulici facevano già parte di un accordo di programma che la Provincia di Arezzo, il Comune di Terranuova Bracciolini e il Comune di San Giovanni Valdarno avevano firmato il 26 marzo 2002, in quanto ritenevano indispensabile “la realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche” nelle località Santa Maria e Badiola al fine “di garantire, da un lato, il pieno, più corretto e funzionale svolgimento delle attività di gestione dei rifiuti collegate all’ impianto di discarica di Casa Rota, e, dall’ altro, le migliori condizioni di vivibilità per la popolazione residente in zona”. Dunque, se ho ben capito: nel 2002, dopo tredici anni di esercizio della discarica, vengono individuati vari interventi di compensazione del disagio ambientale, fra i quali le opere di riduzione del rischio idraulico; dieci anni dopo, nel 2012, queste stesse opere sono ‘spese’ nuovamente quale forma di risarcimento per l’ ampliamento della discarica e il protrarsi del suo esercizio. Sembra una sorta di ‘pago uno e compro due’.
Seconda questione: appunto, chi paga? Stando all’ accordo di programma del 2002, la società proprietaria dell’ impianto. Ugualmente secondo l’ autorizzazione integrata ambientale (AIA) con cui la Provincia di Arezzo ha approvato, il 14 marzo 2011, il progetto di ampliamento della discarica, prescrivendo che “dovranno essere realizzate, a cura e spese della Società proponente, le opere ed interventi per la completa messa in sicurezza idraulica dell’ area posta a valle dell’ impianto, lungo la strada provinciale ed il Borro di Riofi”. Ma se pagherà CSAI, è anche presumibile che i costi si rifletteranno sulla tariffa che i cittadini dovranno corrispondere per il servizio di smaltimento dei rifiuti. Salvo che non venga diversamente stabilito da tutti i soggetti interessati: Provincia, Comuni, Comunità di Ambito e CSAI. I quali, per adempiere le prescrizioni dell’ AIA, avevano anche l’ obbligo di stipulare entro il 10 settembre 2011 una convenzione che disciplinasse “responsabilità, modalità e termini per l’ approvazione del progetto e la realizzazione delle opere e degli interventi in esso previsti”. Non mi risulta che si sia giunti a una tale convenzione, né che sia stata data spiegazione del mancato rispetto dei tempi.
Terza questione: quanto costano le opere? Nell’ intervista il Sindaco ha parlato di 6,5 milioni per la cassa di espansione e di 2 milioni per la variante stradale. L’ accordo di programma del 2002 indicava invece un tetto di spesa totale di 3.615.198 euro, senza entrare nel dettaglio dei singoli interventi.
Quarta questione: potrebbero costare meno? È un interrogativo destinato a rimanere senza risposta, dal momento che non è prevista l’ assegnazione dei lavori mediante gara. Poniamo allora la domanda in altri termini: nell’ attuale situazione di crisi generalizzata quanti sono in Valdarno i lavori da 8,5 milioni di euro? e quante le imprese con un portafoglio così ricco da non essere disposte a proporre un ribasso su un simile importo?
Quinta questione: i rapporti di costo. L’ ampliamento della discarica richiederà 6 milioni di euro. Gli interventi di mitigazione connessi, comprensivi di metanodotto e acquedotto, altri 10 milioni. È sostenibile uno squilibrio in cui le opere accessorie costino il 167% di quella principale? E quand’ anche lo fosse dal punto di vista formale e strettamente finanziario, lo sarebbe pure dal punto di vista sociale e politico? Non si configurerebbe come un disagio ambientale supplementare da pagare al Comune di Terranuova Bracciolini?
Sesta questione: ne vale la pena? Non sono riuscito a trovare notizie su quanti manufatti verrebbero messi in sicurezza dalla realizzazione della cassa di espansione. Domando: è stato verificato il numero di abitanti interessato? è stata redatta un’ analisi costi/benefici dell’ intervento?
Settima questione: di quanto aumenterà il costo di smaltimento dei rifiuti? Il piano finanziario redatto a corredo del progetto di ampliamento della discarica non contempla gli interventi di compensazione connessi. Sono previsti costi pari a 50,28 €/t e ricavi per 53,30 €/t. Assumendo che le nuove vasche, il cui volume totale sarà di 1.587.768 m3, possano accogliere due milioni di tonnellate di rifiuti (previo passaggio nel selettore), le opere accessorie dell’ ampliamento della discarica andrebbero a incidere per 10.000.000 € : 2.000.000 t = 5 euro a tonnellata, determinando un aumento del 10% del costo di smaltimento dei rifiuti (da 50,28 €/t a 55,28 €/t). Ne sono tutti consapevoli?
Ottava questione: il consenso sociale. È certo che la cassa di espansione sia la forma di compensazione del disagio ambientale ritenuta prioritaria da coloro che abitano nei pressi della discarica?
Un grazie per ogni ulteriore informazione e chiarimento che cittadini, amministratori e tecnici vorranno darci.
Silvio Cazzante