martedì 26 aprile 2011

Osservatorio sulla Discarica di Podere Rota.

Questa settimana abbiamo ricevuto un contributo di Catia Naldini, 47 anni, impiegata presso un'azienda di San Giovanni, dal Febbraio 2010 eletta rapprresentante dei cittadini per l'Osservatorio della Discarica di Podere Rota. La Ringraziamo e pubblichiamo.



Poco più di un anno fa è nato l’Osservatorio della Discarica di Podere Rota, uno strumento voluto dai cittadini e da alcune amministrazioni comunali, in seguito alla difficile risoluzione e all’incremento dei disagi provocati dalla Discarica di Podere Rota.
Nell’Osservatorio i rappresentanti delle amministrazioni e dei cittadini dei comuni di Terranuova B.ni, San Giovanni V.no, Castelfranco di Sopra e i rappresentanti delle società della discarica, dall’ASL, dell’ARPAT e dell’ATO si riuniscono per affrontare insieme alcuni aspetti legati alla discarica stessa e per individuare possibili soluzioni. La nascita dell’osservatorio ha finalmente dato avvio ad un percorso di partecipazione dei cittadini alla questione spinosa della gestione dei rifiuti e dei problemi ad essa connessa.

Uno dei problemi legati alla discarica più “sentiti” dalla popolazione e quindi ampiamente dibattuto all’interno dell’osservatorio è sicuramente quello dei cattivi odori, fortemente incrementato negli ultimi anni. Dopo l’esperienza del monitoraggio degli odori con i nasi elettronici, sempre sul trend della partecipazione dei cittadini, in ottemperanza ad una prescrizione della Provincia sul procedimento di VIA ,è stato attivato un monitoraggio odori partecipato in cui gli stessi cittadini si sono messi a disposizione come rilevatori degli odori, mentre di pari passo gli altri attori in gioco verificavano a quali attività corrispondessero picchi di emissioni odorigene per poter poi prendere i dovuti provvedimenti. Eppure, nonostante questi buoni propositi di partecipazione dei cittadini e di volontà di analisi e risoluzione dei problemi molti dubbi rimangono sulla vera sostanza di queste azioni e sul modo di condurre questi rapporti di collaborazione.


Come rappresentante dei cittadini di San Giovanni all’interno dell’Osservatorio quotidianamente mi scontro con una serie di perplessità e atteggiamenti sterili che portano a pensare che l’Osservatorio in realtà sia una struttura dovuta, fine a se stessa e di parvenza, che esiste nella carta formalmente che è servita a giustificare certe scelte e rafforzare certe decisioni, (viene riportato a prova e motivazione di certe scelte e decisioni nelle convenzioni tra le società e i comuni, nella VIA e nell’AIA) ma che in realtà non esiste funzionalmente ed invece di essere uno STRUMENTO di lavoro di confronto e di incontro, rischia di essere strumentalizzato proprio dagli enti preposti alla tutela controllo. Le motivazioni che portano a queste considerazioni sono molteplici, ne elencherò alcune sperando di suscitare una proficua discussione e cercando di coinvolgere tante persone che vivendo “sufficientemente lontane da non sentire il puzzo” spesso si dimenticano di ciò che la presenza della discarica implica nel nostro territorio e nella nostra vita.


Senza dubbio l’osservatorio sta dando dei risultati: ha accorciato notevolmente le distanze tra i cittadini, le società e gli enti di controllo e inoltre fa da cassa di risonanza di alcune istanze che fino a poco tempo fa erano interesse e prerogativa solo di pochi. Di fatto però l’osservatorio non funziona o ancora non funziona come dovrebbe :


• perché non è mai stato approvato un regolamento?

• perché , anche solo nel mettere a disposizione i documenti, non si percepisce una vera volontà di trasparenza e di fiducia reciproca?

• perché soprattutto non esistono verbali delle sedute, per cui niente di quello che viene detto e deciso può essere attuato o anche semplicemente verificato?

• Perché non vengono stanziati soldi a disposizione per l’Osservatorio, con il rischio che anche eventuali azioni di monitoraggio o di correzione che possono essere intraprese su proposta dell’Osservatorio vengano finanziate addebitandole ai cittadini in tasse?

• Perché quando i cittadini hanno segnalato in questi due mesi (marzo e aprile) agli enti di controllo come ARPAT o ASL la presenza dei cattivi odori della discarica e hanno chiesto l’intervento per verificare il disagio e la causa che lo provoca, spesso è stato riposto che c’è un monitoraggio in corso e che l’osservatorio si è assunto il compito di raccogliere le segnalazioni e di elaborarle, come se l’Osservatorio si sostituisse alle funzioni DI TUTTI GLI ENTI deputati alla tutela della salute e del territorio.?

• Perché in questo scenario NON a tutti gli attori è ben chiara la propria mansione e responsabilità e non c’è voglia di fare chiarezza?

• Perché, alla richiesta da parte del presidente Maurizio Viligiardi di convocazione dell’Osservatorio alla presenza dei consiglieri comunali dei tre comuni in cui il Prof. Beretta (incaricato dalla Provincia come consulente nel lavoro della Conferenza dei Servizi) illustri la relazione svolta nella fase di autorizzazione all’ampliamento) si è cercato di darne un altro utilizzo? (presentazione dell’AIA da parte della provincia) e perché non è ancora chiaro se sia stata correttamente evaso l’invito e l’ordine del giorno a tutti i consiglieri comunali?

• Perché, nonostante anni di segnalazioni, collaborazioni, preghiere, lettere, mozioni..i problemi non sono stati né eliminati né mitigati e ad oggi SI EVIDENZIA UN PROGRESSIVO e NETTO PEGGIORAMENTO?

• perché è ritenuto sufficiente ottemperare e rispettare le normative giuridiche, tecniche, ambientali? e il rispetto della qualità di vita ? e il rispetto della dignità umana, per il diritto a vivere in libertà?

• Perché alla luce degli ultimi eventi, è stato dato un ampliamento a tutti i costi, ad un impianto di discarica troppo vicino al centro abitato? perché non sono stati considerati i disagi che provoca ai cittadini che ci vivono? cosa pensano di fare le amministrazioni nell’assolvere al loro ruolo di tutela dei diritti dei cittadini?

                                                                                                                  Catia Naldini

martedì 19 aprile 2011

Lettera aperta dei "ragazzi di Barbiana" al Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano



11 aprile 2011

Signor Presidente,
lei non può certo conoscere i nostri nomi: siamo dei cittadini fra tanti di quell'unità nazionale che lei rappresenta.
Ma, signor Presidente, siamo anche dei "ragazzi di Barbiana". Benchè nonni ci portiamo dietro il privilegio e la responsabilità di essere cresciuti in quella singolare scuola, creata da don Lorenzo Milani, che si poneva lo scopo di fare di noi dei "cittadini sovrani". Alcuni di noi hanno anche avuto l'ulteriore privilegio di partecipare alla scrittura di quella Lettera a una professoressa che da 44 anni mette in discussione la scuola italiana e scuote tante coscienze non soltanto fra gli addetti ai lavori.
Il degrado morale e politico che sta investendo l'Italia ci riporta indietro nel tempo, al giorno in cui un amico, salito a Barbiana, ci portò il comunicato dei cappellani militari che denigrava gli obiettori di coscienza. Trovandolo falso e offensivo, don Milani, priore e maestro, decise di rispondere per insegnarci come si reagisce di fronte al sopruso. Più tardi, nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il diritto - dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste ( cioè quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.
Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo ad un uso costante della legge per difendere l'interesse di pochi, addirittura di uno solo, contro l'interesse di tutti. Ci riferiamo all’attuale Presidente del Consiglio che in nome dei propri guai giudiziari punta a demolire la magistratura e non si fa scrupolo a buttare alle ortiche migliaia di processi pur di evitare i suoi.
In una democrazia sana, l'interesse di una sola persona, per quanto investita di responsabilità pubblica, non potrebbe mai prevalere sull'interesse collettivo e tutte le sue velleità si infrangerebbero contro il muro di rettitudine contrapposto dalle istituzioni dello stato che non cederebbero a compromesso. Ma l'Italia non è più un paese integro: il Presidente del Consiglio controlla la stragrande maggioranza dei mezzi radiofonici e televisivi, sia pubblici che privati, e li usa come portavoce personale contro la magistratura. Ma soprattutto con varie riforme ha trasformato il Parlamento in un fortino occupato da cortigiani pronti a fare di tutto per salvaguardare la sua impunità.
Quando l'istituzione principe della rappresentanza popolare si trasforma in ufficio a difesa del Presidente del Consiglio siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia e tutti abbiamo l'obbligo di fare qualcosa per arrestarne l'avanzata.
Come cittadini che possono esercitare solo il potere del voto, sentiamo di non poter fare molto di più che gridare il nostro sdegno ogni volta che assistiamo a uno strappo. Per questo ci rivolgiamo a lei, che è il custode supremo della Costituzione e della dignità del nostro paese, per chiederle di dire in un suo messaggio, come la Costituzione le consente, chiare parole di condanna per lo stato di fatto che si è venuto a creare. Ma soprattutto le chiediamo di fare trionfare la sostanza sopra la forma, facendo obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a promulgare leggi che insultano nei fatti lo spirito della Costituzione. Lungo la storia altri re e altri presidenti si sono trovati di fronte alla difficile scelta: privilegiare gli obblighi di procedura formale oppure difendere valori sostanziali. E quando hanno scelto la prima via si sono resi complici di dittature, guerre, ingiustizie, repressioni, discriminazioni.
Il rischio che oggi corriamo è lo strangolamento della democrazia, con gli strumenti stessi della democrazia. Un lento declino verso l'autoritarismo che al colmo dell'insulto si definisce democratico: questa è l'eredità che rischiamo di lasciare ai nostri figli. Solo lo spirito milaniano potrà salvarci, chiedendo ad ognuno di assumersi le proprie responsabilità anche a costo di infrangere una regola quando il suo rispetto formale porta a offendere nella sostanza i diritti di tutti. Signor Presidente, lasci che lo spirito di don Milani interpelli anche lei.

Nel ringraziarla per averci ascoltati, le porgiamo i più cordiali saluti

Francesco Gesualdi, Adele Corradi, Nevio Santini, Fabio Fabbiani, Guido Carotti, Mileno Fabbiani, Nello Baglioni, Franco Buti, Silvano Salimbeni, Enrico Zagli, Edoardo Martinelli, Aldo Bozzolini

Breve scheda biografica di don Lorenzo Milani
Don Lorenzo Milani, morto nel giugno 1967, è salito alla ribalta della scena italiana per essersi dedicato, corpo e anima, all'elevazione culturale di operai e contadini affinché potessero affrancarsi dall'oppressione e dall'ingiustizia.
Persona tutta d'un pezzo, appena nominato cappellano a Calenzano (Firernze), scosse l'Italia per la sua costante denuncia di tutte le situazioni che provocano ingiustizia e violazione dei diritti, indipendentemente da chi le provocasse o avallasse. Ciò gli procurò molti nemici anche all'interno della sua stessa Chiesa, che per neutralizzarlo lo confinò a Barbiana, un villaggio sperduto sugli Appenini toscani. Ma la sua notorietà crebbe ulteriormente perché creò una scuola del tutto innovativa, per contenuti, finalità e metodi. L'atto finale fu la stesura di Lettera a una professoressa, un testo collettivo scritto assieme agli allievi per denunciare il carattere classista e discriminatorio della scuola italiana.
Don Milani è famoso anche per la Lettera ai Giudici, nella quale sostiene il primato della coscienza sulle leggi dell'uomo proponendo la disobbedienza come via estrema per evitare all'umanità il ripetersi delle atrocità che ha conosciuto.


martedì 12 aprile 2011

Comunicazione politica

 

Matteo Renzi - Twitter 6 aprile: 
Il senso delle ultime scelte amministrative? Dimezzare la pubblicità a Firenze significa dire che l'anima della città viene prima dell'anima del commercio. E investire più di mezzo milione in una biblioteca come le Oblate, aperta fino a mezzanotte come presidio di libertà e sicurezza, significa dimostrare di credere nella cultura davvero. Tutto qui...

Matteo Renzi - Twitter 8 aprile:
Che strane le polemiche di oggi! Abbiamo deciso di dimezzare i mq di pubblicità, perché per noi è meglio un albero di un 6x3. Rinunciamo a qualche euro pur di avere una città più bella. Immediate le polemiche di Oliviero Toscani & co: per loro la pubblicità è l'anima del commercio. Ma per un sindaco l'anima della città è più importante dell'anima del commercio...

Si dice che la marcia in più del Sindaco di Firenze non siano le cose che dice, ma come le dice.
Se Silvio Berlusconi usa i suoi 3 canali televisivi, Matteo Renzi apre il notebook e posta su Twitter e Facebook.
Ci provano anche gli altri. Ma Renzi è assolutamente il migliore. Gli altri mettono link. Lui scrive: “Verso lo stadio Franchi…” . Beh, per un fiorentino in attesa del posticipo della domenica è tanta roba.
Scrivere su Facebook, su Twitter o sul suo sito personale lo espone. Rischia critiche. Crea aspettative che magari non potrà mantenere: rottamerà i dinosauri del suo partito? Ma sta facendo presa.
Sulla scelta di dimezzare le pubblicità molti si sono schierati dalla parte del Sindaco. Ma non tutti hanno preso bene la notizia.  Alcuni utenti hanno polemizzato e rinfacciato al sindaco vecchie questioni. “Quando li usavi te, ti garbavano eh?” gli sghignazza qualche fiorentino di provincia.
Lì per lì ho pensato ai manifesti pre-elettorali. Ma ho fatto un po’ di ricerca e ho capito a cosa si riferiva il “fiorentino di provincia”: ai mega 6x3 PRO INCENERITORE ai tempi in cui Renzi, presidente della Provincia di Firenze, era impegnato a convincere la popolazione della Piana che bruciare i rifiuti a Case Passerini avrebbe costituito un atto di responsabilità verso le generazioni future. Boccone amaro? Una valanga di poster.
Eh… la comunicazione! Come cambia!
Mi è appena arrivato un “cinguettìo” di Twitter, è Matteo Renzi che commenta le ultime notizie dal parlamento:
58 deputati bipartisan hanno chiesto di raddoppiare il finanziamento pubblico a partiti e fondazioni politiche, regalando altri 185 milioni di euro. Mi sembra una follia. Questi hanno perso il contatto con la realtà. Mi accuseranno di essere un demagogo. Ma per me sono loro che sono pazzi...”.

Su questo penso che saranno tutti d’accordo.
Francesco N.

martedì 5 aprile 2011

Il partito delle procure


La riforma della giustizia proposta dal ministro Alfano ha portato, come prevedibile, a una contrapposizione radicale: da una parte chi afferma che l’ attuale ordinamento è da rivoluzionare in senso garantista, avendo consentito un vero e proprio accanimento giudiziario verso il presidente del Consiglio; dall’ altra chi ne apprezza l’ equilibrio di pesi e contrappesi, e ritiene perciò deleteria qualsiasi modifica di un certo rilievo. Così, chi tenta un’ analisi storico-politica scevra da convinzioni ideologiche e valutazioni pregiudiziali finisce per attirarsi critiche da entrambi gli schieramenti. Ma visto che questa pare proprio essere, non di rado, una peculiarità de La Voce del Martedi, affrontiamo pure i due interrogativi principali. Primo: esiste e, in caso affermativo, come ha avuto origine il cosiddetto partito dei giudici? Secondo: quali sono le riforme di cui ha veramente bisogno il nostro sistema giudiziario? A me è sembrato pertinente e fecondo il modo in cui le due questioni sono state trattate lo scorso anno in un denso libretto di Giovanni Pellegrino e Giovanni Fasanella intitolato ‘Il morbo giustizialista’. Pellegrino, avvocato amministrativista, è stato senatore del Pds/Ds dal 1990 al 2001 e, dal 1992, presidente della Commissione Stragi. Fasanella è un giornalista autore di importanti inchieste, alcune delle quali su aspetti sommersi e ‘indicibili’ della storia italiana del dopoguerra. Anch’ egli, come Pellegrino, appartiene al campo politico-culturale della sinistra.
Seguiamoli dunque nel loro argomentare e vediamo cosa dicono sui rapporti fra il Pd e una parte della magistratura. Una delle prossime settimane poi entreremo nel merito dei contenuti di una riforma della giustizia. 
Pellegrino e Fasanella ritengono che, sì, un ‘partito delle Procure’ effettivamente esista e che la sua origine risalga agli anni di piombo, quando, di fronte all’ inefficienza dello Stato, alcuni giovani magistrati “cominciarono a sentirsi fra di loro, a scambiarsi notizie e informazioni, finendo per diventare ben presto un punto di riferimento, l’ autorità a cui il paese guardava come l’ unico argine contro il terrorismo. Molti di loro lo fecero anche a rischio personale: alcuni, come Guido Galli ed Emilio Alessandrini, pagarono con la vita; altri, come Luciano Violante e Giancarlo Caselli, scamparono per un soffio alla morte. La loro azione era particolarmente efficace anche perché, essendo tutti di matrice di sinistra, e quindi in qualche modo appartenenti allo stesso album di famiglia dei brigatisti, erano in grado di comprenderne con più facilità cultura e psicologia, e di combatterli meglio”. Proseguono Pellegrino e Fasanella: “Contemporaneamente anche il Pci, da cui proveniva gran parte del gruppo dirigente delle Br, prese coscienza della loro pericolosità e decise di chiudere con estrema durezza alla sua sinistra, soffocando anche quegli aneliti libertari che costituivano l’ aspetto positivo del Sessantotto, e si schierò senza mezzi termini con lo Stato. [...] Quando i comunisti fecero la scelta d’ ordine – e lo stesso tipo di scelta fu compiuto anche da quella pattuglia di magistrati antiterrorismo –, in quel momento, per forza di cose, si stabilì un legame di ferro. Cominciò così un processo involutivo di Magistratura democratica, che via via perse le connotazioni libertarie che erano nel suo Dna. Il passaggio alla politica di un personaggio come Luciano Violante fece il resto, istituzionalizzando quel legame. [...] Il ‘partito delle Procure’ nacque così”.
Un’ ulteriore evoluzione del rapporto fra Pci e magistratura si ebbe con la caduta del Muro di Berlino e con Mani pulite. Di fronte allo sfaldamento della prima repubblica Occhetto, segretario dell’ ex Pci diventato Pds, era sempre più convinto di essere a un passo dalla conquista del potere. “Quello che, a causa degli equilibri internazionali o per un deficit politico-culturale del Pci, non era mai accaduto durante la guerra fredda attraverso libere elezioni, ora si sarebbe potuto verificare con l’ aiuto della magistratura, su cui Luciano Violante aveva un forte ascendente. Questa era la convinzione del vertice del partito: che, caduto il Muro di Berlino, si potesse far dimenticare agli italiani la storia del Pci e dei suoi legami con il mondo sovietico semplicemente cambiando nome e simbolo; e inseguendo l’ onda emotiva di Mani pulite, che stava investendo gli avversari storici dei comunisti.  [...] Eppure, sarebbe bastato poco per capire che quell’ onda a favore della ‘rivoluzione giudiziaria’, così profondamente segnata dall’ odio nei confronti dei partiti, sarebbe approdata all’ antipolitica, e non avrebbe mai potuto avere uno sbocco a sinistra. Ma chi, all’ interno del Pds, osava esprimere opinioni garantiste o qualche dubbio sul fatto che quella fosse una strada giusta ed efficace, veniva considerato un eretico da mettere all’ indice. [...] Occhetto si vedeva già con un piede dentro Palazzo Chigi. E pure gli uomini intorno a lui erano contagiati dal clima di euforia determinato dalla decimazione giudiziaria degli avversari politici e dal collasso dei loro partiti”. L’ esito, per inciso, è noto: con le elezioni politiche del 1994 Berlusconi diventò presidente del Consiglio, Forza Italia il primo partito, la Lega Nord e Alleanza Nazionale, sdoganate, entrarono a far parte del governo e la ‘gioiosa macchina da guerra’ del Pds finì fuori strada.
Io penso che l’ analisi di Pellegrino e Fasanella sia ampiamente condivisibile. Ma sono altrettanto convinto – e dico fino in fondo il mio pensiero – che il quadro da loro delineato non incida in modo sostanziale nelle vicende giudiziarie del premier. Infatti, una volta riconosciuto che esiste un rapporto di affinità fra il Pci-Pds-Ds-Pd e alcuni magistrati, la domanda da porre e che sgombra il campo dagli equivoci è a mio avviso questa: sono i giudici ‘comunisti’ a perseguitare Berlusconi o è egli stesso che, con la propria condotta, ha dato motivo di credere alla sussistenza di reati talmente eclatanti e gravi da rendere l’ azione della magistratura un atto semplicemente consequenziale, che prescinde dai convincimenti ideologici di chi effettivamente lo intraprende?
Silvio Cazzante