martedì 22 febbraio 2011

Trasparenza?

Un commento postato su questo stesso blog una decina di giorni fa secondo il quale Terranuova non rientrerebbe nel novero dei comuni virtuosi (anche) per il suo alto rapporto tra dipendenti comunali e cittadini mi ha fatto incuriosire.
Sebbene un dato del genere dica veramente poco sulla virtuosità di un comune (bisognerebbe guardare che tipo di comune è, quanto è ampio il suo territorio, su cosa è prevalentemente basata la sua economia, che servizi offre lo stesso comune e di che qualità) ho provato lo stesso a ricercare questi dati all’interno dei siti internet dei comuni della nostra vallata.
Navigando ho scoperto che il rapporto medio dipendenti/popolazione da prendere a riferimento è quello stabilito dal decreto 9 dicembre 2008 del ministero dell’interno che individua le seguenti fasce:
fino a 999 abitanti 1/110
da 1000 a 2999 abitanti 1/154
da 3000 a 9.999 abitanti 1/172
da 10000 a 59.999 abitanti 1/156
da 60000 a 249.999 abitanti 1/121
oltre 249.999 abitanti 1/95
Ma di quanto si discostano i comuni di Montevarchi, Sangiovanni, Terranuova, Figline e Loro Ciuffenna da queste medie ministeriali?
Qui, nonostante il DLgs 150/2009 all’art. 11 preveda che le amministrazioni pubbliche si adeguino al principio della trasparenza intesa come (cito il testo) “accessibilità totale , anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali, delle informazioni concernente ogni aspetto dell’organizzazione” sui siti dei nostri comuni il numero del personale alle proprie dipendenze non lo si trova ancora. La pagina dedicata a TRASPARENZA, VALUTAZIONE E MERITO c’è, ma ci sono le retribuzioni dei dirigenti, i tassi di assenza, i contratti integrativi e i codici di comportamento. Il resto, come ad esempio l’organigramma, è “under construction”.
In realtà, di tutti i siti dei comuni che ho potuto visitare nessuno è più trasparente di quelli valdarnesi. La norma è recente ed è naturale che  non ci sia ancoraun pieno adeguamento.
Ma vorrei proporre questa riflessione:
E' corretto ridurre la “trasparenza” ad un mero conteggio dei quattrini che prendono i dirigenti? Non è un dato pericolosamente fuorviante? 70mila euro potrebbero esser spesi benissimo per un dirigente  fenomeno che trova soluzioni ideali a tutti i problemi e  30mila potrebbero essere spesi malissimo se il dirigente fosse un incapace.
Personalmente preferirei avere dati sul grado di raggiungimento degli obiettivi, per esempio. 
Il dato secco sulla retribuzione è quasi “violento”, oltre che inutile.
Così come sul tasso di assenteismo! Mi sembra una trasparenza “barbara”. Mi sbaglio?
E allora la domanda è: ma che vuol dire davvero trasparenza?
La normativa di riferimento (DLgs 150/2009) attribuisce alla trasparenza un ruolo fondamentale nel controllo da parte del cittadino (stakeholder) del livello di qualità ( il decreto la chiama “performance”) delle amministrazioni pubbliche. E prevede che a questa venga dato ampio spazio. La Riforma è piuttosto recente ed i tempi di recepimento si stanno dilungando ma la strada del futuro è già tracciata: il controllo da parte della cittadinanza, con l’accessibilità ai dati che internet può garantire, sarà parte cruciale di un processo di riforma del pubblico impiego.
E allora ripeto la domanda per aprire la discussione: cosa è la vera trasparenza? Cosa vorremmo sapere riguardo al nostro comune, alla nostra provincia, agli enti della nostra regione, in merito alle Aziende Sanitarie piuttosto che ai ministeri?
Francesco N.


martedì 15 febbraio 2011

Ruby, il porcellum e un'altra storia

Il voto della Camera sulla richiesta di perquisizione degli uffici di Silvio Berlusconi sul caso Ruby mi porta, sempre più, a riconoscere una stretta relazione tra l’attività parlamentare e il nostro sistema elettorale. Di buoni motivi ce ne saranno pure stati, ma la motivazione di quest'atto (il Presidente del Consiglio, con la sua telefonata alla Questura di Milano, assolveva una funzione istituzionale in quanto riteneva che la ragazza fosse la nipote del Presidente egiziano) mi sembra oltremodo fantasiosa e pure lesiva della dignità di quanti, come me, pensano che in parlamento debbano sedere “i migliori”.
Il voto di 315 deputati che ritengono reale una simile tesi (sulla quale l’ironia varca i confini delle Alpi) fa riflettere su quanto sia più forte il vincolo che lega i nostri alla lista bloccata e a chi scrive quella lista piuttosto che al partito, ai suoi programmi prima ancora che ai cittadini/elettori.
Che la legge n.270/2005 non fosse, per dirla alla moda, una buona prassi di ingegneria istituzionale lo ha riconosciuto il suo papà, il ministro Calderoli, che definendola una porcata dette modo a Giovanni Sartori di coniarne il degno nome, porcellum. Non si può continuare a sostenere la bontà di un tale sistema elettorale solo perché il suo alter ego, quel sistema che reintroduce le preferenze (oppure il collegio uninominale), favorirebbe il voto di scambio. Si abbia il coraggio di dire chiaramente che quand’ anche un simile rischio fosse reale, al punto in cui siamo varrebbe la pena correrlo.
Cose migliori non vengono dalla civilissima (non fosse altro per aver abolito, prima degli altri, la pena di morte già dal 1786) Toscana, dove, non molto tempo addietro, in un colpo solo vennero introdotti la lista bloccata (diluita da primarie interne ai partiti non obbligatorie), l’aumento del numero dei Consiglieri Regionali (al punto che perfino l’aula consiliare stenta ad accoglierli tutti) e, tanto per non farsi mancare niente, pure un listino regionale dove sistemare quelli “un po’ più”degli altri.
In un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni è al minimo storico (nel rapporto Eurispes 2011 Italiani e Istituzioni il 68% degli intervistati dichiara che la propria fiducia nelle istituzioni è calata, solo il 2,2% afferma il contrario, tra le figure istituzionali unicamente il Capo dello Stato Napolitano ha aumentato il proprio indice del 7% arrivando al 68%, mentre l’84% degli intervistati dichiara di avere poca o nessuna fiducia nell’azione del governo), sarebbe un atto dovuto quello di tornare indietro su scelte che hanno contribuito notevolmente al disamoramento dei cittadini verso la politica e le istituzioni. Il primo e naturale passo sarebbe quello di porre nuovamente i ‘cives’ al centro delle scelte politiche, rendendoli attori protagonisti del processo democratico. In che modo? Forse già a partire da atti concreti che vengono dal basso e da quelle assemblee dove ancora è forte il rapporto tra elettori ed eletti, dove questi ultimi siano effettivamente tali e non nominati. E poi attraverso azioni che impegnino i Consigli e le Giunte Comunali nella richiesta agli organi deputati di atti in questa direzione.
Un raggio di sole in una giornata uggiosa: Irene, 6 anni, mentre scrive l’indirizzo in un quaderno di scuola vedendo il nome della sua strada mi chiede: babbo chi era Alcide De Gasperi? Beh non so se sarò stato chiaro, ma un minuto ce l’ho speso volentieri tanto per farle capire che forse non tutti sono uguali e che oltre a quello che la TV ci racconta in questi giorni, per fortuna, c’è stata un’altra storia!
Paolo B.

martedì 8 febbraio 2011

Cos'è il BILANCIO PARTECIPATIVO? La Voce del Martedì intervista Alessio Magini


Voce del Martedì: Si è recentemente conclusa la prima esperienza di bilancio partecipativo promossa dall’ Amministrazione di Terranuova Bracciolini. Chiediamo all’ assessore Alessio Magini, che l’ ha fortemente voluta, di illustrarcene i risultati.
Magini: È stata un’ iniziativa con cui il nostro Comune ha sviluppato le indicazioni della Regione Toscana per promuovere la partecipazione dei cittadini alla elaborazione delle politiche locali. Abbiamo dato ai residenti del capoluogo e della zona di Podere Rota la possibilità di decidere come spendere una parte delle risorse economiche, destinandola a interventi riguardanti i settori delle opere pubbliche, delle manutenzioni e della qualità urbana, per complessivi 250.000 euro. Al termine di un cammino di discussione avvenuto in gruppi, ciascuno moderato e guidato da un facilitatore, sono state formulate più proposte. Fra queste sono stati poi scelti, con una votazione, gli interventi da realizzare: un concorso a idee e le conseguenti opere di manutenzione e riqualificazione del parco pubblico attrezzato del capoluogo (200.000 euro complessivi) e la progettazione della pista ciclabile che collegherà la Badiola con San Giovanni Valdarno (50.000 euro). Quest’ ultima opera sarà poi finanziata e realizzata con risorse del Comune di San Giovanni Valdarno, già disponibili in bilancio. Entrambi gli interventi, in quanto caratterizzati da una fruibilità pubblica e volti a un miglioramento della qualità della vita, riflettono un forte spirito di comunità. A questo proposito è da rimarcare che un aspetto importante del progetto è stato proprio la qualità della partecipazione. All’ interno dei gruppi la discussione si è concentrata subito su interventi che avessero una ripercussione sull’ intera comunità, invece di focalizzarsi su richieste legate a problematiche individuali dei proponenti. Questo approccio ha trovato conferma anche nelle proposte che non sono state poi scelte: è il caso del progetto ‘Piedibus’, che ha ottenuto comunque un alto numero di voti, e della richiesta di installazione di fontanelli per la distribuzione di acqua pubblica. Sono idee da cui sicuramente prenderemo spunto nella definizione degli interventi da finanziare con il prossimo Bilancio comunale.
Un ultimo aspetto da sottolineare è dato dalla forte presenza e dal vivo interesse che l’ iter partecipativo ha suscitato nei giovani. Lo si è potuto verificare sia negli incontri preliminari e nella fase propositiva che nelle votazioni. Vedere i ragazzi che 'convincevano' i genitori ad andare a votare è un dato che –  valutato nell’ Italia di oggi e nella crisi di fiducia che c' è nel rapporto tra la politica, le istituzioni e i cittadini – fa sinceramente piacere e dà importanza al processo attivato.

VDM: Quali sono stati i costi dell’ iniziativa?
M.: La stima dei costi dell’ intera procedura è di 30.000 euro, ripartiti fra Regione (21.000 euro) e Comune (9.000 euro). Parlo di stima perchè ancora siamo in fase di consuntivo. Probabilmente le cifre finali saranno un po’ più basse.

VDM: Quanti sono stati i partecipanti?
M.: Hanno partecipato 138 cittadini.

VDM: Volti già conosciuti o protagonisti nuovi nella vita pubblica terranuovese?
M.: Nell’ organizzare l’ iniziativa abbiamo cercato di favorire la maggiore partecipazione possibile. Gli incontri si sono svolti nella fascia oraria che va dalle 18 alle 22, abbiamo messo a disposizione un servizio di babysitting ed offerto una piccola cena a buffet. Quanto di più diverso dagli orari e dalle consuetudini dei tradizionali appuntamenti politici. Possiamo dire di essere stati ripagati. Dal questionario finale, che ben 130 dei 138 partecipanti hanno restituito, rileviamo che solo 21 di essi sono coinvolti nelle attività di un partito o di un sindacato. Gli altri sono cittadini il cui impegno sociale si espleta in forme diverse da quelle ‘militanti’ (p.e. in associazioni o comitati) o addirittura non aveva trovato fino ad ora alcuna modalità di espressione (la risposta ‘non partecipo’ è stata indicata per 42 volte).

VDM: Altre considerazioni significative che emergono dai questionari?
M.: Diverse, fra cui una che giudico della massima importanza. Alla domanda su quanto ciascuno sia interessato alla politica, 75 persone su 130 hanno risposto indicando, in una scala da 1 a 10, i numeri 5, 6 e 7. Dunque un interesse che può essere definito ‘sufficiente’ ma non particolarmente vivace. Per contro, alla domanda “ritiene che in generale i cittadini debbano essere più coinvolti nelle decisioni pubbliche?”, ben 118 su 130 hanno risposto con volti alti, da 7 a 10. Ecco allora il dato fondamentale: un numero rilevante di terranuovesi non impegnati nella politica tradizionale e, in generale, non particolarmente interessati ad essa, chiede fortemente di essere più coinvolto nelle decisioni pubbliche.

VDM: Ti ricordo che non più di due anni fa il Sindaco e il Consiglio comunale bocciarono i tentativi di partecipazione dei cittadini a un miglioramento della progettazione della Città Giardino. Venne rifiutata perfino la richiesta minimale di rivedere la dislocazione del verde pubblico, lasciando impregiudicati volumi, tempi e procedure. Tu pensi che il Pd e il centrosinistra a Terranuova siano pronti ad accogliere la domanda di coinvolgimento emersa dal bilancio partecipativo?
M.: Tanto il Pd quanto il centrosinistra si devono aprire alle nuove sensibilità che vanno delineandosi. Con l’ esperienza appena conclusa  abbiamo dimostrato che quando la politica si propone in modo positivo i cittadini rispondono con segnali forti e molti chiedono di partecipare. Si tratta per lo più di persone motivate, che intendono contribuire ai processi decisionali senza eccessive intermediazioni. Spesso purtroppo la politica guarda con fastidio a questi soggetti: tende infatti a lasciare fuori dal proprio ambito le posizioni critiche ed a conservare la base acritica, quella che comunque garantisce voti e consensi senza sollevare troppi problemi. Così, allargando lo sguardo alla scena nazionale, non mi stupisco che oggi ci sia chi, nello stesso Pd, mette in discussione lo strumento delle primarie. L’ obiettivo di una partecipazione estesa alle scelte politiche e amministrative è la strada che più di ogni altra dovrà segnare il futuro del nostro partito e del centro sinistra, anche se per far questo c’ è bisogno di iniziare da subito a ripensare i ruoli attuali della politica. Mettere in discussione il 'Potere di scelta' e far partecipare la cittadinanza a questo processo è un elemento essenziale e qualificante di una forza politica che vuole essere moderna ed in linea con la società.

VDM: Possiamo allora ritenere che l’ esperienza del bilancio partecipativo sia destinata a ripetersi negli anni?
M.: Vorrei che si ripetesse e che si riuscisse ad implementarne i contenuti. Cercheremo di fare in modo che le opzioni non rimangano limitate alla realizzazione o alla manutenzione di opere pubbliche ma che la forma del bilancio partecipativo possa arrivare a comprendere anche la scelta di parte dei servizi erogati dall’ Ente. È intenzione inoltre dell’ Amministrazione utilizzare percorsi e processi partecipativi in altri settori, come ad esempio l’ urbanistica e la pianificazione territoriale.

VDM: Un’ ultima domanda, pressoché obbligata. Riusciremo prima o poi a vedere Terranuova entrare a far parte del novero dei comuni virtuosi?
M.: L'Associazione dei Comuni Virtuosi è una bella esperienza fatta di persone capaci e contenuti validi. Ho la fortuna di conoscere persone che mi hanno avvicinato a queste esperienze ed ho la fortuna di poter condividere e seguire alcuni progetti grazie alle scelte dell’ Amministrazione. Credo che sia importante lavorare sui temi e condividere i progetti e le esperienze virtuose che tanti altri comuni in Italia stanno promuovendo e sviluppando. Intraprendere politiche partecipative va in questa direzione. Ugualmente si può dire per altri interventi su tematiche ambientali. In questo cammino è però importante coinvolgere i cittadini e trasferire loro i contenuti, evitando di mettere in piedi proposte e iniziative fini a se stesse che poi in fondo non lasciano traccia. Andare avanti in questo percorso è ciò che secondo me è più importante, al di là dell’ adesione formale o meno all’ Associazione dei Comuni Virtuosi. 

martedì 1 febbraio 2011

Il servizio civile: si poteva dare di più


In Italia siamo abilissimi nel dilapidare patrimoni. Di ogni tipo. Così andiamo perdendo cultura, natura, paesaggio, qualità della vita, educazione, allegria e quel poco che avevamo di coesione sociale. All’ abilità uniamo poi l’ ipocrisia, così che non di rado dissimuliamo gli arretramenti spacciandoli per grandi progressi. Ricordate come è andata con il servizio di leva? Nel 2001 il governo Amato dispose che sarebbe stato sospeso a decorrere dal 1 gennaio 2007. Per inciso: il provvedimento (un decreto legislativo) fu promulgato l’ 8 maggio, cinque giorni prima delle elezioni politiche. Tre anni dopo Berlusconi, succeduto ad Amato, anticipò al 1 gennaio 2005 la sospensione del servizio, rivendicando a sé il merito di aver “regalato a 150 mila ragazzi un anno di vita per costruire il loro futuro”. Due decisioni infauste. Nel sentire comune era infatti consolidata l’ idea che quanto meno la popolazione maschile dovesse dedicare un congruo periodo di tempo al servizio del proprio Paese. Un servizio che per lo più consisteva in un addestramento militare ma che poteva anche espletarsi in ambito civile. Una volta poi che è stata ritenuta preferibile la formazione di un esercito composto da professionisti piuttosto che da soldati di leva, si sarebbe potuto chiedere a tutti, uomini e donne, un anno di servizio civile. Un sacrificio non eccessivamente pesante per il singolo, ma un enorme beneficio per la collettività. Pensiamo solo alle forze che sarebbero state disponibili per l’ assistenza di anziani e bisognosi, la tutela dell’ ambiente, la promozione culturale, la valorizzazione delle bellezze artistiche. Accanto alle attività delle istituzioni e del volontariato si sarebbe aggiunto un terzo, enorme pilastro: quello formato dai giovani che, prima di entrare nel mondo del lavoro, diventano cittadini a pieno titolo con un atto di solidarietà nei confronti del loro Paese. E invece questi giovani sono stati visti solo come serbatoio di consensi, come elettori da vellicare piuttosto che chiamare a responsabilità: gaudeatis igitur, godetevela e spassatevela, è stato detto loro. Togliendo una pietra angolare a un modello sociale fondamentalmente improntato alla mutualità e alla solidarietà. Qualcuno crede che in futuro sia possibile tornare indietro?


La redazione