martedì 28 settembre 2010

Welcome to my jungle.. I più e i meno del Perdono 2010

Questo martedì lanciamo una nuova rubrica sul blog: i più e i meno della settimana.
E visto che quello appena trascroso è stato il week-end del Perdono a Terranuova, quale migliore occasione per battezzare una rubrica dove i nostri lettori possono (in realtà come ogni settimana) esprimere con assoluta libertà e spensieratezza la loro opinione sulla festa più caotica del Valdarno.
Quindi, nei vostri commenti, scrivete i più e i meno di questa piovosa edizione 2010.
Per me, tra i più: ottima l'idea di togliere i trattori dal Viale, la passeggiata è senza dubbio più fluida e gli stand hanno una buona armonia complessiva; simpatica e nella direzione giusta l'idea del bus navetta, magari è un pò poco rispetto alla massa complessiva di visitatori e il tempo non ha di certo aiutato, ma mi sembra una mossa positiva.
Tra i meno, tralasciando la pioggia e la questione "rotonde" credo che le cose negative siano: la solita giungla del traffico e dei parcheggi, sinceramente causata più dall'inciviltà complessiva che sembra regnare sovrana da quel venerdì a questo martedì fatidico, che dalla mancanza di organizzazione delle parti chiamate in causa (amministrazione, vigili, servizio d'ordine, ecc..) e la vera mancanza di una-due serate di qualità sul palco centrale in piazza della Repubblica. Per il resto, il solito grande, vecchio, bagnato Perdono terranuovese: lampredotto, piadine, bomboloni, birra, musica, banchini, volantini, coltelli che tagliano anche il cemento, guanti che puliscono le verdure (?), animali, auto, jeans, scarpe, caldarroste e palloncini.. In fin dei conti, ciò che non puoi fare a meno di amare e odiare allo stesso tempo, se abiti a Terranuova e dintorni. La tua giungla preferita.. Proprio sotto casa.
E.B.

martedì 21 settembre 2010

Valdarnia, ma ci crediamo davvero?

Comune Unico, Unione di Comuni, Gestione Associata di Servizi. Nelle settimane che hanno preceduto la pausa estiva i Consigli Comunali valdarnesi si sono occupati di questo argomento, discutendo l’Atto d’Indirizzo per la costituzione di una Unione di Comuni tra i comuni del Valdarno Aretino.
Nella nostra vallata alcune di queste ipotesi sono già concrete. C’è una Unione dei Comuni, quella del Pratomagno, nata dalla abolita e omonima Comunità Montana, che gestisce in forma associata una serie di servizi comunali e altri che riguardano la montagna del Pratomagno. Ci sono gestioni di servizi associati: tra Montevarchi e Terranuova per la Polizia Municipale, tra questi e Bucine per la Gestione del Personale, stesse scelte hanno coinvolto San Giovanni e Cavriglia, tra Pergine e Bucine è nata la gestione associata di alcuni strumenti urbanistici e tra questi con Laterina anche la gestione dei Servizi Sociali, delle Entrate Tributarie e per l’abbattimento delle Barriere Architettoniche. C’è fermento sul tema e per questo, ritenendo maturi i tempi, gli Amministratori Valdarnesi hanno reputato che vi fossero le condizioni per parlare in maniera organica di gestione associata di servizi e di farlo attraverso un soggetto che avesse un proprio riconoscimento giuridico, quello appunto dell’Unione dei Comuni.
Alcune forze politiche, sulla scia di uno studio fatto qualche anno fa da una Fondazione, hanno rilanciato l’argomento proponendo che si andasse oltre e si parlasse non di Unione ma di Comune Unico.
L’ipotesi è suggestiva, dare vita ad un unico soggetto, Valdarnia (se mai fosse, cari amministratori, troviamo un nome che quanto meno suoni meglio), con un solo Sindaco, un solo Consiglio, un solo Segretario Comunale. Meno burocrazia, meno spese e tutti contenti. Se si guarda il solo aspetto economico, e soprattutto i “costi della politica”, il Comune Unico darebbe maggiori garanzie, per lo meno immediate e dirette. Inoltre il Valdarno si basa su un sistema economico unitario che è più simile a quello di una città di medie dimensioni piuttosto che a quello di piccoli comuni aggregati geograficamente. Questione sentimentale (e campanilistica) a parte sembra che la cosa possa veramente funzionare.
Ma può nell’arco di breve tempo essere operativo un unico soggetto che prenda in carico le sorti di circa 100 mila abitanti e gestisca un territorio di quasi 600 kmq? Il nuovo comune assumerebbe le dimensioni del Comune di Arezzo. In questo contesto il Comune Unico amministrerebbe un solo territorio, ma molto vasto ed eterogeneo (dal fondovalle alle pendici del Pratomagno), i cui confini andrebbero da Laterina a Pian di Scò, da San Giustino Valdarno a Cavriglia, quindi aree all’interno dello stesso Comune che richiederebbero anche tre quarti d’ora di auto (con traffico normale) per mettersi in comunicazione, ma anche aree con necessità differenti.
Un aspetto fondamentale del nuovo soggetto dovrebbe essere legato alla rappresentanza politica e all’assetto istituzionale, indispensabile per creare il giusto rapporto tra cittadini e istituzioni. Uno studio sull’argomento realizzato qualche hanno fa dall’Università di Siena per la Fondazione di cui sopra e presentato in Valdarno mostrava una ipotesi che prevedeva la costituzione di tre municipi in tre differenti comuni mentre la sede del Sindaco e della Giunta (il governo) e del Consiglio Comunale (il Parlamento) in altri ulteriori due comuni del fondovalle. L’ipotesi dei municipi è contemplata anche nel Testo Unico degli Enti Locali (art. 16 D.lgs 267/2000 e succ. modifiche), ma è sufficiente a garantire una giusta rappresentanza ai cittadini del territorio di riferimento? Può tale organizzazione garantire la vicinanza delle istituzioni ai cittadini? Il Comune Unico è una ipotesi per certi versi affascinante, che si fonderebbe non tanto su basi culturali (non viviamo in una situazione in cui i cittadini dei Comuni del Valdarno si sentono cittadini Valdarnesi) ma su un aspetto prettamente economico. E’ quindi non solo necessario, ma indispensabile, che, se mai riuscisse a diventare realtà, Valdarnia crei quelle economie di scala capaci di far risparmiare risorse da reinvestire in maggiori servizi e di maggiore qualità ai propri residenti. E forse ancora non sarebbe sufficiente a convincere gli scettici.
Paolo Bizzarri

martedì 14 settembre 2010

Sottili confini



Sabato scorso Terranuova è stato teatro di due sentite manifestazioni:
In località Cicogna, come ormai avviene da molti anni, si è riunito il gruppo dell’ ISTITUTO STORICO RSI. Un’associazione che da statuto si dichiara “apolitica” con la finalità di promuovere e tramandare la storia dell’R.S.I. (www.istitutostoricorsi.org);
in Piazza della Repubblica è stato organizzato un presidio antifascista per protestare proprio contro l’iniziativa di chi si riuniva alla Cicogna colpevoli, secondo i manifestanti, di fare propaganda fascista. Un gruppo di partecipanti ha proposto e sottoscritto una lettera aperta al sindaco di Terranuova (http://viceversa.megablog.it/item/terranuova-bracciolini-presidio-antifascista) affinché vieti nel proprio comune iniziative come quelle promosse dall’ ISTITUTO STORICO RSI.

La domanda di oggi, prendendo spunto da un avvenimento locale, è questa:
Dove sta il confine tra la libera e legittima espressione del pensiero e il reato di apologia del fascismo?

Da Wikipedia:
L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione"), anche detta "legge Scelba", che all'art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».
La "riorganizzazione del disciolto partito fascista", già oggetto della XII disposizione transitoria della Costituzione, si intende (ai sensi dell'art. 1 della citata legge) riconosciuta «quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista».
La legge prevede per il delitto di apologia sanzioni detentive, più severe se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se è commesso con il mezzo della stampa, ed accompagnate dalla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.


LA REDAZIONE

martedì 7 settembre 2010

MoVimento 5 stelle


Il primo agosto scorso Beppe Grillo ha annunciato sul suo sito che “il MoVimento 5 Stelle si presenterà alle elezioni politiche, che siano ora o nel 2013, e alle elezioni comunali del 2011”. I commenti sulla stampa sono stati improntati per lo più allo scetticismo o a una aperta critica. Il culmine, anche del paradosso, lo ha raggiunto un articolo di Curzio Maltese pubblicato dal Venerdì di Repubblica il 13 agosto con il titolo “Perché Grillo somiglia tanto a Berlusconi”. Quasi nessun giornalista però ha proposto le informazioni politicamente significative. Ci prova allora questo blog.
Il MoVimento 5 Stelle ha un Non Statuto e un Programma. Nel primo si legge che il “MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi. [...] L’ identità dei candidati e ciascuna carica elettiva sarà resa pubblica attraverso il sito internet appositamente allestito nell’ ambito del blog; altrettanto pubbliche, trasparenti e non mediate saranno le discussioni inerenti tali candidature”.
Il Programma è articolato in sette macrotemi: Stato e cittadini, Energia, Informazione, Economia, Trasporti, Salute, Istruzione. L’ ideologia che lo sottende è così sintetizzata da Wikipedia: “nel Movimento 5 Stelle confluiscono temi di derivazione ecologista e antipartitocratica. Promuovendo la partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica tramite forme di democrazia digitale, il movimento utilizza la rete sia come mezzo informativo non censurato che come strumento di libertà. Dal punto di vista economico, abbraccia le teorie della decrescita sostenendo la creazione di posti di lavoro ‘verdi’ e il rifiuto di progetti inquinanti e costosi, tra cui gli inceneritori e molte ‘grandi opere’, mirando nel complesso a una migliore qualità della vita e a una maggiore giustizia sociale. Il Movimento 5 Stelle propone dunque l'adozione su vasta scala di progetti di risparmio energetico, di eliminazione dei rifiuti urbani, di mobilità sostenibile, di protezione del territorio dalla cementificazione, di telelavoro, di informatizzazione”.
Alle elezioni amministrative della scorsa primavera questo ‘non partito’ si è presentato in cinque regioni – Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Campania – e in undici comuni. Ha raccolto oltre mezzo milione di voti e ha eletto due consiglieri in Piemonte, dove ha ottenuto il 4%, e due in Emilia Romagna, dove ha raggiunto il 7%. Inoltre ha eletto otto consiglieri comunali, che si sommano ai 23 della tornata amministrativa del 2009, quando a concorrere erano state le Liste Civiche a 5 Stelle.
Il MoVimento ha rifiutato i contributi elettorali che gli sarebbero spettati, pari a 1.700.000 euro. Né ha avuto bisogno di altre forme di finanziamento esterno perché, grazie a una campagna elettorale condotta pressoché esclusivamente su internet, ogni voto ottenuto è costato solo 0,8 centesimi.
Principio ispiratore del MoVimento è che “ognuno conta uno”. Una formula semplice nella forma ma politicamente densa, in quanto rimanda al dibattito sviluppatosi negli ultimi anni intorno al binomio ‘democrazia rappresentativa / democrazia partecipativa’. In occasione del ‘V-day’ dell’ 8 settembre 2007 Massimo Fini ebbe a dire a proposito della democrazia rappresentativa: “[...] prendiamo due elementi che vengono considerati dalla vulgata come essenziali della democrazia, cioè il voto è uguale – one man, one vote – come dicono gli anglosassoni, il voto è libero. Ebbene, il voto non è uguale: il consenso è taroccato. Il voto non è uguale per la ragione definitiva che è stata illustrata da quella che viene chiamata la scuola élitista italiana dei primi del Novecento, Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto e Roberto Michels. Dice Mosca: «Cento che agiscano sempre di concerto e d’ accordo prevarranno sempre su mille che agiscano liberamente». Il consenso non è libero perché ampiamente condizionato dai mass media che sono in mano ai soliti noti e che, non a caso, si chiamano strumenti del consenso. In realtà la democrazia rappresentativa è un sistema di oligarchie, di minoranze organizzate, di aristocrazie mascherate che schiacciano il cittadino singolo, l’ uomo libero che non vuole umiliarsi a infeudarsi in queste oligarchie, i partiti e le altre lobby economiche o criminali spesso legate insieme”. Quasi a contrappunto delle parole di Fini sulla democrazia rappresentativa, quello stesso ‘V-day’ dell’ 8 settembre 2007 è diventato un momento forte di democrazia partecipativa. Sono state infatti raccolte 350.000 firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare denominata ‘Parlamento Pulito’, incentrata su tre punti: nessun condannato in Parlamento, un massimo di due legislature, ripristino della preferenza diretta. Dal Palazzo non è giunto, ad oggi, alcun riscontro.

Silvio Cazzante