martedì 30 giugno 2009

Analisi del voto: le elezioni comunali a Firenze


Anche Firenze ha eletto il suo primo cittadino, colui che per cinque anni siederà lo scranno più alto della città. E’ Matteo Renzi, vincitore il 16 febbraio delle primarie del centrosinistra, e da lunedì scorso sindaco del capoluogo Toscano.

Un breve commento lo merita il dato sull’affluenza alle urne per questo secondo turno elettorale. Si registra un “classico” fisiologico calo della partecipazione dei votanti (passando dal 73,86% del primo turno al 58,92% del secondo) al quale si possono far risalire molte ragioni che intendo in questa sede solo accennare, ma che possono costituire materiale per una riflessione più approfondita.

Innanzitutto sia Renzi che Galli hanno ottenuto al ballottaggio circa lo stesso numero di voti ottenuti alla prima tornata elettorale (al primo turno Renzi ha ottenuto 100.204 voti pari al 47,57% e al ballottaggio 100.978 voti pari al 59,96%, Galli al primo turno 67.413 voti pari al 32% e al ballottaggio 67.426 voti pari al 40,03%). Bizzarre sono le esultanze del centro destra per lo “sfondamento” del 40% a Firenze da conteggiare sulla base della spartizione dei voti a due sul totale dei votanti (100%).

In sostanza sono andati a votare i “fedelissimi” di entrambi i candidati. A poco sono serviti gli appelli di Renzi all’elettorato di sinistra (che in parte con i Verdi aveva già deciso di votare Galli), e di Galli all’intera cittadinanza, dall’estrema sinistra all’estrema destra, in nome del cambiamento e dell’alternanza.

In seconda battuta si registra una disaffezione al voto, un aspetto più sociologico, che ha a che fare con la sfiducia dell’elettorato nei confronti della politica, con il logorato rapporto tra rappresentanti e rappresentati, con l’antipolitica che caratterizza il comune sentire.

Tuttavia credo sia sbagliato azzardare conclusioni di massima che alludono ad una sconfitta del bipolarismo.

Addentrandoci nell’analisi delle liste e dei partiti che sostenevano i ben 9 candidati a sindaco di Firenze, si prende atto immediatamente di un dato che sancisce il personalismo come un fenomeno strutturale delle elezioni italiane Alle comunali fiorentine lo dimostra la percentuale (32,02%) ottenuta da tutte quelle liste contenenti nel simbolo il nome del candidato a sindaco o della personalità politica di riferimento a livello nazionale (Lista Galli, Lista Renzi, Spini per Firenze, Lista De Zordo Per Un’altra città, Lista Razzanelli Firenze C’è, Udc Casini, Idv Di Pietro, Lista Civica Beppe Grillo).

L’analisi dei voti presi dalle singole liste e dai candidati sindaco sarà svolta attraverso il concetto di bacino elettorale, vale a dire il numero dei potenziali elettori ad una lista in un determinato periodo storico. In pratica comparerò i risultati ottenuti dai partiti presenti alle elezioni europee e quelli presenti alle amministrative. Nel far questo le europee ci aiuteranno a delineare il profilo dell’elettorato che ha votato i candidati a sindaco del comune di Firenze, anche se come vedremo gli scenari sono molto più complessi.

Innanzitutto si può asserire che a livello europeo le liste del Pd dell’Idv e di Sinistra e Libertà e della Lista Bonino rappresentino il bacino elettorale del candidato sindaco del centro sinistra Matteo Renzi, anche se i Verdi apparentati a Sinistra e Libertà alle europee a livello comunale sostenevano il candidato Valdo Spini a sinistra di Renzi.

I voti ottenuti dal candidato del centrodestra Galli invece sono rappresentati dal bacino elettorale che alle europee ha votato il Popolo delle Libertà, i Liberaldemocratici, la Lega Nord, nonché in parte (soprattutto riguardo alle preferenze al solo candidato sindaco) il Movimento Sociale Fiamma Tricolore, la Lista per l’Autonomia, e Forza Nuova.

Spini e De Zordo entrambi candidati a sinistra di Renzi sono rappresentati dal bacino elettorale che alle europee ha presumibilmente espresso le proprie preferenze per la Lista Comunista (Rifondazione Comunista e Comunisti italiani), l’Idv di Di Pietro, la Lista Bonino. All’estrema sinistra il bacino elettorale del Partito Comunista dei lavoratori resta invariato rispetto alle europee, a Firenze hanno espresso il loro candidato nella persona di Maria Lascialfari.

Infine l’estrema destra che a Firenze si è riunita sotto il cartello elettorale di Popolo, città, nazione (Forza Nuova, La Destra, Movimento Sociale Fiamma Tricolore) e che ha presentato alla poltrona di sindaco Paolo Poggi, ha come bacino elettorale le liste omonime alle elezioni europee, lo stesso vale per i due candidati a sindaco di area Udc: Mario Razzanelli che si è smarcato con una lista civica Firenze C’è, e Marco Carraresi candidato ufficiale di Casini.

Giovanni Galli Centro Destra

Alle europee sommando i voti del Popolo delle libertà (63.428 pari a 30,17%) della Lega Nord (5.489 pari a 2,61%) e dei Liberal democratici (310 pari a 0,15%) si ottiene un bacino elettorale di 69277 voti cioè 1814 voti in più rispetto alle preferenze di Galli 67.413 e ai voti ottenuti dalle singole liste 62019. Voti che in parte (soprattutto per gli elettori dei Liberal democratici) sono finiti tra le 2022 schede bianche e in parte sono andati al signor No Tramvia Mario Razzanelli, concorrente diretto di Galli, tra i contrari alla tramvia, nel centro destra.

Se andiamo a vedere i risultati delle singole liste e partiti che sostenevano il candidato sindaco Galli si nota che rispetto alle europee il Popolo delle Libertà ha perso 23976 (passando dal 30% circa al 20%), una vera debacle elettorale ordita minuziosamente soprattutto dalle liste civiche che sostenevano Galli (Firenze con Galli, Firenze animalista, Cittadini per Firenze No tramvia, Pensionati democratici italiani) che mettono insieme circa 20.000 voti. Tra queste a infliggere il colpo più potente è la lista di Giovanni Galli (Firenze con Galli) che ottiene il 9,07% pari a 17.595 voti.

Considerando poi il numero maggiore di preferenze ottenuto da Galli rispetto alla somma delle percentuali delle liste che lo sostenevano, si può ipotizzare che in parte siano confluiti sul solo suo nome una delle crocette che alle europee hanno sbarrato i simboli della destra estrema visto il pessimo risultato di Paolo Poggi (782 preferenze rispetto alle 1259 ottenute dalla lista Popolo, città, nazione che lo sosteneva).

Infatti se a livello europeo la somma delle singole liste di estrema destra (Forza Nuova, Movimento Sociale Fiamma Tricolore e la Lista per l’Autonomia che si presume a Firenze abbia raccolto i voti de La destra) ha ottenuto quasi 3000 voti, a livello comunali non ha superato l’1%, racimolando con Popolo, città, nazione 1259 voti. Che fine hanno fatto 1600 voti? Probabilmente sono finiti sul nome di Galli, senza confluire a Firenze né nei partiti di estrema destra né in quelli di centrodestra.

Matteo Renzi Centro Sinistra

Il bacino elettorale di Renzi era composto dai 9194 (pari a 4,37%) voti di Sinistra e Libertà, dai 82.921 (pari a 39,44%) voti del Pd, dai 16.709 (pari a 7,95%) voti della Lista Di Pietro e dai 10.496 (pari a 4,99%) della Lista Bonino che sommati fanno 119.320. Una quantità di preferenze ben superiori (di quasi 20.000) a quella ottenuta dal candidato sindaco del centrosinistra Matteo Renzi (100.204 pari a 47,57%) e ben oltre da quelle ottenute da tutte le liste che lo sostenevano (Idv, Facce Nuove in Palazzo Vecchio, Pd, Comunisti fiorentini, Sinistra per Firenze, Lista Renzi hanno conquistato 94512 voti).

Il Pd si è accaparrato al comune 14.475 voti in meno rispetto alle europee, preferenze che sono palesemente confluite nelle due liste renziane Facce Nuove in Palazzo Vecchio (3691 pari a 1,9%) e Lista Renzi (10.553 pari a 5,44%) entrambe già entrate nel gruppo Pd al consiglio comunale. La lista più vicina a Sinistra e Libertà alle comunali fiorentine era Sinistra per Firenze nella quale erano assenti i Verdi, che come abbiamo detto si sono fusi nella Lista Spini che appoggiava il candidato sindaco stesso. Quindi dai voti di Sinistra e Libertà per acquisire il bacino elettorale di Sinistra per Firenze (4.489 pari al 2,31%) è necessario sottrarre una parte di voti Verdi (da scorporare dai 7.771 della Lista Spini) e dei Comunisti Fiorentini (costola dei Comunisti italiani fuoriuscita dalla Lista Comunista con Rifondazione) altra lista del centrosinistra fiorentino, che ha ottenuto 1.843 voti (pari allo 0,95%).

Pesante il calo dell’Idv che passa da 10.496 preferenze alle europee a 5.490 alle comunali (5006 voti in meno). Uno scarto che mostra il ripiegamento dell’elettorato dipietrista a livello comunale verso altre liste e partiti. Prima fra tutte la sua concorrente diretta, portatrice della stessa bandiera dell’antipolitica, contro le caste al potere, quella che fa riferimento al comico genovese Beppe Grillo. La Lista cinque stelle ha racimolato 3.796 voti (pari a 1,96%), un gruzzolo di voti che in parte rappresentano il bacino elettorale di Di Pietro. Ma non solo i 5000 voti scomparsi all’Idv fiorentina possono essere confluiti anche nelle liste alla sinistra di Renzi o sui candidati da queste sostenute(Ornella De Zordo ha ottenuto 8.638 pari al 4,10% e Valdo Spini 17.600 pari all’8,36%): Lista De Zordo (7.370 voti pari al 3,8%) e alla Lista Spini.

Guardando al risultato ottenuto dal candidato sindaco si comprende come la frammentazione a sinistra abbia favorito il voto diffuso più che disgiunto, più che a destra. Infatti, come abbiamo detto, quei 20.000 voti mancanti a Renzi, che probabilmente compongono il suo bacino elettorale, sono conversi verso le liste De Zordo e Valdo Spini.

Di fatti le 8.638 preferenze acquisite dalla prima e le 17.600 del secondo siano parte quei 20.000 voti che alle europee si sono direzionati ai partiti che a livello comunale sostenevano Renzi.

Le liste alla sinistra di Renzi. Ornella De Zordo Per Un’altra città, Valdo Spini Insieme per Firenze

Il bacino elettorale del candidato Valdo Spini aveva come riferimento alle europee la Lista Comunista (Rifondazione comunista e i Comunisti italiani) che nelle stesse spoglie lo appoggiava al comune e i Verdi che alle europee erano congiunti alla lista di Sinistra e Libertà. Dei 17.600 voti ottenuti da Spini come candidato a sindaco, come abbiamo detto, molti provengono dall’area elettorale del centro sinistra (anche in questo caso i voti al candidato sono maggiori rispetto a quelli ottenuti dai partiti e dalle liste che lo sostengono Spini per Firenze, Lista Comunista, Sinistra per la costituzione hanno conquistato 13599 preferenze), elettori che hanno praticato il voto disgiunto, scegliendo un partito della lista del centrosinistra e Spini come sindaco.

Inoltre si osserva come la Lista Comunista abbia dimezzato i voti rispetto alle europee, passando da 8.073 a 4.937 alle comunali. Uno scarto che probabilmente è andato a favore dell’altra candidata della sinistra radicale Ornella De Zordo che alle scorse amministrative era la candidata a sindaco di Rifondazione Comunista e dei Comitati dei Cittadini. Non solo probabilmente una parte dei voti della Lista Comunista alle europee è confluita nella lista Sinistra per la costituzione (891 pari a 0,46) che ha sostenuto Valso Spini sindaco. Come nel caso della De Zordo anche Spini ha conquistato una parte di quei 10.000 voti radicali alle europee.

Per Ornella de Zordo come per Spini ha funzionato il voto disgiunto in quanto elettori del centrosinistra o di Spini, che hanno votato un partito o lista a questi collegata, l’hanno scelta come candidata a sindaco. La De Zordo ha attirato a sé voti del bacino elettorale del centrosinistra e in parte della Lista Comunista, come abbiamo detto, pescando presumibilmente all’interno dell’elettorato che ha votato la Lista Bonino (ben 10.496 voti pari a 4,99%) vicina alle tematiche del Partito Umanista accorpato nella lista Per Un’altra città.

Marco Carraresi Udc, Mario Razzanelli Firenze C’è

Entrambi appartenenti all’area cristiano cattolica fiorentina si sono spartiti il bacino elettorale di voti ottenuti alle europee dall’Udc (9.416 voti pari a 4,48%).

Mario Razzanelli infatti ha ottenuto come candidato sindaco 6.964 voti (pari a 3,31), mentre la lista che lo sosteneva Firenze C’è 6.380 (pari a 3,29%), uno scarto di voti che può mostrare in parte il voto disgiunto nel centrodestra (un migliaio di voti), dei seguaci della prima ora del no alla tramvia.

Marco Carraresi candidato dell’Unione di centro si è conquistato il resto della torta 4.500 voti (pari al 2,3%) sia come candidato sindaco sia la lista che lo sosteneva.

Giacomo

Il 21 giugno è stato un referendum sul referendum?


Il mancato raggiungimento del quorum ha invalidato l’esito della consultazione referendaria. A ben guardare, al colpo di aver perso un’opportunità per poter sgrassare il ”Porcellum” sembra si stia aggiungendo il contraccolpo che il referendum non abbia più senso. Niente di più sciocco. Ciononostante la legge Calderoli era una porcata e rimane una porcata, tuttavia misconoscere il valore civile e democratico dell’istituto referendario è una perniciosa convinzione che deve esser ribaltata con l’impegno e il chiaro intento di voler adattare l’art. 75 della Costituzione alle nuove esigenze dei tempi, affinché questo strumento di partecipazione possa tornare a navigare acque tranquille e non imbarcare critiche e clamorosi insuccessi ogni qualvolta viene abbandonato in mare aperto. Dopotutto la realtà dei fatti è simile alla concezione leopardiana de “Il Sabato del villaggio”: un eccitante entusiasmo nelle operazioni preliminari (anche questa volta furono raccolte 1 milione di firme), “pien di speme e di gioia, diman tristezza e noia”. Non tornerò nelle cause dell’astensionismo perché Francesco le ha affrontate con acribia e puntualità, ciò nondimeno è opportuno spostare la nostra lente d’ingrandimento su altri sintomi che attestino lo stato comatoso del referendum. Mi permetto di aggiungere alcune brevi considerazioni a quello che è stato brillantemente scritto in questo blog. Il primo referendum si tenne il 12 maggio 1974 e riguardò un tema di grande presa popolare, il divorzio, mentre la sua regolamentazione risale addirittura al 1970 (Governo Colombo-Andreotti). E’ vero che Andreotti e Colombo sono ancora lì, però un po’ di tempo è passato e sopratutto da quando anche l’Italia vola sulle ali della democrazia dell’alternanza, nessun referendum ha superato l’ostacolo del quorum. Questa è la mia analisi. Primo elemento: rivedere questo istituto alla luce del nuovo sistema politico. Secondo punto: ormai l’astensionismo cronico veleggia verso il 40% e l’andamento sembra non aver raggiunto ancora il suo picco pertanto con questi chiari di luna il NO non ha più senso poiché basta spostare poco più di un 10 % degli aventi diritto nella colonna degli astenuti e il gioco è fatto. Terza questione: porcata o non porcata sembra che ormai alcuni partiti appartenenti a famiglie politiche riconosciute a livello europeo e con una tradizione culturale dall’alto spessore storico non riescano più ad accedere alle assemblee della Rappresentanza. Inoltre, a soggetti che escono vi è una nuova germinazione di movimenti che scalpita per partecipare e non perché estranea alla logica dei partiti, debba esser esclusa dal percorso decisionale della politica. E’ un dato che deve far riflettere e poiché se è vero che questo effetto sia il successo di una minore radicalizzazione dei voti, c’è anche da dire che una democrazia come la nostra non può rimanere indifferente al grido di dolore di quelle forze che hanno contribuito alla rinascita civile e democratica di questo Paese. Alla luce di quanto sopra, ho colto con interesse il disegno costituzionale dei senatori ADAMO, CECCANTI…… di cui Atto Senato della Repubblica n. 1092. Con la presente proposta si vorrebbe proporre limiti più rigorosi per l’esercizio del referendum e quindi elevare il numero dei Consigli Regionali o degli elettori che possono fare richiesta. Per i primi si passerebbe da cinque a dieci, mentre per i secondi da cinquecentomila ad un milione. Ad una procedura aggravata per accedere all’istituto corrisponde un adeguamento alla partecipazione attiva per quanto attiene all’individuazione del quorum. Se il Costituente aveva intravisto in una mobilitazione totale la soglia del 50 % + 1 come indiscutibile limite democratico, le esigenze dei tempi debbono far riflettere sul reale numero dei partecipanti, pertanto la soglia proposta sarebbe quella de “la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni”. Per intenderci, il meccanismo ricalcherebbe l’impianto normativo dello statuto regionale toscano in materia referendaria (Art. 74, comma 4). A ciò si aggiunge un altro aggiustamento: la regolamentazione del referendum propositivo. In sostanza, questo ulteriore strumento di partecipazione avrebbe competenza sulle stesse materie dell’abrogativo e questa modifica all’art. 71 della Costituzione prevedrebbe che se ne possa far richiesta ogni qual volta le Camere non approvassero, entro diciotto mesi dalla sua presentazione, un progetto d’iniziativa popolare. In quel caso un milione di elettori potrebbe richiedere che quell’iniziativa popolare fosse sottoposta a referendum propositivo. Anche in questo caso l’esito della consultazione sarebbe recepito dall’ordinamento se la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni si recasse alle urne e ovviamente se i Sì prevalessero sui No. A mio avviso questa cornice teorica potrebbe essere un interessante ripensamento del referendum, in linea con le modifiche che stanno apportando le altre democrazie in materia referendaria (nel 2008 la Francia ha introdotto il referendum propositivo), ma soprattutto un serio tentativo per arginare la falla che rischia seriamente di far affondare la partecipazione diretta in Italia.

Tommaso

martedì 23 giugno 2009

Referendum e ballottaggi: perché ha vinto l'astensionismo?


Il Porcellum rimarrà la legge che disciplina l’elezione di deputati e senatori, il sindaco di Firenze sarà Matteo Renzi, il Presidente della Provincia di Arezzo sarà Roberto Vasai e via e via.

Può essere davvero solo questo il responso della tornata elettorale del 21 e 22 giugno?

Andiamo con ordine.

REFERENDUM

Il referendum sull’abrogazione di alcune parti della legge elettorale non solo non ha raggiunto il quorum (fatto prevedibilissimo) ma non ci è andato neanche vicino.

Il 23% dell’affluenza è il minimo storico per un referendum in Italia.

Perché queste percentuali bassissime? Ci sono almeno quattro motivi che hanno portato a questo risultato:

1) La legge elettorale è un discorso da specialisti. Neanche tutti i parlamentari sanno come funziona il sistema che li ha portati in parlamento, figuriamoci un normale cittadino italiano. I quesiti erano troppo tecnici per pretendere un’alta affluenza alle urne. La legge elettorale non è materia da affrontare a colpi di referendum.

2) La “stanchezza” degli elettori ha giocato un ruolo importante in questo flop referendario. Difficile che dopo soli 15 giorni dalle elezioni europee si torni con entusiasmo al seggio per esprimere un parere su un tecnicismo incomprensibile. L’italiano è annoiato dalla politica. La sente distante da se stesso e dalla realtà. Oggi i problemi sentiti degli italiani probabilmente sono altri, non certo il sistema elettorale.

3) La “truffaldina furbata da 400 milioni”, cioè il non accorpamento di europee e referendum che ci è costato appunto 400 milioni di euro, ha dato i suoi frutti. Lo dimostra il fatto che là dove si votava anche per i ballottaggi per il sindaco il referendum ha raggiunto un’affluenza vicina al 50%, e solo un elettore su dieci ha rifiutato le schede dei referendum per votare solo comune o provincia. .Questo è un dato importante!! E significa che probabilmente con l’Election day il quorum sarebbe stato superato!

4) Altro elemento decisivo è stata la scarsa informazione da parte dei media accompagnata dal grave silenzio dei grandi partiti che non hanno “indicato la strada” ai propri elettori (i piccoli avevano invece quasi tutti “ordinato” di non andare alle urne o di non ritirare la scheda). Proprio perché era un tema difficile ci doveva essere più informazione e una posizione più netta da parte di PD e PDL. E qui si entra in una questione molto importante: qual è il ruolo dei partiti in questi casi? Non dovrebbe essere compito di un partito politico orientare le scelte dei cittadini, soprattutto quando questi sono chiamati a votare? Non dovrebbero essere proprio i partiti i portatori di posizioni politiche? Avrebbero dovuto dire “votate sì”, “votate no”, oppure “astenetevi”, motivando le loro posizioni. Invece hanno scelto, in termini di “trasparenza democratica”, la via peggiore: il silenzio. Ci sono state solo estemporanee uscite di alcune personalità politiche (Fini e D’Alema) ma tardive e troppo poco convincenti.

PD e PDL, in buona sostanza, non esprimendo una posizione sui quesiti referendari hanno lasciato nel limbo il proprio elettorato.

Con un election day e con una presa di posizione netta dei 2 grandi partiti come sarebbe finita?

Il responso, comunque, non è la bocciatura del bipolarismo da parte dei cittadini, come si sono furbescamente affrettati a dire Casini e Ferrando. Piuttosto abbiamo avuto la conferma della delicatezza della questione e l’inadeguatezza di uno strumento come il referendum elettorale per cambiare una legge elettorale.

BALLOTTAGGI

Un esempio locale per una provocazione: Roberto Vasai diventa oggi Presidente della Provincia di Arezzo con 71.442 voti, mentre non lo era diventato due settimane fa 90.526 voti.

Al ballottaggio Vasai ha ottenuto il 60% delle preferenze, ma ha preso quasi 20mila voti in meno di quando, al primo turno, aveva il 49,85%.

In provincia di Arezzo al secondo turno ha votato solo il 44% degli aventi diritto, ed è questa affluenza da minimi storici ad aver creato questo paradosso.

Se li ballottaggi devono avere questo grado di partecipazione si potrebbe cominciare davvero a pensare ad un sistema elettorale alternativo, che preveda una rinuncia alla doppia tornata.

O ci si accontenta della maggioranza relativa, senza ballottaggio chi prende più voti vince (come già succede per la Camera e per il Senato, oltre che perle elezioni dei Sindaci nelle città con meno di 15.000 abitanti).

Oppure si passa ad un sistema elettorale nuovo, come quello detto “del voto alternativo”, dove le elezioni si tengono in un unico turno, ma l'elettore deve votare per tutti i candidati concorrenti scrivendo il numero dell'ordine di preferenza accanto a ciascun candidato. Come una sorta di classifica delle preferenze.

Forse un po’ complicato per elettori abituati a fare croci, ma davvero curioso. Per chi è interessato a sapere come funziona clicchi sul link (http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_elettorale_australiano).

Che ne dite? Facciamo un referendum???


Francesco

Nomina degli scrutatori di seggio: perché non dare la precedenza a studenti e disoccupati?

Quanto costa allo Stato organizzare e far svolgere le elezioni?

La legge 27 dicembre 1997, n.449 all’articolo 55 comma 8 indica che è un decreto interministeriale a stabilire il massimo di spesa stanziabile per lo svolgimento delle consultazioni elettorali.

Per quanto riguarda le ultime elezioni questo tetto era stato fissato in €5.678,60 a sezione (le sezioni, in tutta Italia sono quasi 62.000) per un totale di € 393.147.000,00. Quasi 400 milioni di euro! Ma la stessa legge stabilisce anche che le amministrazioni preposte all’organizzazione ed allo svolgimento delle consultazioni elettorali dovranno comunque cercare di contenere le spese.

Il mancato Election Day è costato allo Stato qualche centinaia di milioni di euro (vedi http://www.lavoce.info/articoli/-300parole/pagina1001059.html) perché gli interessi dei partiti sono risultati più importanti di quelli dei cittadini, ma è meglio andare avanti e non rovinarsi la giornata con questo dato inquietante.

Dove finiscono questi 400 milioni di euro ogni volta che si svolgono delle elezioni?

Le principali voci di spesa sono:

- Personale impiegato (presidenti di seggio, scrutatori)

- Forze di polizia

- Costi fissi (stampa delle schede, materiale di cancelleria, spedizione sul territorio)

In Italia i seggi sono 62.000, e il personale impiegato, quando si vota in tutta Italia, si aggira sulle 400.000 persone.

Gli scrutatori di seggio percepiscono un compenso, tra l’altro adeguato per le ore e il tipo di lavoro svolto, che per l’ultima tornata elettorale ammontava a circa 170 euro.

Ma come vengono scelti gli scrutatori di seggio?

La nomina degli Scrutatori è effettuata dalla Commissione Elettorale Comunale (ai sensi dell'art. 6 della legge n. 95/1989, come sostituito dal dall'art. 9, comma 4, della legge n. 270/2005, ulteriormente modificato dalla legge n. 22/2006) tra gli elettori iscritti nell' Albo unico degli Scrutatori di seggio elettorale.

La scelta deve essere fatta all’unanimità e qualora questa non venga raggiunta dopo le prime due votazioni, ogni membro della commissione può proporre due nomi, che vengono votati a maggioranza.

Che ogni partito nomini una serie di scrutatori fidati quindi è un criterio in linea con le disposizioni della legge.

Per la scelta degli scrutatori è comunque possibile utilizzare qualsiasi principio ritenuto opportuno dalla Commissione. Basta che questo principio venga accettato, appunto, “all’unanimità”!

Chi vieterebbe a questa commissione di fare comunque un'estrazione (anche se non prevista dalla legge, ma non certamente vietata) e poi, dopo l'esito dell'estrazione, nominare proprio quelli che hanno avuto la fortuna di essere estratti? Non glielo vieterebbe nessuno! Avrebbero rispettato comunque la legge!

Insomma se la legge prevedesse di estrarre a sorte, non sarebbe possibile NOMINARE gli scrutatori, si andrebbe contro la legge!

Ma visto che le norme prevedono la nomina si può sempre decidere di estrarre a sorte e poi nominare gli scrutatori in base al risultato dell'estrazione, giusto?

Quindi la legge, dicendo "la commissione nomina" di fatto gli lascia campo libero nel fare come vuole!

Può utilizzare qualsiasi criterio: i più alti, i più istruiti, i più anziani. E poi nominarli.

A mio avviso però il criterio più sensato (e spero sia quello che adottano nella maggior parte dei comuni italiani) sarebbe quello di dare la “precedenza” agli iscritti all’albo degli scrutatori che risultano inoccupati (studenti, disoccupati, cassintegrati ecc.) “nominando”prima tutti i candidati con queste caratteristiche. Poi, se ci fosse necessità di altro personale, anche “scrutatori-lavoratori”.

Perché? Per ben tre validi motivi:

1) Perché l'incarico elettorale deve essere visto anche come un primo modo per avvicinare i giovani alla politica e farne comprendere meccanismi e regole;

2) Perché è un criterio socialmente giusto quello di dare l’opportunità a chi non possiede reddito di guadagnare qualcosa contribuendo all’esercizio della democrazia nel loro Paese.

3) Perché uno scrutatore che non possiede un lavoro costa meno allo Stato! E verrebbero quindi risparmiati dei soldi pubblici, visto che allo scrutatore disoccupato spetta solo il compenso per il lavoro svolto, mentre allo “scrutatore-lavoratore” vengono garantite, oltre al compenso, de recuperi compensativi retribuiti e pagati, in parte, dallo Stato. Giusto garantire i riposi, non discuto, ma ancor più giusto sarebbe dare la precedenza a chi il lavoro non ce l’ha.

Per una volta, quindi, sarebbe possibile migliorare le cose anche senza cambiare le leggi.

La legge già ci permette di fare le cose nel miglior modo possibile; a patto che la Commissione Elettorale Comunale adotti il principio giusto.

Gianluca

martedì 16 giugno 2009

Il Referendum sul PORCELLUM: quando del maiale non si butta via niente!


E’ bene essere chiari fin dall’inizio: i partiti non tollerano che si tratti la materia elettorale attraverso il referendum. Per i partiti politici quest’istituto sancito dalla Costituzione, quando va a frugare tra i meccanismi di trasformazione dei voti popolari in seggi parlamentari, non viene considerato come uno slancio di partecipazione o un coraggioso esempio di cittadinanza attiva, bensì un’evidente dimostrazione di sfacciataggine, un’assurda pretesa di voler andare a disturbare il manovratore. E’ naturale, poiché quando si affrontano questioni legate alla legge elettorale, direttamente si va a toccare la sopravvivenza dei partiti. Tre quesiti, due simili e l’altro sacrosanto, per dare una netta sterzata all’attuale sistema politico. I primi due, uno per il Senato e l’altro per la Camera dei Deputati, andrebbero a ritoccare l’attribuzione del premio di maggioranza, garantendo il 54% dei seggi alla LISTA e non più alla COALIZIONE DI LISTE più votata, mentre il terzo metterebbe una pietra tombale sulla vergognosa operazione delle candidature multiple (nel 2008 150 deputati sono stati nominati con quest’archibugio). Sul terzo quesito sembra esserci una larga maggioranza parlamentare pronta ad abolire questa spremuta di porcata, tuttavia, a distanza di oltre due anni dalla pubblicazione della legge, questo deficit di democrazia permane, sebbene sia chiaramente in contrasto con l’art. 51 della Costituzione (Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza). E’ ovvio che chi si candida in sette circoscrizioni diverse sarà più avvantaggiato di quello presente in una soltanto. Sull’attribuzione del premio di maggioranza e sull’innalzamento dello sbarramento per accedere alla ripartizione dei seggi il dibattito si fa più acceso. Coloro che promuovono l’astensionismo affilano i coltelli come macellai, tuttavia non si rendono conto che manca loro la carne da tagliare, poiché se ad un primo sguardo l’effetto può sembrare devastante perché la lista più votata conquisterebbe la maggioranza parlamentare indipendentemente dai voti ottenuti e così un effetto fortemente distorcente del sistema potrebbe trasformare una minoranza di suffragi in una maggioranza di seggi, tuttavia è bene ricordare che la stessa legge Calderoli non prevede alcuna soglia per accedere al premio, quindi tale manipolazione si potrebbe verificare anche qualora si presentassero tre coalizioni di liste e mentre due si fermano al 33% ciascuna dei voti validi, una terza si prende il 34 % dei suffragi. In questo caso l’effetto non sarebbe distorcente? Immaginare un simile scenario ci fa percepire l’abisso sul quale siamo esposti. Per andare all’essenziale, il vero problema che potrebbe scaturire dall’effetto referendario è l’innalzamento delle soglie di sbarramento al 4% alla Camera su base nazionale e l’8% al Senato su base regionale. A quest’altezza pochi riuscirebbero a saltare l’asticella senza gravi conseguenze. Ma la politica è anche intelligenza e acume e a quanto pare non tutti la possiedono. Berlusconi avrebbe potuto fare cappotto, difatti con la vittoria dei Sì nessun ricatto leghista avrebbe più senso, pena elezioni anticipate e sparizione della Lega. Idem con patatine per i centristi, ma a quanto pare dopo i tanti giri di valzer il Presidente del Consiglio si è ritrovato a ballare con il compagno sbagliato, viceversa il Presidente della Camera che è molto più intelligente di lui, ha fiutato la portata di quest’occasione e si è dimostrato subito pronto a sostenere, nei limiti che gli consente la sua carica, la battaglia referendaria. Il Pd potrebbe smarcarsi definitivamente da Di Pietro, tuttavia al suo interno le posizioni sono plurime e se Ceccanti, Tonini e altri sostengono i quesiti referendari perché annusano oltre all’osso anche la carne, il ruolo di Chiti e altri capicorrente si fa più misterioso e controverso dal momento che non è ben chiaro se per loro il referendum assume valore strategico oppure diviene una mera tattica per cercare qualcos’altro, magari prospettando un simil modello tedesco. Per concludere, è doveroso ribadire che nessun aggiustamento referendario, seppur costruito in punta di fioretto come quello elaborato da Guzzetta e Segni, potrà trasformare il Porcellum in un’arista (alla latina) di legge elettorale, tuttavia l’occasione che si presenta è troppo importante per essere ignorata. Non improbabilmente una vittoria del Sì, unita al raggiungimento del quorum potrebbe davvero creare un terreno fertile per avviare un pacchetto di riforme istituzionali serie (COMPRESI I REGOLAMENTI PARLAMENTARI!!) e soprattutto ribadire che ad oggi l’Italia è ancora una Repubblica parlamentare, che gli italiani non eleggono chi li governerà, bensì chi li rappresenterà e più di ogni altra cosa che nessuna legge elettorale, seppur gustosa e prelibata, potrà mai cambiare la forma di governo. Non si può far entrare dalla finestra quello che non si è riusciti a far passare dalla porta. Almeno in un Paese normale.

Tommaso C.

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Amministrative '09 - un'analisi dei risultati elettorali a Terranuova


Questa analisi ha l’obiettivo di ragionare sui numeri e sui flussi elettorali, non di dare valutazioni politiche.

Cercherò di analizzare il risultato di ognuna delle liste in campo nelle ultime elezioni amministrative. Poi, se il tutto risulterà condivisibile, ognuno potrà trarre delle conclusioni sul perché l’elettorato terranuovese abbia seguito un certo flusso elettorale. Conclusioni di tipo qualitativo non troveranno spazio in queste pagine.

Per aiutarmi nell’analisi utilizzerò il concetto di “bacino elettorale”. Il bacino elettorale rappresenta il numero di potenziali elettori di una lista in un dato momento storico (che per noi sarà giugno 2009). Il fatto che l’elezione del sindaco sia stata contemporanea all’elezione del Parlamento Europeo ci aiuta molto. Quella per eleggere i parlamentari europei è un’elezione che mostra benissimo quali sono i bacini elettorali dei partiti perché è una competizione proporzionale quasi pura (lo sbarramento in realtà sporca lievemente la sua purezza) dove, non essendoci coalizioni, ogni elettore tende a dare il voto al partito a cui si sente più vicino e permette a questi di “contarsi”. E’ inoltre un calcolo del bacino elettorale fatto in tempo reale, perché si votava lo stesso giorno. Ragione in più per ritenere rigoroso il nostro ragionamento.

Ricaverò quindi il “bacino elettorale” di ognuna delle 4 liste presenti nella competizione comunale sommando i voti che i “loro simili” hanno ottenuto nella competizione europea.

Primo caso: i voti ottenuti alle europee da Rifondazione - Comunisti Italiani e da i Comunisti lavoratori rappresenteranno il bacino elettorale della Marini, anche se parte di questi elettori, vedremo, sono anche bacino elettorale di Amerighi (Comunisti Italiani, infatti, appoggiavano il candidato sindaco del Centro Sinistra).

Il simbolo del Popolo della Libertà era presente sia in Europa che a Terranuova, ma non essendoci nella competizione comunale molti simboli di partiti che nell’asse destra-sinistra si trovano vicini al PDL considererò anche i voti ottenuti dalla Lega, FN e la Destra come potenziali elettori di Luca Trabucco e per questo appartenenti al suo “bacino elettorale”.

Il Centro Sinistra per Terranuova era composto da 4 partiti (PD, IdV, Comunisti Italiani e Socialisti) e nella mia analisi avrà come bacino di riferimento gli elettori che hanno preferito in campo europeo PD, Idv e Sinistra e Libertà. Ma non solo; inserirò tra i potenziali elettori di Mauro Amerighi almeno una percentuale, da spartirsi con Rifondazione, di coloro che hanno votato “Rifondazione – Comunisti Italiani”[1] e “Partito Comunista dei Lavoratori” (non presente nella competizione locale).

Un’osservazione: c’erano 473 schede tra nulle e bianche nella competizione europea e alle amministrative sono invece 315. Nella competizione comunale sono presenti 158 voti validi in più rispetto alla competizione europea.

Questi 158 insieme ai 205 voti radicali, ai 385 di Casini e, proprio per esser pignoli, i 5 di Melchiorre rappresentano una fetta dell’elettorato (753, un buon 10%) che, in linea teorica, non si sente di appartenere né al centro sinistra né al centro destra e non lo inseriremo in nessuno dei due bacini elettorali.

Sarebbero voti quindi conquistabili sia da Amerighi, sia da Trabucco, ma non li metteremo nel loro elettorato di partenza.

E la lista Pasquini? Non aveva bacino elettorale di partenza? I voti dell’UdC sono da considerarsi bacino elettorale di partenza di Carlo Pasquini?

Credo sia più lineare utilizzare, per analizzare il risultato di questa lista, un tipo di ragionamento inverso rispetto a quello che abbiamo fatto, e faremo, per le altre tre liste.

Potrebbe essere corretto pensare che i voti “persi” dal Centro Sinistra siano finiti nella lista Pasquini e che quelli “persi” dal centro destra abbiano fatto lo stesso. Più difficile, anche se nulla è impossibile, che l’elettorato di Pd, Idv e SeL abbia compiuto il “salto” nel PdL e viceversa. Nessuno potrà dimostrare il contrario, certamente. E una scelta di voto per il Parlamento Europeo può essere dettata da logiche completamente diverse rispetto a quelle adottate per decidere chi votare come sindaco del proprio paese. Ma noi, infatti, parliamo di numeri e supponiamo comunque sempre (perché così è) una certa linearità nelle scelte degli elettori.


RIFONDAZIONE

Alle europee la lista Rifondazione - Comunisti Italiani (i due partiti, abbiamo visto, erano coalizzati) ha ottenuto 311 voti (4,2%). Il Partito Comunista dei lavoratori ha preso 91 voti (1,2%). Bacino elettorale quindi (311+91)= 402. Nella competizione comunale Rifondazione Comunista ne ha ottenuti 318 (4,2%). Mancano quindi solo 84 voti del suo bacino, bacino in cui però erano compresi i Comunisti Italiani.

Quindi possiamo dire che ha praticamente ripreso tutti i “suoi fedelissimi” e anche se avrebbe potuto fare leggermente meglio non dobbiamo sottovalutare le difficoltà per un piccolo partito derivanti dal “tipo” di elezione di cui stiamo parlando. Una proporzionale europea non è un’elezione comunale dove si preannuncia un testa a testa tra gli altri candidati. E l’outsider debole, si sa, ci rimette sempre. Il richiamo al voto utile (che anche se non molto sbandierato nella campagna del PD era presente nella testa dell’elettore di “sinistra”) potrebbe aver penalizzato Rifondazione.

Se torniamo al 2004 Rifondazione ottenne 493 (6,5) e “A sinistra per Terranuova” (Costola di Rifondazione) 293 (3,2). Nei cinque anni c’è stata una perdita piuttosto consistente. Ma in questo caso le cause sono forse da ricercare più nelle vicissitudini che i partiti di sinistra hanno avuto a livello nazionale.


CENTRO SINISTRA

Ragioniamo sempre in termini assoluti. Il bacino elettorale del Candidato Sindaco Amerighi, sempre secondo le preferenze date alle europee ’09, è la somma dei voti presi da SeL (367), PD (2693) IdV (466). Basta così? No, perché nel bacino del CS dobbiamo inserire almeno quei 84 voti che alle europee sono andati al Partito dei Comunisti Lavoratori o a Rifondazione – Comunisti Italiani e che, abbiamo visto, al comune non sono andati a Rifondazione[2]. La somma del Bacino elettorale di Amerighi è quindi 3610.

Centro Sinistra per Terranuova ha ottenuto 3026 (39,8%).

Quasi 600 voti (di elettori di centro sinistra) che se ne sono andati verso altre liste, anzi, con molta probabilità sono andati a Pasquini. Ma i “fuggitivi” da sinistra (verso Pasquini) potrebbero essere un po’ di più se, come probabile, qualche voto Radicale, UdC o nullo alle europee (10%) fosse finito ad Amerighi. Sicuramente comunque non meno di 600.

Ma guardiamo un’altra cosa interessante: come era andata cinque anni fa? Centro Sinistra per Terranuova aveva ottenuto 4247 voti (56,3%) non solo quindi superiore ai 3026 ottenuti nel 2009, ma molti di più anche di quell’attuale bacino elettorale potenziale che abbiamo calcolato (3610)! Secondo questo calcolo sarebbero diminuiti quindi non solo i sostenitori di Amerighi, ma anche gli elettori di Terranuova che si riconoscono nel centro sinistra. Il calo del consenso c’è stato quindi anche alle Europee. La riprova è che questo calo lo riscontriamo anche se confrontiamo i risultati delle politiche dello scorso anno con le europee di quest’anno. Ad esser precipitato è il Partito Democratico che solo un anno fa a Terranuova per le Elezioni Politiche prese il 48,1% oggi alle Europee è al 36,2%. E di questo 12% solo poco è finito all’alleato Di Pietro (che passa dal 3% del 2008 al 6,3% nel 2009).


IL POPOLO DELLA LIBERTA’

Torniamo alle elezioni comunali; il bacino elettorale del candidato sindaco Trabucco è calcolato attraverso la somma dei voti presi alle europee da PdL (2547) , Lega (268), Fn (30) , Fiamma (53) e La Destra (20), quindi 2918.

PdL a Terranuova ha preso 2709.

Scopriamo quindi che più di 200 elettori che hanno votato centro destra alle europee non hanno dato la loro preferenza al candidato sindaco Luca Trabucco.

Come prima è’ impossibile individuarne la quantità, ma molto probabilmente, anche una parte degli elettori UdC, di Radicali e almeno una parte di quei 158 astenuti al voto europeo hanno votato Trabucco e quindi i voti di centro destra “in fuga” potrebbero essere stati più di duecento. Sicuramente non meno!

Non ha fatto il massimo quindi neanche il PdL nonostante abbia preso quasi 1000 voti in più rispetto alle comunali di cinque anni prima e risulti positivo anche il bilancio nei confronti del 2008. Se confrontiamo il risultato delle Politiche dello scorso anno con quello delle Europee di quest’anno il Pdl passa dal 30,3% al 34,2%.


LISTA PASQUINI

Dove ha preso i voti Pasquini? Ha preso tutti i centristi dell’UdC (385), tutti i Radicali (205) e tutti i 158 astenuti alla competizione europea che hanno votato al comune? Con l’aggiunta dei 600 presi a sinistra e dai 200 presi a destra? Sarebbe troppo semplice, anche se matematicamente tornerebbe.

Ma sappiamo che non è così. Impossibile che abbia preso il 100% dei voti UdC per esempio, anche perché nel simbolo di Pasquini non c’era nessun riferimento all’UdC (se non un figlio di un dirigente presente in lista, ma che non si può considerare “attraente” quanto un simbolo!) o tantomeno abbia preso il 100% dei radicali.

Sarebbe molto forzato pensare questo e servirebbe solo a consolare i grandi partiti, che in realtà hanno avuto defezioni maggiori da parte del proprio elettorato rispetto al 600 e 200 calcolato prima.

Voglio dire che è sbagliato pensare che Trabucco non abbia catalizzato nemmeno un voto dagli elettori UdC, Radicali o da quei 158 astenuti alle europee che poi hanno espresso un voto valido al comune, qualcosa da qui avrà pur preso! Stesso discorso vale per Amerighi.

Quelle perdite calcolate sopra (600 per il CS e 200 per il PdL) rappresentano quindi la cifra minima dell’elettorato che questi due partiti hanno perso dal loro bacino elettorale.

E’ molto più probabile, e lo dico politologicamente, che i voti persi dal centro sinistra verso Pasquini siano qualcosa in più e così quelli persi da Trabucco.


Da qui dovrebbero, a mio avviso, partire le riflessioni dei due grandi partiti PD e PdL. Consapevoli del fatto che ognuno ha avuto di fronte non solo l’avversario “naturale” ma anche un terzo avversario che era sì facile prevedere togliesse voti sia a Sinistra che a Destra, ma era difficile capire quanto e in che proporzione.

Una nota. Non è “fisiologico” come crede qualcuno, perdere voti dal proprio bacino elettorale. Anzi, in molti casi in una competizione come quella dove si elegge il sindaco scatta l’idea del voto utile e quindi i “grandi competitor” ottengono di più di quello che rappresenta il loro bacino elettorale. In una competizione “particolare” come quella di quest’anno a Terranuova, con la presenza di una lista civica “forte”, era comunque prevedibilissimo che tutti perdessero qualcosa. E la valutazione del fatto che siano tanti o pochi i voti persi non spetta a me farla. Spero solo di aiutare la riflessione con questi numeri.

Buona politica a tutti.

Francesco N.


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[1] Rifondazione – Comunisti Italiani nella competizione europea era una sola lista con un solo simbolo (tra l’altro praticamente identico a quello di rifondazione); per il comune invece Rifondazione correva da sola sostenendo Marini mentre i Comunisti Italiani sostenevano Amerighi.

[2] Primo, perché Comunisti Italiani era nel Centro Sinistra e secondo, perché se questi 84 elettori non hanno dato il voto alla Marini avrebbero potuto darlo ad Amerighi. Quindi ritengo giusto aggiungerli quì, nel bacino elettorale del PD e dei suoi alleati.

venerdì 12 giugno 2009

Cos'è la voce del martedì


Questo spazio virtuale si prefigge lo scopo di promuovere e approfondire una riflessione politica a più livelli istituzionali. L’obiettivo non è quello di dare un giudizio di valore sui contenuti della politica, bensì portare avanti istanze scientifiche affinché l’esercizio della democrazia venga descritto con un rigore distaccato dai partiti, ma rivolto all’essenzialità della nostra Carta Costituzionale. Non soltanto un punto di critica, ma un faro che si propone di puntare la sua luce sui meccanismi costituzionali; un esercizio da parte di chi crede che la politica non sia soltanto passione e retorica ma anche scienza. Quello del martedì sarà un appuntamento da mettere in grassetto, affinché risulti evidente come alla base di ogni democrazia ci debba essere innanzitutto l’informazione. Per questo, La Voce del martedì, si propone di offrire un’analisi tecnica e ampia affinché possa contribuire a far gustare il fascino della politica a partire dal suo stesso funzionamento.

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